L’Abisso / 08x01
di
Donovak Villa
genere
dominazione
Il giorno dopo mi risveglio sola nel letto, con ancora un leggero bruciore al culo dovuto alla tentata penetrazione di qualche ora prima.
In casa c’è un silenzio assoluto.
R: “ALESSANDRO?”
Nulla.
R: “PADRONE!”
Ancora nulla.
Mi alzo alla sua ricerca ma è evidente che non è in casa. Certo sono già le 11:00 ma dove sarà andato?
Faccio una doccia veloce e poi subito in cucina a preparare da mangiare. Puntuale, poco prima di pranzo, finalmente torna, ha in mano un pacchettino e tutto sorridente me lo porge.
E’ una scatoletta bianca e anonima. Sembrerebbe essere un regalo, ma oramai diffidente lo guardo con sguardo interrogativo
R: “COS’È?”
A: “APRILO, VEDRAI, TI PIACERÀ E SOPRATTUTTO TI AIUTERÀ MOLTO”
Quelle parole suonavano terribilmente inquietanti, non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi. Con tutta la diffidenza di questo mondo, quindi, mi accingo ad aprire il pacchetto. Sollevo il coperchio e trovo una sacca in similpelle, la apro ed esce fuori un oggetto a me totalmente sconosciuto. Sembrava un asso di picche in 3D, era abbastanza grande, nero lucido, al tatto molto liscio e profumava di nuovo. Nella mia totale ingenuità pensai ad una sorta di soprammobile, lo guardai imbarazzata e lo ringraziai anche del gesto “carino”
A: “SAI COS’È?”
R: “NON SO… UN GIOCO?”
A: “QUANTO SEI SCEMA! QUESTO È UN PLUG ANALE”
Pur continuando a non aver capito di cosa si trattasse esattamente, quella parola “anale” suonava terrificante. Cominciai ad avere paura quindi e con gli occhi sgranati gli chiesi
R: “E COSA DOVREI FARCI CON QUESTO?”
A: “SERVE PER ALLARGARE IL BUCO DEL CULO. IN TEORIA DOVREMMO PROCEDERE PER GRADI, INIZIARE CON UNO PICCOLO, POI UNO MEDIO E POI QUESTO QUI, MA NON HO VOGLIA DI ASPETTARE TUTTO QUESTO TEMPO PRIMA DI INCULARTI, QUINDI PASSIAMO SUBITO A QUELLO GROSSO CHE HO VOGLIA DI METTERTELO IN CULO”
La sua sfacciataggine ed irriverenza ormai andavano oltre l’umiliazione. Si rivolgeva a me come con la peggiore delle puttane.
R: “MA VERAMENTE IO… NON SO”
A: “NON ROMPERE I COGLIONI E UBBIDISCIMI”
Mi tolse dalle mani il plug, mi girò in malo modo contro il lavello, mi alzò la vestaglia, mi calò leggermente le mutandine e a quel punto sentii un grosso sputo che riversò sulla punta del giocattolo. Allargò bene le natiche e m’infilò d’un sol colpo quel grosso pezzo di plastica in culo. Sentii una fortissima pressione che per quanto provai a contrastare stringendo i glutei, riuscì comunque ad entrare tutto. Che dolore, cominciai a saltellare, ma lui continuava a spingerlo dentro. Il dolore divenne presto solo fastidio e a quel punto capii che era davvero entrato tutto, quel coso immenso era riuscito ad entrare laddove non era mai entrato nulla. Quasi meravigliata, oltre che sollevata, girai la testa verso di lui per capire che intenzioni avesse, ma si limitò ad alzarmi le mutandine ed abbassare la vestaglia. Si alzò, si sedette a tavola e ordinò
A: “DAI SBRIGATI CHE HO FAME”
R “MA, DEVO RIMANERE CON STO COSO DENTRO?”
A: “CERTO! MEGLIO CHE TI CI ABITUI E GUAI A TE SE TE LO TOGLI PERCHÉ GIURO CHE SE LO FAI USCIRE T’INFILO UN ESTINTORE DENTRO E RIMPIANGERAI IL PLUG CHE TI HO APPENA INFILATO!”
