Clistere di Famiglia: seguito

di
genere
feticismo

Mia madre che era sempre fuori per motivi di lavoro e mi ha insegnato sin da piccolo a intervenire in caso di emergenze medicali. Perciò ho imparato sin dalla prima adolescenza tra i 12 e 14 anni a fare le iniezioni, praticare clisteri, fare delle piccole medicazioni, e prendermi cura delle ragazze. Vi chiedere perché me e non Lory o Susy. Be', per mia madre e mia zia erano troppo tonte e imbranate, almeno cosi si atteggiavano. In realtà erano delle furbette che non volevano fare nulla, neanche a scuola andavano bene e dovevo spesso aiutarle con i compiti e le lezioni. Mia zia Rosa era invece una persona ansiogena e sottomessa, senza grande ascendente con le ragazze che anzi la trattavano da schiavetta. Cinzia e Cristina erano invece iperattive e dovevano spesso essere riprese in mano e per tutte fioccavano le punizioni che Mamma o Zia Rosa infliggevano. Come già detto, mia madre ha dato a me e alle mie sorelle clisteri sin dalla nostra più giovane infanzia. Era convinta della bontà della pratica dei clisteri che diceva puliscono il nostro secondo cuore che è nel nostro intestino. Non era facile capirla ma col tempo mi sono reso conto che con questa semplice pratica stavamo tutti bene in famiglia al contrario di nostri amici e amiche sempre un po’ malaticci. Anche mia zia Rosa era dello stesso avviso, solo che lei e le mie cugine venivano da mamma a farseli praticare. Io i clisteri li ho sempre amati, sin da piccolo... mia mamma era una vera specialista. Preparava con attenzione l’ambiente. Lei, che è sempre stata una donna di campagna, era sempre attenta ai dettagli. Le candele per rendere più soffuso l’ambiente, il profumo di camomilla fatto da lei che aspergeva nella grande sala da bagno al piano superiore (una vera piazza d’armi). La grande spugna calda e profumata di sapone di Marsiglia che metteva su di una “chaise longue” che imperava al centro della grande sala da bagno. Tutti questi eventi erano più un momento di relax che di paura. Anche tutte le ragazze e la stessa Zia Rosa apprezzavano questi momenti, che venivano svolti tra loro tutte insieme, come ai tempi dei boudoir settecenteschi, erano momenti intimi nei quali ci si scambiavano confidenze anche intime. Io normalmente lo ricevevo da solo per una questione di pudicizia, anche se se le ragazze venivano spesso a sbirciare il corpo di un uomo nudo e ben fatto. Anche se cercavano di non farsi vedere, sapevo benissimo che erano dietro l’antibagno ad origliare e lanciavano ogni tanto delle grandi occhiate di curiosità. Io non ho mai avuto problemi a farmi vedere nudo per questo non ho mai sollevato nessun problema. Normalmente il venerdì, prima di uscire per andare al lavoro, mia madre diceva a mia zia Rosa di preparare discretamente l’infuso per il trattamento di tutti noi che sarebbe stato eseguito durate il week-end. Immaginate quanto ne doveva preparare per otto persone… Nella cucina grande estiva, che era sotto il portico della cascina adiacente, cerano almeno quattro pentoloni da una decina di litri l’uno che fumavano e che fondevano il decotto che il più delle volte era composto da fiori di camomilla (per fortuna nella tenuta avevamo un campo di camomilla enorme), semi di lino, malva e semi di finocchio. A tutti veniva aggiunto del sale da cucina per una questione isotonica (non farlo assorbire troppo dalle pareti intestinali) e solo in fase di instillazione, e solo per alcuni clisteri della glicerina liquida. Il giorno prefissato Mamma predisponeva l’ambiente in modo meticoloso, il profumo di camomilla si sentiva sin fuori l’abitazione. Le candele erano accese e il telo steso sulla chaise longue. Come una piccola processione si saliva nella grande sala da bagno, sempre ben riscaldata d’inverno e fresca l’estate. Prima le “piccole” Cristina e Cinzia, poi finita la prima sessione dopo un paio d’ore le grandi Lory e Susy. Ad ogni sessione la “Maitre de Cerimonie” era Mamma con l’aiuto attivo di zia Rosa. Per me era tutta un'altra storia. Mamma mi chiedeva di aiutarla a preparare il tutto cosi’ che non perdessi la mano. La zia Rosa usciva e ci lasciava soli in modo da poterci scambiare qualche confidenza anche se alcune volte restava su mia richiesta per non farla sentire sola. Mia mamma e mia zia si scambiavano reciprocamente i clisteri senza la presenza di alcuno di noi. Per ogni sequenza il procedimento