Il famiglio. La prima donna.
di
Tibet
genere
prime esperienze
IL FAMIGLIO. La prima donna.
Nota dell'autore: Il “famèi”, termine dialettale che sta per “famiglio” (servo di casa, di famiglia), è stata una figura della società contadina del nord Italia nel tempo tra fine secolo XIX e l'inizio della seconda guerra mondiale. Il fenomeno era frutto di una povertà diffusa in cui l’alto numero di figli (e quindi delle tante bocche da sfamare) determinava la necessità di “darli in affitto” presso famiglie più agiate in cambio del solo vitto e alloggio.
Il famèi.
Io e la mia famiglia eravamo arrivati a detestarci, avevo sempre più la tentazione di commettere una strage, sterminarli tutti e già stavo rimuginando come. I miei genitori, che ci avevano sconsideratamente messi al mondo a me e ai miei fratelli, ora ci rimproveravano di esistere.
Così... dopo aver frequentato la sesta e la settima classe elementare che in effetti era solo una continua ripetizione della quinta, il giorno della fiera dell'Annunciazione, il 25 marzo, mi presentai, assieme ad altri, per offrirmi a servizio come famiglio, dei mediatori mi scelsero, come sceglievano il bestiame e mi misero a servizio per quegli anni presso famiglie agiate, tutto questo fino al giorno di San Martino, nel quale tornavo a casa e rientravo pienamente nel clima familiare infelice come sempre.
Ai diciassette anni gestii io il mio futuro e mi assunse direttamente un grosso contadino che trattava luppolo, malto, orzo e aveva un modesto birrificio artigianale. Un latifondista con molto terreno agricolo intorno ma che l'aveva dato a mezzadria in cambio di parte dei prodotti. Lasciai quindi definitivamente e con sollievo la famiglia per questa nuova condizione.
Il birrificio non era poi granché, una vecchia fattoria isolata nella campagna, un grande magazzino dove era stipata la materia prima e lì mi disposero a dormire. Una stanzetta sotto il tetto con un abbaino, un letto. Caldissima.
Non ci lavoravano molte persone, il padrone, mastro birraio e commerciante, la moglie, due figlie che aiutavano, alcune donne della mezzadria che lavoravano a chiamata e io.
Il mio lavoro era scaricare quando arrivava il materiale, disporlo nel magazzino, prepararlo per la vendita e portarlo, quando mi era richiesto, al locale dove facevano la birra, aiutare lì il padrone, caricare e scaricare le botti.
Mangiavo con loro ma in disparte, alla fine mi trattavano con sufficienza, ero e sarei stato solo un servo.
Poi...
La sera, dopo il lavoro, mi lavavo all'aperto sotto il getto di una fontana, acqua freddissima di una sorgente che veniva anche usata per la birra, mi spogliavo fino a restare in mutande e mi toglievo il sudore e la polvere della giornata.
Quella sera mi accorsi di essere osservato, le due figlie dei padroni, ragazze di quindici e quattordici anni, erano nascoste appena dietro l'angolo del fabbricato e mi guardavano. Non so davvero quale stimolo di esibizionismo perverso esplose nella mia mente, so che immediatamente mi eccitai e il cazzo diventò una sbarra di carne, mai avrei immaginato il piacere che provai nell'espormi, con decisione tolsi anche le mutande e presi a lavarmi il cazzo duro, scappellavo e ricoprivo la verga mostrandolo sempre di più. Ora mi stavo proprio masturbando con decisione, mostravo loro il cazzo in tutta la sua eccitazione, era proprio dedicato a loro il mio piacere e alla fine sborrai, diversi getti di sborra e loro, forse soddisfatte, sparirono.
La cosa si ripeté ogni volta che le vedevo in osservazione, godevo dell'interesse che mi mostravano salvo ritornare ad una loro totale indifferenza durante l'altro tempo. Godevo nel mostrarmi, mi bastava.
