Le amiche speciali: Ricordi del passato
di
fantasex
genere
etero
Iniziare un racconto, e soprattutto il primo, non è una cosa banale. Dubbi e ripensamenti ti perseguitano peggio di un nugolo di ‘mosquitos’. Quando poi cerchi di pescare nel tuo passato, le immagini si sovrappongono e confondono le inesperte dita sulla tastiera. Sarebbe stata un immagine più bella riferirsi alle gocce di inchiostro della stilografica, ma nel terzo millennio dobbiamo accontentarci dei tasti freddi di un computer.
Tra tutte le fotografie che affollano la mia mente, una, più delle altre, in questi giorni è decisamente stampata in testa. E, stranamente, ma forse nemmeno tanto, si porta dietro sempre, un certo deflusso di sangue dal cervello all’altro muscolo maschile.
Non state capendo nulla, lo so, allora cercherò di mettere ordine tra le emozioni e raccontare da capo.
Il mio lavoro, da sempre, mi porta in giro per uffici ed aziende dove spesso sono visto come il ‘mago’ che risolve i problemi, anche se, spesso, mi trovo più di fronte all’imperizia dei clienti che a veri problemi.
All’epoca avevo poco più di 40 anni ed ero un comune ometto senza particolari doti fisiche, certamente qualcuna di più dell’attuale canizia.
Avevo acquisito un nuovo cliente e, come sempre all’inizio, avevo necessità di intervenire con una certa frequenza. Con Luciana, la titolare, scattò subito una certa confidenza al punto tale che non era raro trovarsi, quasi magicamente, a parlare delle nostre vite private e di temi vagamente sessuali.
La svolta che portò poi alle nostre frequentazioni, avvenne un giorno che, continuo a pensare poco involontariamente, lasciandomi il passo per farmi sedere alla sua scrivania, la sua mano destra sfiorò i miei pantaloni. Accortasi dell’incidente, si scusò subito per l’imbarazzo creato. Ma io, con imprevista perfidia, accettando le scuse per il banale incidente, proposi di pareggiare l’imbarazzo.
“E come vorresti pareggiare? Non capisco..”
Notai nel suo sguardo stupore e curiosità.
“Semplicemente appoggiando una mano su quella rotondità che riempie la tua gonna! Se preferisci più chiarezza, te la faccio un po’ più semplice. Tu mi hai toccato il cazzo e ora mi è venuta una voglia matta di toccarti il culo!”
Gelo. Pensai che, con ogni probabilità, mi sarei beccato uno schiaffo e avrei perso il cliente.
“Ma che impudente! Tutto sommato, però, non hai torto. Dovrò pur pagare in qualche modo la mia sbadataggine! Ahahahaha”
Quelle sue parole mi diedero conferma del fatto che non mi sbagliavo. Non aspettava altro.
Era fine giornata e, quasi naturalmente, decidemmo di suggellare l’accaduto con una cena.
Da quella volta, ogni volta che passo dal suo ufficio e la trovo sola, le domando per cosa debbo punirla e quindi provvedo a poggiare la mano sulle sue rotondità. Per quanto nel tempo le “punizioni” siano divenute un po’ più incisive, non sono mai andato oltre ai due sculaccioni. Nel contempo non ho mancato di cogliere altre occasioni per gustarmi la sua presenza a cena quando possibile.
Questo per inquadrare la situazione, ma veniamo al fatto importante che mi frulla in testa in questi giorni.
Era passato qualche tempo dalla nostra conoscenza ed un giorno alla fine del mio lavoro presso il suo ufficio Luciana mi chiese:
“Luca, stasera hai già invitato a cena qualche altra cliente, come tuo solito, oppure ceniamo assieme?”
Mi sembrava divertita.
“Luciana dai, smettila. Lo sai che tu sei un eccezione, non porto mica a cena chiunque! Accetto volentieri.”
“Perfetto! Ti avverto, però, che avevo già organizzato con due mie amiche, ti scoccia la compagnia?”
“Se sono carine e discrete come la rossa riccioluta che ho davanti, direi proprio di no!”
“Non saprei! Ti posso solo dire che sono simpatiche e serie. La tua fortuna, viste le note fantasie di voi maschietti, è che ti troverai a cena con una rossa, una bionda ed una mora!”
“Addirittura! A che ora ci vediamo allora?”
“Ci troviamo alle 20.30 di fronte a quel nuovo locale, Bocca di Rosa, hai capito dove?”
