L'educazione sentimentale
di
aries
genere
trans
Anche se sono passati 15, anni ricordo come se fosse ieri la prima volta che ho visto Claudia. Eravamo a Forte dei Marmi, lei era distesa sul lettino prendisole con un pareo arrotolato ai fianchi. Era bellissima, lo sguardo che mi lanciò abbassando leggermente gli occhiali da sole mi fulminò.
Avevo 25 anni e passavo le estati cercando di rimorchiare più ragazze possibili. Anche con Claudia ci provai subito cercando una scusa per attaccare bottone ma lei mi tenne gentilmente alla larga. Non mi detti per vinto, mi sentivo un galletto e mai e poi mai mi sarei fatto sfuggire una gallinella.
Così non mollai l'osso e continuai a marcarla stretta anche se lei mostrava verso di me un atteggiamento sufficiente ed ironico.
Poi un pomeriggio, quando la maggior parte dei villeggianti erano a fare la siesta, il suo atteggiamento nei miei confronti si ammorbidì, mi parlò un po' di lei e fui felice di scoprire che vivevamo nella stessa città.
All'improvviso si alzò e si diresse verso la sua cabina. Giunta sulla porta si girò verso di me e con un gesto inequivocabile m'invitò a raggiungerla.
È fatta pensai, la raggiunsi e una volta dentro allungai le mani per abbracciarla.
“No, no…tieni le mani a posto.” m'intimò. No ci stavo capendo più niente che ci facevamo nella sua cabina allora?
Fu lei a condurre il gioco, senza dire una parola mi sfilò il costume e afferrato l'uccello se lo portò alla bocca regalandomi un pompino con i fiocchi poi, una volta finito, m'invitò gentilmente ad uscire e non la rividi più.
La cercai al suo albergo dove mi dissero che era tornata a Roma e, confesso, ci rimasi male.
Tornato anch'io a Roma cercai di ricostruire dalle poche cose che mi aveva detto le coordinate per poterla rintracciare.
Lavorava in una casa di moda in una zona della città abbastanza grande.
Cominciai a girovagare per il quartiere ma mi resi presto conto che le probabilità di incontrarla erano decisamente scarse.
Qualche mese dopo però, guardando di sfuggita nella vetrina di un bar, la vidi seduta ad un tavolo.
Ebbi un tuffo al cuore, senza pensarci due volte entrai. Non sembrò stupita di vedermi e neanche entusiasta.
Non mi persi d'animo “Sei andata via senza neanche salutarmi?” le dissi.
“Se non ricordo male mi sembra di averti salutato adeguatamente” mi rispose sorridendo.
“Alludi a…”
“Alludo” rispose ponendo fine alla questione.
Cercai di tirare fuori tutto il fascino e con grande fatica riuscii a strapparle un invito a cena.
“E sia” mi rispose “sono sicura che mi pentirò ma a te pare che non si possa rifiutare niente”.
Non volle che l'andassi a prendere sotto casa, l'appuntamento lo fissammo direttamente al ristorante.
La cena fu deliziosa anche se detti fondo a quasi tutte le mie risorse.
Non volle accettare di finire la serata in un locale e mi propose di fare un giro con la sua macchina.
Girammo un po' per le strade di Roma e finimmo per fermarci in una radura del Pincio.
Cercai di baciarla ma, come l'altra volta, mi fermò e mi regalò un altro pompino meraviglioso.
Sulla strada del ritorno cercai di strapparle qualcosa di più sulla sua vita ma fu molto vaga e quando ci salutammo mi fece promettere che non avrei fatto più niente per cercarla. Promisi ma ovviamente non riuscii a mantenere la promessa.
Mi era entrata nel sangue il suo atteggiamento distaccato e la sua riluttanza a farsi coinvolgere nel sesso la rendevano incomprensibile e desiderabile allo stesso tempo.
Quando ci rincontrammo nelle vicinanze del suo posto di lavoro non sembrò affatto stupita ne contrariata.
“Sei peggio di un esattore delle tasse” mi apostrofò sorridendo.