Il cambiamento capitò tutto in quel periodo, portando dei sacchi di luppolo in birreria vidi il padrone, un grosso uomo pelosissimo, prendere una delle lavoranti a giornata, farla chinare, alzarle l'ampia gonna e prenderla con forza, colpi secchi e rapidi, l'amplesso non durò moltissimo, pochi istanti ed era tutto finito poi si ricomposero e tornarono al lavoro. E capii che il padrone esigeva la cosa da tutte coloro che venivano a servizio. La cosa non mi eccitò affatto, loro non erano molto gradevoli e poi? Troppo rapida, ma quello che capitò il giorno successivo?
Arrivò un carico di luppolo, fu la moglie a riceverlo, io e il carrettiere portavamo dentro i sacchi e lei li contava, poi? Ad un tratto scomparvero, sia lui che lei e sentii gemiti e sospiri da dietro una catasta di sacchi. Guardai… lei con la gonna alla vita e le gambe larghe alte e lui sopra che la stava penetrando con tutta la sua forza con i calzoni ai piedi e il culo nudo. Beh... a vedere quelle gambe candide e dondolanti, sentire i gemiti di lei e i grugniti di lui in un attimo il cazzo mi diventò di pietra. Restai a guardarli fino a coito finito, lui che levò il cazzo sborrato, lei con la fica che rilasciava il suo contenuto che scendeva sulle cosce, vidi chiaramente il rosa intenso dell'interno della fica aperta e il vello scuro che la circondava. Una visione che prese a tormentarmi in ogni istante delle giornate successive.
Questa situazione, le ragazzine che mi guardavano, il padrone che scopava le lavoranti e la padrona i carrettieri mi mosse la voglia di far finire finalmente la mia verginità, non mi bastava più la continua masturbazione che praticavo.
Le ragazzine erano fuori portata, il padrone mostrava nei loro confronti una gelosia parossistica, le cercava, le controllava, non vedevo come riuscire a mettere le mani sotto la loro gonna, ma la padrona? Donna di una quarantina di anni, procace e formosa che aveva dimostrato una libidine evidente, tanto evidente che non mi faceva dormire.
Ora mi masturbavo con molta frequenza, con tutta la voglia e forza della mia gioventù.
Pensai e ripensai a come arrivarci alla sua fica, un ricatto diretto con la minaccia di dirlo al marito? Oppure un procedere più sottile?
Mi stavo tormentando la mente su questo.
Dentro il magazzino dove era stivato il luppolo e l'orzo era particolarmente caldo, giravo a torso nudo e spesso il sudore mi rigava la pelle coperta di polvere.
La padrona, quando era presente, portava di solito una blusa bianca con il grosso seno senza sostegno e una gonna leggera e ampia sotto la quale immaginavo non portasse altro e questo mi faceva impazzire di desiderio.
Quanto desideravo alzarle la gonna e arrivare alla sua fica che pensavo odorosa e bagnata! E quelle grosse tette pesanti che mi vedevo baciare, mordere e succhiare?
Quel pomeriggio lei era nel magazzino, seduta, sventagliava l'ampia gonna cercando di rinfrescare quanto copriva. La blusa era slacciata e mostrava la rotondità del seno, grosso e bianco, io che avevo finito di impilare dei sacchi, mi avvicinai.
-Padrona...-
-Che c'è...?-
-Devo dirti una cosa...-
-E dimmela...-
-T'ho vista scopare con quel carrettiere, ho visto le tue cosce, ho visto la tua fica e da allora non dormo più, mi sto uccidendo di seghe...-
-Cosa stai dicendo? Ma non è vero!-
-Ho visto... tutto. Ma non intendo certo fare la spia, non ne parlerò con nessuno, prometto.-
-E cosa vuoi?-
-Voglio masturbarmi guardandoti, senza la blusa per guardarti le tette, che alzi la gonna e mi mostri la fica, io che mi masturbo fino a sborrare... -
-Ma quanto sei porco... va bene, lo faccio ma tu mi assicuri il tuo silenzio su tutto.-
Si levò rapidamente la blusa e le sue tette scoppiarono nella loro opulenza! Grosse e pesanti, candide, con i capezzoli scuri e turgidi.
Il cazzo mi si indurì istantaneamente, lo estrassi e presi a masturbarmi piano, non volevo godere troppo presto, volevo godermi lo spettacolo completo.
