Latte

di
genere
incesti

Erano passati cinque mesi dalla nascita di Marco e le cose in casa si erano normalizzate.
Mio padre aveva ripreso la sua vita fatta di viaggi, in pratica non era mai a casa e mia madre si dedicava all’allattamento del pupo che era senza fondo.
Era proprio questo il problema, ogni volta che mia madre allattava io non potevo fare a meno di stare a guardare.
Quei seni bianchi, prosperosi da cui usciva copiosamente latte mi mandavano in fregola.
Avrei avuto voglia di attaccarmi e succhiarli fino svuotarli.
Era estate e mia madre non si dava certo cura di coprirsi, dopo l’allattamento rimaneva lì con la camicetta aperta e i seni al vento e a me veniva duro da morire.
Devo dire che in quel periodo mi masturbavo anche due volte al giorno.
Con mia madre avevo sempre avuto un rapporto molto disinvolto e spesso scherzavamo sulle ragazze che frequentavo. Anch’io la stuzzicavo, col fatto che papà era sempre via, le suggerivo di farsi l’amante e lei rispondeva che per quello che ne sapevo io poteva anche averlo.
Una sera dopo l’allattamento non resistetti e andai a sedermi sul letto vicino a lei.
I suoi seni odoravano di latte, ero inebriato.
“Certo tuo padre è proprio uno stronzo.” esordì lei.
“Perché?”
“Mollarmi così a casa, sola con due figli. Sono mesi che non faccio altro che preparare da mangiare e allattare. Mi sento una vacca. “ sbottò.
Scoppiai a ridere.
“Che c‘è di tanto divertente?” fece lei.
“L’idea della vacca.” risposi continuando a ridere.
“Con queste…” disse sollevandosi i seni “così piene di latte mi sento proprio una vacca.”
“Però sono belle…” le dissi cercando di non far trapelare la mia eccitazione.
“Trovi? Voi uomini siete così primitivi. Oltre tutto è un po’ sono pronta a riprendere a fare sesso e tuo padre non si degna di approfittarne.” era un po’ amareggiata.
“Te l’ho detto, trovati un amante.”
“Ma quale amante. Pensa a te piuttosto, la mattina trovo sempre tracce della tua attività notturna. Ma non ti stanchi mai?”
Scoppiai a ridere. “Sono sempre eccitato, anche adesso…” e le indicai il bozzo.
“A chi tanto e a chi niente.” sospirò.
“Da quando è che non lo fai?” le chiesi.
“Ti sembrano domande da fare a tua madre? Comunque da tanto, da quando abbiamo messo in cantiere tuo fratello.”
Parlammo ancora un po’, poi fece per alzarsi.
“Dove vai?” le chiesi.
“A prendere il tira-latte. Tuo fratello non ha finito la cena.”
Mi venne un idea.
“Lascia stare quel marchingegno. Posso succhiartelo io.”
Mi guardò stupita.
“Che ti passa per la testa?”
“Niente... sono curioso… mi piacerebbe assaggiare il tuo latte.”
Sorrise divertita. “Non è che vuoi trafficare con le mie tette?”
Sorrisi anch’io, un po’ imbarazzato.
Lei alzò le spalle. “Ma sì.. in fondo non c’è niente di male…”
Non potevo crederci. Ci guardammo negli occhi, poi lei si raccomandò “Fai piano, che sono molto sensibili.”
Le feci una carezza leggera e notai che i capezzoli si erano inturgiditi.
Avvicinai le labbra al capezzolo più vicino, lo esplorai con la punta della lingua, poi lo afferrai delicatamente con le labbra e iniziai a succhiare, lei emise un sospiro. Lentamente cominciò a fluire il latte, ogni tanto mi fermavo e le davo leggeri colpetti con la lingua. Il capezzolo era diventato enorme e molto più scuro.
Sentivo il mio uccello premere contro gli slip, sul punto di esplodere.
Passai all’altro e sentii un altro sospiro, molto più profondo del primo, guardai su e vidi mia madre con gli occhi socchiusi e un’espressione beata.