Un brivido mi fece capire che non c’era da scherzare, quindi strinsi il culo con tutte le mie forze per tenermelo dentro e mi rimisi subito a cucinare. Lo servii e a quel punto provai a sedermi, rendendomi conto che non era affatto semplice. Provai a sedermi solo su un lato del culo ma così il plug tendeva ad uscire, e giacché mi aveva ordinato di tenerlo dentro costi quel che costi, decisi di sedermi bene. La punta di quel coso me la sentii nelle viscere, mi stava letteralmente spaccando in due ma almeno avevo la certezza che lì sarebbe rimasto, ben piantato nel mio culo. Finimmo di mangiare e con mia grande delusione lui uscì subito di casa. Avrei voluto che me lo togliesse e magari mi avesse scopato la figa, ormai da troppo orfana del suo cazzo, ma così non fu. Dovetti quindi rassegnarmi a sparecchiare e lavare i piatti in solitudine. Il plug continuava a farmi male, anche se il dolore era ben lontano da quello provato quando me lo infilò.
Finito in cucina, decisi di pulire casa, i traumi degli ultimi giorni mi avevano completamente distolto dai miei doveri casalinghi.
Ricordo che mi trovavo in soggiorno, quando pensai che avrei potuto tranquillamente togliermi quel coso dal culo, per poi rimettermelo appena fosse tornato, non se ne sarebbe accorto mai. Avevo già la mano destra sulla base del plug per tirarlo via, quando una sorta di senso del dovere mi impedì di farlo.
Il mio padrone mi aveva dato un ordine ed io non volevo deluderlo. Anche se non mi avesse mai scoperto, lo avrei saputo io che avrei mentito a lui e la cosa non mi piaceva. Mio dio, ma cosa mi stava facendo, in cosa mi aveva ormai trasformata. Volevo compiacerlo ad ogni costo e non più per paura, ma ero io a volerlo. Pian piano mi stavo accorgendo che, la mia unica ragione di vita stava diventando il compiacerlo, sempre e comunque, per avere quei rari momenti di dolcezza che mi avrebbero ripagata di tutto il dolore e l’umiliazione vissuta sin lì.
Tra pulizie e pensieri la giornata passò veloce, si fece sera ed il mio Ale tornò per cena. Appena entrato venne da me e mi diede un bacio tenerissimo, al quale ricambiai con un bacio molto più passionale. Dio che bello quando mi fa sentire così donna. Continuai a baciarlo, sbattendolo sulla porta di casa, lui ricambia e cominciò a scendere con le mani per toccarmi il culo, ma sapevo che voleva solo controllare se le ero stata ubbidiente. Mi era mancato quell’atteggiamento, mi inginocchiai, pronta a succhiaglierlo, ma
A: “TI HO FORSE ORDINATO DI FARMI UN POMPINO?”
R: “MA VERAMENTE IO PENSAVO….”
A: “TU NON DEVI PENSARE, MA FARE SOLO QUELLO CHE TI DICO IO”
Lo guardai come una bambina capricciosa col broncio, ma fu categorico
A: “FAMMI DA MANGIARE”
Delusa tornai di là e poco dopo iniziammo a mangiare.
La cena passò tra chiacchere allegre e normalissimi discorsi madre-figlio. Nessuna allusione sessuale, nessuna umiliazione e devo ammettere che la cosa quasi mi dispiacque. Oramai eravamo andati troppo oltre per poter anche solo pensare di ritornare ad un rapporto normale. Così come mi dispiacque quando si alzò da tavola
A: “OK, IO VADO A LETTO PERCHÉ OGGI SONO PROPRIO STANCO”
Si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla fronte come ogni normalissimo figlio farebbe con la propria madre per la quale non prova nulla più di un semplice affetto materno e andò a dormire. Dovetti prendere atto, che quel giorno non avrei visto il suo cazzo. Quasi mi veniva da piangere. Aveva scoperchiato il vaso di pandora che c’era in me e adesso sembrava quasi nascondere la mano.
