Alessia e Barbara - la seduta di yoga

di
genere
saffico

Giovedì, ore 06.45
Alessia entrò nel bagno, decisa a farsi una lunga doccia. Aprì il getto dell’acqua, girando la manopola completamente a sinistra. Amava il contatto con l’acqua bollente, cosa che riusciva a distendere, in modo alquanto sorprendente, il suo sistema nervoso. Non che ne avesse bisogno, quella mattina. Mentre aspettava che la temperatura salisse, fece roteare il collo un paio di volte in senso orario, alternandone il movimento nella direzione opposta. Rimase a guardarsi attorno. Il rivestimento a mosaico, la cui tonalità spaziava tra il celeste ed il blu scuro, aveva il potere di rilassarla. Rivolse poi lo sguardo a sé stessa, riflessa nello specchio. Faticava ancora a rendersi conto di quanto avvenuto nelle ultime 9 ore, ma credette che, rimirando la sua immagine per un non so quale arco di tempo, potesse rafforzare il suo autoconvincimento.
Non era sicura funzionasse. Rinunciò ed entro nella cabina doccia. Afferrò il telefono e fece scorrere il getto caldo lungo la schiena, trasalendo al contatto con esso.
Ripensò alla battuta che Giorgia aveva fatto, poco prima, mentre usciva di casa.
“…magari stasera mi racconterai se avrai fatto sesso con lei!”.
L’imprevedibilità della vita. Una serata iniziata con un innocuo invito a mangiare una pizza, era proseguita e terminata con ben due rapporti sessuali, con la sua amica Emily prima e con la sua coinquilina Giorgia poi. Circostanze e motivazioni differenti, certo, ma gli orgasmi erano stati tutti eccezionali. Nel mezzo, un strano e imprevedibile momento di intimità con Barbara, la madre della sua amica. Un bacio, un carezza, uno sfioramento tra i loro corpi. L’avrebbe rivista pomeriggio. E se succedesse ancora? Se con Barbara si creassero i presupposti per fare sesso? Era quello che desiderava?
Una forte eccitazione iniziò a montare dentro di lei. Era tentata di utilizzare il getto dell’acqua per allentare un po’ la pressione. Perché no? In fondo aveva tempo. Regolò il soffione affinché uscisse quello più intenso, situato centralmente. Se lo portò tra le gambe, iniziando a gemere una volta a contatto con la sua vagina. Si sedette sul fondo, per stare più comoda. Allargò le gambe quel tanto che il piccolo spazio lo permetteva e proseguì nella sua opera. Qualche spasmo muscolare accompagnò l’orgasmo che vi giunse, pochi minuti dopo. Il quinto in poche ore. Non bello come gli altri. Le lingue di Emily e Giorgia erano tutta un’altra cosa.
Terminò la doccia in un’invidiabile stato di rilassamento e beatitudine. Si vestì in modo semplice, jeans e t-shirt, un paio di ballerine ai piedi. Lasciò i capelli umidi ed uscì di casa. Decise che avrebbe fatto tappa al bar adiacente la biblioteca, per una rapida colazione. Alle ore 7.55, Alessia stava aprendo le porte del suo luogo di lavoro.

Giovedì, ore 13.30
Barbara fece il suo ingresso in una delle salette sotterranee della palestra Body&Dream e lasciò le infradito vicino alla porta, assieme a quelle degli altri partecipanti. Vide Alessia nell’angolo opposto. La migliore amica di sua figlia, si stava esercitando con alcune asana. Riconobbe quella del cane a testa in giù. La raggiunse proprio mentre quella stava alzando la testa.
“Ciao Ale! Come ti va’ oggi?” chiese Barbara sorridendole.
Alessia ricambiò il sorriso.
“Molto bene! Ti dico la verità, non vedevo l’ora venire qui! Ho avuto una mattinata a dir poco infuocata!”
“Capisco…molta affluenza in biblioteca?”
