Insaziabile Gloria (cuckold)
di
Ukiyo
genere
tradimenti
Questo è il racconto di un marito cornuto e felice. Molti mi accuseranno di essere un debole, ma non m’importa. Io e mia moglie Gloria abbiamo trovato un equilibrio che rende felici entrambi
Ci conoscemmo nel 1983 ad una festa a casa di amici comuni, in una bella villetta al mare vicino al Circeo. Lo ricordo come se fosse ieri. I suoi occhi azzurri come il ghiaccio artico che mi guardavano curiosi; i capelli corvini vaporosi le incorniciavano il volto abbronzato, agghindati da un fiore di oleandro; il corpo, minuto ma dotato di forme prosperose, velato da un lungo vestito di seta a motivi indianeggianti, con una scollatura a dir poco temeraria. Fu colpo di fulmine per entrambi.
Lei lavorava in una galleria d’arte nel cuore di Roma. Io stavo muovendo i primi passi nello studio notarile di papà. Eravamo due mondi diversi in collisione, eppure da allora non ci siamo mai lasciati. Lei è la parte creativa di me, la passione, il fuoco, il sogno che ravviva la mia flemma razionale. E’ un’energia indomita che non mi sognerei mai di rinchiudere in gabbia. Ad un anno da quel primo incontro, eravamo fidanzati. Fin dalla sera in cui le misi l’anello al dito, però, lei mise in chiaro una cosa: non avrebbe mai fatto voto di fedeltà. Nessuno, nemmeno suo marito, poteva avere l’esclusiva sulla sua sessualità. Molto sinceramente, mi disse che non poteva promettere ciò che sapeva non sarebbe riuscita a mantenere, per la sua innata curiosità. Una curiosità che, oltre che per l’intelletto, passava anche per il corpo e i suoi appetiti.
Gloria era così diversa dalle ragazze di buona famiglia cresciute nei collegi cattolici che avevo frequentato prima di lei. Quelle facevano così tanta fatica ad esprimere il loro desiderio. Mentre io adoravo e tuttora adoro le donne che sanno esprimere ciò che vogliono, e se lo vanno a prendere.
Va bene, le dissi quel giorno importante, ma sappi che per me occhio non vede cuore non duole. Pur essendo un ragazzo di ottima famiglia, condividevo molte idee radicali in ambito sessuale e famigliare, inclusa la rinegoziazione dei voti matrimoniali. La lealtà veniva prima della fedeltà. Ma sentivo che, per la mia serenità, non potevo addentrarmi troppo nei particolari della vita parallela di mia moglie, non allora.
Devo dire però che il tempo cambia le persone. Con gli anni mi sorpresi sempre più spesso a immaginare le avventure di Gloria. A chi si concedeva? Ai clienti facoltosi della galleria? Agli amici comunisti dei suoi circoli culturali? O forse si abbassava al muratore belloccio, al barista, all’idraulico? Rapito da queste fantasie, avevo iniziato a masturbarmi immaginando di essere lì con loro, a guardare la mia bellissima e insaziabile moglie con l’amante ignoto, senza però intervenire. E avevo scoperto di ricavarne un piacere inatteso e molto intenso.
Continuai a trastullarmi in solitaria per anni, credendo che le mie fantasie non avrebbero trovato necessariamente una realizzazione felice nella realtà. Finché non mi feci coraggio, e un pomeriggio di primavera confessai a Gloria che avrei voluto guardarla mentre si concedeva ad altri uomini. Che la cosa mi eccitava da impazzire, e non vedevo l’ora di cominciare. Lei mi rispose con un sorriso da pantera soddisfatta da una caccia andata a buon fine; mi confessò a sua volta che ultimamente sperava proprio che glielo chiedessi. E così arrivammo al fatidico giorno.
Era un tardo pomeriggio d’estate del 1993. Eravamo nella zona dei Castelli Romani. Gloria aveva organizzato una mostra in una rocca rinascimentale, e doveva tenere il discorso di inaugurazione. Si era messa in tiro, ed era irresistibile: fasciata da un abito nero anni Cinquanta con una generosa scollatura, le calze autoreggenti a rete fina, il rossetto carminio, i capelli freschi di parrucchiera. Sembrava una diva della vecchia Hollywood, una minuta Ava Gardner oserei dire.
