Sprecata

di
genere
masturbazione

La notifica squillante che mi avvisa di un messaggio, risuona forte nel silenzio della mia stanza, svegliandomi di colpo.
Non so nemmeno dove sia finito il cellulare, l’ho fissato sino allo sfinimento aspettando un tuo cenno, poi mi sono arresa e l’ho lanciato via, ora sarà da qualche parte, qui sul letto.
Mi muovo lenta e la prima cosa che vedo, riaprendo gli occhi, è il dildo grande ancora sporco di rossetto e di saliva.
È a un centimetro dalla mia bocca, così inequivocabilmente vicino che se sposto leggermente il capo, quasi mi solletica le labbra. In realtà, seppure non lo vedessi, seppure la stanza non fosse abbastanza illuminata dalla luce calda e soffusa della piccola lampada sul comodino, l’odore inconfondibile che mi arriva al naso, mi riporterebbe comunque al godimento di poco fa.
Perché è un odore che conosco bene quello che mi inonda le narici.
È l’osceno profumo del piacere che so darmi quando non posso fare altro che darmelo.
Mai potrei sbagliare anche perché puntualmente fa ripiombare prepotente la tua assenza.
E a conferma di ciò che è stato, prima che cedessi sfatta ad un breve e leggero sonno, arriva un fremito violento, giù, nelle mutande bagnate attaccate alla carne.
Ma quali mutande, solo a pensarci sorrido.
La mano languida e scivolosa che accarezza sinuosamente i fianchi, è testimone del fatto che mi sono addormentata così, vestita ancora del tubino rosso di velluto. Questo può significare solo che sotto, come per ogni mise da puttana che si rispetti, indosso di sicuro un perizoma.
Ed ora che lo tocco spostandomelo dal culo con le dita, me ne ricordo, sì, è di pizzo nero ed è odoroso del mio orgasmo.
Ma che ho! Il solo riguardarmi distesa, fasciata in questa stoffa così sensuale al tatto, mi fa eccitare nuovamente. Come se non mi fossi appena sfogata, come se non mi fossi accontentata scopandomi selvaggiamente ogni buco. Più precisamente, volendo usare tue testuali parole, come se non mi bastasse mai il cazzo, come se non mi bastasse mai niente.
E infatti niente mi basta perché la voglia di ora che è la stessa di prima, non si placa.
L’istinto che mi assale e che non ho la minima intenzione di domare, mi spinge ancora a leccare la cappella fredda e inanimata del mio dildo.
Come prima mi sento sprecata. Lo succhio con foga e a mestiere ma per cosa?
Nessun calore, niente sborra.
Con il piede nudo, vestito solo di un décolleté dal tacco vertiginoso, avvicino il telefono alla mano così da sollevarlo e riuscire a leggere.
Lo sapevo, lo sapevo!
L’anteprima del messaggio sul display porta il tuo fottuto nome. E mi incazzo. Perché sei tu, tu, fuori tempo, come in tutti questi fottuti giorni in cui sei apparso solo a tratti, per poi sparire con la solita maestria.
Se mi vedessi ora, ancora così, distesa e molle, a compiacermi di questo corpo abbandonato, ti verrebbe da dire una cosa sola.
“Vuoi il cazzo eh?”
“Esattamente” sarebbe invece la sola cosa che verrebbe da dire a me.
Apro wathsapp facendo i conti con l’impazienza che ho di parlarti. L’irrequietezza che mi fa perdere lucidità, è già fra le mie cosce aperte alla sola idea di dirti che cosa ho fatto e come l’ho fatto. Fremo per dirti che sono vestita come piace a te e il solo pensare di farti vedere con quanta attenzione ho curato ogni dettaglio, mi accende un fuoco in corpo che già mi brucia.
“Scusami se non ti rispondo sempre ma sono troppo impegnato in questi giorni, ho tanto da fare.”
Che messaggio paraculo, paraculo come solo tu sai essere. Sfoggi un tono docile solo per tenermi buona.
E infatti lo “scusami” iniziale mi costringe a far la comprensiva che non sono, ma non mi pesa.
Perché se cominciassi con le mie solite paranoie e mettessi in dubbio il tuo da fare, se ti dicessi che mi fai impazzire, cazzo, quando per giorni ti allontani, che sono gelosa, gelosa sì e da morire, ne uscirei come sempre sconfitta. E scoperta.
E non è quello che voglio ora.
Le dita giocano con i cerchi grandi che ho alle orecchie, le gambe strusciano sulla coperta rossa come il vestito, la verità è che ormai sto già pensando a cosa posso prendermi ora e non più a quello che non sono riuscita a prendermi prima.
“Ma davvero sei così impegnato? Ma che palle! Beh mi dispiace per te, non sai che ti perdi.”
Mi scatto una foto e te la invio, la lingua sulle labbra schiuse come quando ti invito a mettermi il cazzo in bocca perché ho voglia di succhiartelo.
Quanto mi fa eccitare sapere che sei dall’altra parte, che mi risponderai forse con un audio e che al solo suono della tua voce mi bagnerò copiosamente offrendoti la mia versione migliore. La fica pulsa e tutto ha un sapore già fottutamente diverso dal mio assolo di prima, è decisamente più forte, più intenso, più sporco.
