In sospeso
di
Cla85
genere
sentimentali
Ciao,
Confesso di non sapere bene come iniziare, dopo tanti anni non è facile, perciò ti chiedo per favore di essere paziente e se hai l'impulso di cestinare questa email lo capisco, è legittimo, ma ti prego non farlo. Per me è importante, prometto che ti ruberò solo alcuni minuti.
Sono passati tanti anni, diciassette per l'esattezza. Ti chiederai perché ho deciso di scriverti proprio oggi; la ragione è che sto cercando di saldare tutti i debiti emotivi che ho seminato lungo la mia strada, di chiudere le questioni che ho lasciato aperte e regolare i conti in sospeso. Tu sei uno di questi.
Anche se la storia la conosci bene ci tengo a precisare che io ero sinceramente e follemente innamorata di te.
Non c'è stato un momento preciso, è nato tutto piano piano, con il tempo; inizialmente eri solo un tipo bizzarro, forse ero un po' incuriosita ma la tua presenza nel gruppo era al pari di quella di altri amici, né più né meno. Poi ho iniziato a conoscerti, ho ascoltato le tue riflessioni, ho scoperto un tipo scaltro, estremamente pragmatico e creativo; abbiamo iniziato a confrontarci su temi importanti, la tua visione del mondo mi affascinava, la tua mente logica reggeva il passo con la mia e ricordo ancora con piacere le sfide e le collaborazioni che ci fecero avvicinare, anche fisicamente. Parallelamente nel corso di quegli anni il tuo corpo fiorì in tutto il suo splendore. Da un gracile e ossuto ragazzino ti trasformasti in un dio greco. I lineamenti del volto persero la loro dolcezza e si fecero forti e marcati, il lavoro rinforzò le braccia e la schiena, i muscoli sembravano scolpiti come quelli delle statue, niente a che vedere con quei palloni gonfiati delle palestre. Più ti conoscevo, più ti guardavo e più mi innamoravo.
Ho incontrato molta gente in questi anni, sono cambiata, ho viaggiato, mi sono anche sposata, ma mai, mai più nella mia vita mi sono innamorata come lo ero di te. Quando ripenso al mio stato di quel periodo provo una dolce nostalgia, ricordo con piacere la completa perdita di controllo che sperimentavo in tua presenza. E pensare che fino a poco tempo prima non mi facevi alcun effetto!
Credo di non raccontarti nulla di nuovo, era impossibile contenere e nascondere la forza di quel sentimento travolgente, non riuscivo assolutamente a domarlo ma non avevo il coraggio di parlarne apertamente. Anche perché nel conoscerti avevo capito che una distanza incolmabile ci divideva: i tuoi occhi erano altrove, i tuoi progetti lontani anni luce dai miei, i tuoi desideri puntavano così in alto che a me sarebbe girata la testa solo a pensarci. In ogni caso le esperienze vissute insieme, i concerti, i bagni in piscina, le vacanze, le gite fuori porta, le sere d'estate, avevano finito per alimentare sempre di più quel fuoco che mi bruciava dentro. Mi capitava di bere, per scacciare dalla testa la tua immagine che mi tormentava, quando eravamo nel gruppo, ma ancor più quando non c'eri. Così finivo facilmente nei guai, perdevo la strada, incontravo persone poco raccomandabili, mi mettevo stupidamente in pericolo. E tu mi ripescavi, mi scuotevi, mi svegliavi, proteggendomi dagli altri e da me stessa, con l'effetto devastante che invece di dimenticarmi di te mi ritrovavo sempre più impantanata e soggiogata alla bellezza del tuo corpo e della tua anima. Ero convinta che non ricambiassi il mio sentimento, ma non riuscivo a toglierti dalla testa, mi occupavi l'intero campo visivo, avevi il monopolio dei miei pensieri, avevo perso la libertà di agire perché tutto era in funzione tua.