Davanti a una platea ristretta di critici e acquirenti importanti, presentò l’opera di Francesco Maffei, l’artista protagonista della mostra. Gli diedi un’occhiata furtiva dalla mia sedia in prima fila. Guardava mia moglie parlare dal leggio con la confidenza di chi si conosce, con quegli occhi neri come la pece, mentre si accarezzava compiaciuto la barba altrettanto scura. Non era più giovane, ed era anche un po’ tarchiato. Era così diverso da me, anche nel vestiario, con quei jeans sbiaditi e la camicia bianca aperta sul petto. Rispetto a me sembrava uno zingaro, o un delinquente. Chissà se l’aveva posseduta anche lui? Bisbigliò una vocina irriverente in fondo alla mia mente.
Mi tarlavo con quelle domande senza risposta, quando Gloria tornò a sedersi accanto a me.
-Qualcosa ti preoccupa?- mi chiese posandomi un bacio sulla guancia.
-Ma no, nulla d’importante- risposi senza staccare gli occhi dall’artista che saliva sul palco per parlare.
Il suo discorso non fu lungo, ma pieno di riferimenti all’arte contemporanea per me abbastanza esoterici. Per fortuna alla fine ci fu un piccolo rinfresco, e chiacchiere del più e del meno con clienti della galleria che erano anche miei clienti.
Si fecero le otto, e decidemmo di andare a cena in una trattoria nelle vicinanze assieme all’assistente di Gloria, Maffei e altre due coppie. Purtroppo quando arrivammo, non c’era un tavolo abbastanza grande ospitarci tutti assieme. Io e mia moglie cenammo ad un tavolo, mentre tutti gli altri vennero accomodati a un altro. Fu una cena semplice e genuina, con il meglio degli ingredienti e dei vini della campagna del Lazio.
Prima del dolce Gloria mi lasciò solo per andare a fumare una sigaretta (io non fumo). La vidi invitare Maffei a seguirla, e lui prontamente scattò in piedi. Non mi sentivo geloso. Li osservai conversare come vecchi amici tra una boccata di fumo e l’altra, con l’artista che annuiva divertito.
Al loro rientro vennero serviti i dessert, i caffè e gli ammazzacaffè, e ben presto i partecipanti alla conferenza si congedarono. Restammo io, Gloria e Maffei.
-Francesco ha bisogno di un passaggio ha casa- mi disse lei con un sorriso enigmatico, le dita laccate di rosso cupo posate fugacemente sul braccio dell’artista.
-Non c’è problema- risposi io di getto –Possiamo riaccompagnarlo noi. Dove vive?-
Francesco si alzò in piedi e rispose:
-Andiamo in macchina. Le descriverò il tragitto strada facendo-
Pagammo il conto e uscimmo da locale. Ma quando raggiungemmo la mia Honda, anziché sedersi sul sedile del passeggero davanti, il nostro ospite salì dietro, in compagnia di mia moglie. A quella vista fui assalito immediatamente da un curiosità morbosa, voyeuristica, e allo stesso tempo da un chiaro desiderio di essere sottomesso.
-Portaci al boschetto vicino alla rocca- mi ordinò Francesco con tono rude –Mentre io mi fotto tua moglie-
Ecco che quel nuovo desiderio di sottomissione, che non sapevo nemmeno di avere, iniziava ad essere appagato. Misi in moto e senza dire una parola condussi la vettura sulla stradina stretta da cui eravamo venuti. Udii il suono di un vestito frusciare nel buio, assieme a quello di respiro pesante. Aggiustai lo specchietto retrovisore in modo da puntarlo sui due, e vidi Gloria impegnata in un bacio famelico, animalesco, con quell’uomo diametralmente opposto a me. Si stavano divorando, le lingue guizzanti nell’oscurità. Mi girai un attimo per guardare cosa stesse succedendo più in basso. Vidi e la mano irsuta di lui infilarsi sotto il vestito di mia moglie e andare a palparle il culo con gusto.
