D'istanti
di
Cla85
genere
etero
Questa storia è arrivata al capolinea. Morta, sepolta. Siamo praticamente come due coinquilini che si incontrano in giro per casa e ogni tanto fanno sesso. Ognuno ha la sua vita, fatta per lo più di lavoro, hobby, attività fisiche e rari incontri con gli amici. Ognuno i suoi, per approfittare meglio delle poche occasioni in cui riusciamo a combinare gli appuntamenti. Ci dividiamo l'affitto, le bollette e i lavori domestici. Qualche breve conversazione, alcune discussioni che, manco a dirlo, sono sempre io ad innescare. Non ci piacciono neanche gli stessi film, per cui io finisco per addormentarmi quando scegli quelli di spionaggio e tu per fare altrettanto quando metto qualche drammatico. Dobbiamo assolutamente parlare, farla finita con questo atteggiamento ipocrita, tanto se non tiro fuori l'argomento io, tu neanche ci pensi. Per te sembra andare benissimo questo mare piatto in cui io mi sento annegare.
Il suono della chiavi che aprono il portone riporta la mia mente al momento presente. Continuo ad affettare le verdure sul piano della cucina. Mi sento arrabbiata, delusa e triste per questa situazione, in più ho avuto una giornata pesante e non sono del tutto pronta ad affrontare la discussione. Il silenzio è scandito dalla lama che batte sul tagliere e dal tintinnio acuto delle chiavi che finalmente trovano posto nello svuotatasche. Neanche un saluto… mi sbagliavo, siamo pure peggio dei coinquilini, Mi ritrovo ad ascoltare i tuoi passi quieti dietro di me. L'ampia scollatura della maglia che indosso, scolorita e consumata dal tempo, lascia scoperta la parte superiore della mia schiena. Ti sei fermato, sento i tuoi occhi che mi osservano, non ho bisogno di voltarmi per saperlo. E così decido di fare qualcosa che non andrebbe fatto, decido che l’immediato futuro della nostra storia dipenderà esclusivamente dalla reazione che avrai nei prossimi secondi. Non mi importa che tipo di giornata hai avuto, quanto sei stanco, non prendo neanche in considerazione l’idea che in questo momento tu possa avere bisogni fisiologici, non me ne frega niente, ora devi solo dimostrarmi che mi sbaglio, che forse qualcosa da salvare c’è ancora. E ti lascio questa enorme responsabilità, ca va sans dire, senza avvertirti, altrimenti ovvio che perderebbe tutto il suo potere. In poche parole: ti metto alla prova.
Ti lancio un’esca. Con simulata noncuranza, senza fretta, sollevo i capelli con entrambe le mani, li avvolgo in un improvvisato chignon e li fisso in alto, penetrando quel nido corvino con la penna che teniamo incastonata nella spirale del calendario. Ti offro la visione di una delle mie zone erogene più esposte. Sono la tua esca e, attenzione, potrei esserlo per l’ultima volta. Adesso tocca a te, fai la tua mossa, dimostrami se sotto la cenere brucia ancora quel fuoco, se mi desideri, se ti piace ancora giocare con me o se questa storia è al pari di un divano sfatto che è comodo solo perché ha preso la forma delle tue chiappe. Sorprendimi amore, fuga ogni mio dubbio, ti prego.