Mi affrettai a sparecchiare e per non pensarci andai a letto. Una volta distesa, mi ricordai del mio plug anale, ormai quasi non lo sentivo più dopo che era lì da quasi tutta la giornata. Decisi di dormire a pancia in su quella notte, così da essere sicura di portare a termine il mio compito fino in fondo. Aspettai ancora qualche minuto nella speranza vana che entrasse da quella porta per violentarmi, ma ormai sapevo che se avesse voluto lo avrebbe già fatto senza tante storie. Quindi, delusa da quella giornata, che senza cazzo mi sembrò inutile, chiusi gli occhi e mi misi a dormire.
Al mattino mi alzai di buon’ora visto che non ero per nulla stanca. La prima cosa che mi venne d’istinto fare fu portare la mia mano al sedere per controllare se il plug era ancora a suo posto e con mia grande soddisfazione sentii che era rimasto ben piantato dentro di me per tutta la notte. Tutta soddisfatta, quindi, mi alzai e mi misi a preparare il caffè. Forse l’odore, o forse la voglia, fecero alzare dal letto il mio Ale poco dopo
A: “BUONGIORNO MAMMA”
Sembrava proprio di buonumore per fortuna
R: “BUONGIORNO AMORE. CAFFÈ?”
Anziché rispondermi mi venne dietro e mi alzò la vestaglia
A: “VEDIAMO SE QUA SOTTO È TUTTO A POSTO”
Mi abbassò completamente le mutande, io oramai lo lasciavo fare senza opporre più un minimo di resistenza, né fisica né psicologica. Mi aprì le natiche, che gli rivelarono il dildo che mi aveva costretta ad infilare il giorno prima. Mi esaminò per qualche secondo mentre io me ne stavo immobile come in attesa dell’esito di un importante esame. Capì di avere passato l’esame quando si calò i pantaloni del pigiama, dal quale svettò un cazzo in piena erezione. Riuscii a vederlo solo per un attimo, perché subito mi prese dalla nuca e mi sbattè sul tavolo della cucina. Ero eccitata, ma anche spaventata. Come sempre, mi abbandonai a lui e lo lasciai fare, in fondo mi aveva già dimostrato di sapere sempre quello che mi piaceva davvero, più di quanto lo sapessi io. Mai avrei pensato che nascosta in me ci fosse una puttana del genere, capace persino di godere di tutte quelle umiliazioni, tanto da non poterne più fare a meno.
Ed eccomi qui, nuovamente a pecora sul tavolo, senza avere la minima idea del trattamento che stava per riservarmi, ma sicura che alla fine ne avrei goduto appieno.
Sono quasi totalmente pancia sul tavolo, con le mani ben salde sui bordi pronta a reggere tutti i colpi che arriveranno. Rimango in tremolante attesa dei colpi del mio padrone, finalmente qualcosa mi sfiora le natiche, è caldissimo, questo deve essere indubbiamente la cappella del suo cazzo. Sento che strofina compiendo dei circoli attorno al dildo ficcato in culo e l’adrenalina sale. Anche quell’attesa è una tortura. Vorrei urlargli di scoparmi, ma rimango al mio posto, zitta, ubbidiente e remissiva, in attesa che il mio padrone faccia di me ciò che vuole. Finalmente, sento il giocattolo muoversi, sta tentando di toglierlo con non poche difficoltà, più prova ad estrarlo e più il mio ano lo risucchia dentro, sembra essersi creato il vuoto tra il plug e le pareti dell’intestino, fino a quando lo tira via con forza, per un attimo sento come un vuoto enorme in culo, ma immediatamente dopo lo sento nuovamente riempito da un pezzo di carne molto più grande del precedente in plastica tenuto per quasi 24 ore.
