Catene - Prima parte

di
genere
orge

E’ ora di scoprire le carte.
Cosa è vero? cosa non lo è? Viola esiste? Io sono Fabio...o sono Viola? O sono entrambi?
Mettiamola così: Viola è dentro di me! Ci sarà per sempre! Abbiamo fatto un percorso insieme che, come ogni percorso si è concluso.
Il nostro percorso è quello descritto nei racconti? No! Ma in un certo senso il nostro percorso ha viaggiato parallelo a quello dei racconti e i racconti hanno viaggiato con noi!
Ho mentito? Non ho scoperto le carte? Io dico di sì! Buona lettura!

PRIMA PARTE

Mi sorpresi nello specchio sopra il grande lavandino in ceramica, per terra, accovacciata di lato, completamente nuda. Mi faceva effetto osservarmi. I capelli scuri sciolti sulle spalle, il trucco leggero, il seno perfetto che li faceva impazzire. Spiccava sulla pelle chiara intorno alla gola, il collare rosso carminio assoluto. Con le dita ne testai la consistenza e lo spessore. Era imbottito di velluto e di un materiale sintetico spugnoso. Profumava di plastica nuova, come appena tirato fuori dal cellophane.

Il rumore del metallo era freddo, il gancio d’ottone scorreva libero lungo il tubo freddo del termosifone e io mi divertivo a farlo scivolare da destra a sinistra. Di tanto in tanto mi fermavo e tendevo al massimo la sottile catena d'acciaio. Ad occhio calcolai appena più di un metro, il che mi dava libertà di movimento senza però permettermi di alzarmi in piedi.

Mi arresi, le gambe incrociate e il culo schiacciato sulle mattonelle del pavimento. La prova definitiva che il perizoma era solo elemento d’arredo.

Mi passai le dita sulle labbra secche, il rossetto incrostato, quasi sparito.

I miei pensieri rotolavano come gomitoli e andavano a sbattere sempre contro gli stessi ricordi.

Gli ultimi mesi erano stati eccitanti. Io e Fabio avevamo scartato un mucchio di regali. Ogni volta ci ritrovavamo un centimetro più in là del confine superato la volta precedente.

Come quel giorno in pineta, che rimase in macchina a guardarmi mentre facevo un pompino ad un suo amico. Mi eccitava fosse venuto fin lì solo per la promessa della mia bocca.
Troppo eccitato anche per calarsi completamente i pantaloni.
Era stato bello leggere la sorpresa nei suoi occhi e vedere lo sperma gocciolare sugli aghi di pino secchi.

Quella mattina Fabio mi aveva dato appuntamento al Bar della Stazione Centrale. Avremmo preso un caffè e fatto quattro passi al centro.

Come al solito si era mantenuto sul vago, aveva accennato ad una “sorpresa”.
Ero eccitata.

Le stazioni mi piacciono, sono un mix confuso di voci, visi, rumori e odori. A volte, quando viaggio, mi piace fermarmi in un angolo o sedermi su una panchina ad osservare questo flusso infinito di umanità, sempre uguale e sempre diversa. Adoro i dettagli e i luoghi come questo li trasudano.

Scesi dal treno e percorsi la banchina tutta d’un fiato.

Fabio mi aspettava nella sala principale, all’entrata della caffetteria . Pochi passi e riuscì a scorgerne la sagoma, in piedi vicino all’entrata. Mi divertì ad osservarlo da lontano, i miei passi che ancora rimbombavano nella galleria. Aveva lo sguardo smarrito, cercava tra la folla senza trovarmi. Mi vide, mi sorrise con gli occhi stretti e mi venne incontro.

Ci baciammo con passione, le lingue intrecciate, come due fidanzati separati da chilometri di geografia.
Fedifraghi, passeggiammo mano nella mano, nascosti davanti a tutti.
Il piacere di sentirlo dire ad alta voce, al tavolino di un bar

"Un caffè per la mia ragazza!"

In macchina ci baciammo ancora, fermi nel parcheggio.

Mi abbracciò, mi tenne stretta.

Mi baciò ancora.

Man mano che ci spostavamo verso la periferia, il traffico diventava più rarefatto, ipnotico. L’asfalto, il cemento, il metallo si diluivano l'uno nell'altro, mentre le dita di Fabio si muovevano sotto la gonna e annegavano dentro di me.

