Ho un debole per le bionde
di
Cla85
genere
confessioni
Inspiro a pieni polmoni l'aria fresca di questa notte settembrina. Sono solo sul terrazzo del condominio, per fortuna non c’è nessuno, posso sorseggiare la mia birra in santa pace senza sforzarmi di fare conversazioni di circostanza.
Mia moglie e i bambini dormono beatamente nelle loro stanze; io ci ho provato ma non riesco a prendere sonno.
Penso a lei, mi manca. Nonostante tutto non riesco a dimenticarla.
Quando ho deciso di chiudere quella storia ero arrivato al limite. Non sopportavo più nemmeno il suo odore, lo sentivo ovunque, come se si fosse insinuato sotto la pelle. Provavo disgusto, ero oppresso, soffocato da quell'aura quotidiana ovattata che mi precludeva la possibilità di assaporare il mondo esterno così com’era, straripante di stimoli olfattivi ed effluvi entusiasmanti, di cui non riuscivo più a godere a pieno.
È questo il motivo principale per cui ho deciso di darci un taglio. Le altre cose, l’avermi intossicato per anni, tutto il denaro che mi ha fatto spendere, le minacce... non avevano mai sortito alcun effetto. Volevo solo eliminare al più presto e definitivamente il suo sentore acre e dolciastro dalla mia pelle, dalla mia casa e dalla mia vita.
Così, da un giorno all'altro ho chiuso.
Ma stasera la voglia di lei mi assale, mi manca cazzo! Il desiderio mi sfrigola nello stomaco, lo sforzo di resistere alla tentazione mi logora, mi succhia energia mentale. Fatico a non pensarci. Sono giorni che non riesco a togliermela dalla testa. Oggi ho perfino cambiato strada per passare davanti al suo negozio, ero quasi intenzionato a fermarmi ma c'era troppa gente, un mucchio di gente cristo santo, l'idea di dovermi mettere in fila mi ha fatto desistere. Ho pensato magari è solo un momento di debolezza, mi passerà.
Qui fuori la temperatura è ideale, a tratti mi sfiora una leggera brezza. Stappo la seconda birra, mi accomodo sulla poltroncina e penso che sarebbe davvero perfetto poterla prendere qui, adesso.
Vorrei stringerla tra le dita, ridurre gradualmente la distanza, avvicinarla alle labbra, lentamente come in un bacio. Inspirare l'odore di tabacco fresco provenire dal pacchetto appena scartato. Vorrei averla in bocca, saggiare la consistenza rigida del filtro, la sua rotondità, inumidirlo con la punta della lingua, spingerla sul cerchietto, assaporare il retrogusto di colla e cellulosa.
Mi manca lo scatto dell'accendino, l'odore della pietra focaia che s’incendia, il crepitio che produce la fiamma a contatto con il tabacco. Il volteggio ipnotico del fumo azzurro che sale, si avviluppa poi svanisce.
Bramo il primo tiro. È una cazzata quella secondo la quale se ricominci a fumare dopo molto tempo, il tabacco non ti piace. Quando, a distanza di anni, ho rimesso in bocca la prima sigaretta è stato incredibilmente appagante. Di tutta la sua lunghezza, il primo tiro fu pura libidine. Come tornare a baciare la tipa con cui per anni hai scopato da dio e che non rivedevi da un po'. Ricordo perfettamente dov'ero, la mente proietta la scena davanti ai miei occhi come fosse recente. Dopo quel primo tiro mi assentai completamente, restituii l'accendino al Secco che continuava a raccontarmi le sue cose ma io ero partito, in un'altra dimensione, le voci mi giungevano ovattate e confuse, le luci incredibilmente brillanti e nitide, l'aria mi sembrò improvvisamente più fresca e pura. Quel primo tiro mi regalò un'immediata leggerezza, una vertigine euforica, mi parve di volare. Pochi secondi, poi tornai in piena coscienza.
Appoggio le labbra sul collo della bottiglia, chiudo gli occhi e sogno quella sigaretta, unico memorabile sgarro. Vorrei inspirare ancora una volta il suo veleno, lasciarmi corrompere, sentire la sua consistenza eterea invadermi, seguirne con il corpo il flusso, immaginarne il percorso, percepirlo scendere giù dalla gola, lasciargli riempire il petto, la pancia, poi attendere un attimo. Tenerlo dentro. Ascoltare l’alterazione del battito cardiaco. Infine espirare, soffiare con spasmodica lentezza il fumo fuori dalla bocca, osservarlo fluttuare con ammalianti piroette, continuare fino a svuotare completamente i polmoni, non lasciare neanche un filo d'aria. Respirare, riemergere.
Cos’è se non un vero e proprio momento di meditazione?
Bevo un sorso, riapro gli occhi sul cielo stellato. La voglia mi graffia dentro, la sento che si arrampica, con gli artigli risale dalla pancia fino al cervello. Mi sa che domani andrò a comprarmi un pacchetto. Ma quanto cazzo è seducente la dipendenza, che razza di stronza! Ti sussurra all'orecchio porcate che fanno impennare il desiderio, ti seleziona i ricordi, ti promette che sarai più rilassato, concentrato, sveglio, sempre sul pezzo; ti fa credere che non c'è niente di male se ti fai un richiamino. E intanto ti fotte, lentamente ti divora.
