Cadorna, stazione di Cadorna (capitolo 14)
di
Mister Pink
genere
dominazione
14 – Punita
Il telefono muto in mano, Piero restò a lungo a fissare il nulla. Tutto si sarebbe aspettato, meno quella telefonata che lo aveva lasciato completamente confuso. Silvia? Davvero era a casa del tizio della metropolitana o gli stava facendo solo uno scherzo? Provò a richiamare, ma il telefono era spento. E mentre si preparava a passare ore che, lo sapeva, sarebbero state interminabili, la sua mente iniziò a raffigurarsi scenari sempre più torbidi. Era preoccupato, nonostante la promessa di quella voce che gli aveva assicurato che avrebbe rimandato Silvia a casa per le 23. Ma anche, inutile mentire a se stesso, eccitato. Cosa stava succedendo?
_ _ _ _ _ _ _ _ _ _
Il rumore del cazzo che entrava e usciva dalla bocca di Silvia occupava il silenzio della stanza. Filamenti di saliva colavano abbondanti dalle sue labbra, mentre continuavo a stantuffare. A ogni affondo, il cazzo restava sprofondato qualche attimo in più nella gola che, assalto dopo assalto, aveva iniziato ad accomodare l’inatteso ospite. La bocca invasa, le narici dilatate allo spasimo a cercare di catturare quanta più aria possibile, gli occhi spalancati dai quali, per lo sforzo, uscivano lacrime, Silvia cercava di non vomitare e di abituarsi al ritmo crescente che avevo imposto al mio bacino. Suoni gutturali uscivano dalla sua bocca, dei “ghgh mmmhhh ggggghh” indecifrabili che aumentavano o diminuivano a seconda del ritmo.
“Non dirmi che tuo marito non ti ha mai scopato la bocca così, Sefa. Non sarà mica uno di quei mariti bravi, gentili, educati, timidi, troppo paurosi di trattare a letto la loro moglie come invece meriterebbe e che, proprio per questo, spesso se la vedono sfuggire tra le mani? Eh, Sefa, tuo marito com’è invece?”
Tolsi il cazzo dalla sua bocca, il glande lucido ricoperto di saliva, giocai a disegnare delle ragnatele bavose sul suo viso, intrecciando geometrie perverse che dalla bocca passavano agli occhi, sulle guancie, al naso.
“Ti ho fatto una domanda, rispondi!” le intimai, mentre con il cazzo durissimo le schiaffeggiavo il volto.
“Cough…aaaah…Sì, Siggggghhhhhggghh” tentò di rispondere Silvia, prima che il cazzo tornasse alla caccia delle sue tonsille.
“Ci hai messo troppo tempo, e comunque ora non mi interessa più” risi, mentre forzavo con più decisione l’entrata verso l’esofago
“Arriverà il giorno in cui un cazzo scivolerà facilmente dentro la tua gola, ma fino a quel momento faremo in modo che tu mantenga un allenamento costante, non credi?”
Staccai una mano dai capelli e le chiusi le narici.
“Ora vediamo quanto resisti”, dissi, mentre con un colpo secco affondavo il cazzo nella gola.
Silvia squittì come un animale che stava per essere sgozzato, poi si lanciò in una serie di mugolii scomposti, mentre gli occhi si dilatavano ancor più e la faccia diventava rossa. Il naso chiuso, la bocca occupata dal mio cazzo e dalla quale la saliva colava ormai senza sosta, cercava un modo impossibile per buttare un po’ di aria nei polmoni. Quando il panico si impossessò di lei, uno scrollone della schiena fece volare in aria il bicchiere. Ero pronto all’eventualità e mentre l’acqua le inondava la schiena e il pavimento, riuscii ad afferrarlo al volo, prima che franasse sul tavolino di cristallo. Con quello che costava, non potevo certo permettermi di rischiare di romperlo…
Quando tolsi il cazzo, cominciò a tossire violentemente, cercando tra un singulto e l’altro di ricominciare a respirare, mentre una bava di saliva e sperma andava ad allargare la pozza sul tavolino.
“Tranquilla Sefa, non volevo mica soffocarti al primo appuntamento – risi -. Però guarda che disastro, hai sporcato tutto e hai pure fatto volare in aria il bicchiere. E sì che ti avevo avvisata di non rovesciare neppure una goccia. Peccato…”.
Mentre poco alla volta Silvia ritrovava il respiro, le presi la testa e la abbassai sul cristallo, spiaccicandole la faccia sull’umido. “Questa cagnetta ha sporcato e questa cagnetta pulisce, giusto?”
“Shhi, Sigggnorre” bofonchiò Silvia.
Mi avvicinai al divano e ripresi in mano il cane. Lo feci sibilare nell’aria, abbastanza vicino alla sua testa perché potesse sentirlo. Si irrigidì all’istante.