Pensai che l'unico modo per uscire da quel tormento fosse ricorrere alla verità: avrei dovuto trovare il coraggio di dichiararmi. Mi preparai al tuo rifiuto, lo attendevo, per me era l'unico modo per chiudere quella pagina. Trovare il momento giusto non fu facile e quando capitò mi rivelai un disastro.
Davanti ai tuoi occhi verdi mi bloccavo, incespicavo, perdevo ogni certezza, non riuscivo ad esprimermi, a stento mi ricordavo di respirare. Potevo discutere per ore dei più disparati argomenti, ma di sentimenti no, quella era una sorta di Area 51, protetta e invalicabile.
Cercai un altro modo, provai a scrivere, scelsi le parole più semplici e quelle che sentivo più vere; ti confessai il mio tormento, l'effetto che averti vicino mi provocava. Ti dichiarai il mio amore e con esso tutta la mia vulnerabilità.
Scelsi un sabato sera, ero al pub, avevo il messaggio pronto da settimane, tra una bevuta e l'altra cliccai su invio.
Mi ero preparata a qualsiasi tipo di risposta, avevo considerato ogni possibile reazione, calcolato tutti gli effetti che quelle parole avrebbero potuto suscitare, avevo messo in conto tutto, tranne la cosa più ovvia e banale: la non risposta.
La serata con gli amici proseguì e dopo un paio d'ore dall'invio del messaggio capii che era inutile aspettare, che ciò che avevo provocato era solo silenzio. Provai a chiamare, il telefono era acceso, ma squillava a vuoto.
Montarono come onde rabbia e delusione. La sensazione di essere in attesa di qualcosa che probabilmente non sarebbe mai arrivato era intollerabile. Ero arrabbiata con te, mi sentivo ingiustamente ostaggio della tua risposta e dei tuoi capricci e allora stabilii che dovevo trovare il modo per toglierti tutto quel potere. Dovevo cambiare il corso degli eventi, decisi che in futuro mi sarei ricordata di quella serata, ma il motivo non dovevi essere tu. Povera illusa...
Lasciai il cellulare in auto di un amico ed entrai in discoteca. Gettai le braccia al collo del primo ragazzo che trovai, gli chiesi di offrirmi da bere, gli dissi che avevo bisogno di dimenticare, lui mi prese in parola e mi disse, sono l'uomo giusto per te.
Non sapevo il suo nome, non sapevo di dove fosse, non avevo idea di cosa mi avesse versato nel bicchiere, ma quella notte riuscii a non pensare più a niente e la sua pozione magica mi fece davvero dimenticare molte cose. Ma non quello che avrei voluto.
Il giorno dopo scoprii di avere almeno quattro ore di vuoto completo: niente flash, nessun ricordo sbiadito, nessuna immagine onirica a cui aggrapparmi, niente di niente. Me lo ritrovai nudo nel letto senza avere la più pallida idea di come fossimo arrivati fin lì, anche se potevo immaginarlo.
Sia chiaro, non ti sto dicendo tutto questo per giustificarmi, ma solo per farti capire, per cercare di rispondere a quel tuo "Perché?".
Il suono del citofono mi svegliò, venni ad aprire nelle peggiori condizioni, convinta che fosse la mia coinquilina, e quando ti vidi sentii qualcosa andare in frantumi.
Tergiversai, non potevo farti entrare, non era un buon momento per parlare. Poi lui uscì, mi salutò con una pacca sul culo e mi disse: ciao bella, passa a trovarmi quando vuoi, è stato un piacere.
Ecco, quella tua faccia io non l'ho mai dimenticata. Delusione, incredulità, tristezza, disgusto. E quando mi dicesti:
"Voglio farti solo una domanda: perché?" - non potevo che risponderti la verità:
"Perché sono fatta così".