Continuai a lavorare di lingua, poi cominciai a succhiare. Sentivo il suo corpo fremere poi, all’improvviso, s’irrigidì, mi strinse a sé per poi allontanarmi. “Basta, basta… .” sussurrò.
Avevo procurato un orgasmo a mia madre. Non potei fare a meno di portarmi la mano fra le gambe e, appena toccai l’uccello, proruppe in un fiume di sperma.
Eravamo sfiniti, appena ci fummo ripresi mamma guardò fra le mie gambe e scoppiò a ridere.
“Hai fatto un bel casino. Vatti a risistemare e cerchiamo di dormire un po’”
Ero decisamente sconvolto, avevo fatto venire mia madre e ero venuto vicino a lei.
Il bello era che per lei era stato del tutto normale. Magari domani, ripensandoci, si sarebbe pentita, oppure…
Mi addormentai ancora eccitato.
Il giorno dopo tutto sembrava tranquillo. Non una parola di quanto successo.
Nel pomeriggio tornò mio padre, cenammo e la mattina successiva ripartì.
La sera dopo aver messo a dormire Marco la raggiunsi in camera sua. Era di malumore.
“Qualcosa non va?” le chiesi.
“Lasciamo stare.” sospirò “Tuo padre è incorreggibile. A volte penso che abbia un’altra.”
“Niente eh?” feci un gesto esplicativo con la mano.
“Screanzato!” rispose lei sorridendo.
“Una bella donna come me costretta ad andare in bianco.”
“Dai non te la prendere” continuai a prenderla in giro “c’è altro nella vita.”
Intanto mi ero avvicinato e le avevo messo un braccio intorno alle spalle. Lei si accoccolò e rimanemmo così per qualche minuto.
Facendo finta di niente, con tutta la naturalezza possibile, allungai l’altra mano e cominciai ad accarezzarle lo stomaco e la pancia, lei mostrava gradire le mie coccole le allora scostai i lembi della vestaglia mettendo in mostra i seni.
“Fammi un massaggio alle spalle” mi chiese. “con queste tettone pesanti ho i muscoli indolenziti.”. Mi portai dietro di lei e cominciai a massaggiarle le spalle. Piano piano le feci scivolare la vestaglia alla vita. Naturalmente ero sempre più eccitato. Dopo un po’ le mani scivolarono verso i suoi seni, dai mugolii che sentivo la cosa non doveva dispiacerle, così cominciai a titillarle i capezzoli. Schizzi di latte cominciarono a bagnarmi le mani, non potevo fare a meno, vista la posizione, di premerle la mia erezione contro la sua schiena.
Andai avanti per un po’ a stringere fra le mani i capezzoli lubrificati di latte, mentre mamma sospirava languida.
Alla fine si alzò e andò in bagno a darsi una rinfrescata, quando tornò indossava solo gli slip, senza dire una parola si sdraiò sul letto dandomi le spalle, iniziai un lento massaggio, incoraggiato dai suoi mugolii.
Ogni tanto con la mano scendevo sulle natiche, visto che non protestava insistetti.
Mi liberai dei vestiti, tenni solo gli slip.
Quando si girò aveva l’aria soddisfatta.
Continuai a carezzarle la pancia.
“Sei baravo!” sussurrò. Poi chiuse gli occhi godendosi le carezze.
Avevo il pisello che scoppiava. Ogni tanto le sfioravo il bordo degli slip e rimasi di sasso quando, con noncuranza se li sfilò.
Il triangolo dei peli era nerissimo e folto.
“Toglieteli anche tu, non ti danno fastidio?”
Non me lo feci ripetere. Eravamo nudi, la mia mano scese fra le sue cosce.
“Vieni qui!”
Mi sdraiai sopra di lei e la strinsi forte.
Mentre le scivolavo dentro le chiesi se non c’era il pericolo di fare un bambino.
“No! Non ti preoccupare.” rispose “voglio sentirti venire dentro.”

di
scritto il
2011-09-05
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