Alzò la larga gonna, come avevo intuito era nuda sotto, mostrava le cosce e il ventre, la fica incorniciata dal pelo. Lucida da quello che immaginavo fosse sudore e umori e il pelo bagnato? Quanto avrei voluto sentire da vicino l'odore e leccare il sapore!
Avanzai di un passo verso di lei che ora si stava massaggiando le grosse tette.
-Padrona... sei bellissima...-
-Vuoi vedermi da più vicino? Avvicinati...-
Lo feci fino a esserle ad un passo, continuando a menarmi lentamente, scoprivo e ricoprivo la cappella.
Lei aveva ora incatenato i suoi occhi sul mio cazzo.
-Hai un bel cazzo... famèi, proprio bello...-
-E tu… padrona, hai una meraviglia di tette, una fica bellissima...-
-Aspetta... andiamo dietro la catasta dei sacchi, qui possono sorprenderci...-
La seguii sempre menandomi il cazzo, lei precedendomi aveva alzato alla vita la gonna e ora mi mostrava un culo immenso! Larghe chiappe candide con una valle fra loro profonda e infinita.
Si distese su alcuni sacchi, tette scoperte… gonna alla vita e gambe larghe.
-Mettiti fra le mie gambe… vicino… guardami… dimmi che ti piace… vuoi che mi tocco per te?-
Iniziò a passare le dita sul suo solco aperto, apriva le labbra per mostrarmi meglio il suo interno, si accarezzava il suo grosso clitoride.
Ero in ginocchio e il suo odore, forte e speziato, mi ubriacava.
-Dimmi… me la vuoi leccare la fica?-
-Oh si…! Padrona! Si!-
Come descrivere a posteriori la pazzia che mi prese quando incollai la bocca alla sua fica?
Frenesia pura! Quell'odore di mare, di selvatico, di animalesco e… quello appena appena nascosto ma esistente del suo pisciare?
Fortissimo, denso, tanto da drogarmi!
Leccai e leccai… trovai subito sotto la lingua il suo grosso clito e per puro istinto sessuale presi a tormentarlo, baciandolo, succhiandolo, mordendolo, presto mi accorsi della sua risposta, si inarcava, spingeva il ventre contro la mia bocca, mi tirava a sé tenendomi la testa.
Mi diede il mio primo orgasmo di donna! Fantastico!
La sua fica ora era una vera fontana e ne succhiavo il prodotto, un fiume di miele denso e biancastro, trasparente.
La mia mano? Continuavo a menarmi il cazzo, ma… aspettavo per godere! Non volevo affrettare nulla, volevo goderla fino alla conclusione, la sua fica!
L'altra? Era su una sua tetta, grossa e morbida, che strapazzavo e strizzavo, tiravo e torturavo il grosso capezzolo.
Mi staccò a forza dalla sua fica! Io avrei continuato a leccarla fino a consumami la lingua!
Mi staccò urlando!
-Mettilo dentro! Mettilo dentro!-
In ginocchio… tenendolo con la mano mi approssimai, ma fu lei, alzandosi sul busto e prendendomi con la sua mano a far tutto! Strofinò la cappella sulla fica aperta e lo spinse dentro di sé!
La mia prima fica! Come descrivere l'attimo della penetrazione? Il primo momento?
Sentirmi aprirla, sentirmi preso dentro di lei, arrivare poi a riempirla completamente, ad essere tutto dentro e poi… le sue spinte pelviche e le mie che spingevo all'unisono!
Durai pochissimo, pochi colpi e le sborrai dentro. Fortuna fu che anche lei venne nello stesso momento!
Un altro orgasmo di donna! Mio!
Era piena di me ora, alzandosi le scivolò sotto di sé un gocciolare di sborra. Cercò di tamponare con la mano non riuscendoci, l'avevo davvero riempita!
Si riassettò brevemente.
-Aspettami… devo rientrare a casa… non muoverti da qui!-
Capii al suo ritorno che si era lavata e ricomposta, forse controllato che il marito o le piccole streghe delle figlie non fossero in giro.
