Cena di classe

di
genere
etero

Come spesso accade sono arrivata in ritardo; osservo il tavolo e mi accorgo che gli unici due posti rimasti liberi sono quelli alla tua sinistra. Daniela mi fa la cortesia di posizionarsi tra me e te. In passato abbiamo avuto una breve storia, fortunatamente terminata nel momento in cui ho avvertito la voracità del tuo ego smisurato. Ti osservo mentre racconti le tue imprese a questa tavola di vecchi compagni di classe e penso che negli anni il tuo narcisismo si è solo rafforzato. Ma cosa cazzo ci trovavo di tanto eccitante in te?
Qualcuno cede alla curiosità di sapere quanti matrimoni, divorzi, figli, case e lavori sia riuscito a collezionare in questi anni ognuno di noi, dando il via a sfacciati interrogatori. Mi verso un bel bicchiere di rosso, mi aiuterà a prendere tutto un po’ meno sul serio, visto che io non ho molti successi da raccontare. Faccio spazio alla cameriera che sta portando gli antipasti e non posso fare a meno di notare il tuo sguardo sul suo culo, sulle sue gambe, sul suo seno e infine sul suo volto. La stai praticamente spogliando con gli occhi. Non riesco a sentire cosa le dici ma noto che lei sorride, sposta lo sguardo e arrossisce. È chiaro che ci stai provando. Non ti smentisci, cercheresti di sedurre anche questa sedia se ti potesse guardare con occhi adulanti. Bevo un altro bicchiere di rosso. Lo assaporo mentre scende e riempie di gusto il mio palato. Almeno il vino è delizioso.
Ovviamente si parla prevalentemente di te. Quando racconti che stai per sposarti trattengo malamente un sorriso e scambio due battute con Daniela. Ti piace così tanto essere al centro dell’attenzione che non perdi occasione e appena le congratulazioni e le domande degli altri terminano ti rivolgi a me.
“Mancinelli ho visto che hai commentato sotto voce, cosa c’è, la cosa ti disturba?” Mi chiami per cognome, come facevano i professori, pur sapendo che non l’ho mai sopportato.
“No Diego tutt’altro. Mi dispiace solo per quella povera ragazza che dovrà sopportare il tuo egocentrismo”
Mi guardi con aria di sfida.
“Sai una cosa, hai ragione. Basta parlare di me. Raccontaci di te, che cosa hai fatto in tutti questi anni?”
Ecco… mi domando perché non sono rimasta a casa… oggi non è davvero giornata per affondare il coltello nella piaga. Ma in qualche modo tu devi averlo intuito ed è proprio lì che vai a parare. Esito un attimo di troppo, cercando una risposta.
“Cos’è non sei stata capace di costruire nulla? In tutti questi anni niente di niente? Non mi stupisce sai, sei ancora inconcludente come una volta, tante parole e niente fatti. È per questo che ti ho lasciata”
Faccio un respiro profondo.
“Non sei stato tu a lasciarmi, quella è stata la scelta migliore che io abbia mai fatto. Ma smettila di parlare con me, torna pure a recitare la tua parte”. Mi volto cercando di non darti importanza.
“Ma come sei diventata acida! Fammi indovinare, ti manca qualcosa?”
Daniela spalanca gli occhi e con una scusa si alza e lascia il posto vuoto tra me e te.
Mi guardi con quell’espressione strafottente e mi sfidi perché sai che a differenza tua io non amo stare al centro dell’attenzione. Mi sento avvampare. Sei uno stronzo. Ma come cazzo facevi a piacermi?
“Oh ma cosa vuoi da me? Smettila di fare lo stronzo!”
“Guarda che sei tu che commenti tutto quello che dico, ti sento borbottare e non lo sopporto. E allora sentiamo su, tu cosa hai da dire? Tu che sei tanto brava a giudicare gli altri, dimmelo in faccia cosa pensi di me!” Adesso mi provochi, il tono della tua voce è abbastanza alto, i tuoi occhi fissano i miei. Quegli occhi scuri, accattivanti, magnetici. Perché c’è da dirlo, ti credi il più figo e purtroppo sei bello davvero. Sento uno strano brivido percorrermi la schiena. E cazzo, non so come fai ma tu lo percepisci. Fai quel sorriso malizioso e rincari la dose
“E dai su, ammettilo che ti affascino ancora. Che anche adesso mi basta guardarti per farti bagnare…”
Distolgo lo sguardo e bevo del vino “Non dire stronzate! E lascia stare Diego non ti conviene”
“Uuh che paura che mi fai!!! Ho toccato un tasto dolente, vero cara? La verità è che non hai niente da dire, non hai argomenti. Tanti anni di studio in cui ti hanno venduto fumo e tu ci hai creduto e adesso ti ritrovi con un pugno di mosche, un attestato che non vale un cazzo e senza saper fare nulla, proprio come quindici anni fa. Senza un lavoro, senza soldi e sola come un cane. Dimmi, ci ho preso?”