“Ora, visto che hai rovesciato l’acqua, è giusto fare ammenda. Sei mai stata punita con la canna?” dissi, mentre con un dito esploravo la fica, per trovarla ancor più bollente e aperta.
“No, no Signore” rispose con un tono terrorizzato.
“Beh, c’è sempre una prima volta per tutto. Ma siccome è la prima volta, non ci andremo giù pesanti. Cosa credi, 10 colpi potrebbero bastare, Sefa?”
“Non, non lo so Signore…” rispose con un tono che chiedeva pietà.
“Dodici allora?”
“Non so…”
“Allora quindici?” incalzai.
“Sì, quindici credo che potrebbero andar bene, Signore” rispose dopo aver capito che più avrebbe tergiversato, più il conto sarebbe salito.
“E quindici siano… E siccome sei stata tu a dirmi quante dovevano essere, per ogni colpo ricevuto dovrai dirmi per quale motivo lo riceverai. Sei pronta?”
Trascorse un lunghissimo silenzio, interrotto solo da alcuni singhiozzi che le scossero le spalle.
“Sì, Signore, sono pronta” si arrese alla fine mentre, la testa appoggiata di lato sul tavolino e il culo maestosamente offerto all’aria, si preparava alla punizione.
Feci sibilare la canna nell’aria, il polso che fletteva veloce aumentava la velocità e di conseguenza il rumore. Silvia strinse i pugni e digrignò i denti. Poi….
Whack
Sul suo culo si impresse una prima pennellata rossa.
“Aaah” urlò più per l’effetto del colpo che non per il dolore Silvia.
“Conta!”
“U..uno, Signore. Perché è da quella notte che aspettavo di rincontrarla”.
Whack
“Dueeh! Signore. Perché l’ho cercata ogni giorno in metropolitana e ogni volta che non la vedevo la frustrazione cresceva”.
Whack
Un terzo segno andò a posarsi parallelo ai due precedenti.
“Tre, Sigggnoreee. Perché ho goduto come una cagna nel raccontare a mio marito quello che mi era successo”.
Whack
Questa volta il colpo arrivò leggermente in diagonale
“Ghhh… Quattrooo, Signore. Perché questa mattina in auto quando un motociclista mi ha affiancato ho aperto ancor più le gambe per farmi guardare”.
Whackk
Il colpo fu leggermente più forte e lasciò un bel segno sulla natica sinistra. La risposta arrivò con una voce stridula.
“Oooh Dio….Cinque, Signoreeh. Perché a quei ragazzi ho fatto vedere quanto indecente io possa essere”.
Le accarezzai la fica. Stava letteralmente colando di piacere. Il cazzo mi era tornato durissimo, lo avvicinai alle sue labbra, strusciandolo lungo tutto il solco. Il suono che uscì dalle sue labbra assomigliò a un mugolio.
“Sei così in calore che basterebbe sfiorarti per farti godere in maniera indecente - sussurrai - Vuoi il mio cazzo? Ammettilo, Sefa”.
“Sìììììììììì” la risposta fu un ululato strozzato.
Ma non era ancora tempo.
Di nuovo il sibilo…. Whack
“Aaaah…Se…Seeei, Signorrre. Perché il cane del mio vicino mi ha fatto bagnare ancora di più”.
Whack
“Oddiooooo….Setttttesiggggnoreee. Perché quando ho scritto il Vostro nome nel telefonino mi sono bagnata di piacere”.
Whack
“Hootto, Signore. Perché quando chiedevo a mio marito di immaginarmi davanti a Voi volevo che succedesse il prima possibile”
Whack
“Nove!!! Signore. Perché amo sentire il Vostro cazzo nella mia bocca”.
Whaaaaackkk
Il culo ormai era una splendida tela di segni cremisi che la adornava.
“Aaaaaaaaaah Dieeeeci, Signoreeeee. Perché anche se fa un male cane, sto godendo di questa situazione”.
Sorrisi.
“Ti saresti mai immaginata di trovarti un giorno in questa situazione?” le chiesi portandomi davanti al suo viso rigato dalle lacrime.
“A volte lo avevo fantasticato – rispose tra un singhiozzo e un repsiro profondo -, ma le fantasie spesso restano tali…, Signore”.
Le infilai nuovamente il cazzo in bocca. Iniziò a succhiare come un’assatanata. La lingua stuzzicava il prepuzio, le labbra strette accoglievano la cappella e poi proseguivano lungo l’asta, la lingua avvinghiava il bastone che le offrivo. Decisamente sapeva succhiare.
“Restano cinque colpi” le dissi, mentre l’uccello uscì con un plop dalla bocca.