Fui bruscamente interrotto dal suono del clacson di una macchina che veniva dalla direzione opposta, che mi obbligò a rimettermi in carreggiata di tutta corsa.
-Guarda la strada, cornuto!- esclamò Maffei, scatenando la risatina di mia moglie.
Sì, sono un cornuto, a me ne compiaccio, pensai. E mi piaceva sentirmi dare ordini, soprattutto da lui. Mi piaceva ancora di più sentire i sospiri nient’affatto sommessi di mia moglie. Che cosa le stava facendo quel bruto lussurioso? La stava toccando tra le gambe? A quel pensiero divenni consapevole della mia erezione. Mi sfiorai laggiù, e constatai che quel godimento nuovo non era solamente nella mia testa.
Obbedendo al bull, imboccai la stradina sterrata che attraversava il boschetto della rocca, e mi fermai in una piccola radura circondata dagli alberi. La luce della luna piena illuminava il prato abbastanza da permettermi di spegnere i fari.
Francesco e Gloria scesero dalla macchina, e così feci io, pur restando a debita distanza da loro. L’uomo restò in piedi e si appoggiò alla macchina, mentre mia moglie si inginocchiò davanti a lui. Potevo vedere il sesso eccitato di lui premere con impazienza contro i jeans. Dopo aver abbassato la cerniera con un gesto febbrile, Gloria prese in mano il fallo eretto, una nerchia notevole che si issava dalla folta peluria nera. Mia moglie se lo portò alla bocca, leccandogli prima la punta con guizzi veloci, e poi l’asta con carezze lente e umide. Quel preliminare non durò molto, perché poi se lo infilò tutto in bocca, dando inizio a una fellatio appassionata.
-Tua moglie è una vera troia- mi disse lui guardandomi con un sorriso beffardo.
In effetti era da molto che non vedevo mia moglie così abbandonata in un atto sessuale; sembrava quasi in trance, con quei movimenti del capo in avanti e indietro per il soddisfacimento di un uomo che non ero io. Mi abbassai la zip dei pantaloni a mia volta, e cominciai ad accarezzarmi, senza staccare gli occhi da loro.
Improvvisamente Maffei si divincolò dalla presa delle labbra, senza troppe cerimonie afferrò Gloria per un braccio e la portò di fronte al cofano della macchina. La spinse in avanti, costringendola a mettersi a novanta gradi. Mi spostai in modo da poterli vedere bene.
L’artista arrotolò il vestito di mia moglie fin sopra ai fianchi, rivelandomi che lei non indossava le mutandine. Aveva pensato a tutto. Me lo presi in mano e iniziai a masturbarmi nel momento esatto il cui il bull la penetrò. La teneva saldamente per i fianchi mentre la possedeva con la foga di un toro.
-E ora guarda come si fa godere una troia come tua moglie- ansimò.
Mi sorpresi ad annuire debolmente, mentre il piacere saliva in me a ritmo vertiginoso. Gloria gemeva a occhi chiusi, mentre il suo bacino accompagnava sapientemente le spinte di lui, una mano tra le gambe a titillare il clitoride. Veniva sbattuta in un modo brutale a me alieno, come se fosse una troiaccia dei quartieri bassi. Immersa dal canto dei grilli, mia moglie vocalizzò il suo orgasmo senza ritegno, mandandomi chiaro il messaggio che stava godendo da morire. Subito Maffei si sfilò e venne sul suo culo, spalmando il suo seme su di lei come se volesse marcare il territorio.
Era troppo, stavo venendo anch’io a quello spettacolo di piacevolissima umiliazione. Un fiotto bianco cadde sull’erba bagnata davanti a me.
Io e Gloria riaccompagnammo Maffei a casa sua in uno dei borghi vicini alla rocca, e tornammo nella nostra casa in centro a Roma a tarda notte. Tutti e due eravamo sessualmente appagati in modo nuovo. E non vedevamo l’ora di sapere con chi ci avrebbe portato la nuova avventura della mia insaziabile consorte.