Passano ancora alcuni secondi di assoluto silenzio, non ci siamo rivolti nemmeno una parola. Ti avvicini piano, anticipo con la mente la presa delle tue mani sui miei fianchi che spero arrivi forte e decisa…ma che non sento ancora…mi viene il dubbio che tu stia fissando lo schermo dello smartphone invece che me…
Ecco che sento qualcosa, non sono le mani, non è il torace, nemmeno le labbra, ma solo la punta umida della tua lingua al centro delle scapole. Mi blocco. Chiudo gli occhi e ti riconosco. Cerco di aprire con un respiro profondo tutti i canali sensoriali. La lingua risale, la lentezza del movimento moltiplica e amplifica ogni sensazione. Le carezze del respiro, la pressione appena percepita, la saliva fresca che risveglia una scia di pelle ora in attesa. Arrivi alla base della nuca, ti soffermi un istante, mi imprimi un bacio a labbra dischiuse e la ricrescita dura della barba mi punge. Un brivido di desiderio mi scuote, la mia temperatura aumenta rapidamente. Con le dita sfiori la spalla, fai scivolare il tessuto di lato scoprendo la pelle nuda. Mi lascio lusingare dalla scia di lenti baci con cui ti avvicini al mio orecchio. L’altro braccio mi circonda, la mano afferra delicatamente il mento e mi porta a inclinare la testa di lato in direzione opposta alla tua. Come se non mi fossi già offerta abbastanza. Come se tu fossi il mio vampiro. Affondi un respiro intenso sulla mia pelle, appoggi le labbra tra la spalla e il collo, nel punto più caldo e mi assaggi, lecchi, succhi, respiri. Sento ogni fibra del mio corpo rilassarsi, i muscoli tremare, quasi cedere, un’esplosione di calore espandersi dal basso ventre.
Un attimo dopo sono sdraiata, prona sul letto, la maglia giace rovesciata sul pavimento. Mi prendi le mani e le trascini sulle lenzuola, in alto facendomi allungare le braccia sopra la testa. Inizi a leccarmi lento, percorri tutta la schiena, sento la punta della tua lingua salire dal basso verso l’alto, arrivi al collo e ti soffermi. Il suono del mio respiro già pesante e accelerato, riempie la stanza. Il tuo faccio fatica a sentirlo. Continui a baciarmi e a leccarmi, ti attardi sulle curve più calde, intorno al collo, vicino ai seni, ti sento scendere, la barba incolta mi solletica lungo un percorso che curva sul punto vita e si allarga sui fianchi. Poi di nuovo torni su ma questa volta abbassi il bacino e risalendo strofini la tua piena erezione tra le mie natiche. Avverto una scarica che mi arriva dritta dritta al cervello e mi fa perdere la scarsa lucidità che mi era rimasta.
Adesso sono un corpo ansimante che tu puoi davvero plasmare come vuoi, asseconderò la tua lingua, la tua bocca, le tue fantasie, quello che vuoi. Continui per non so quanto, ho perso completamente la cognizione del tempo. Inarco la schiena tutte le volte che risali, chiudo gli occhi per sentire meglio il tuo odore, le tue carezze e il tuo sesso che mi tocca attraverso il tessuto leggero dei leggins. Mi appoggio sugli avambracci e mi sollevo, piego la testa all’indietro per cercare di prendere aria. Un attimo e la tua mano furtiva si getta sul seno. Ti riempi il palmo e stringi tra le falangi il capezzolo. Non mi dai scampo.
“Prendimi, ti prego”.
“Come scusa? Non credo di aver capito bene…”. Ti piace sentirmelo dire. Che non riesco a resistere, che mi porti fino al limite, che riesci a farmi consumare di desiderio per te, che arrivi a farmi impazzire.
“Ti supplico, scopami”.
La mia resa è premiata. Mi abbassi i leggins insieme agli slip, non li sfili completamente, li lasci a metà gamba. Forse neanche tu puoi più aspettare. Sento tra le cosce il contatto dell’aria, la nudità dopo tanta attesa mi regala un brivido di piacere. Mi sollevo quel tanto che basta e con un colpo sei dentro di me.
Cosa c’è di più bello di questo momento! Ma il sollievo è breve, il desiderio di te cresce ancora, ad ogni centimetro di vuoto che lasci quando ti allontani, ad ogni centimetro che riempi avanzando. Ancora, ne voglio ancora. Non ti fermare. Ascolto il peso che il tuo corpo imprime al mio, come in una danza degli istinti mi lascio guidare. E mi fermo, per farti arrivare fino in fondo. Sono annebbiata, non riesco a trattenere i gemiti che attraverso le mura sottili arriveranno anche alle stanze dei vicini.