-Ragazzo! Ascoltami... d'ora in avanti non mi sborrerai più dentro! Lo leverai prima di venire, capito? E non prenderai mai nessuna iniziativa, deciderò io quando e come scopare. È chiaro? E stai attento alle due befane, sono maligne.-
-Adesso... Padrona? Una veloce...-
-Porco... come sai stuzzicarmi, eh? Dai veloce... prima aspetta un attimo che controllo fuori.-
Rientrò, mi prese per la mano e mi tirò impaziente al riparo di sguardi inopportuni, si chinò in avanti appoggiando le mani ai sacchi, fui io ad alzarle la gonna e appuntarla alla sua cintura, il culo che mostrava così era uno spettacolo! Dio! Burroso, largo, sensualissimo.
Il cazzo lo avevo già in mano, non feci che strusciarlo un attimo fra le sue cosce che ella stessa mi fagocitò dentro! Mi sentivo in un vortice di piacere mentre le martellavo le chiappe burrose con i miei lombi! Spingevo come un pazzo mentre lei mi incitava, mi urlava di far presto, di farla godere! Sentii che si stava toccando per poter arrivare prima all'orgasmo e appena goduto, me ne accorsi dai gemiti e dal suo inarcarsi, si staccò, fece scendere la gonna e si allontanò in fretta, dicendomi che ci saremmo visti a cena.
Restai lì... senza aver goduto o meglio goduto di aver posseduto una femmina così straordinaria e pensando al suo largo culo candido arrivai a sborrare sullo stesso sacco che l'aveva sostenuta.
Capii nei giorni successivi il divieto di venirle dentro, in cucina teneva un calendario di non so che santo, che riportava delle crocette in diversi colori, nere per lei, colorate per le figlie e indicavano i loro giorni del ciclo. Solo nei giorni in prossimità del ciclo, poco prima e subito dopo si faceva sborrare dentro, sicura di non restare pregna.
Il periodo che seguì questo fatto fu vissuto in maniera spasmodica, lei era più spesso in magazzino che a casa a seguire i lavori domestici e scopavamo in più occasioni, ma sempre sotto la spada di Damocle di essere sorpresi dalle figlie o dal marito. Anche più volte al giorno avveniva il congiungersi, contatti rapidi e brucianti, lei godeva e scappava in casa, poi tornava e si ricominciava il ballo.
Avevo smesso di fare l'esibizionista con le ragazzine, non mi interessavano più, le vedevo femmine incomplete, poco seno, poco culo, poco interessanti. Ma non avevo tenuto conto di quanto potevano essere intuitive e alla fine furono proprio loro a causare la fine del rapporto con la loro madre e la mia partenza. La paura che potessero scoprire tutto.
Ma il fatto che fece tornare alla ragione la loro madre non fu causato da loro, no. Un pomeriggio mentre eravamo dietro a dei cumuli di sacchi di luppolo e la stavo possedendo selvaggiamente da dietro, sentimmo urlare!
Era il padrone che la cercava, gridava e chiedeva dove fosse, il perché non era mai in casa! Fortuna volle che non si inoltrò nel magazzino ma che ne uscì quasi subito.
La sera stessa, a cena, la riprese duramente chiedendole il perché non fosse mai presente, al quale richiamo lei rispose in maniera non convincente, mentre le due streghette mi guardavano come se intuissero cosa stava accadendo a casa loro, fra me e la loro madre.
Insomma... si stava giocando qualcosa di pericoloso, il padrone era geloso di quanto possedeva, beni, terreno e femmine e era in grado di essere violento, molto violento.
Mai dissi alla padrona che lui stesso la tradiva con le contadine
in mezzadria, non ne vedevo l'opportunità.
Il giorno successivo... finì rapidamente tutto. Lei venne in magazzino e mi porse una banconota, si trattava di cinquanta lire, somma considerevole per quell'epoca, ingiungendomi di andarmene subito, non era possibile continuare, rischiavamo troppo ambedue.
Fui d'accordo, convinto che non poteva essere diversamente, presi le mie poche cose e me ne andai.
Fu la mia prima donna.
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