“Diciamo che oggi, molti si sono alzati con una gran voglia di classici. Da non credere! Ho quasi discusso con un signore perché non avevo disponibile ‘Il barone rampante’ di Italo Calvino. Il poveretto è stato pure sfortunato, le due copie disponibili le hanno prelevate tra ieri sera e stamattina” spiegò Alessia “in parole povere, non si capacitava del fatto che ne avessimo solo due a disposizione. Se tenessimo 3-4 copie di ogni libro, servirebbe un locale grande come tutta la piazzetta”.
“Anche a me è piaciuto molto, quel libro di cui accennavi, intendo…” disse poi Barbara “…comunque, per oggi hai finito giusto?” continuò.
“Sì, per oggi sarà qualcun altro a sedare potenziali risse per libri mancanti” sorrise Alessia.
“Se ti andasse, ti rinnoverei il mio invito a pranzare assieme” propose Barbara.
“Andata! Tra l’altro, mi sono portata avanti con lo studio, quindi non avevo in programma grosse sessioni per oggi” rispose la ragazza.
“Perfetto!” disse Barbara. Stava per aggiungere qualcosa, quando una voce maschile fece il suo esordio nella sala.
“Buongiorno a tutti!” Era Filippo, l’insegnate di yoga.
La lezione iniziò con alcuni brevi esercizi di riscaldamento, perlopiù incentrate sullo stretching: allungare il muscoli era di fondamentale importanza per un corretto ed ottimale svolgimento delle svariate asana che la disciplina prevedeva. Durante la prima parte, venne chiesto ai partecipanti di cimentarsi nelle posizioni da singolo individuo. Successivamente, vi fu la suddivisione a coppie, per provare, appunto, le pose a due.
Barbara ed Alessia costituivano una di queste. A turni alterni, eseguirono svariate esercitazioni, da una ‘Navasana’ in due ad una torsione di coppia, da un ‘Front Bird’ ad un ben più difficile ‘volo terapeutico’.
Accade qualcosa di particolare, durante la seconda parte della lezione. Alessia vi pensò su per quasi tutto il resto dell’ora.
Si trovava sdraiata a terra, le gambe sollevate ed i piedi poggiati all’altezza dello stomaco di Barbara. Stavano preparando il già citato ‘Front Bird’, quando Filippo interruppe temporaneamente il tutto, richiamando l’attenzione dei partecipanti su alcuni dettagli. Alessia rilassò un attimo i piedi, sollevando leggermente le piante dalla pancia di Barbara. Questa, forse inavvertitamente, forse intenzionalmente (era il grande dubbio di Alessia), poggiò le sue mani sotto le estremità della ragazza, carezzandole dolcemente l’arco plantare con le dita. Alessia strozzò in gola una risatina, indi si morse il labbro per evitare di esplodere davanti a tutti. L’attenzione della donna era rivolta all’insegnante intento a concludere la sua spiegazione, non poteva realizzare di quanto quel suo gesto, apparentemente innocuo, rappresentasse un tortura per sua giovane compagna di corso, molto sensibile al solletico. La fortuna volle che Filippo terminasse in modo alquanto celere, permettendo così che la lezione ripartisse per la volata finale di 15 minuti.
Giunsero le 14.20. I partecipanti fecero il loro saluto e si avviarono verso gli spogliatoi, pronti all’incontro con le tanto agognate docce.
“Allora” fece Barbara alla ragazza dopo la doccia “dove si va a mangiare? Ho scoperto un posticino lungo la strada per arrivare a casa mia, fanno delle piadine romagnole da premio Oscar, che dici?” propose.
Il sorriso sul volto della ragazza fu sufficiente come risposta.
“Adoro le piadine romagnole!” esclamò lei, chiudendo gli occhi con aria sognante.
“Lo so bene. Ricordo quando ti portammo al mare con noi, a Riccione. Non ho mai visto nessuno della tua stazza mangiarne tre in una volta!”