era abbastanza simile per tutti. Il liquido riscaldato a 38° o poco più veniva mantenuto al caldo e in temperatura tramite un riscaldamento per mezzo di una candela posizionata sotto una grossa brocca di vetro trasparente di circa sei litri che terminava nel suo basso laterale con un ugello di vetro al quale sera inserito un tubo flessibile di gomma rossa lungo circa due metri e mezzo che al suo culmine aveva una cannula di bacalite nera abbastanza lunga sui venti centimetri che terminava con una specie di ciliegia con diversi forellini al suo intorno. Il contenitore era appoggiato su di una specie di leggio in legno di abete scuro che poteva essere sollevato o abbassato grazie a un sistema di scorrimento abbastanza facile da usare e che serviva per aumentare o meno la pressione della soluzione che brillava di un colore giallo intenso all’interno del contenitore. Di sottofondo cera una musica quasi sempre tantrica indiana con strumenti sempre diversi che creavano un ambiente di totale rilassamento. Tra i profumi intensi di camomilla, la musica pervadente, il caldo della stanza e la piacevole sensazione della spugna pulita e soffice sotto la pancia era impossibile non rilasciare i propri muscoli e aspettare il piacevole clistere. Una volta allungato sulla spugna, a corpo totalmente nudo, la prescelta/o aspettava che mamma con molta dolcezza le allargasse le natiche per poter ungere il proprio sfintere e con il dito guantato da un guanto medicale introducesse il proprio medio per massaggiare la parte e prepararla all’introduzione della cannula. Una volta tolto il dito; mamma appoggiava la testa a ciliegia della cannula sul bordo dell’orifizio e con la massima dolcezza la introduceva con un leggero sobbalzo di stupimento da parte della persona ricevente. A questo punto si restava un attimo in attesa che si aprisse il rubinetto posto a una ventina di centimetri della cannula. Questo momento di attesa era carico di aspettativa e tensione più per il piacere che per altro. Una volta deciso che era il momento, si solito due o tre minuti dopo l’introduzione della cannula, la chiavetta era girata a metà della sua portata per non creare una sorta di fastidio legato alla pressione. Tutto doveva essere piacevole non doloroso. Il decotto cominciava a pervadere la prescelta che aveva tutto il tempo di sentire il liquido avanzare senza particolari spasmi e dolori addominali. Non c’erano limiti di liquido. Ognuno accettava ciò che poteva ragionevolmente tenere nel proprio ventre. Di solito le più giovani poco più di un litro, un litro e mezzo, mentre le più grandi due litri e più. Il flusso veniva interrotto ogni qual volta veniva richiesto dalla prescelta. Una volta conclusa la somministrazione Mamma rimuoveva la cannula e la prescelta restava il tempo necessario per far si che il decotto facesse il suo lavoro e poi poteva alzarsi per andare a liberarsi in bagno. Dopo aver sostituito la cannula con una pulita, l turno passava alla successiva che a sua volta viveva la stessa esperienza. Il più delle volte si procedeva ad una seconda somministrazione come avvenuto per la prima con la variante che delle volte si aggiungevano degli additivi, come la glicerina, se la prescelta aveva avuto particolari problemi di stitichezza…cosa cha avveniva molto spesso. In questo caso mamma aveva preparato una peretta a schizzetto da 540 ml con la miscela di glicerina e camomilla e prima di inserire di nuovo la cannula praticava la peretta intera, il che voleva dire una prima spremuta di liquido con successiva estrazione della peretta per ridarle forma e seconda spremuta sino a che l’aria aspirata per ridarle forma si manifestava. Una volta finita la peretta si riprendeva la proceduta dall’inserimento della cannula sino al riempimento della seconda somministrazione. Di solito questa somministrazione permetteva di sopportare più infuso della prima perché l’intestino era libero ma la peretta con la glicerina la rendeva un poco più insopportabile. Questo pressava le prescelta ad un corsa al bagno con a volte qualche perdita di liquido durante il percorso. Una volta tutto fatto ognuno si ritirava nella propria stanza e si assopiva in un sonno benefico e profondo. E cosi si passavano le sere del week-end senza annoiarsi anzi passando momenti piacevoli e condivisi. 

Al prossimo racconto....
scritto il
2020-06-08
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