È un corpo nudo di donna che si strofina sulla mia pelle, che tira fuori la lingua e mi lecca con voluttà.
Resisto con fatica alle sue avances.
Ho un sacco di ricadute.
Mia moglie e i bambini dormono beatamente nelle loro stanze; io ci ho provato ma non riesco a prendere sonno.
Penso a lei, mi manca. Nonostante tutto non riesco a dimenticarla.
Quando ho deciso di chiudere quella storia ero arrivato al limite. Non sopportavo più nemmeno il suo odore, lo sentivo ovunque, come se si fosse insinuato sotto la pelle. Provavo disgusto, ero oppresso, soffocato da quell'aura quotidiana ovattata che mi precludeva la possibilità di assaporare il mondo esterno così com’era, straripante di stimoli olfattivi ed effluvi entusiasmanti, di cui non riuscivo più a godere a pieno.
È questo il motivo principale per cui ho deciso di darci un taglio. Le altre cose, l’avermi intossicato per anni, tutto il denaro che mi ha fatto spendere, le minacce... non avevano mai sortito alcun effetto. Volevo solo eliminare al più presto e definitivamente il suo sentore acre e dolciastro dalla mia pelle, dalla mia casa e dalla mia vita.
Così, da un giorno all'altro ho chiuso.
Ma stasera la voglia di lei mi assale, mi manca cazzo! Il desiderio mi sfrigola nello stomaco, lo sforzo di resistere alla tentazione mi logora, mi succhia energia mentale. Fatico a non pensarci. Sono giorni che non riesco a togliermela dalla testa. Oggi ho perfino cambiato strada per passare davanti al suo negozio, ero quasi intenzionato a fermarmi ma c'era troppa gente, un mucchio di gente cristo santo, l'idea di dovermi mettere in fila mi ha fatto desistere. Ho pensato magari è solo un momento di debolezza, mi passerà.
Qui fuori la temperatura è ideale, a tratti mi sfiora una leggera brezza. Stappo la seconda birra, mi accomodo sulla poltroncina e penso che sarebbe davvero perfetto poterla prendere qui, adesso.
Vorrei stringerla tra le dita, ridurre gradualmente la distanza, avvicinarla alle labbra, lentamente come in un bacio. Inspirare l'odore di tabacco fresco provenire dal pacchetto appena scartato. Vorrei averla in bocca, saggiare la consistenza rigida del filtro, la sua rotondità, inumidirlo con la punta della lingua, spingerla sul cerchietto, assaporare il retrogusto di colla e cellulosa.
Mi manca lo scatto dell'accendino, l'odore della pietra focaia che s’incendia, il crepitio che produce la fiamma a contatto con il tabacco. Il volteggio ipnotico del fumo azzurro che sale, si avviluppa poi svanisce.
Bramo il primo tiro. È una cazzata quella secondo la quale se ricominci a fumare dopo molto tempo, il tabacco non ti piace. Quando, a distanza di anni, ho rimesso in bocca la prima sigaretta è stato incredibilmente appagante. Di tutta la sua lunghezza, il primo tiro fu pura libidine. Come tornare a baciare la tipa con cui per anni hai scopato da dio e che non rivedevi da un po'. Ricordo perfettamente dov'ero, la mente proietta la scena davanti ai miei occhi come fosse recente. Dopo quel primo tiro mi assentai completamente, restituii l'accendino al Secco che continuava a raccontarmi le sue cose ma io ero partito, in un'altra dimensione, le voci mi giungevano ovattate e confuse, le luci incredibilmente brillanti e nitide, l'aria mi sembrò improvvisamente più fresca e pura. Quel primo tiro mi regalò un'immediata leggerezza, una vertigine euforica, mi parve di volare. Pochi secondi, poi tornai in piena coscienza.
Appoggio le labbra sul collo della bottiglia, chiudo gli occhi e sogno quella sigaretta, unico memorabile sgarro. Vorrei inspirare ancora una volta il suo veleno, lasciarmi corrompere, sentire la sua consistenza eterea invadermi, seguirne con il corpo il flusso, immaginarne il percorso, percepirlo scendere giù dalla gola, lasciargli riempire il petto, la pancia, poi attendere un attimo. Tenerlo dentro. Ascoltare l’alterazione del battito cardiaco. Infine espirare, soffiare con spasmodica lentezza il fumo fuori dalla bocca, osservarlo fluttuare con ammalianti piroette, continuare fino a svuotare completamente i polmoni, non lasciare neanche un filo d'aria. Respirare, riemergere.
Cos’è se non un vero e proprio momento di meditazione?
Bevo un sorso, riapro gli occhi sul cielo stellato. La voglia mi graffia dentro, la sento che si arrampica, con gli artigli risale dalla pancia fino al cervello. Mi sa che domani andrò a comprarmi un pacchetto. Ma quanto cazzo è seducente la dipendenza, che razza di stronza! Ti sussurra all'orecchio porcate che fanno impennare il desiderio, ti seleziona i ricordi, ti promette che sarai più rilassato, concentrato, sveglio, sempre sul pezzo; ti fa credere che non c'è niente di male se ti fai un richiamino. E intanto ti fotte, lentamente ti divora.
È un corpo nudo di donna che si strofina sulla mia pelle, che tira fuori la lingua e mi lecca con voluttà.
Resisto con fatica alle sue avances.
Ho un sacco di ricadute.
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