Alessia sorrise al ricordo. Lei, Emily e Barbara avevano cenato in uno di quei locali con prodotti tipici. Oltre alle due che aveva preso per lei, dovette finire quella dell’amica.
“Perfetto! Ti seguo con la mia auto!” esclamò infine la ragazza.
Le due uscirono nel parcheggio, ognuna intenta a raggiungere la propria vettura.

Giovedì, ore 14.50
Barbara scelse un locale in perfetto stile pub irlandese. Un bancone di marmo rosa a forma di mezzaluna, le accolse all’ingresso. Dietro di esso, vi era un robusto uomo sulla cinquantina, più alto di un metro e ottanta. Un tatuaggio a forma di corba reale, avvolgeva l’avambraccio destro, accentuandone la muscolatura. Era intento a battere uno scontrino per un ragazzetto che pareva avere tuttalpiù 14 anni.
L’uomo lo ringraziò e, alzando lo sguardo, le saluto con un sorriso.
“Ah, buongiorno Barbara!”
Quel suo modo confidenziale, lasciava presumere quando potesse essere una cliente abituale.
“Salve Frank!” rispose la donna.
“Il solito tavolino?”
“Sarebbe fantastico, ti ringrazio!” esclamò.
Il gestore, tornato serio, fece un cenno alla ragazza di turno, affinché le accompagnasse.
Attraversando il locale, Alessia appurò quanto limitata fosse l’illuminazione, dovuta ad un impianto elettrico che prevedeva quasi esclusivamente luci offuscate. Una particolarità inusuale, per un locale diurno, che al tempo stesso lo rendeva affascinante, permettendo ai clienti di poter godere di una certa privacy. In fondo, la pausa pranzo poteva e doveva servire anche a quello, staccare per un po’, rimanendo nella penombra, in compagnia solo dei propri pensieri.
Raggiunsero un tavolo ad angolo, il quale disponeva di sedie dal lato di fronte al muro, di una panca a forma di L dal lato opposto. Entrambe optarono per la seconda, molto più invitante con quel cuscino in un pezzo unico, disposto sopra le sedute.
Consumarono un delizioso pasto in perfetto stile romagnolo, parlando del più e del meno, degli studi di Alessia, del lavoro presso l’agenzia, di Emily. Proprio il fatto di tirarla in ballo, la fece trasalire, ripensando alla sera precedente. Se Barbara avesse anche solo vagamente intuito quanto avvenuto sul suo comodo sofà…
“A che pensi?” le chiese la donna, vedendola distratta.
“Oh, nulla! Lo studio…” mentì Alessia.
Sorrise e abbassò lo sguardo, il quale fu richiamato da un movimento del piede di Barbara. Si era sfilata la scarpa dal tallone, eseguendo un “dangling” in piena regola. Nell’osservarlo, le tornò in mente la situazione precedente, in cui la madre dell’amica le aveva delicatamente solleticato i piedi. Fu presa da un’immediata trepidazione, non si spiegò perché. O forse ne rifiutava a priori la risposta, visto che già la conosceva.
Trasse il respiro più profondo quanto discreto possibile e guardò Barbara.
“Barbara, senti…” iniziò titubante “…potrei farti una domanda?”
La donna le fece cenno di sì, inclinando la testa verso sinistra.
“Ecco…” fece una pausa “ricordi prima, quando Filippo ci ha interrotto ed avevi i miei piedi in grembo? Mi hai…fatto il solletico intenzionalmente?” riuscì finalmente a dire.
Barbara sorrise, quasi a voler ammettere di essere stata scoperta, ma senza trapelare alcun imbarazzo.
“Beh…diciamo che stavo…constatando quanto le tue piante fossero lisce…ok, sì, ero curiosa di vedere quanto resistevi, sapendo quanto sei sensibile” disse poi, infilandole a tradimento, l’indice nel fianco.
Alessia fece un piccolo salto, trattenendo un urletto. Le due risero, punzecchiandosi a vicenda.
D’un tratto, partì la suoneria del cellulare di Barbara.
