Dirty Talking
di
Malena N
genere
etero
Non riesco a smettere di guardarti. Ogni tanto qualcosa mi distrae, si, ma i miei occhi accesi, incollati ai tuoi da bastardo, tradiscono di continuo e senza indugio, ogni tentativo vano di nascondere le mie reali intenzioni. Parliamo da ore ormai e i discorsi sempre più spinti, insieme alle parole sempre più audaci, hanno avuto da tempo la meglio, su una ragionevolezza già latente.
Ce le diciamo qui certe cose, prima di dircele a letto. Ce le sputiamo in faccia esponendo con sensualità, teorie che metteremo in pratica quando saremo l’uno sull’altra.
La gente intorno chiacchiera, ride. C’è una varietà incredibile di persone stasera in giro e, se non fosse per le mascherine che mi ricordano la realtà che stiamo vivendo, sembrerebbe davvero tutto uguale a sempre. Qualcuno passeggia verso il mare mangiando un gelato e tutto quello che ci diciamo, insieme a quello che taciamo, si perde nel vociferare continuo di questo borgo affollato. Alle tue spalle riesco a vedere in lontananza le barche rientrare nel molo, chissà che meravigliose mete hanno raggiunto oggi, prima di fare ritorno!
La sensazione che vivo puntualmente sulla pelle, quando mi sei davanti, innesca come al solito, meccanismi complessi dagli ingranaggi difettosi. La consapevolezza di non essere soli e quindi di non poter fare e dire ogni cosa, è stata già mandata a puttane dalla strafottenza di non esserlo e dal voler fare e dire lo stesso.
Come se l’indomabile attrazione che ho sempre avuto nei tuoi confronti e, che mai mi sono sforzata di nascondere, non mi lasciasse altra scelta che soccombere al desiderio di continuare questa conversazione indecente.
È il sentirti dire dal vivo certe cose, dopo averti tanto aspettato. È osservare ogni tuo movimento, ogni espressione del viso dopo averla a lungo immaginata.
Che voglio fare l’amore lo sai, che voglio farlo sporco ti è da sempre e sempre più chiaro. Quello che forse ti sfugge a tratti, ma scrutandoti con occhio attento non ne sono manco così sicura, è che quando sei fra la gente, quando siamo fra gli altri, quando sei impostato e fai il serio, sbattendomi in faccia il tuo essere austero, mi viene una fottuta voglia di parlarti in bocca e di sbavarti addosso, che tu non hai idea. È la stessa fremente voglia che ho di scoparti quando ti vedo disteso sul divano, comodo e rilassato con quel corpo che risalirei piano fino ad arrivare nelle tue mutande. Toccarti il cazzo mentre te lo dico, qui, ora, fra un sorso di vino e l’altro, all’esterno di questo locale che già ci conosce, mi inchioda ad un eccitazione folle che più non controllo, più mi pervade.
Chissà forse mi ci vorrebbe qualcosa di davvero forte, altro che vino. Qualcosa da buttare giù tutto d’un fiato, qualcosa che mi riscaldi il petto e che cancelli dalla mia testa tutti i pensieri malati. Ma qualcosa di più forte, che non sia questo buonissimo Franciacorta, finirebbe col farmi perdere quel poco di decenza che ancora mi rimane e che tu stai fottutamente mettendo a dura prova.
I tuoi occhi non fanno che cadermi sulle tette e il sorriso malizioso che fai mentre porti il bicchiere alla bocca, mi spinge a parlare ancora e a continuare questo gioco estenuante che voglio assolutamente finisca fra le mie cosce aperte, al più presto.
“Allora? Ce ne andiamo o vogliamo rimanere qui tutta la sera?”
Lo dico ma la realtà dei fatti è che potrei stare così per ore, a godere delle tua parole sporche, più sporche delle mie mutande fradicie di voglia. Solo che la lingua, che continuamente passo sulle labbra, sta diventando una mano indecente che mi sfiora le tette cercando di non dare troppo nell’occhio.
“Ti siedi più vicino o no? È la terza volta che te lo chiedo!”