Era dentro… gran parte del suo enorme cazzo era entrato e io non potevo credere che ci fosse riuscito così facilmente e senza il minimo dolore, ma ben presto mi dovetti ricredere quando mi afferrò per i fianchi e cominciò a spingerlo tutto dentro a forza. Quel cazzone d’acciaio si stava facendo strada lentamente ma inesorabilmente tra le mie viscere, sconquassandomele. Finalmente sentii il suo ventre e le sue palle toccarmi sopra e sotto il culo e a quel punto capii che era entrato tutto!
Rimasi così per qualche secondo, il dolore era acuto, ma sentivo che potevo sopportarlo. Ero ancora incredula a come un cazzo del genere fosse riuscito ad entrare laddove non passava neanche uno spillo. Il mio padrone, mi aveva nuovamente dimostrato la sua sapienza ed io adesso dovevo ringraziarlo in qualche modo.
A: “FINALMENTE. FINALMENTE SONO DENTRO E MI SONO PRESO LA TUA VERGINITÀ ANALE. NESSUNO ERA STATO QUI PRIMA DI ME, NEANCHE PAPÀ. IL TUO CULO ADESSO È MIO E SARÀ SOLO MIO PER SEMPRE!”
Spingendo con un colpo ancora più in profondità, dando inizio all’inculata vera e propria.
R: “SÌ, È TUO E SOLO TUO. TI GIURO CHE NON MI FARÒ INCULARE MAI DA NESSUN’ALTRO. E’ TUO, TUTTO DI ME È TUO: SONO UNA TUA PROPRIETÀ!”
Quelle parole, anche se non richieste, lo dovettero eccitare moltissimo. Oramai avevo capito ciò che voleva e come voleva che lo facessi sentire.
Passò subito ai colpi violenti, cominciò ad incularmi senza pietà, man mano che mi inculava sentivo il dolore diminuire per lasciar posto ad un piacere mai provato prima che non aveva nulla a che fare con quello vaginale. Più mi scopava e più mi bagnavo, sentivo l’esigenza di toccarmi e così allungai la mano destra per stimolarmi un po’ il clitoride, ma quando il mio padrone se ne accorse mi afferrò per il polso, poi afferrò anche l’altro e tirò a sé le mie braccia. Ora non mi reggevo più sul tavolo, ero completamente impalata sul suo cazzo sorretta solo dalle braccia. In questa posizione il cazzo entrava ancora di più ed i colpi divennero più veloci, più forti e più intensi. Mi sbatteva talmente forte che le tette mi fuoriuscirono dal reggiseno, cadendo pesanti sul tavolo. Ero sua, il suo strumento di piacere e ne ero contenta.
A: “TI PIACE COME TI INCULO, EH TROIA? TI INFILO ANCHE LE PALLE, PUTTANA!”
Quei suoi insulti, suonavano meravigliosi in quel momento, finalmente stavo capendo la natura di quel comportamento, tutto era finalizzato a massimizzare il piacere. Sentirmi una sua cosa non faceva altro che farmi godere ancora di più ed immagino che per lui valesse lo stesso. In fondo, ci siamo sempre appartenuti, siamo solo passati ad un livello più intimo e profondo.
R: “SI! PIÙ FORTE PADRONE, PIÙ FORTE! INCULA LA TUA PUTTANA!”
Ed un sonoro schiaffo sul culo completò la mia frase, facendomi vedere le stelle.
Non credevo fosse possibile ma, stavo godendo dal culo e sentivo montare un orgasmo vaginale. In qualche modo quel mega cazzo, dal culo riusciva a stimolarmi la vagina e mi stava facendo venire!
Non volli tenermi la cosa per me
R: “ALE, MI STAI FACENDO VENIRE, ODDIO, VENGO! PIÙ FORTE! PIÙ FORTE!!”
A: “SÌ, TE LO SPACCO QUESTO CULO, TROIA! VOGLIO VENIRTI TUTTO IN CULO!”
R: ”SÌ, SBORRAMI DENTRO, SBORRAMI IN CULO, TI PREGO! ODDIO! SÌ!! SÌ!!! USAMI COME SBORRATOIO, VIENIMI IN CULO!”