Ci conoscemmo nel 1983 ad una festa a casa di amici comuni, in una bella villetta al mare vicino al Circeo. Lo ricordo come se fosse ieri. I suoi occhi azzurri come il ghiaccio artico che mi guardavano curiosi; i capelli corvini vaporosi le incorniciavano il volto abbronzato, agghindati da un fiore di oleandro; il corpo, minuto ma dotato di forme prosperose, velato da un lungo vestito di seta a motivi indianeggianti, con una scollatura a dir poco temeraria. Fu colpo di fulmine per entrambi.
Lei lavorava in una galleria d’arte nel cuore di Roma. Io stavo muovendo i primi passi nello studio notarile di papà. Eravamo due mondi diversi in collisione, eppure da allora non ci siamo mai lasciati. Lei è la parte creativa di me, la passione, il fuoco, il sogno che ravviva la mia flemma razionale. E’ un’energia indomita che non mi sognerei mai di rinchiudere in gabbia. Ad un anno da quel primo incontro, eravamo fidanzati. Fin dalla sera in cui le misi l’anello al dito, però, lei mise in chiaro una cosa: non avrebbe mai fatto voto di fedeltà. Nessuno, nemmeno suo marito, poteva avere l’esclusiva sulla sua sessualità. Molto sinceramente, mi disse che non poteva promettere ciò che sapeva non sarebbe riuscita a mantenere, per la sua innata curiosità. Una curiosità che, oltre che per l’intelletto, passava anche per il corpo e i suoi appetiti.
Gloria era così diversa dalle ragazze di buona famiglia cresciute nei collegi cattolici che avevo frequentato prima di lei. Quelle facevano così tanta fatica ad esprimere il loro desiderio. Mentre io adoravo e tuttora adoro le donne che sanno esprimere ciò che vogliono, e se lo vanno a prendere.
Va bene, le dissi quel giorno importante, ma sappi che per me occhio non vede cuore non duole. Pur essendo un ragazzo di ottima famiglia, condividevo molte idee radicali in ambito sessuale e famigliare, inclusa la rinegoziazione dei voti matrimoniali. La lealtà veniva prima della fedeltà. Ma sentivo che, per la mia serenità, non potevo addentrarmi troppo nei particolari della vita parallela di mia moglie, non allora.
Devo dire però che il tempo cambia le persone. Con gli anni mi sorpresi sempre più spesso a immaginare le avventure di Gloria. A chi si concedeva? Ai clienti facoltosi della galleria? Agli amici comunisti dei suoi circoli culturali? O forse si abbassava al muratore belloccio, al barista, all’idraulico? Rapito da queste fantasie, avevo iniziato a masturbarmi immaginando di essere lì con loro, a guardare la mia bellissima e insaziabile moglie con l’amante ignoto, senza però intervenire. E avevo scoperto di ricavarne un piacere inatteso e molto intenso.
Continuai a trastullarmi in solitaria per anni, credendo che le mie fantasie non avrebbero trovato necessariamente una realizzazione felice nella realtà. Finché non mi feci coraggio, e un pomeriggio di primavera confessai a Gloria che avrei voluto guardarla mentre si concedeva ad altri uomini. Che la cosa mi eccitava da impazzire, e non vedevo l’ora di cominciare. Lei mi rispose con un sorriso da pantera soddisfatta da una caccia andata a buon fine; mi confessò a sua volta che ultimamente sperava proprio che glielo chiedessi. E così arrivammo al fatidico giorno.
Era un tardo pomeriggio d’estate del 1993. Eravamo nella zona dei Castelli Romani. Gloria aveva organizzato una mostra in una rocca rinascimentale, e doveva tenere il discorso di inaugurazione. Si era messa in tiro, ed era irresistibile: fasciata da un abito nero anni Cinquanta con una generosa scollatura, le calze autoreggenti a rete fina, il rossetto carminio, i capelli freschi di parrucchiera. Sembrava una diva della vecchia Hollywood, una minuta Ava Gardner oserei dire.