Ed è vero, me lo hai chiesto già tre volte. La mia scelta di starti di fronte dipende solo ed esclusivamente dalla necessità di non lasciare nessun dettaglio fuori dal mio campo visivo. Perché sederti di fianco significherebbe passare il tempo a sussurrarti all’orecchio oscenità più volgari di quelle dette finora. Un piacere languido mi scorre nelle mutande mentre avvicino la sedia.
L’odore della tua pelle, che mi aveva già inebriato i sensi, quando ci siamo salutati con due baci innocenti sulle guance, mi arriva prepotente al naso e non resisto. Ti annuso il collo con un fare lascivo che non mi sarebbe per niente permesso, ne qui ne in nessun altro luogo pubblico.
Forse per questo mi sento molle.
“Quindi cosa stavamo dicendo? Che hai voglia di fare la volgare..giusto?”
Me lo chiedi con tono deciso lasciandomi stranamente qui dove sono, pericolosamente attaccata a te.
Mi avvicino all’orecchio ora e, finalmente, il mio respiro caldo ti investe.
“Te l’ho già detto prima, si. Voglio risponderti a tono, come si deve. Perciò voglio alzarmi da qui e andare anche nella più malfamata delle pensioni. Sai andrebbe bene pure uno di quegli alberghi a ore della stazione centrale, dove non si scandalizza nessuno se alziamo la voce.”
Ascolti con molta attenzione ora. Mi tocchi le spalle invitandomi a continuare.
“Se alziamo la voce, se mi chiami puttana. Se faccio la troia, se gemo come una zoccola mentre me la faccio leccare. Se ti urlo forte il mio piacere mentre mi sbatti e fotti ogni buco, se ansimo e godo mentre te lo lecco e succhio. Se mi sculacci forte mentre sono a pecora o se mi prendi a schiaffi per la mia insolenza.”
La mano, l’altra, quella che non regge nervosamente il calice, scivola sinuosamente sulla tua coscia. Ti muovi allargando leggermente le gambe, così che possa arrivare con più facilità a toccarti il cazzo.
La gente continua a passarci davanti, accanto e dietro ma nella nostra dimensione folle e sregolata possiamo questo e molto altro.
“E che cosa mi diresti se ora fossimo già li, in quella stanza squallida? Quale sarebbe la prima cosa?”
Butti giù l’ultimo sorso di Cuveé Prestige aspettando la mia risposta che non tarda ad arrivare.
Tanto già la conosci, vuoi solo che lo dica ancora. Averti dietro e dentro è la cosa che più bramo, è la cosa che sempre ti chiedo. È la mia voglia più sporca fra tutte le sporche voglie, insieme a quella di farmi pisciare in bocca e addosso.
“Cosa ti direi?”
Fingo di pensare solo per giocare.
“Perché non me lo metti direttamente nel culo visto che è già così duro? Questo ti direi.”
“Ne prendete altri due?”
La voce della ragazza che prima mi aveva tanto colpita per la mascherina abbinata al grembiule, mi spezza le parole in gola e senza girarmi, ad occhi chiusi, aspetto che sia tu a rispondere.
“Si certo, altri due.”
Sghignazzi divertito mentre lei si allontana.
“Mi sa che ti ha sentita!”
Poi continui impetuoso.
“Direttamente il culo? Così, subito? Ma che puttana!”
La mano stringe sulla stoffa dei pantaloni, sei decisamente più gonfio e io sempre più eccitata.
“A te piace? Ti piace scoparmi il culo? Ti piace farmi male? Forse dovevamo chiedere pure alla ragazza, chissà se a lei piace.”
Allontani il viso girando la testa per guardarmi dritto in faccia.
Io continuo a voce bassa e con in testa il pensiero fisso di quello che sarà dopo.
“Mi vuoi scopare o no? Dimmelo qui che vorresti scoparmi ogni buco, dimmelo ora, dimmelo ancora.”
I bicchieri sono ritornati pieni, l’aria è frizzante come il perlage di questo vino ruffiano che perfettamente si accompagna alla serata.