A: “VENGO PUTTANA, PREPARATI”
Si fermò un attimo, per poi infliggermi un colpo talmente forte che non dimenticherò mai! Me lo sentii sin dentro lo stomaco, ma me lo diede al momento giusto perché godetti da cagna rotta in culo quale ero. Seguì un enorme orgasmo da parte mia, accompagnato da due fortissimi suoi schizzi che riuscì a sentire distintamente dentro le viscere.
Venimmo assieme, che bella sensazione aver soddisfatto il mio padrone in quel modo.
Per un attimo si accasciò teneramente sulla mia schiena mentre io con le gambe tremolanti e l’interno coscia fradicio dei miei umori, ero sorretta dal tavolo. Sentivo il suo respiro pesante sulla mia schiena sudata, mi sentivo utile e brava in qualcosa finalmente.
Quel momento durò poco perché si alzò da me quasi subito, si sfilò il cazzo e all’atto di uscire udii come il botto di una bottiglia di champagne stappata, lasciandomi una sensazione in culo di enorme vuoto.
A: “PULISCIMELO”
Mi girai inginocchiandomi, fortunatamente non era sporco delle mie feci, anche se comunque l’odore era quello, ma tanto, con tutto quello che mi aveva fatto quel cazzo, ormai non avevo più limiti di decenza. Glielo succhiai e leccai con dovizia, volevo essere il suo bidet, ero sua, definitivamente.
Quando fu soddisfatto si staccò, mi diede una tenera carezza, come l’avrebbe data alla sua cagnolina e andò via.
Io mi alzai e mi avviai in bagno camminando come un granchio. Mi aveva letteralmente spaccata in due aprendomi una voragine e lo capii bene quando una volta in bagno mi sedetti sul WC ed espletai tutto ciò che avevo a stento trattenuto nelle ultime 24 ore, senza il minimo sforzo, avevo perso la sensibilità in quella zona per quanto mi aveva sbattuto forte.
Feci una doccia veloce e uscita dal bagno notai la porta della sua stanza aperta. Andai sin davanti la porta, era disteso sul letto con aria sognante, ci guardammo per un attimo e pensai che ormai la discesa nell’abisso fosse completa, cos’altro poteva farmi?
Quanto mi sbagliavo…
In casa c’è un silenzio assoluto.
R: “ALESSANDRO?”
Nulla.
R: “PADRONE!”
Ancora nulla.
Mi alzo alla sua ricerca ma è evidente che non è in casa. Certo sono già le 11:00 ma dove sarà andato?
Faccio una doccia veloce e poi subito in cucina a preparare da mangiare. Puntuale, poco prima di pranzo, finalmente torna, ha in mano un pacchettino e tutto sorridente me lo porge.
E’ una scatoletta bianca e anonima. Sembrerebbe essere un regalo, ma oramai diffidente lo guardo con sguardo interrogativo
R: “COS’È?”
A: “APRILO, VEDRAI, TI PIACERÀ E SOPRATTUTTO TI AIUTERÀ MOLTO”
Quelle parole suonavano terribilmente inquietanti, non avevo la più pallida idea di cosa aspettarmi. Con tutta la diffidenza di questo mondo, quindi, mi accingo ad aprire il pacchetto. Sollevo il coperchio e trovo una sacca in similpelle, la apro ed esce fuori un oggetto a me totalmente sconosciuto. Sembrava un asso di picche in 3D, era abbastanza grande, nero lucido, al tatto molto liscio e profumava di nuovo. Nella mia totale ingenuità pensai ad una sorta di soprammobile, lo guardai imbarazzata e lo ringraziai anche del gesto “carino”
A: “SAI COS’È?”
R: “NON SO… UN GIOCO?”
A: “QUANTO SEI SCEMA! QUESTO È UN PLUG ANALE”
Pur continuando a non aver capito di cosa si trattasse esattamente, quella parola “anale” suonava terrificante. Cominciai ad avere paura quindi e con gli occhi sgranati gli chiesi
R: “E COSA DOVREI FARCI CON QUESTO?”