Siamo pelle, calore, vibrazioni, moti ondosi, pieni e vuoti. Ti fai rapido nel ritmo, dopo poche spinte vengo, prima io, come era ovvio, e tu subito dopo. Un’esplosione che ci lascia sudati e ansimanti.
“Ti amo Nico. Dovremo farlo più spesso”
“Eh già. Ma i bambini dove sono?”
“Li ho lasciati da mia sorella, volevo parlarti di una cosa ma… lascia stare!”
Questa storia dovrà finire prima o poi, ne sono certa. Ma non stasera.
Il suono della chiavi che aprono il portone riporta la mia mente al momento presente. Continuo ad affettare le verdure sul piano della cucina. Mi sento arrabbiata, delusa e triste per questa situazione, in più ho avuto una giornata pesante e non sono del tutto pronta ad affrontare la discussione. Il silenzio è scandito dalla lama che batte sul tagliere e dal tintinnio acuto delle chiavi che finalmente trovano posto nello svuotatasche. Neanche un saluto… mi sbagliavo, siamo pure peggio dei coinquilini, Mi ritrovo ad ascoltare i tuoi passi quieti dietro di me. L'ampia scollatura della maglia che indosso, scolorita e consumata dal tempo, lascia scoperta la parte superiore della mia schiena. Ti sei fermato, sento i tuoi occhi che mi osservano, non ho bisogno di voltarmi per saperlo. E così decido di fare qualcosa che non andrebbe fatto, decido che l’immediato futuro della nostra storia dipenderà esclusivamente dalla reazione che avrai nei prossimi secondi. Non mi importa che tipo di giornata hai avuto, quanto sei stanco, non prendo neanche in considerazione l’idea che in questo momento tu possa avere bisogni fisiologici, non me ne frega niente, ora devi solo dimostrarmi che mi sbaglio, che forse qualcosa da salvare c’è ancora. E ti lascio questa enorme responsabilità, ca va sans dire, senza avvertirti, altrimenti ovvio che perderebbe tutto il suo potere. In poche parole: ti metto alla prova.
Ti lancio un’esca. Con simulata noncuranza, senza fretta, sollevo i capelli con entrambe le mani, li avvolgo in un improvvisato chignon e li fisso in alto, penetrando quel nido corvino con la penna che teniamo incastonata nella spirale del calendario. Ti offro la visione di una delle mie zone erogene più esposte. Sono la tua esca e, attenzione, potrei esserlo per l’ultima volta. Adesso tocca a te, fai la tua mossa, dimostrami se sotto la cenere brucia ancora quel fuoco, se mi desideri, se ti piace ancora giocare con me o se questa storia è al pari di un divano sfatto che è comodo solo perché ha preso la forma delle tue chiappe. Sorprendimi amore, fuga ogni mio dubbio, ti prego.
Passano ancora alcuni secondi di assoluto silenzio, non ci siamo rivolti nemmeno una parola. Ti avvicini piano, anticipo con la mente la presa delle tue mani sui miei fianchi che spero arrivi forte e decisa…ma che non sento ancora…mi viene il dubbio che tu stia fissando lo schermo dello smartphone invece che me…
Ecco che sento qualcosa, non sono le mani, non è il torace, nemmeno le labbra, ma solo la punta umida della tua lingua al centro delle scapole. Mi blocco. Chiudo gli occhi e ti riconosco. Cerco di aprire con un respiro profondo tutti i canali sensoriali. La lingua risale, la lentezza del movimento moltiplica e amplifica ogni sensazione. Le carezze del respiro, la pressione appena percepita, la saliva fresca che risveglia una scia di pelle ora in attesa. Arrivi alla base della nuca, ti soffermi un istante, mi imprimi un bacio a labbra dischiuse e la ricrescita dura della barba mi punge. Un brivido di desiderio mi scuote, la mia temperatura aumenta rapidamente. Con le dita sfiori la spalla, fai scivolare il tessuto di lato scoprendo la pelle nuda. Mi lascio lusingare dalla scia di lenti baci con cui ti avvicini al mio orecchio. L’altro braccio mi circonda, la mano afferra delicatamente il mento e mi porta a inclinare la testa di lato in direzione opposta alla tua. Come se non mi fossi già offerta abbastanza. Come se tu fossi il mio vampiro. Affondi un respiro intenso sulla mia pelle, appoggi le labbra tra la spalla e il collo, nel punto più caldo e mi assaggi, lecchi, succhi, respiri. Sento ogni fibra del mio corpo rilassarsi, i muscoli tremare, quasi cedere, un’esplosione di calore espandersi dal basso ventre.