Le porte dell'ascensore si richiusero lentamente, il tempo di un altro bacio, delle sue mani feroci sul sedere, sul seno ... del suo cazzo duro tra le mani e il clangore dell’ascensore disorientato dai nostri movimenti ....

Per qualche motivo era turbato. Più ci avvicinavamo alla meta, più diventava serio, triste mi venne da pensare.

Non capivo perché, intuivo qualcosa, questo sì … ma non avevo idea .... come avrei potuto?

"E’ un gioco?"

"… andrai oltre ogni limite ..."

"Me ne hai lasciati pochi...”

"Rimane questo..."

La porta dell’appartamento si aprì su un buio purissimo. Entrai guidata dalla sua mano.

La porta si richiuse divorando ogni spiraglio di luce e ogni via di fuga. Sentì il suo corpo rilassarsi. Mi baciò. Fu un bacio castissimo. Si allontanò da me, di un passo misurato.

Mi sbottonò la camicetta e la fece scivolare a terra.

Il reggiseno.

La gonna, intorno ai miei piedi.

Si mise in ginocchio, servizievole come il commesso di un negozio di scarpe

Le mutandine di seta che avevo indossato per l'occasione finirono in un angolo, in fondo, perse da qualche parte...

Le scarpe

Le calze

Le sue dita sui miei piedi esitarono un istante

Il pavimento freddo

Si alzò in piedi

Sentì ... qualcosa sugli occhi, qualcosa di morbido... era una benda..

Il battito del cuore aumentò impercettibilmente..

“ancora qualche secondo....”

...un rumore metallico, il calore del velluto intorno al collo...

Ebbi un sussulto...

Rumori confusi. Il cuoio, la fibbia di metallo, il velluto morbido che mi avvolgeva, mi stringeva e mi soffocava di eccitazione.

Non provai neanche ad afferrarlo... a toccarlo, le mani per un istante lontane dal corpo, le dita tese verso l'esterno

Uno strattone mi riportò con i piedi per terra

Dove c'è un collare c'è un guinzaglio....

Uno strappo... da principio leggerissimo... poi più deciso...

Persi l'equilibrio...spostai un piede in avanti ......
… la voce di Fabio irriconoscibile ...

"In ginocchio puttana!"

Rimasi immobile per darmi il tempo di capire... non quello che stava accadendo, che era chiarissimo, ma la mia reazione..
Mi tremavano le gambe
Sapevo di essere bagnata... fradicia...

Perché?

Per un gioco sadomaso... bondage?

Una mano tra i capelli...

Accompagnai il suo movimento senza opporre resistenza. Sapevo che voleva solo aiutarmi a trovare il mio personaggio, la mia dimensione.

Non mi misi in ginocchio, ma carponi, a quattro zampe.

Non inarcai il sedere in attesa di sesso, mantenni la schiena diritta, limitandomi ad attendere i miei ordini.

"Muoviti!"

Sentirselo dire fu come una scarica elettrica.

Procedetti lentamente a tentoni per paura di sbattere contro qualcosa

Feci pochi passi poi il guinzaglio si tese, obbligandomi a fermarmi. La porta cigolò, una luce intesa filtrò sotto la benda

E’ curioso. Avevo sempre pensato che il guinzaglio per un cane fosse una forma di umiliazione, di coercizione. In questo momento non avrei potuto farne a meno, ero smarrita e mi guidava. Non capivo quello che stava per accadere, quello che sarebbe potuto accadere, quello che avrei voluto accadesse, quello che era reale e quello che non lo era. Una sottile catenella d’acciaio era la mia unica certezza, il mio unico appiglio alla realtà, mi proteggeva, mi impediva di farmi male e mi indicava la direzione.

Sentivo il parquet flettersi impercettibilmente sotto le ginocchia. Ancora alcuni passi, poi un tappeto sottile, infine un'altra porta si aprì, ancora alcuni passi, mattonelle fredde sotto le ginocchia, i rumori ovattati

“Siamo arrivati! Non ti muovere!!”

Lo sentì armeggiare con la catena, un rumore di metallo contro metallo, un click sordo

“Aspetta alcuni minuti, poi togliti la benda!”

Ubbidì, i secondi passarono lentissimi, il sangue premeva contro i timpani.

Tolsi la benda.