Se fossimo due innamorati ti infilerei la lingua in bocca senza aspettare, invece aspetto che da quella stessa bocca che vorrei baciare, escano frasi indicibili destinate a me solo.
La fica pulsa, è umida, è gonfia.
“Sarò esplicita con te sai?”
Non mi fermo, non ne ho alcuna intenzione.
“Appena la porta sarà chiusa alle nostre spalle, se tu non avessi ancora capito cosa voglio, mi abbasserò jeans e mutande e ti offrirò il culo aprendolo con le mani”
“E poi?”
“E poi me lo metterai dentro senza grazia, stracciandomi la carne, così come si scopa un culo che vuole essere sfondato.”
Ti avvicini di nuovo, lo sguardo cade fra le tue cosce, l’erezione spinge contro i pantaloni.
“Ti sfonderò il culo troia, te lo sfonderò. E mi farò succhiare così tanto il cazzo che passerai il tempo a ingoiare sborra.”
Accavallo le cosce per stringere la carne, la voglia di venire mi assale, tu mi sfiori senza toccarmi anche se quelle dita ora le vorrei nella fica.
Non so perché rimaniamo così, ancora qui. Il tempo che separa il dire e il fare sembra essere diventato eterno, il mio corpo ti reclama. Voglio te, voglio il tuo cazzo, ora.
Beviamo quel che resta tutto d’un fiato.
Ti alzi per andare a pagare sbattendomi in faccia la tua eccitazione.
“Che peccato.”
Ti dico incalzando una lagna incessante.
“Che peccato non potertelo fare in mano così, qui, dopo tutte le cose che ci siamo detti. Sto impazzendo.”
Manifesti una certa fretta adesso. I nostri sguardi mutano, stravolti hanno urgenza di sovrapporsi.
Mi alzo dalla sedia con la testa piena di cose, fradicia e persa vorrei già essere altrove. In quella stanza che ci aspetta con le luci accese, in quella stanza, davanti al tuo corpo nudo e alla tua essenza così simile alla mia. Ti guardo avanzare verso di me mentre riponi in tasca il porta soldi. Mi guardi e d’improvviso anche le tue reali intenzioni diventano chiare.
In bocca. Mi metterai il cazzo in bocca subito, prima che io possa dire qualsiasi altra cosa.
Ce le diciamo qui certe cose, prima di dircele a letto. Ce le sputiamo in faccia esponendo con sensualità, teorie che metteremo in pratica quando saremo l’uno sull’altra.
La gente intorno chiacchiera, ride. C’è una varietà incredibile di persone stasera in giro e, se non fosse per le mascherine che mi ricordano la realtà che stiamo vivendo, sembrerebbe davvero tutto uguale a sempre. Qualcuno passeggia verso il mare mangiando un gelato e tutto quello che ci diciamo, insieme a quello che taciamo, si perde nel vociferare continuo di questo borgo affollato. Alle tue spalle riesco a vedere in lontananza le barche rientrare nel molo, chissà che meravigliose mete hanno raggiunto oggi, prima di fare ritorno!
La sensazione che vivo puntualmente sulla pelle, quando mi sei davanti, innesca come al solito, meccanismi complessi dagli ingranaggi difettosi. La consapevolezza di non essere soli e quindi di non poter fare e dire ogni cosa, è stata già mandata a puttane dalla strafottenza di non esserlo e dal voler fare e dire lo stesso.
Come se l’indomabile attrazione che ho sempre avuto nei tuoi confronti e, che mai mi sono sforzata di nascondere, non mi lasciasse altra scelta che soccombere al desiderio di continuare questa conversazione indecente.
È il sentirti dire dal vivo certe cose, dopo averti tanto aspettato. È osservare ogni tuo movimento, ogni espressione del viso dopo averla a lungo immaginata.