“Sì certo, a Sant’Ilario! Mi sembra lontanuccio però! Ahahahahaha”
“Scemo! È in fondo al viale che porta al parco!”
“Passo in albergo e ci vediamo direttamente davanti al locale, aspettatemi!”
TO BE CONTINUED
Tra tutte le fotografie che affollano la mia mente, una, più delle altre, in questi giorni è decisamente stampata in testa. E, stranamente, ma forse nemmeno tanto, si porta dietro sempre, un certo deflusso di sangue dal cervello all’altro muscolo maschile.
Non state capendo nulla, lo so, allora cercherò di mettere ordine tra le emozioni e raccontare da capo.
Il mio lavoro, da sempre, mi porta in giro per uffici ed aziende dove spesso sono visto come il ‘mago’ che risolve i problemi, anche se, spesso, mi trovo più di fronte all’imperizia dei clienti che a veri problemi.
All’epoca avevo poco più di 40 anni ed ero un comune ometto senza particolari doti fisiche, certamente qualcuna di più dell’attuale canizia.
Avevo acquisito un nuovo cliente e, come sempre all’inizio, avevo necessità di intervenire con una certa frequenza. Con Luciana, la titolare, scattò subito una certa confidenza al punto tale che non era raro trovarsi, quasi magicamente, a parlare delle nostre vite private e di temi vagamente sessuali.
La svolta che portò poi alle nostre frequentazioni, avvenne un giorno che, continuo a pensare poco involontariamente, lasciandomi il passo per farmi sedere alla sua scrivania, la sua mano destra sfiorò i miei pantaloni. Accortasi dell’incidente, si scusò subito per l’imbarazzo creato. Ma io, con imprevista perfidia, accettando le scuse per il banale incidente, proposi di pareggiare l’imbarazzo.
“E come vorresti pareggiare? Non capisco..”
Notai nel suo sguardo stupore e curiosità.
“Semplicemente appoggiando una mano su quella rotondità che riempie la tua gonna! Se preferisci più chiarezza, te la faccio un po’ più semplice. Tu mi hai toccato il cazzo e ora mi è venuta una voglia matta di toccarti il culo!”
Gelo. Pensai che, con ogni probabilità, mi sarei beccato uno schiaffo e avrei perso il cliente.
“Ma che impudente! Tutto sommato, però, non hai torto. Dovrò pur pagare in qualche modo la mia sbadataggine! Ahahahaha”
Quelle sue parole mi diedero conferma del fatto che non mi sbagliavo. Non aspettava altro.
Era fine giornata e, quasi naturalmente, decidemmo di suggellare l’accaduto con una cena.
Da quella volta, ogni volta che passo dal suo ufficio e la trovo sola, le domando per cosa debbo punirla e quindi provvedo a poggiare la mano sulle sue rotondità. Per quanto nel tempo le “punizioni” siano divenute un po’ più incisive, non sono mai andato oltre ai due sculaccioni. Nel contempo non ho mancato di cogliere altre occasioni per gustarmi la sua presenza a cena quando possibile.
Questo per inquadrare la situazione, ma veniamo al fatto importante che mi frulla in testa in questi giorni.
Era passato qualche tempo dalla nostra conoscenza ed un giorno alla fine del mio lavoro presso il suo ufficio Luciana mi chiese:
“Luca, stasera hai già invitato a cena qualche altra cliente, come tuo solito, oppure ceniamo assieme?”
Mi sembrava divertita.
“Luciana dai, smettila. Lo sai che tu sei un eccezione, non porto mica a cena chiunque! Accetto volentieri.”
“Perfetto! Ti avverto, però, che avevo già organizzato con due mie amiche, ti scoccia la compagnia?”
“Se sono carine e discrete come la rossa riccioluta che ho davanti, direi proprio di no!”
“Non saprei! Ti posso solo dire che sono simpatiche e serie. La tua fortuna, viste le note fantasie di voi maschietti, è che ti troverai a cena con una rossa, una bionda ed una mora!”
“Addirittura! A che ora ci vediamo allora?”
“Ci troviamo alle 20.30 di fronte a quel nuovo locale, Bocca di Rosa, hai capito dove?”
“Sì certo, a Sant’Ilario! Mi sembra lontanuccio però! Ahahahahaha”
“Scemo! È in fondo al viale che porta al parco!”
“Passo in albergo e ci vediamo direttamente davanti al locale, aspettatemi!”
TO BE CONTINUED
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