Davanti a una platea ristretta di critici e acquirenti importanti, presentò l’opera di Francesco Maffei, l’artista protagonista della mostra. Gli diedi un’occhiata furtiva dalla mia sedia in prima fila. Guardava mia moglie parlare dal leggio con la confidenza di chi si conosce, con quegli occhi neri come la pece, mentre si accarezzava compiaciuto la barba altrettanto scura. Non era più giovane, ed era anche un po’ tarchiato. Era così diverso da me, anche nel vestiario, con quei jeans sbiaditi e la camicia bianca aperta sul petto. Rispetto a me sembrava uno zingaro, o un delinquente. Chissà se l’aveva posseduta anche lui? Bisbigliò una vocina irriverente in fondo alla mia mente.
Mi tarlavo con quelle domande senza risposta, quando Gloria tornò a sedersi accanto a me.
-Qualcosa ti preoccupa?- mi chiese posandomi un bacio sulla guancia.
-Ma no, nulla d’importante- risposi senza staccare gli occhi dall’artista che saliva sul palco per parlare.
Il suo discorso non fu lungo, ma pieno di riferimenti all’arte contemporanea per me abbastanza esoterici. Per fortuna alla fine ci fu un piccolo rinfresco, e chiacchiere del più e del meno con clienti della galleria che erano anche miei clienti.
Si fecero le otto, e decidemmo di andare a cena in una trattoria nelle vicinanze assieme all’assistente di Gloria, Maffei e altre due coppie. Purtroppo quando arrivammo, non c’era un tavolo abbastanza grande ospitarci tutti assieme. Io e mia moglie cenammo ad un tavolo, mentre tutti gli altri vennero accomodati a un altro. Fu una cena semplice e genuina, con il meglio degli ingredienti e dei vini della campagna del Lazio.
Prima del dolce Gloria mi lasciò solo per andare a fumare una sigaretta (io non fumo). La vidi invitare Maffei a seguirla, e lui prontamente scattò in piedi. Non mi sentivo geloso. Li osservai conversare come vecchi amici tra una boccata di fumo e l’altra, con l’artista che annuiva divertito.
Al loro rientro vennero serviti i dessert, i caffè e gli ammazzacaffè, e ben presto i partecipanti alla conferenza si congedarono. Restammo io, Gloria e Maffei.
-Francesco ha bisogno di un passaggio ha casa- mi disse lei con un sorriso enigmatico, le dita laccate di rosso cupo posate fugacemente sul braccio dell’artista.
-Non c’è problema- risposi io di getto –Possiamo riaccompagnarlo noi. Dove vive?-
Francesco si alzò in piedi e rispose:
-Andiamo in macchina. Le descriverò il tragitto strada facendo-
Pagammo il conto e uscimmo da locale. Ma quando raggiungemmo la mia Honda, anziché sedersi sul sedile del passeggero davanti, il nostro ospite salì dietro, in compagnia di mia moglie. A quella vista fui assalito immediatamente da un curiosità morbosa, voyeuristica, e allo stesso tempo da un chiaro desiderio di essere sottomesso.
-Portaci al boschetto vicino alla rocca- mi ordinò Francesco con tono rude –Mentre io mi fotto tua moglie-
Ecco che quel nuovo desiderio di sottomissione, che non sapevo nemmeno di avere, iniziava ad essere appagato. Misi in moto e senza dire una parola condussi la vettura sulla stradina stretta da cui eravamo venuti. Udii il suono di un vestito frusciare nel buio, assieme a quello di respiro pesante. Aggiustai lo specchietto retrovisore in modo da puntarlo sui due, e vidi Gloria impegnata in un bacio famelico, animalesco, con quell’uomo diametralmente opposto a me. Si stavano divorando, le lingue guizzanti nell’oscurità. Mi girai un attimo per guardare cosa stesse succedendo più in basso. Vidi e la mano irsuta di lui infilarsi sotto il vestito di mia moglie e andare a palparle il culo con gusto.