“Non posso fare a meno di vederti “
“Ti sei innamorato di me?” mi chiese con ironia.
“Diciamo che mi piace stare con te.” le risposi.
“Non è possibile” mi rispose perentoriamente.
“Sei sposata?” scoppiò a ridere.
“Non dire stupidaggini. Non mi sembra una buona idea, ecco tutto.”
Mi faceva impazzire.
“Adesso non fare quella faccia.” La mia delusione evidentemente traspariva dalla mio volto “Mi dispiace che tu la prenda in questo modo ma ti assicuro che è meglio per tutti e due.”
“Per me no di sicuro.” affermai deciso.
Sembrava spazientita poi, dopo aver camminato per un po' in silenzio si fermò e mi disse “Va bene vediamo quanto sei sincero.”
Eravamo arrivati vicino la sua abitazione e mi invitò a salire.
Non stavo in me dalla gioia. L'appartamento era piccolo e arredato con molto gusto.
Mi invitò a sedermi e dopo qualche minuto mi raggiunse avvolta da una lunga vestaglia orientale.
Mi alzai e l'abbracciai e finalmente riuscii a baciarla ma quando al vestaglia si aprii rimasi gelato.
Fra le sue gambe spuntava un uccello di discrete dimensioni. Fu come ricevere un cazzotto allo stomaco.
“Vedi che avevo ragione” mi disse mentre richiudeva la vestaglia “Ti prego di non dire niente e di andare via.” Mi girò le spalle come ultimo saluto.
Avevo la testa vuota, la sorpresa mi aveva annichilito.
Quello che seguì fu un gesto dettatomi dalla parte più inconscia della mia anima che non aveva niente a che vedere con la mia volontà. Le afferrai un braccio la girai verso di me e la baciai.
Facemmo l'amore come forsennati trascinati da istinti primordiali perdendo completamento il senso del tempo e dello spazio.
Non so quanto durò, ci ritrovammo abbracciati e sfiniti che era già buio. Sulla porta dopo l'ultimo bacio mi chiese “Ti rivedrò?”
“Noi esattori delle tasse siamo implacabili” le risposi.
Quella notte però non riuscii a prendere sonno. Non riuscivo a capacitarmi del mio comportamento… a me sono sempre piaciute le donne... com'era spiegabile l'attrazione che avevo per Claudia… tutto era avvenuto contro la mia volontà era come se una forza invisibile mi spingesse verso di lei… non l'avrei più rivista… è stato bello ma sarebbe rimasta un'esperienza e niente di più mi ripromisi.
Naturalmente non riuscii a mantenere il mio proposito, due giorni dopo la chiamai e l'invitai a cena, lei declinò l'invito e mi propose di raggiungerla direttamente a casa sua alle dieci.
Puntuale mi presentai davanti la sua porta. C'era un po' di tensione nell'aria e tutti e due eravamo un po' impacciati.
Ci sedemmo sul divano e ci scambiammo qualche bacio.
“Sei pentito di essere venuto?” mi chiese.
“No. Che dici?”
Mi prese la testa fra le mani “Non hai nessun obbligo verso di me. Lo sai vero.”
“Certo.”
“Se vieni a cercarmi deve essere solo perché lo vuoi tu”.
“Lo voglio eccome… ma a volte mi sento un po' confuso.” confessai.
Mi attirò a se, appoggiò la mia testa sulla sua spalla e mentre mi carezzava i capelli mi sussurrò “Hai ragione. Capisco che non deve essere facile. Per questo devi sentirti libero di seguire il tuo cuore.”
Ci baciammo e questa volta fu un bacio vero, profondo.
Le sfilai i vestiti, questa volta il suo uccello non mi turbò affatto. Le sue labbra scesero il lungo il mio corpo e si fermarono sulla punta incandescente. Mi sentii in paradiso.
Poi si girò e mi offrì le natiche che baciai a lungo prima di penetrare.
Da quella volta cominciammo a frequentarci con una certa assiduità. Cominciai a considerarla a tutti gli effetti la mia ragazza e anche il suo uccello non mi creava più problemi.