Che voglio fare l’amore lo sai, che voglio farlo sporco ti è da sempre e sempre più chiaro. Quello che forse ti sfugge a tratti, ma scrutandoti con occhio attento non ne sono manco così sicura, è che quando sei fra la gente, quando siamo fra gli altri, quando sei impostato e fai il serio, sbattendomi in faccia il tuo essere austero, mi viene una fottuta voglia di parlarti in bocca e di sbavarti addosso, che tu non hai idea. È la stessa fremente voglia che ho di scoparti quando ti vedo disteso sul divano, comodo e rilassato con quel corpo che risalirei piano fino ad arrivare nelle tue mutande. Toccarti il cazzo mentre te lo dico, qui, ora, fra un sorso di vino e l’altro, all’esterno di questo locale che già ci conosce, mi inchioda ad un eccitazione folle che più non controllo, più mi pervade.
Chissà forse mi ci vorrebbe qualcosa di davvero forte, altro che vino. Qualcosa da buttare giù tutto d’un fiato, qualcosa che mi riscaldi il petto e che cancelli dalla mia testa tutti i pensieri malati. Ma qualcosa di più forte, che non sia questo buonissimo Franciacorta, finirebbe col farmi perdere quel poco di decenza che ancora mi rimane e che tu stai fottutamente mettendo a dura prova.
I tuoi occhi non fanno che cadermi sulle tette e il sorriso malizioso che fai mentre porti il bicchiere alla bocca, mi spinge a parlare ancora e a continuare questo gioco estenuante che voglio assolutamente finisca fra le mie cosce aperte, al più presto.
“Allora? Ce ne andiamo o vogliamo rimanere qui tutta la sera?”
Lo dico ma la realtà dei fatti è che potrei stare così per ore, a godere delle tua parole sporche, più sporche delle mie mutande fradicie di voglia. Solo che la lingua, che continuamente passo sulle labbra, sta diventando una mano indecente che mi sfiora le tette cercando di non dare troppo nell’occhio.
“Ti siedi più vicino o no? È la terza volta che te lo chiedo!”
Ed è vero, me lo hai chiesto già tre volte. La mia scelta di starti di fronte dipende solo ed esclusivamente dalla necessità di non lasciare nessun dettaglio fuori dal mio campo visivo. Perché sederti di fianco significherebbe passare il tempo a sussurrarti all’orecchio oscenità più volgari di quelle dette finora. Un piacere languido mi scorre nelle mutande mentre avvicino la sedia.
L’odore della tua pelle, che mi aveva già inebriato i sensi, quando ci siamo salutati con due baci innocenti sulle guance, mi arriva prepotente al naso e non resisto. Ti annuso il collo con un fare lascivo che non mi sarebbe per niente permesso, ne qui ne in nessun altro luogo pubblico.
Forse per questo mi sento molle.
“Quindi cosa stavamo dicendo? Che hai voglia di fare la volgare..giusto?”
Me lo chiedi con tono deciso lasciandomi stranamente qui dove sono, pericolosamente attaccata a te.
Mi avvicino all’orecchio ora e, finalmente, il mio respiro caldo ti investe.
“Te l’ho già detto prima, si. Voglio risponderti a tono, come si deve. Perciò voglio alzarmi da qui e andare anche nella più malfamata delle pensioni. Sai andrebbe bene pure uno di quegli alberghi a ore della stazione centrale, dove non si scandalizza nessuno se alziamo la voce.”
Ascolti con molta attenzione ora. Mi tocchi le spalle invitandomi a continuare.
“Se alziamo la voce, se mi chiami puttana. Se faccio la troia, se gemo come una zoccola mentre me la faccio leccare. Se ti urlo forte il mio piacere mentre mi sbatti e fotti ogni buco, se ansimo e godo mentre te lo lecco e succhio. Se mi sculacci forte mentre sono a pecora o se mi prendi a schiaffi per la mia insolenza.”
La mano, l’altra, quella che non regge nervosamente il calice, scivola sinuosamente sulla tua coscia. Ti muovi allargando leggermente le gambe, così che possa arrivare con più facilità a toccarti il cazzo.
La gente continua a passarci davanti, accanto e dietro ma nella nostra dimensione folle e sregolata possiamo questo e molto altro.
“E che cosa mi diresti se ora fossimo già li, in quella stanza squallida? Quale sarebbe la prima cosa?”