Non ce la faccio, non riesco più a trattenermi. Lo guardo dritto negli occhi:
“Ok va bene, ti dico quello che penso di te” bevo un altro sorso e poso il bicchiere.
“Sei bello, ricco, nella tua vita hai raggiunto e assaporato il potere a differenza di tanti altri che alla tua età non sanno neanche cosa vogliono. Ti dai un gran da fare, dedichi tutte le tue risorse per arrivare a raggiungere i tuoi obiettivi e ci riesci. Sempre. Non c’è incarico che non potrai raggiungere, donna che non riuscirai a conquistare o luogo su cui non metterai piede. Ma tutto questo, in realtà, per te non ha alcun significato, perché nel momento stesso in cui raggiungi il tuo obiettivo, non riesci a godertelo e senti il bisogno di andare oltre e fissarne un altro. Non è mai abbastanza per te, perché tu non sei mai abbastanza. La tua vita non vale niente, non sai cosa vuol dire sentirsi appagato sul lavoro, non hai la più pallida idea di cosa significhi amare una donna e dei tanti viaggi che hai fatto non ti è rimasto nulla, perché di tutto questo in realtà, a te non frega niente. Tutto quello che vivi è solo uno strumento per elevarti al di sopra degli altri, per allontanarti il più possibile da quella merda di persona che sai di essere. E così rimani solo. Dimmi, c’è qualcuno che ti ama davvero? Scommetto di no. Scommetto che tutti ti ammirano ma nessuno ti ama per quello che sei, neanche la povera sposina che sarà prostrata ai tuoi piedi e di cui tu avrai il pieno controllo. Hai costruito un bell’involucro si, ma dentro sei vuoto. Ti dico anche un’altra cosa e poi finisco: dici di essere un grande amatore, di soddisfare tutte le donne. Bene, per soddisfare una donna devi sapere che cosa le piace, devi essere capace prima di tutto di capire quali sono i suoi bisogni e tu, concentrato come sei sempre e solo su te stesso, non sei capace di vederle le altre, figurarsi farle godere”.
Sono accaldata, il battito è accelerato. Intorno a noi è sceso il silenzio. Continui a guardarmi e non riesco a decifrare il tuo sguardo. Poi improvvisamente ti alzi con uno scatto
“Vaffanculo!” mi spingi il tavolino addosso e esci dal locale sbattendo la porta. In quell’istante mi rendo conto di aver esagerato e mi pento per quello che ti ho detto. Realizzo improvvisamente che quella è la stessa dinamica che ha caratterizzato il nostro rapporto. Un’ alternanza costante e reciproca tra umiliazione e conforto. Hai ragione tu: non ho imparato niente.
Qualcuno commenta lo spettacolo indecente che abbiamo offerto. Ormai la serata è andata. Rimango con Daniela ordino un drink al bancone, mi rinfresca e mi stordisce un po’ rendendo meno pesante l’atmosfera.
“Comunque se l’è meritato, ha fatto lo stronzo tutta la sera!” Ringrazio Daniela ma mi sento una merda.
Ti ho ferito e ti ho messo in difficoltà e so che non me la farai passare liscia.
Sei rimasto fuori con un gruppetto di ragazzi. All’interno del locale hanno tolto i tavoli e la sala si è trasformata in una pista da ballo. La musica ad alto volume aiuta a non pensare. Direi che possiamo tornarcene a casa. Avverto Daniela che mi fermo un attimo in bagno. Percorro il corridoio stretto illuminato a intermittenza dalle luci provenienti dalla sala. Improvvisamente qualcuno mi piega il braccio dietro la schiena, mi spinge e mi sbatte la faccia contro il muro. Non faccio in tempo a capire dove sono che sento un giro di chiave. È buio. Non sono sola. Rapidamente mi fai voltare, mi sbatti di nuovo contro il muro e mi dai uno schiaffo. Sento pizzicare la pelle del viso, la guancia brucia. Cerco di orientarmi; da una finestra stretta e alta entra solo un po’ di luce. Sembra un magazzino. Sbatti il pugno sulla parete dietro di me sfiorandomi lo zigomo e facendomi sobbalzare.
“Ora ti ammazzo”.
Il tono di voce è basso, il tuo respiro è accelerato ma sei freddo e controllato. Sento brividi gelidi di paura. Anche se dovessi urlare nessuno potrebbe sentirmi. Provo a divincolarmi ma mi schiacci contro il muro. Il tuo alito sa di alcol, sento il tuo profumo, l’odore della tua pelle e del tuo corpo sudato entrare nelle narici. Trovo il coraggio di guardarti negli occhi. La poca luce che entra illumina il tuo volto contratto e quegli occhi che puntano dritti sui miei.
“Scusa Diego ho esagerato, non volevo…” sbatti di nuovo i pugni vicino alla mia testa e il tuo volto si avvicina ancora un po’.