Tornai alle sue spalle, quel culo era favoloso.
Ma come finale avevo in mente qualcosa di diverso.
Il telefono muto in mano, Piero restò a lungo a fissare il nulla. Tutto si sarebbe aspettato, meno quella telefonata che lo aveva lasciato completamente confuso. Silvia? Davvero era a casa del tizio della metropolitana o gli stava facendo solo uno scherzo? Provò a richiamare, ma il telefono era spento. E mentre si preparava a passare ore che, lo sapeva, sarebbero state interminabili, la sua mente iniziò a raffigurarsi scenari sempre più torbidi. Era preoccupato, nonostante la promessa di quella voce che gli aveva assicurato che avrebbe rimandato Silvia a casa per le 23. Ma anche, inutile mentire a se stesso, eccitato. Cosa stava succedendo?
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Il rumore del cazzo che entrava e usciva dalla bocca di Silvia occupava il silenzio della stanza. Filamenti di saliva colavano abbondanti dalle sue labbra, mentre continuavo a stantuffare. A ogni affondo, il cazzo restava sprofondato qualche attimo in più nella gola che, assalto dopo assalto, aveva iniziato ad accomodare l’inatteso ospite. La bocca invasa, le narici dilatate allo spasimo a cercare di catturare quanta più aria possibile, gli occhi spalancati dai quali, per lo sforzo, uscivano lacrime, Silvia cercava di non vomitare e di abituarsi al ritmo crescente che avevo imposto al mio bacino. Suoni gutturali uscivano dalla sua bocca, dei “ghgh mmmhhh ggggghh” indecifrabili che aumentavano o diminuivano a seconda del ritmo.
“Non dirmi che tuo marito non ti ha mai scopato la bocca così, Sefa. Non sarà mica uno di quei mariti bravi, gentili, educati, timidi, troppo paurosi di trattare a letto la loro moglie come invece meriterebbe e che, proprio per questo, spesso se la vedono sfuggire tra le mani? Eh, Sefa, tuo marito com’è invece?”
Tolsi il cazzo dalla sua bocca, il glande lucido ricoperto di saliva, giocai a disegnare delle ragnatele bavose sul suo viso, intrecciando geometrie perverse che dalla bocca passavano agli occhi, sulle guancie, al naso.
“Ti ho fatto una domanda, rispondi!” le intimai, mentre con il cazzo durissimo le schiaffeggiavo il volto.
“Cough…aaaah…Sì, Siggggghhhhhggghh” tentò di rispondere Silvia, prima che il cazzo tornasse alla caccia delle sue tonsille.
“Ci hai messo troppo tempo, e comunque ora non mi interessa più” risi, mentre forzavo con più decisione l’entrata verso l’esofago
“Arriverà il giorno in cui un cazzo scivolerà facilmente dentro la tua gola, ma fino a quel momento faremo in modo che tu mantenga un allenamento costante, non credi?”
Staccai una mano dai capelli e le chiusi le narici.
“Ora vediamo quanto resisti”, dissi, mentre con un colpo secco affondavo il cazzo nella gola.
Silvia squittì come un animale che stava per essere sgozzato, poi si lanciò in una serie di mugolii scomposti, mentre gli occhi si dilatavano ancor più e la faccia diventava rossa. Il naso chiuso, la bocca occupata dal mio cazzo e dalla quale la saliva colava ormai senza sosta, cercava un modo impossibile per buttare un po’ di aria nei polmoni. Quando il panico si impossessò di lei, uno scrollone della schiena fece volare in aria il bicchiere. Ero pronto all’eventualità e mentre l’acqua le inondava la schiena e il pavimento, riuscii ad afferrarlo al volo, prima che franasse sul tavolino di cristallo. Con quello che costava, non potevo certo permettermi di rischiare di romperlo…
Quando tolsi il cazzo, cominciò a tossire violentemente, cercando tra un singulto e l’altro di ricominciare a respirare, mentre una bava di saliva e sperma andava ad allargare la pozza sul tavolino.
“Tranquilla Sefa, non volevo mica soffocarti al primo appuntamento – risi -. Però guarda che disastro, hai sporcato tutto e hai pure fatto volare in aria il bicchiere. E sì che ti avevo avvisata di non rovesciare neppure una goccia. Peccato…”.
Mentre poco alla volta Silvia ritrovava il respiro, le presi la testa e la abbassai sul cristallo, spiaccicandole la faccia sull’umido. “Questa cagnetta ha sporcato e questa cagnetta pulisce, giusto?”
“Shhi, Sigggnorre” bofonchiò Silvia.
Mi avvicinai al divano e ripresi in mano il cane. Lo feci sibilare nell’aria, abbastanza vicino alla sua testa perché potesse sentirlo. Si irrigidì all’istante.