Butti giù l’ultimo sorso di Cuveé Prestige aspettando la mia risposta che non tarda ad arrivare.
Tanto già la conosci, vuoi solo che lo dica ancora. Averti dietro e dentro è la cosa che più bramo, è la cosa che sempre ti chiedo. È la mia voglia più sporca fra tutte le sporche voglie, insieme a quella di farmi pisciare in bocca e addosso.
“Cosa ti direi?”
Fingo di pensare solo per giocare.
“Perché non me lo metti direttamente nel culo visto che è già così duro? Questo ti direi.”
“Ne prendete altri due?”
La voce della ragazza che prima mi aveva tanto colpita per la mascherina abbinata al grembiule, mi spezza le parole in gola e senza girarmi, ad occhi chiusi, aspetto che sia tu a rispondere.
“Si certo, altri due.”
Sghignazzi divertito mentre lei si allontana.
“Mi sa che ti ha sentita!”
Poi continui impetuoso.
“Direttamente il culo? Così, subito? Ma che puttana!”
La mano stringe sulla stoffa dei pantaloni, sei decisamente più gonfio e io sempre più eccitata.
“A te piace? Ti piace scoparmi il culo? Ti piace farmi male? Forse dovevamo chiedere pure alla ragazza, chissà se a lei piace.”
Allontani il viso girando la testa per guardarmi dritto in faccia.
Io continuo a voce bassa e con in testa il pensiero fisso di quello che sarà dopo.
“Mi vuoi scopare o no? Dimmelo qui che vorresti scoparmi ogni buco, dimmelo ora, dimmelo ancora.”
I bicchieri sono ritornati pieni, l’aria è frizzante come il perlage di questo vino ruffiano che perfettamente si accompagna alla serata.
Se fossimo due innamorati ti infilerei la lingua in bocca senza aspettare, invece aspetto che da quella stessa bocca che vorrei baciare, escano frasi indicibili destinate a me solo.
La fica pulsa, è umida, è gonfia.
“Sarò esplicita con te sai?”
Non mi fermo, non ne ho alcuna intenzione.
“Appena la porta sarà chiusa alle nostre spalle, se tu non avessi ancora capito cosa voglio, mi abbasserò jeans e mutande e ti offrirò il culo aprendolo con le mani”
“E poi?”
“E poi me lo metterai dentro senza grazia, stracciandomi la carne, così come si scopa un culo che vuole essere sfondato.”
Ti avvicini di nuovo, lo sguardo cade fra le tue cosce, l’erezione spinge contro i pantaloni.
“Ti sfonderò il culo troia, te lo sfonderò. E mi farò succhiare così tanto il cazzo che passerai il tempo a ingoiare sborra.”
Accavallo le cosce per stringere la carne, la voglia di venire mi assale, tu mi sfiori senza toccarmi anche se quelle dita ora le vorrei nella fica.
Non so perché rimaniamo così, ancora qui. Il tempo che separa il dire e il fare sembra essere diventato eterno, il mio corpo ti reclama. Voglio te, voglio il tuo cazzo, ora.
Beviamo quel che resta tutto d’un fiato.
Ti alzi per andare a pagare sbattendomi in faccia la tua eccitazione.
“Che peccato.”
Ti dico incalzando una lagna incessante.
“Che peccato non potertelo fare in mano così, qui, dopo tutte le cose che ci siamo detti. Sto impazzendo.”
Manifesti una certa fretta adesso. I nostri sguardi mutano, stravolti hanno urgenza di sovrapporsi.
Mi alzo dalla sedia con la testa piena di cose, fradicia e persa vorrei già essere altrove. In quella stanza che ci aspetta con le luci accese, in quella stanza, davanti al tuo corpo nudo e alla tua essenza così simile alla mia. Ti guardo avanzare verso di me mentre riponi in tasca il porta soldi. Mi guardi e d’improvviso anche le tue reali intenzioni diventano chiare.
In bocca. Mi metterai il cazzo in bocca subito, prima che io possa dire qualsiasi altra cosa.
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