Proprio di fronte a me, come abbandonata lì per caso, una poltroncina stile Luigi XVI, con la seduta e i braccioli rivestiti di velluto rosso mattone.

Ero in una enorme sala da bagno, vuota e bianchissima. L’arredamento minimale, nessun tappeto, nessun oggetto superfluo, solo un’asciugamani e un dispenser accanto al lavandino, in fondo, su un mobile vicino al Water, un mucchio di rotoli di carta igienica.

A pochi metri sulla sinistra, la porta dalla quale ero entrata, una porta bianca a molle, come quelle dei bagni di alcuni locali pubblici.

Con lo sguardo ripercorsi in fretta tutta la stanza, lungo le pareti bianco latte fino al fondo della stanza dove incontrai una seconda porta questa volta di legno scuro, le maniglie in ottone.

Mi sedetti annoiata, il culo sulle mattonelle gelide, la schiena contro il termosifone.

Provai a pigramente a togliermi il collare, ma sembrava fissato con anelli di metallo.

Dalla stanza accanto provenivano rumori indistinti, ma nessuna voce.

“Ehi! Credevo ci saremmo divertiti questa sera!”

Nessuna risposta.

Mi misi una mano tra le gambe, mi sfiorai con le dita e le portai alle labbra

I rumori lentamente cessarono e la luce che filtrava attraverso la fessura della porta svanì

“Cazzo, non mi diverto più!”

Ero rimasta sola, immersa in una pozza di luce bianca.

. Mi rosicchiavo il pollice nervosa. Ancora mezz'ora. Il gioco cominciava a non piacermi.

Poi il frastuono irruppe in casa. Sentì la porta principale aprirsi e un onda di rumori e di voci riversarsi all’interno.

Scattai

“Oh cazzo…!”

La voce di persone, di tante persone.

Dove ero finita?

Provai a coprirmi. Mi schiacciai tra il termosifone e il muro, nascondendo la testa tra le gambe. Mi venne da piangere!

Cazzo se me la pagheranno

“ Dai dai, metti lì la cassa di birre!!”

“Le pizze sul tavolo”

“Avanti Emanuele, stasera ti toccherà accontentarti di pizza e birra!”

“ Oh caro mio… sapessi! Quando ho cominciato facevo 500 chilometri al giorno e per risparmiare sui soldi della trasferta dormivo in autogrill da terzo mondo!”

“Se se… come no!”

“Dai Luca! poche chiacchiere! Tira fuori le posate!”

“Ma quali posate! Qui non ci metto mai piede! In basso! Lì in basso dovrebbero esserci quelle di plastica!”

Voci baritonali, grasse, non sentivo quelle di Fabio o degli altri…

“Ma che cazzo hanno combinato questo stronzo!?”

Alcune voci più confuse

“Sebastiano… fammi passare il nuovo progetto! Approvami il budget! Due mesi … ti chiedo due mesi, e se non abbiamo una crescita del 5% giuro che chiudo la sezione!”

“ 5 milioni per un 5% mi sembrano tanto, sul serio Seba non se ne parla!! “

“Il 5% è molto di più di 5 milioni !”

“Ehi ehi ragazzi… ricordate? Questa sera non si parla di lavoro!”

"Ma va... parli proprio tu!"

Pochi frammenti confusi di conversazioni riuscivano a scavalcare il legno della porta.

Ero combattuta tra il terrore di essere scoperta e la speranza di farla finita con quella assurdità. Alla fine mi avrebbero trovata, avrei fatto una grossa figura di merda, ma finalmente sarei andata via.

Per quanto mi rendessi conto della porcata che mi aveva combinato, non riuscivo ancora a capirne il perché.

Feci mente locale, presi fiato per urlare, ma mi venne fuori solo una specie di... starnazzio.. una voce stridula e soffocata...

Mi schiarì la voce, deglutì e mentre mi preparavo per riprovarci......

…. si spalancò la porta

Apparve un uomo.. rimase immobile sulla porta alcuni istanti … senza guardare nulla in particolare...