Perché faccio fatica a gestire le emozioni, perché arrivo sempre dopo aver esagerato, perché ho difficoltà a riconoscere il limite, perché mi ritrovo a girare su delle cazzo di montagne russe da cui non riesco a scendere, dove tutto è sempre troppo e il modo più facile che conosco per trovare un po'di pace è stordirmi. Questo è quello che avrei voluto dirti all’epoca.
Dopo diciassette anni per fortuna le cose sono cambiate, sono cresciuta, ho imparato a conoscermi meglio, ho acquisito strategie più sane per regolarmi e ho smesso di rischiare. Anche se mi porto ancora dentro tutte le mie debolezze.
Ti chiedo scusa per quella mattina ma soprattutto per i giorni successivi.
Non ho più avuto il coraggio di cercarti, ti ho sempre evitato, quando ci siamo visti per caso ho tagliato corto volutamente. Sono riuscita a liberarmi da quel tormento, ma nel peggiore dei modi.
Volevo però dirti che non ti ho dimenticato e che non ti dimenticherò mai. Che per quanto vale occuperai sempre un posto speciale nel mio cuore. Che non mi è mai capitato con nessun altro di essere così follemente innamorata e incontrarti è stata per me una gran fortuna. E se chiudo gli occhi riesco ancora a rievocare l’odore della tua pelle.
Ah, volevo anche dirti che quel tatuaggio, alla fine, io non me lo sono fatto.
Adesso basta, non ti ruberò altro tempo.
Ti saluto con affetto.
Clara
-“Allora Marta che dici, come ti sembra?”
-“La verità? Un inutile monologo. Te la canti e te la suoni, è un messaggio del tutto autocompiacente ed egoista che riguarda solo te. A me non farebbe piacere ricevere una cosa del genere. È chiaro che lo stai usando solo per sciacquarti un po’ la coscienza e non ha alcun senso. Sai quale sarà il risultato nella migliore delle ipotesi? Che lui non saprà cosa rispondere e probabilmente non ti risponderà. Se proprio ci tieni, alzi il culo e lo vai a cercare”
-“Mi sa che hai ragione… e adesso che ci faccio con questa roba? Ah, forse potrei…”
Confesso di non sapere bene come iniziare, dopo tanti anni non è facile, perciò ti chiedo per favore di essere paziente e se hai l'impulso di cestinare questa email lo capisco, è legittimo, ma ti prego non farlo. Per me è importante, prometto che ti ruberò solo alcuni minuti.
Sono passati tanti anni, diciassette per l'esattezza. Ti chiederai perché ho deciso di scriverti proprio oggi; la ragione è che sto cercando di saldare tutti i debiti emotivi che ho seminato lungo la mia strada, di chiudere le questioni che ho lasciato aperte e regolare i conti in sospeso. Tu sei uno di questi.
Anche se la storia la conosci bene ci tengo a precisare che io ero sinceramente e follemente innamorata di te.
Non c'è stato un momento preciso, è nato tutto piano piano, con il tempo; inizialmente eri solo un tipo bizzarro, forse ero un po' incuriosita ma la tua presenza nel gruppo era al pari di quella di altri amici, né più né meno. Poi ho iniziato a conoscerti, ho ascoltato le tue riflessioni, ho scoperto un tipo scaltro, estremamente pragmatico e creativo; abbiamo iniziato a confrontarci su temi importanti, la tua visione del mondo mi affascinava, la tua mente logica reggeva il passo con la mia e ricordo ancora con piacere le sfide e le collaborazioni che ci fecero avvicinare, anche fisicamente. Parallelamente nel corso di quegli anni il tuo corpo fiorì in tutto il suo splendore. Da un gracile e ossuto ragazzino ti trasformasti in un dio greco. I lineamenti del volto persero la loro dolcezza e si fecero forti e marcati, il lavoro rinforzò le braccia e la schiena, i muscoli sembravano scolpiti come quelli delle statue, niente a che vedere con quei palloni gonfiati delle palestre. Più ti conoscevo, più ti guardavo e più mi innamoravo.