Un attimo dopo sono sdraiata, prona sul letto, la maglia giace rovesciata sul pavimento. Mi prendi le mani e le trascini sulle lenzuola, in alto facendomi allungare le braccia sopra la testa. Inizi a leccarmi lento, percorri tutta la schiena, sento la punta della tua lingua salire dal basso verso l’alto, arrivi al collo e ti soffermi. Il suono del mio respiro già pesante e accelerato, riempie la stanza. Il tuo faccio fatica a sentirlo. Continui a baciarmi e a leccarmi, ti attardi sulle curve più calde, intorno al collo, vicino ai seni, ti sento scendere, la barba incolta mi solletica lungo un percorso che curva sul punto vita e si allarga sui fianchi. Poi di nuovo torni su ma questa volta abbassi il bacino e risalendo strofini la tua piena erezione tra le mie natiche. Avverto una scarica che mi arriva dritta dritta al cervello e mi fa perdere la scarsa lucidità che mi era rimasta.
Adesso sono un corpo ansimante che tu puoi davvero plasmare come vuoi, asseconderò la tua lingua, la tua bocca, le tue fantasie, quello che vuoi. Continui per non so quanto, ho perso completamente la cognizione del tempo. Inarco la schiena tutte le volte che risali, chiudo gli occhi per sentire meglio il tuo odore, le tue carezze e il tuo sesso che mi tocca attraverso il tessuto leggero dei leggins. Mi appoggio sugli avambracci e mi sollevo, piego la testa all’indietro per cercare di prendere aria. Un attimo e la tua mano furtiva si getta sul seno. Ti riempi il palmo e stringi tra le falangi il capezzolo. Non mi dai scampo.
“Prendimi, ti prego”.
“Come scusa? Non credo di aver capito bene…”. Ti piace sentirmelo dire. Che non riesco a resistere, che mi porti fino al limite, che riesci a farmi consumare di desiderio per te, che arrivi a farmi impazzire.
“Ti supplico, scopami”.
La mia resa è premiata. Mi abbassi i leggins insieme agli slip, non li sfili completamente, li lasci a metà gamba. Forse neanche tu puoi più aspettare. Sento tra le cosce il contatto dell’aria, la nudità dopo tanta attesa mi regala un brivido di piacere. Mi sollevo quel tanto che basta e con un colpo sei dentro di me.
Cosa c’è di più bello di questo momento! Ma il sollievo è breve, il desiderio di te cresce ancora, ad ogni centimetro di vuoto che lasci quando ti allontani, ad ogni centimetro che riempi avanzando. Ancora, ne voglio ancora. Non ti fermare. Ascolto il peso che il tuo corpo imprime al mio, come in una danza degli istinti mi lascio guidare. E mi fermo, per farti arrivare fino in fondo. Sono annebbiata, non riesco a trattenere i gemiti che attraverso le mura sottili arriveranno anche alle stanze dei vicini.
Siamo pelle, calore, vibrazioni, moti ondosi, pieni e vuoti. Ti fai rapido nel ritmo, dopo poche spinte vengo, prima io, come era ovvio, e tu subito dopo. Un’esplosione che ci lascia sudati e ansimanti.
“Ti amo Nico. Dovremo farlo più spesso”
“Eh già. Ma i bambini dove sono?”
“Li ho lasciati da mia sorella, volevo parlarti di una cosa ma… lascia stare!”
Questa storia dovrà finire prima o poi, ne sono certa. Ma non stasera.
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