“Ora, visto che hai rovesciato l’acqua, è giusto fare ammenda. Sei mai stata punita con la canna?” dissi, mentre con un dito esploravo la fica, per trovarla ancor più bollente e aperta.
“No, no Signore” rispose con un tono terrorizzato.
“Beh, c’è sempre una prima volta per tutto. Ma siccome è la prima volta, non ci andremo giù pesanti. Cosa credi, 10 colpi potrebbero bastare, Sefa?”
“Non, non lo so Signore…” rispose con un tono che chiedeva pietà.
“Dodici allora?”
“Non so…”
“Allora quindici?” incalzai.
“Sì, quindici credo che potrebbero andar bene, Signore” rispose dopo aver capito che più avrebbe tergiversato, più il conto sarebbe salito.
“E quindici siano… E siccome sei stata tu a dirmi quante dovevano essere, per ogni colpo ricevuto dovrai dirmi per quale motivo lo riceverai. Sei pronta?”
Trascorse un lunghissimo silenzio, interrotto solo da alcuni singhiozzi che le scossero le spalle.
“Sì, Signore, sono pronta” si arrese alla fine mentre, la testa appoggiata di lato sul tavolino e il culo maestosamente offerto all’aria, si preparava alla punizione.
Feci sibilare la canna nell’aria, il polso che fletteva veloce aumentava la velocità e di conseguenza il rumore. Silvia strinse i pugni e digrignò i denti. Poi….
Whack
Sul suo culo si impresse una prima pennellata rossa.
“Aaah” urlò più per l’effetto del colpo che non per il dolore Silvia.
“Conta!”
“U..uno, Signore. Perché è da quella notte che aspettavo di rincontrarla”.
Whack
“Dueeh! Signore. Perché l’ho cercata ogni giorno in metropolitana e ogni volta che non la vedevo la frustrazione cresceva”.
Whack
Un terzo segno andò a posarsi parallelo ai due precedenti.
“Tre, Sigggnoreee. Perché ho goduto come una cagna nel raccontare a mio marito quello che mi era successo”.
Whack
Questa volta il colpo arrivò leggermente in diagonale
“Ghhh… Quattrooo, Signore. Perché questa mattina in auto quando un motociclista mi ha affiancato ho aperto ancor più le gambe per farmi guardare”.
Whackk
Il colpo fu leggermente più forte e lasciò un bel segno sulla natica sinistra. La risposta arrivò con una voce stridula.
“Oooh Dio….Cinque, Signoreeh. Perché a quei ragazzi ho fatto vedere quanto indecente io possa essere”.
Le accarezzai la fica. Stava letteralmente colando di piacere. Il cazzo mi era tornato durissimo, lo avvicinai alle sue labbra, strusciandolo lungo tutto il solco. Il suono che uscì dalle sue labbra assomigliò a un mugolio.
“Sei così in calore che basterebbe sfiorarti per farti godere in maniera indecente - sussurrai - Vuoi il mio cazzo? Ammettilo, Sefa”.
“Sìììììììììì” la risposta fu un ululato strozzato.
Ma non era ancora tempo.
Di nuovo il sibilo…. Whack
“Aaaah…Se…Seeei, Signorrre. Perché il cane del mio vicino mi ha fatto bagnare ancora di più”.
Whack
“Oddiooooo….Setttttesiggggnoreee. Perché quando ho scritto il Vostro nome nel telefonino mi sono bagnata di piacere”.
Whack
“Hootto, Signore. Perché quando chiedevo a mio marito di immaginarmi davanti a Voi volevo che succedesse il prima possibile”
Whack
“Nove!!! Signore. Perché amo sentire il Vostro cazzo nella mia bocca”.
Whaaaaackkk
Il culo ormai era una splendida tela di segni cremisi che la adornava.
“Aaaaaaaaaah Dieeeeci, Signoreeeee. Perché anche se fa un male cane, sto godendo di questa situazione”.
Sorrisi.
“Ti saresti mai immaginata di trovarti un giorno in questa situazione?” le chiesi portandomi davanti al suo viso rigato dalle lacrime.
“A volte lo avevo fantasticato – rispose tra un singhiozzo e un repsiro profondo -, ma le fantasie spesso restano tali…, Signore”.
Le infilai nuovamente il cazzo in bocca. Iniziò a succhiare come un’assatanata. La lingua stuzzicava il prepuzio, le labbra strette accoglievano la cappella e poi proseguivano lungo l’asta, la lingua avvinghiava il bastone che le offrivo. Decisamente sapeva succhiare.
“Restano cinque colpi” le dissi, mentre l’uccello uscì con un plop dalla bocca.
Tornai alle sue spalle, quel culo era favoloso.
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