Ho incontrato molta gente in questi anni, sono cambiata, ho viaggiato, mi sono anche sposata, ma mai, mai più nella mia vita mi sono innamorata come lo ero di te. Quando ripenso al mio stato di quel periodo provo una dolce nostalgia, ricordo con piacere la completa perdita di controllo che sperimentavo in tua presenza. E pensare che fino a poco tempo prima non mi facevi alcun effetto!
Credo di non raccontarti nulla di nuovo, era impossibile contenere e nascondere la forza di quel sentimento travolgente, non riuscivo assolutamente a domarlo ma non avevo il coraggio di parlarne apertamente. Anche perché nel conoscerti avevo capito che una distanza incolmabile ci divideva: i tuoi occhi erano altrove, i tuoi progetti lontani anni luce dai miei, i tuoi desideri puntavano così in alto che a me sarebbe girata la testa solo a pensarci. In ogni caso le esperienze vissute insieme, i concerti, i bagni in piscina, le vacanze, le gite fuori porta, le sere d'estate, avevano finito per alimentare sempre di più quel fuoco che mi bruciava dentro. Mi capitava di bere, per scacciare dalla testa la tua immagine che mi tormentava, quando eravamo nel gruppo, ma ancor più quando non c'eri. Così finivo facilmente nei guai, perdevo la strada, incontravo persone poco raccomandabili, mi mettevo stupidamente in pericolo. E tu mi ripescavi, mi scuotevi, mi svegliavi, proteggendomi dagli altri e da me stessa, con l'effetto devastante che invece di dimenticarmi di te mi ritrovavo sempre più impantanata e soggiogata alla bellezza del tuo corpo e della tua anima. Ero convinta che non ricambiassi il mio sentimento, ma non riuscivo a toglierti dalla testa, mi occupavi l'intero campo visivo, avevi il monopolio dei miei pensieri, avevo perso la libertà di agire perché tutto era in funzione tua.
Pensai che l'unico modo per uscire da quel tormento fosse ricorrere alla verità: avrei dovuto trovare il coraggio di dichiararmi. Mi preparai al tuo rifiuto, lo attendevo, per me era l'unico modo per chiudere quella pagina. Trovare il momento giusto non fu facile e quando capitò mi rivelai un disastro.
Davanti ai tuoi occhi verdi mi bloccavo, incespicavo, perdevo ogni certezza, non riuscivo ad esprimermi, a stento mi ricordavo di respirare. Potevo discutere per ore dei più disparati argomenti, ma di sentimenti no, quella era una sorta di Area 51, protetta e invalicabile.
Cercai un altro modo, provai a scrivere, scelsi le parole più semplici e quelle che sentivo più vere; ti confessai il mio tormento, l'effetto che averti vicino mi provocava. Ti dichiarai il mio amore e con esso tutta la mia vulnerabilità.
Scelsi un sabato sera, ero al pub, avevo il messaggio pronto da settimane, tra una bevuta e l'altra cliccai su invio.
Mi ero preparata a qualsiasi tipo di risposta, avevo considerato ogni possibile reazione, calcolato tutti gli effetti che quelle parole avrebbero potuto suscitare, avevo messo in conto tutto, tranne la cosa più ovvia e banale: la non risposta.
La serata con gli amici proseguì e dopo un paio d'ore dall'invio del messaggio capii che era inutile aspettare, che ciò che avevo provocato era solo silenzio. Provai a chiamare, il telefono era acceso, ma squillava a vuoto.
Montarono come onde rabbia e delusione. La sensazione di essere in attesa di qualcosa che probabilmente non sarebbe mai arrivato era intollerabile. Ero arrabbiata con te, mi sentivo ingiustamente ostaggio della tua risposta e dei tuoi capricci e allora stabilii che dovevo trovare il modo per toglierti tutto quel potere. Dovevo cambiare il corso degli eventi, decisi che in futuro mi sarei ricordata di quella serata, ma il motivo non dovevi essere tu. Povera illusa...