Lo squillo del telefono mi fa sussultare, non mi aspettavo chiamassi, sono su di giri.
“Pronto?” Rispondo quasi sussurrando cercando di non tradire l’emozione. Perché è sempre questo l’effetto che mi fai e non ne ho il controllo. E poi ormai non ci contavo più, pensavo di dover uscire di scena senza averti mai visto seduto in sala.
“Ehi tutto bene? Sono in macchina, ti ho chiamata perché sono curioso di sapere che cosa mi sono perso, bellissimo il vestito.”
Cosa ti sei perso. Da dove comincio, vediamo.
“No è che mi sono vestita e truccata più volte e tutte le volte ti ho aspettato..solo che non ti sei fatto vivo e quindi poi ho giocato sola.”
La verità nient’altro che la verità.
“Ma la foto che mi hai mandato è di adesso? Sei vestita così?”
“Si e mi sento davvero sprecata.”
“Sprecata e perché? Non ti sei divertita? Che vorresti fare, dimmi.”
Adoro recitare la mia cantilena. Ancora di più quando lascivamente mi tocco e ti sbatto in faccia le mie perversioni.
“Lo sai già. Non lo immagini? Vorrei scopare così, con questo vestito rosso addosso. Tanta fatica per trovarlo come volevo, scollato, stretto e poi? L’ho messo più volte per ritrovarmi più volte sul letto sola.
Vorrei invece che venissi qui e che senza dire una fottuta parola mi prendessi da dietro. Vorrei sentire le tue mani audaci sui fianchi che alzano la stoffa per scoprirmi il culo, vorrei le dita sui capezzoli che stringono forte, il fiato sul collo..invece eccomi qui. Mi sono scopata il dildo.”
Il tuo sospiro mi rimbomba in testa, immaginarti alla guida concentrato sulle mie parole, con il cazzo gonfio che spinge nei pantaloni, mi fa venire ancora più voglia di scendere giù, fra le tue cosce e nelle tue mutande a farti un bucchino.
“Vabbè però almeno è grande come i cazzi che ci vogliono per te, o no?” Rispondi eccitato.
I cazzi grandi che ci vogliono per me, dimmelo ancora con questa voce, dai, dimmelo ancora.
“Si è grande e quando me lo infilo nel culo mi sento stracciare, ma non distogliere l’attenzione da quello che ti ho detto.”
“Ma quanto sei zoccola, cosa mi hai detto, sentiamo.”
“Che sono sprecata io, su questo letto, ma che ancora di più tu, stai sprecando un occasione.
Non è il dildo che voglio, lo sai.
Prima l’ho leccato, succhiato, come sto facendo ora, ma è al tuo cazzo che penso, è il tuo cazzo che voglio. Ti si è rizzato? Ce l’hai duro? Lo voglio vedere.”
Te lo chiedo perché ogni volta che penso alla tua erezione mi viene in mente un unica soluzione.
Farti venire nella mia bocca. E ora distesa su questo letto con il dildo che infilo in bocca per farti sentire come succhio, aspetto che tu lo dica.
“Si, è durissimo. Me lo hai fatto rizzare con la foto di prima, che puttana che sei.”
Il tono che usi mi inchioda alla tua voce, voglio solo godere e fartelo sentire.
Le dita nella fica sbattono la carne, mi scopo ritmicamente persa nelle tue parole, la lingua sul dildo per leccartelo ancora.
“Vuoi il cazzo in bocca eh?” Dici quasi ansimando.
“Esattamente.” Rispondo sorridendo.
Bagno il dildo di saliva che lascio scivolare giù a sporcarmi la pelle. Inarco la schiena sollevando il bacino per arrivare a tutti i miei buchi.
“La sai una cosa?” L’orgasmo monta e faccio fatica a parlare.
“Voglio scoparti è vero e poi succhiartelo fino a farti venire nella mia bocca. Lo voglio sentire ora, turgido, vivo, pulsante, ma sai cosa mi basterebbe pure?”
“Cosa?”
“Che tu fossi qui, in piedi, col cazzo in mano a segarti. Mi immagino piegata sulle ginocchia davanti a te, eccitata e persa, a guardarti. Apro la bocca, caccio la lingua e aspetto.
Perché è la tua sborra che voglio, calda e densa, in bocca e in faccia. Voglio ingoiare il tuo sapore.”
Vengo ansimandoti nelle orecchie e chiedendoti forte di schizzarmi addosso. La mano stretta fra le cosce accarezza e raccoglie i miei copiosi umori. Li annuso e li lecco con la voglia matta di farti arrivare tutta la mia essenza.
Il piacere liquido che mi travolge mi sfinisce nel corpo e nella mente ma ti sento.
Quel che dici mi arriva ovattato, ancora mi perdo nel tuo tono di voce.
“Brava, lo dico io che a te il cazzo non basta mai! Ma te l’ho detto che stanotte ti ho sognata?”
“Davvero? E cosa hai sognato?”
“Mettiti comoda, che ho da guidare ancora un po’.”
scritto il
2022-01-09
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