Indossava un gessato scuro a righe sottili, i bottoni erano leggermente tesi sulla pancia prominente

Avrà avuto una sessantina d'anni, in sovrappeso, ma non troppo

Cravatta e scarpe nere lucidissime

Estremamente curato ed elegante

Capelli biondi ormai sbiaditi dal bianco, non foltissimi, pettinati all'indietro

Fissò il bagno, lo sguardo perso nel vuoto, come sovrappensiero, poi, finalmente, incontrò il mio. Mi fissò... ma fu come se stesse fissando un pezzo d'arredamento, non si scompose

Distolse lo sguardo che venne catturato dal water in fondo alla stanza

Il rumore dei suoi passi

Fu come un sogno, tutto si muoveva a rallentatore producendo suoni ovattati

Non riuscivo a dire nulla

Lo sentì armeggiare con la cinta e i pantaloni, durò alcuni secondi, poi il rumore dell'orina a precipizio nel water, per un tempo che sembrava infinito

Si voltò, il membro ancora in mano, moscio, ma voluminoso, afferrò un rotolo di carta igienica e si asciugò le gocce di urina che gli imperlavano il glande, gettò la carta nel water e tirò lo sciacquone.

Si avvicinò, ma cercava solo il lavandino.

Si sciacquò le mani e istintivamente allungò la mano verso l'appendino, la ritirò immediatamente accorgendosi che era vuota, bofonchiò alcune parole irritate.

"In che cesso di casa mi hanno portato!"

Incrociò il mio sguardo, con un'espressione che sembrava voler condividere il suo senso di disagio, come fossimo sotto la tettoia ad aspettare un tram in ritardo di venti minuti.

Non so che espressione avessi sul volto in quel momento, ma non dovette soddisfarlo, perché distolse rapidamente lo sguardo, recuperò un rotolo di carta igienica, si asciugò le mani e gettò la carta ancora una volta nel water

Abbandonò la stanza lasciandosi alle spalle la porta a molle che si chiuse in pochi colpi lasciando filtrare le sue lagnanze scherzose

"Ragazzi! ma dove mi avete portato questa sera! la prossima volta …... si fa da me in collina!"

Era come provare a mettere insieme i pezzi di un puzzle senza riuscire a trovarne neanche uno.

Ero spaventata, ma scovai da qualche parte tracce di un incomprensibile indifferenza

Passarono alcuni minuti, sentì la porta principale aprirsi, e finalmente, la voce di Fabio irrompere nell’appartamento.

Pensai di impazzire, lanciai un urlo che mi feci morire in gola, per timore di non so cosa.

Sentì sollevarsi un brusio

"Fabio! finalmente! qui si lamentano tutti ragazzo mio!"

"Tranquilli signori, la serata sarà piacevole e poi siamo qui per rilassarci e fare quattro chiacchiere in un ambiente informale..."

Fabio voleva apparire rilassato con ogni fibra muscolare, ma ognuna di esse lo tradiva...

Passarono alcuni minuti, sentì alcuni passi e la porta si aprì … era lui ... finalmente …. finalmente! Scoppiai a piangere.

Infilai la testa tra le gambe per nascondere le lacrime.

Aspettai qualche secondo.

Lui rimase immobile davanti a me. Indossava anche lui un completo perfetto … assolutamente perfetto.

Sollevai il viso in modo da riuscire a guardarlo protetta della matassa dei capelli in disordine.

“ Cosa cazzo avete combinato?"

Mi venne da esplodere in un pianto disperato, ma rimasi immobile, la rabbia fuoriusciva lentissima, come fiele..

Alzai la voce e lo sguardo, lo fissai diritto negli occhi, dal basso verso l'alto, digrignando i denti dalla rabbia

"Ma mi sai dire cosa cazzo volete da me? mi dici cosa cazzo significa tutto questo? è un gioco?! Ti stai divertendo?”

Poi urlai

“ Ma cosa cazzo vuoi?"

Fabio mi guardò sorpreso…

"Credi che tutto questo sia per me? O serva per prenderti per culo?”

Era arrabbiato.

“Mi vieni a dire che quello che è successo l’ho voluto io? Vieni a dirmi che hai fatto tutto quello che volevo io? Non venire a raccontare cazzate proprio a me Viola… che ho dentro la stessa merda che hai tu!

Quello che è successo è successo perché Tu lo hai voluto e sei venuta a cercartelo! Saresti potuta andare in ogni momento! Tutte le volte!! “

Afferrò la catena e la strattonò

“La catena è agganciata al collare con un moschettone del cazzo e se lo hai anche solo sfiorato con le dita lo sai perfettamente! saresti potuta andare via in qualunque momento! IN QUALUNQUE CAZZO DI MOMENTO!"