Fui bruscamente interrotto dal suono del clacson di una macchina che veniva dalla direzione opposta, che mi obbligò a rimettermi in carreggiata di tutta corsa.
-Guarda la strada, cornuto!- esclamò Maffei, scatenando la risatina di mia moglie.
Sì, sono un cornuto, a me ne compiaccio, pensai. E mi piaceva sentirmi dare ordini, soprattutto da lui. Mi piaceva ancora di più sentire i sospiri nient’affatto sommessi di mia moglie. Che cosa le stava facendo quel bruto lussurioso? La stava toccando tra le gambe? A quel pensiero divenni consapevole della mia erezione. Mi sfiorai laggiù, e constatai che quel godimento nuovo non era solamente nella mia testa.
Obbedendo al bull, imboccai la stradina sterrata che attraversava il boschetto della rocca, e mi fermai in una piccola radura circondata dagli alberi. La luce della luna piena illuminava il prato abbastanza da permettermi di spegnere i fari.
Francesco e Gloria scesero dalla macchina, e così feci io, pur restando a debita distanza da loro. L’uomo restò in piedi e si appoggiò alla macchina, mentre mia moglie si inginocchiò davanti a lui. Potevo vedere il sesso eccitato di lui premere con impazienza contro i jeans. Dopo aver abbassato la cerniera con un gesto febbrile, Gloria prese in mano il fallo eretto, una nerchia notevole che si issava dalla folta peluria nera. Mia moglie se lo portò alla bocca, leccandogli prima la punta con guizzi veloci, e poi l’asta con carezze lente e umide. Quel preliminare non durò molto, perché poi se lo infilò tutto in bocca, dando inizio a una fellatio appassionata.
-Tua moglie è una vera troia- mi disse lui guardandomi con un sorriso beffardo.
In effetti era da molto che non vedevo mia moglie così abbandonata in un atto sessuale; sembrava quasi in trance, con quei movimenti del capo in avanti e indietro per il soddisfacimento di un uomo che non ero io. Mi abbassai la zip dei pantaloni a mia volta, e cominciai ad accarezzarmi, senza staccare gli occhi da loro.
Improvvisamente Maffei si divincolò dalla presa delle labbra, senza troppe cerimonie afferrò Gloria per un braccio e la portò di fronte al cofano della macchina. La spinse in avanti, costringendola a mettersi a novanta gradi. Mi spostai in modo da poterli vedere bene.
L’artista arrotolò il vestito di mia moglie fin sopra ai fianchi, rivelandomi che lei non indossava le mutandine. Aveva pensato a tutto. Me lo presi in mano e iniziai a masturbarmi nel momento esatto il cui il bull la penetrò. La teneva saldamente per i fianchi mentre la possedeva con la foga di un toro.
-E ora guarda come si fa godere una troia come tua moglie- ansimò.
Mi sorpresi ad annuire debolmente, mentre il piacere saliva in me a ritmo vertiginoso. Gloria gemeva a occhi chiusi, mentre il suo bacino accompagnava sapientemente le spinte di lui, una mano tra le gambe a titillare il clitoride. Veniva sbattuta in un modo brutale a me alieno, come se fosse una troiaccia dei quartieri bassi. Immersa dal canto dei grilli, mia moglie vocalizzò il suo orgasmo senza ritegno, mandandomi chiaro il messaggio che stava godendo da morire. Subito Maffei si sfilò e venne sul suo culo, spalmando il suo seme su di lei come se volesse marcare il territorio.
Era troppo, stavo venendo anch’io a quello spettacolo di piacevolissima umiliazione. Un fiotto bianco cadde sull’erba bagnata davanti a me.
Io e Gloria riaccompagnammo Maffei a casa sua in uno dei borghi vicini alla rocca, e tornammo nella nostra casa in centro a Roma a tarda notte. Tutti e due eravamo sessualmente appagati in modo nuovo. E non vedevamo l’ora di sapere con chi ci avrebbe portato la nuova avventura della mia insaziabile consorte.
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