“Un cliente, devo rispondere, scusami” la informò la donna un attimo prima di iniziare la conversazione.
Alessia tornò inconsciamente ad osservare il dondolare di quella scarpa. In quel preciso istante, un’idea le balenò nella mente e un ghigno apparve sulla sua faccia. Barbara era distratta, stava scribacchiando qualcosa sul suo taccuino. Non c’era momento migliore per agire.
Allungò la mano verso la gamba destra della donna, sollevandola e portandosi il piede all’altezza della vita. Si stupì del fatto che Barbara non avesse tentato la minima opposizione, né apparisse minimamente imbarazzata. Senza toglierle quel furbo sorrisetto che aveva dipinto sul viso, le tolse la scarpa e le fece il solletico. Barbara sussultò, ma diede dimostrazione di un’ottima resistenza. Imperterrita, proseguiva la sua conversazione lavorativa, a volte stringendo i denti, altre mordendosi il labbro, altre ancora allontanando il telefono per sfogare tutto il suo ridere, ma senza emettere suoni. Nel contempo, il suo piede si muoveva come impazzito tra le grinfie di Alessia, roteando e distendendo le dita.
La tortura andò avanti per circa 3 minuti, finché la donna, ansimante, chiuse la telefonata e ritrasse il piede.
“Ma sei impazzita?” le chiese, strabuzzando gli occhi e con l’espressione divertita.
“Adesso siamo pari, cara!” le rispose Alessia con nonchalance.
“Brutta impertinente che non sei altro! Stavo per fare una figuraccia! Era il tipo con cui ho appuntamento più tardi! Stavo per esplodergli nelle orecchie! Questa me la paghi!!” esclamò, aggredendola giocosamente.
La ragazza fu presa alla sprovvista, finendo avvolta nella presa di Barbara che la volle ripagare con la stessa moneta. Vi fu un minuto di risate generali e insulti scherzosi, finché non si trovarono incredibilmente vicine. Ancora. Come la sera precedente. Il preambolo era diverso, ma l’epilogo sembrava poter essere lo stesso. Lo capirono entrambe, mentre lentamente smettevano di ridere, guardandosi con desiderio. Alessia tornò ad apprezzare le carnose labbra di Barbara, quando si baciarono. Di nuovo. Che stava succedendo in quei due giorni? L’oroscopo? Un simpatico allineamento delle costellazioni? Pensieri di ogni tipo presero a sormontarsi nella testa della ragazza dalla rossa chioma, la quale non poteva fare a meno di quel contatto. Durò quasi 2 minuti. Quando riaprì gli occhi lentamente, Barbara la stava guardando. Avvertiva il l'incalzante palpitare del suo cuore.
“Verresti da me…?” le chiese la donna con un sussurro.
Nemmeno per un attimo, ebbe dubbi sul cosa risponderle.

Non fecero a tempo a varcare la soglia che presero a divorarsi reciprocamente. Le scarpe di Barbara furono le prime a volare, seguite immediatamente da quelle di Alessia.
“Andiamo in camera mia…” le disse la donna ansimando dal desiderio.
Prese per mano la ragazza e la condusse nella sua stanza. Si chiuse la porta alle spalle e la baciò nuovamente, infilandole una mano nei pantaloni. Si spostò verso il collo, divorandolo di baci e leggeri succhiotti, mentre con l’altra mano, la stringeva a sé. Alessia oramai era alla mercé di quella donna, della sua forza, del suo furore. Nella sua testa, paventò l’idea che Barbara la volesse da tanto tempo, che quando poteva, la guardasse con desiderio, e la cosa non fece altro che mandarla ancora più in estasi.
Ansimava, gemeva, non opponeva alcuna resistenza. Era sicura: Barbara poteva fare di lei ciò che voleva.