All'inizio avevo cercato di rimuovere la sua presenza, c'era ma lo ignoravo poi, una sera che eravamo nudi nel suo letto la mia mano che stava carezzandole il fianco scivolò fra le sue gambe e come se fosse la cosa più naturale di questo mondo impugnai il suo uccello e iniziai una lenta carezza.
Sentirlo inturgidirsi di colpo di riempì di gioia. I baci di Claudia si fecero più appassionati e mi sentii felice quando la mia mano si riempì di sperma.
“Questa sera sono molto felice.” mi confessò Claudia.
“Sono stato così bravo?”
“Non è solo per quello è che hai superato la barriera. Finora avevi ignorato la sua presenza come se fosse un ospite indesiderato e questo di faceva sentire non accettata completamente.”
Cercai di giustificarmi ma Claudia proseguì “Non ti devi giustificare. Non credere che non capisca le difficoltà che hai dovuto superare. Vedi molti ci considerano un surrogato di donna ma io non lo sono. Non sono una donna e non sono un uomo sono solo io così come sono e la mia sessualità non è quella di una donna ne quella di un uomo e tu stai cominciando a capirlo.”
Si aveva ragione cominciavo a capirlo ed ad accettarla per quello che era: un'ambigua creatura deliziosa ed affascinante. Ormai ero innamorato di lei.
Le cose col tempo vennero da sole. Non passò molto tempo e cominciai a succhiargli l'uccello con grande piacere da parte di tutti e due, ricordo ancora la prima volta che mi venne in bocca e il bacio che ci scambiammo con il suo sperma che mi colava sul mento.
Con il tempo mi insegnò a provare piacere dalla mia zona anale. Senza mai forzare la situazione iniziò prima ad accarezzare e leccare il buchetto poi a penetrarlo con il dito.
Scoprivo piaceri che non avrei mai immaginato e fui io una sera a chiederle di venirmi dentro. Quella notte persi ogni ritegno, sentirla dentro di me mi portò al delirio erotico. Quando venne eiaculai una quantità di sperma che non pensavo di possedere, non riuscivo a più fermarmi.
Siamo stati insieme cinque anni e da allora la vita è cambiata completamente.
Avevo 25 anni e passavo le estati cercando di rimorchiare più ragazze possibili. Anche con Claudia ci provai subito cercando una scusa per attaccare bottone ma lei mi tenne gentilmente alla larga. Non mi detti per vinto, mi sentivo un galletto e mai e poi mai mi sarei fatto sfuggire una gallinella.
Così non mollai l'osso e continuai a marcarla stretta anche se lei mostrava verso di me un atteggiamento sufficiente ed ironico.
Poi un pomeriggio, quando la maggior parte dei villeggianti erano a fare la siesta, il suo atteggiamento nei miei confronti si ammorbidì, mi parlò un po' di lei e fui felice di scoprire che vivevamo nella stessa città.
All'improvviso si alzò e si diresse verso la sua cabina. Giunta sulla porta si girò verso di me e con un gesto inequivocabile m'invitò a raggiungerla.
È fatta pensai, la raggiunsi e una volta dentro allungai le mani per abbracciarla.
“No, no…tieni le mani a posto.” m'intimò. No ci stavo capendo più niente che ci facevamo nella sua cabina allora?
Fu lei a condurre il gioco, senza dire una parola mi sfilò il costume e afferrato l'uccello se lo portò alla bocca regalandomi un pompino con i fiocchi poi, una volta finito, m'invitò gentilmente ad uscire e non la rividi più.
La cercai al suo albergo dove mi dissero che era tornata a Roma e, confesso, ci rimasi male.
Tornato anch'io a Roma cercai di ricostruire dalle poche cose che mi aveva detto le coordinate per poterla rintracciare.
Lavorava in una casa di moda in una zona della città abbastanza grande.
Cominciai a girovagare per il quartiere ma mi resi presto conto che le probabilità di incontrarla erano decisamente scarse.