Lasciai il cellulare in auto di un amico ed entrai in discoteca. Gettai le braccia al collo del primo ragazzo che trovai, gli chiesi di offrirmi da bere, gli dissi che avevo bisogno di dimenticare, lui mi prese in parola e mi disse, sono l'uomo giusto per te.
Non sapevo il suo nome, non sapevo di dove fosse, non avevo idea di cosa mi avesse versato nel bicchiere, ma quella notte riuscii a non pensare più a niente e la sua pozione magica mi fece davvero dimenticare molte cose. Ma non quello che avrei voluto.
Il giorno dopo scoprii di avere almeno quattro ore di vuoto completo: niente flash, nessun ricordo sbiadito, nessuna immagine onirica a cui aggrapparmi, niente di niente. Me lo ritrovai nudo nel letto senza avere la più pallida idea di come fossimo arrivati fin lì, anche se potevo immaginarlo.
Sia chiaro, non ti sto dicendo tutto questo per giustificarmi, ma solo per farti capire, per cercare di rispondere a quel tuo "Perché?".
Il suono del citofono mi svegliò, venni ad aprire nelle peggiori condizioni, convinta che fosse la mia coinquilina, e quando ti vidi sentii qualcosa andare in frantumi.
Tergiversai, non potevo farti entrare, non era un buon momento per parlare. Poi lui uscì, mi salutò con una pacca sul culo e mi disse: ciao bella, passa a trovarmi quando vuoi, è stato un piacere.
Ecco, quella tua faccia io non l'ho mai dimenticata. Delusione, incredulità, tristezza, disgusto. E quando mi dicesti:
"Voglio farti solo una domanda: perché?" - non potevo che risponderti la verità:
"Perché sono fatta così".
Perché faccio fatica a gestire le emozioni, perché arrivo sempre dopo aver esagerato, perché ho difficoltà a riconoscere il limite, perché mi ritrovo a girare su delle cazzo di montagne russe da cui non riesco a scendere, dove tutto è sempre troppo e il modo più facile che conosco per trovare un po'di pace è stordirmi. Questo è quello che avrei voluto dirti all’epoca.
Dopo diciassette anni per fortuna le cose sono cambiate, sono cresciuta, ho imparato a conoscermi meglio, ho acquisito strategie più sane per regolarmi e ho smesso di rischiare. Anche se mi porto ancora dentro tutte le mie debolezze.
Ti chiedo scusa per quella mattina ma soprattutto per i giorni successivi.
Non ho più avuto il coraggio di cercarti, ti ho sempre evitato, quando ci siamo visti per caso ho tagliato corto volutamente. Sono riuscita a liberarmi da quel tormento, ma nel peggiore dei modi.
Volevo però dirti che non ti ho dimenticato e che non ti dimenticherò mai. Che per quanto vale occuperai sempre un posto speciale nel mio cuore. Che non mi è mai capitato con nessun altro di essere così follemente innamorata e incontrarti è stata per me una gran fortuna. E se chiudo gli occhi riesco ancora a rievocare l’odore della tua pelle.
Ah, volevo anche dirti che quel tatuaggio, alla fine, io non me lo sono fatto.
Adesso basta, non ti ruberò altro tempo.
Ti saluto con affetto.
Clara
-“Allora Marta che dici, come ti sembra?”
-“La verità? Un inutile monologo. Te la canti e te la suoni, è un messaggio del tutto autocompiacente ed egoista che riguarda solo te. A me non farebbe piacere ricevere una cosa del genere. È chiaro che lo stai usando solo per sciacquarti un po’ la coscienza e non ha alcun senso. Sai quale sarà il risultato nella migliore delle ipotesi? Che lui non saprà cosa rispondere e probabilmente non ti risponderà. Se proprio ci tieni, alzi il culo e lo vai a cercare”
-“Mi sa che hai ragione… e adesso che ci faccio con questa roba? Ah, forse potrei…”
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