Le parole mi scivolarono addosso come vetriolo.

"Vuoi sapere perché sei qui? lo vuoi sapere? bene.. lì fuori ci sono circa una quindicina di dirigenti d’azienda , tra i cinquanta e i sessant’ anni, gente da centomila mila euro al mese, come minimo!... è abituata ad avere tutto, a prendersi tutto!”

Rimase in silenzio, come per contenere la rabbia.

“… e oggi per dessert ci sei tu! “

Fece una pausa e mi fissò, dritta negli occhi, come se volesse farmi gocciolare addosso ogni parola

“Verranno a turno o tutti insieme non lo so... a svuotarsi i coglioni in bagno. Gli è stata promessa una ragazza speciale, non la solita escort, non una che lo fa per soldi, ma una che lo fa perché le piace il cazzo! non la solita puttana, ma una troia! una troia vera!

Che ti piaccia o meno questa sei tu! tutto quello che è successo Viola è successo perché lo volevi! perché volevi vivere quelle sensazioni, perché volevi scoprire cosa si prova a realizzare le tue fantasie.

Tutto quello che è accaduto fino ad ora era già dentro di te e c'è dentro di te anche quello che c'è in quella stanza!"

Me lo disse indicando con l'indice la porta.

Sembrò calmarsi, la sua voce acquistò un po’ di dolcezza

"Hai deciso tu! …tutto! Ogni volta! Quello è solo un altro passo! Magari sarà l’ultimo o magari no…! Magari questo non lo farai! Magari andrai via! Ma cosa cambia?

Hai deciso di superare il confine tanto tempo fa! O magari anche prima, magari è successo quando ti sei infilata la prima volta le mani nelle mutandine! Non lo so! “

“Non ti piace?”

“Non vuoi?”

“Ti fa schifo?”

“Siamo dei mostri?”

“Nessun problema!"

Si avvicinò … vidi le sue mani tremare vicino al mio viso, per un istante ebbi paura, poi sentì il rumore metallico del gancio, uno scatto e poi il rumore sordo contro il pavimento!.

"Sei libera!”

Indicò la porta marrone in fondo al bagno

“La vedi quella porta?”

“Puoi uscire senza essere vista, ti troverai in una stanza da letto, i tuoi vestiti sono sul letto, prendili e vai via!"

Un misto di rabbia e di tristezza infinita.

“ Puoi decidere di andare o rimanere. Puoi decidere di farlo perché ne hai voglia o potresti chiedere a quegli uomini ‘una mancia’, che ti darebbero senza battere ciglio, e in una sola notte guadagneresti più di quello che in 10 anni di lavoro. O potresti decidere di diventare il loro giocattolo per un paio di mesi e ti assicureresti una vita sicura per i prossimi cento anni....

… o puoi scegliere di farlo e basta...

questo è il regalo, la sorpresa... una scelta ...

"Comunque andranno le cose, qualunque cosa tu scelga di fare… finisce qui! Tra noi. Tra me e te .. finisce qui! !! “

Fece una pausa

“Lo capisci questo vero?"

Si avvicinò... gli occhi tristissimi, si piegò sulle ginocchia, avvicinò il suo viso al mio e mi diede un bacio sulle labbra bagnate dalle lacrime

Stavo piangendo

Poi si alzò e si voltò

Attese un attimo, come volesse aggiungere qualcosa…

… passarono alcuni secondi , ma non disse nulla, poi la porta si richiuse alle sue spalle...

Lo sentì salutare, la sua voce allegra perdersi divorata dalla una confusione .. e in fine svanire.

Rimasi sola,

Alla fine mi aveva lasciata da sola …

… o forse non era mai esistito

…e allora… ora? cosa voglio davvero?

…fu in quel momento che la porta si riaprì, rimandando le risposte….


Continua….

Turbidum@gmail.com
scritto il
2020-06-05
2 . 9 K
visite
0
voti
valutazione
0
il tuo voto

Continua a leggere racconti dello stesso autore

racconto precedente

Porca puttana

racconto sucessivo

Catene - Seconda Parte
Segnala abuso in questo racconto erotico

Commenti dei lettori al racconto erotico

cookies policy Per una migliore navigazione questo sito fa uso di cookie propri e di terze parti. Proseguendo la navigazione ne accetti l'utilizzo.