Qualche mese dopo però, guardando di sfuggita nella vetrina di un bar, la vidi seduta ad un tavolo.
Ebbi un tuffo al cuore, senza pensarci due volte entrai. Non sembrò stupita di vedermi e neanche entusiasta.
Non mi persi d'animo “Sei andata via senza neanche salutarmi?” le dissi.
“Se non ricordo male mi sembra di averti salutato adeguatamente” mi rispose sorridendo.
“Alludi a…”
“Alludo” rispose ponendo fine alla questione.
Cercai di tirare fuori tutto il fascino e con grande fatica riuscii a strapparle un invito a cena.
“E sia” mi rispose “sono sicura che mi pentirò ma a te pare che non si possa rifiutare niente”.
Non volle che l'andassi a prendere sotto casa, l'appuntamento lo fissammo direttamente al ristorante.
La cena fu deliziosa anche se detti fondo a quasi tutte le mie risorse.
Non volle accettare di finire la serata in un locale e mi propose di fare un giro con la sua macchina.
Girammo un po' per le strade di Roma e finimmo per fermarci in una radura del Pincio.
Cercai di baciarla ma, come l'altra volta, mi fermò e mi regalò un altro pompino meraviglioso.
Sulla strada del ritorno cercai di strapparle qualcosa di più sulla sua vita ma fu molto vaga e quando ci salutammo mi fece promettere che non avrei fatto più niente per cercarla. Promisi ma ovviamente non riuscii a mantenere la promessa.
Mi era entrata nel sangue il suo atteggiamento distaccato e la sua riluttanza a farsi coinvolgere nel sesso la rendevano incomprensibile e desiderabile allo stesso tempo.
Quando ci rincontrammo nelle vicinanze del suo posto di lavoro non sembrò affatto stupita ne contrariata.
“Sei peggio di un esattore delle tasse” mi apostrofò sorridendo.
“Non posso fare a meno di vederti “
“Ti sei innamorato di me?” mi chiese con ironia.
“Diciamo che mi piace stare con te.” le risposi.
“Non è possibile” mi rispose perentoriamente.
“Sei sposata?” scoppiò a ridere.
“Non dire stupidaggini. Non mi sembra una buona idea, ecco tutto.”
Mi faceva impazzire.
“Adesso non fare quella faccia.” La mia delusione evidentemente traspariva dalla mio volto “Mi dispiace che tu la prenda in questo modo ma ti assicuro che è meglio per tutti e due.”
“Per me no di sicuro.” affermai deciso.
Sembrava spazientita poi, dopo aver camminato per un po' in silenzio si fermò e mi disse “Va bene vediamo quanto sei sincero.”
Eravamo arrivati vicino la sua abitazione e mi invitò a salire.
Non stavo in me dalla gioia. L'appartamento era piccolo e arredato con molto gusto.
Mi invitò a sedermi e dopo qualche minuto mi raggiunse avvolta da una lunga vestaglia orientale.
Mi alzai e l'abbracciai e finalmente riuscii a baciarla ma quando al vestaglia si aprii rimasi gelato.
Fra le sue gambe spuntava un uccello di discrete dimensioni. Fu come ricevere un cazzotto allo stomaco.
“Vedi che avevo ragione” mi disse mentre richiudeva la vestaglia “Ti prego di non dire niente e di andare via.” Mi girò le spalle come ultimo saluto.
Avevo la testa vuota, la sorpresa mi aveva annichilito.
Quello che seguì fu un gesto dettatomi dalla parte più inconscia della mia anima che non aveva niente a che vedere con la mia volontà. Le afferrai un braccio la girai verso di me e la baciai.
Facemmo l'amore come forsennati trascinati da istinti primordiali perdendo completamento il senso del tempo e dello spazio.
Non so quanto durò, ci ritrovammo abbracciati e sfiniti che era già buio. Sulla porta dopo l'ultimo bacio mi chiese “Ti rivedrò?”
“Noi esattori delle tasse siamo implacabili” le risposi.