Si ritrovò sdraiata supina al centro del letto matrimoniale. Lentamente, sentiva scorrere via i jeans, le mutandine, quindi la t-shirt ed il reggiseno imbottito. I suoi capezzoli stavano lì, turgidi come non mai, in attesa solo della bocca di Barbara, la quale arrivò puntualmente, solleticandoli con la lingua e pizzicandoli con i denti. La donna bloccava di peso la ragazza, utilizzando le gambe per tenere aperte le sue, mentre le teneva le braccia allargate, incrociando le mani con quelle di lei. Era davvero forte, pensò Alessia. Lo avvertì, soprattutto, dall’intensità della presa. E questo le giocò contro, quando Barbara prese a leccarle le ascelle a tradimento, trasformando i suoi mugolii in risate. Per fortuna non durò molto. La madre della sua amica, infatti, scese fino ad incontrare le sue grandi labbra. Alessia rovesciò gli occhi all’indietro, riprendendo a godere come una forsennata, non curandosi minimamente del fatto che la finestra fosse aperta e che qualcuno, più di qualcuno, avrebbe potuto sentirla abbastanza distintamente.
Raggiunse l’apice sonoro quando l’orgasmo si presentò, bello, forte, deciso, nuovo.
Completamente abbandonata alla donna, Alessia prese a ripetere “ancora” e “ti prego continua”, il tutto ad occhi chiusi e con il respiro affannoso.
“Tutto quello che vuoi, piccola mia!” le sussurrò Barbara. Si chinò a terra, per recuperare qualcosa dal cassettone infilato sotto il letto. Ne estrasse un finto pene in silicone, assicurato ad una cintura. Se lo infilò e in men che non si dica era già dentro di lei, la migliore amica di sua figlia, che tanto l’aveva eccitata dal momento in cui aveva messo piede per la prima volta in quella casa. Barbara non aveva più frequentato gli uomini, dopo suo marito; il tempo, l’esperienza e fattori socio-ambientali, l’avevano portata a desiderare le donne. Con loro era più facile. Conosceva cosa può farle soffrire, quali cose apprezzano, come capirle e quanto possa risultare importante la sincerità. Le erano capitate un paio di storielle occasionali, talmente passeggere da non averne mai parlato con la figlia.
Un grido improvviso la allontanò dai suoi pensieri. Aveva portato la ragazza ad un secondo orgasmo. Lo spasmo del suo copro fu tale da farle sbalzare le gambe per aria, portandole a sfiorare il volto di Barbara con i piedi. La donna ne approfittò per farli suoi, iniziando a baciarli sotto, sopra e tra le dita. Avvertì nuovamente il crescendo ansimare di Alessia nel momento in cui le prese in bocca una ad una, succhiandole dolcemente. Quando fu il turno dell’alluce, la ragazza dai capelli rossi emise uno sonoro “Sì” per approvare quanto percepito.
“Alessia, tesoro…” prese a dire Barbara “posso farti anche il solletico?”
In qualsiasi altra circostanza, niente e nessuno le avrebbe strappato una risposta positiva, ma in quel momento era immersa in uno stato di goduria tale da non potersi rendere conto di nulla.
Se ne uscì con “Sì… fammi il solletico…” tra un respiro e l’altro.
Furono due minuti intensi, nei quali Barbara leccò e solleticò le lisce estremità di Alessia, portandola ad un terzo orgasmo. La ragazza sentì il cuore martellare nel suo petto, lo stomaco contorcersi, acuti spasmi attraversale i muscoli. Il piacere era tanto estremo che sovrastò la sgradevole sensazione delle unghie sotto i suoi piedi. Gemendo ed ansimando, stava pian piano recuperando un certo equilibrio respiratorio, mentre Barbara la stringeva tra sé. Nel frattempo, si era sdraiata accanto l’amica di sua figlia, l’aveva abbracciata e le carezzava i capelli per sedare quella sua frenesia.
Furono sufficienti pochi minuti perché la ragazza, stremata, si addormentò tra le braccia di una donna che considerava una seconda madre, ma che oggi l’aveva scopata, masturbata, torturata di solletico, ed ora la coccolava, proprio come un tenero amante.
scritto il
2020-02-15
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