“Tu… tu non sai chi sono io, ne’ di cosa sono capace…”. Ho paura perché è vero, non lo so. Provo a guardarmi intorno, a cercare con gli occhi qualche oggetto con cui poterti colpire, ma è buio e sono bloccata contro il muro. Continui a fissarmi e a respirarmi addosso. Ho il tuo volto a pochi centimetri dal mio. Penso che probabilmente stai bluffando, altrimenti mi avresti già sodomizzato, ma non ho nessuna intenzione di scoprirlo.
“Come mai adesso non fai più la spavalda? Sai, si sente che te la fai addosso dalla paura…e mi piace… ”
Ridi. Mi sento come se fossi una tua preda. E so che è questo potere ciò che realmente vuoi. Mi accarezzi il collo e inizi a stringere. Con uno scatto provo a liberarmi ma rapidamente mi riprendi i polsi e li blocchi contro il muro.
“Stai ferma, altrimenti ti lego”
“Attento, perché potrebbe piacermi…”
Fai un sorriso malizioso e continui a fissarmi. Sento l’odore della tua pelle, il tuo respiro sul viso, un brivido lungo la schiena. La paura diminuisce e la situazione inizia ad eccitarmi. Non stacchi i tuoi occhi dai miei, mi guardi come se mi volessi mangiare viva. Neanche tu riesci ad essere indifferente come vorresti. La tua camicia ha i primi due bottoni slacciati e i capelli sono spettinati. Il tuo odore mi inebria, il tuo sguardo mi infiamma. Ecco cosa ci trovavo in te. Inarco per quanto posso la schiena, facendo aderire ancora di più il mio corpo al tuo. Tu rimani immobile, fai un respiro più profondo e continui a guardarmi. Non sembri più così sicuro di cosa fare. Allora azzardo.
“Quello che hai detto è la verità…sei tu quello che ha capito tutto di me. E sai, hai ragione…” sollevo una gamba e la appoggio sullo scaffale dietro di te. Stacco la mano dal muro e la conduco insieme alla tua sotto la gonna, fino a farti sentire la mia eccitazione
“…anche adesso ti basta uno sguardo”
Così in un attimo ti rimetto sul piedistallo. Le mie parole non valgono più niente, hai vinto tu, la tua superiorità è schiacciante. Io nonostante tutto non riesco a resisterti.
Immediatamente la tua espressione cambia. Sbuffi ridendo “Che gran troia che sei…” mi penetri con le dita con foga e io ti infilo la lingua in bocca. Ti assaporo, ti succhio le labbra, te le mordo. Ho entrambe le mani libere e vado dritta ai tuoi pantaloni. Sbottono, abbasso la zip e libero il tuo membro. Mi schiacci ancora di più contro la parete, avvicini le tue labbra al mio orecchio
“E quindi scusa, non ho capito, che cosa vorresti ora? Dimmelo tu, perché sai io sono troppo concentrato su me stesso…”. Sorrido. Infondo me la sono cercata.
“Smettila Diego e scopami”. Mi dai uno schiaffo sulla coscia.
“Lo devi chiedere con gentilezza”
Ti guardo dritto negli occhi “Per favore… Diego… vorrei sentire il tuo cazzo”
“Così va meglio!” Sorridi, mi sposti la brasiliana e entri con un colpo deciso. Dio quanto mi piaci adesso. Mi sento bruciare, sono così eccitata che ho un primo orgasmo quasi subito e tu non ti fai scappare l’occasione.
“Scusa com’era quella stronzata che non faccio godere le donne?” Ti rispondo sorridendo.
“Sta zitto e continua, non ti fermare”. Esci e mi dai uno schiaffo sul culo che, se possibile, mi fa eccitare ancora di più. Mi metti una mano sulla mandibola, stringi.
“Non mi dire cosa fare ”. Mi guardi fisso negli occhi. Inizio a leccarti la mano, sorridi, mi infili in bocca l’indice, che sa di me. Lo succhio mentre non tolgo i miei occhi dai tuoi. Poi scendo lentamente verso il basso, ti metto le mani sul culo e te lo prendo in bocca. Sono spalle al muro e tu detti il ritmo che incredibilmente mi lascia respirare. Poi mi tiro su, mi volti, mi fai piegare spingendo sulla schiena. Abbassi gli slip e entri di nuovo dentro di me, acceleri il ritmo, ti sento dentro sempre più grosso e sempre più a fondo. Il respiro si fa più corto e veloce, il cuore sembra voglia uscire dal corpo. Godo. Esplodo in un altro intenso orgasmo. Tu esci e mi vieni sulla schiena e sulla gonna. La usi per pulirti “Oh scusa… Accidenti, speriamo non se ne accorga nessuno…” mi dici ansimando con quel cazzo di sorriso strafottente sulla faccia. Che razza di stronzo che sei. Ci ricomponiamo e apri la porta. Te ne vai senza neanche salutare.
In questo gioco continuo a perdere sempre.
di
scritto il
2019-05-10
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