Quella notte però non riuscii a prendere sonno. Non riuscivo a capacitarmi del mio comportamento… a me sono sempre piaciute le donne... com'era spiegabile l'attrazione che avevo per Claudia… tutto era avvenuto contro la mia volontà era come se una forza invisibile mi spingesse verso di lei… non l'avrei più rivista… è stato bello ma sarebbe rimasta un'esperienza e niente di più mi ripromisi.
Naturalmente non riuscii a mantenere il mio proposito, due giorni dopo la chiamai e l'invitai a cena, lei declinò l'invito e mi propose di raggiungerla direttamente a casa sua alle dieci.
Puntuale mi presentai davanti la sua porta. C'era un po' di tensione nell'aria e tutti e due eravamo un po' impacciati.
Ci sedemmo sul divano e ci scambiammo qualche bacio.
“Sei pentito di essere venuto?” mi chiese.
“No. Che dici?”
Mi prese la testa fra le mani “Non hai nessun obbligo verso di me. Lo sai vero.”
“Certo.”
“Se vieni a cercarmi deve essere solo perché lo vuoi tu”.
“Lo voglio eccome… ma a volte mi sento un po' confuso.” confessai.
Mi attirò a se, appoggiò la mia testa sulla sua spalla e mentre mi carezzava i capelli mi sussurrò “Hai ragione. Capisco che non deve essere facile. Per questo devi sentirti libero di seguire il tuo cuore.”
Ci baciammo e questa volta fu un bacio vero, profondo.
Le sfilai i vestiti, questa volta il suo uccello non mi turbò affatto. Le sue labbra scesero il lungo il mio corpo e si fermarono sulla punta incandescente. Mi sentii in paradiso.
Poi si girò e mi offrì le natiche che baciai a lungo prima di penetrare.
Da quella volta cominciammo a frequentarci con una certa assiduità. Cominciai a considerarla a tutti gli effetti la mia ragazza e anche il suo uccello non mi creava più problemi.
All'inizio avevo cercato di rimuovere la sua presenza, c'era ma lo ignoravo poi, una sera che eravamo nudi nel suo letto la mia mano che stava carezzandole il fianco scivolò fra le sue gambe e come se fosse la cosa più naturale di questo mondo impugnai il suo uccello e iniziai una lenta carezza.
Sentirlo inturgidirsi di colpo di riempì di gioia. I baci di Claudia si fecero più appassionati e mi sentii felice quando la mia mano si riempì di sperma.
“Questa sera sono molto felice.” mi confessò Claudia.
“Sono stato così bravo?”
“Non è solo per quello è che hai superato la barriera. Finora avevi ignorato la sua presenza come se fosse un ospite indesiderato e questo di faceva sentire non accettata completamente.”
Cercai di giustificarmi ma Claudia proseguì “Non ti devi giustificare. Non credere che non capisca le difficoltà che hai dovuto superare. Vedi molti ci considerano un surrogato di donna ma io non lo sono. Non sono una donna e non sono un uomo sono solo io così come sono e la mia sessualità non è quella di una donna ne quella di un uomo e tu stai cominciando a capirlo.”
Si aveva ragione cominciavo a capirlo ed ad accettarla per quello che era: un'ambigua creatura deliziosa ed affascinante. Ormai ero innamorato di lei.
Le cose col tempo vennero da sole. Non passò molto tempo e cominciai a succhiargli l'uccello con grande piacere da parte di tutti e due, ricordo ancora la prima volta che mi venne in bocca e il bacio che ci scambiammo con il suo sperma che mi colava sul mento.
Con il tempo mi insegnò a provare piacere dalla mia zona anale. Senza mai forzare la situazione iniziò prima ad accarezzare e leccare il buchetto poi a penetrarlo con il dito.
Scoprivo piaceri che non avrei mai immaginato e fui io una sera a chiederle di venirmi dentro. Quella notte persi ogni ritegno, sentirla dentro di me mi portò al delirio erotico. Quando venne eiaculai una quantità di sperma che non pensavo di possedere, non riuscivo a più fermarmi.
Siamo stati insieme cinque anni e da allora la vita è cambiata completamente.
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