A: “SERVE PER ALLARGARE IL BUCO DEL CULO. IN TEORIA DOVREMMO PROCEDERE PER GRADI, INIZIARE CON UNO PICCOLO, POI UNO MEDIO E POI QUESTO QUI, MA NON HO VOGLIA DI ASPETTARE TUTTO QUESTO TEMPO PRIMA DI INCULARTI, QUINDI PASSIAMO SUBITO A QUELLO GROSSO CHE HO VOGLIA DI METTERTELO IN CULO”
La sua sfacciataggine ed irriverenza ormai andavano oltre l’umiliazione. Si rivolgeva a me come con la peggiore delle puttane.
R: “MA VERAMENTE IO… NON SO”
A: “NON ROMPERE I COGLIONI E UBBIDISCIMI”
Mi tolse dalle mani il plug, mi girò in malo modo contro il lavello, mi alzò la vestaglia, mi calò leggermente le mutandine e a quel punto sentii un grosso sputo che riversò sulla punta del giocattolo. Allargò bene le natiche e m’infilò d’un sol colpo quel grosso pezzo di plastica in culo. Sentii una fortissima pressione che per quanto provai a contrastare stringendo i glutei, riuscì comunque ad entrare tutto. Che dolore, cominciai a saltellare, ma lui continuava a spingerlo dentro. Il dolore divenne presto solo fastidio e a quel punto capii che era davvero entrato tutto, quel coso immenso era riuscito ad entrare laddove non era mai entrato nulla. Quasi meravigliata, oltre che sollevata, girai la testa verso di lui per capire che intenzioni avesse, ma si limitò ad alzarmi le mutandine ed abbassare la vestaglia. Si alzò, si sedette a tavola e ordinò
A: “DAI SBRIGATI CHE HO FAME”
R “MA, DEVO RIMANERE CON STO COSO DENTRO?”
A: “CERTO! MEGLIO CHE TI CI ABITUI E GUAI A TE SE TE LO TOGLI PERCHÉ GIURO CHE SE LO FAI USCIRE T’INFILO UN ESTINTORE DENTRO E RIMPIANGERAI IL PLUG CHE TI HO APPENA INFILATO!”
Un brivido mi fece capire che non c’era da scherzare, quindi strinsi il culo con tutte le mie forze per tenermelo dentro e mi rimisi subito a cucinare. Lo servii e a quel punto provai a sedermi, rendendomi conto che non era affatto semplice. Provai a sedermi solo su un lato del culo ma così il plug tendeva ad uscire, e giacché mi aveva ordinato di tenerlo dentro costi quel che costi, decisi di sedermi bene. La punta di quel coso me la sentii nelle viscere, mi stava letteralmente spaccando in due ma almeno avevo la certezza che lì sarebbe rimasto, ben piantato nel mio culo. Finimmo di mangiare e con mia grande delusione lui uscì subito di casa. Avrei voluto che me lo togliesse e magari mi avesse scopato la figa, ormai da troppo orfana del suo cazzo, ma così non fu. Dovetti quindi rassegnarmi a sparecchiare e lavare i piatti in solitudine. Il plug continuava a farmi male, anche se il dolore era ben lontano da quello provato quando me lo infilò.
Finito in cucina, decisi di pulire casa, i traumi degli ultimi giorni mi avevano completamente distolto dai miei doveri casalinghi.
Ricordo che mi trovavo in soggiorno, quando pensai che avrei potuto tranquillamente togliermi quel coso dal culo, per poi rimettermelo appena fosse tornato, non se ne sarebbe accorto mai. Avevo già la mano destra sulla base del plug per tirarlo via, quando una sorta di senso del dovere mi impedì di farlo.
Il mio padrone mi aveva dato un ordine ed io non volevo deluderlo. Anche se non mi avesse mai scoperto, lo avrei saputo io che avrei mentito a lui e la cosa non mi piaceva. Mio dio, ma cosa mi stava facendo, in cosa mi aveva ormai trasformata. Volevo compiacerlo ad ogni costo e non più per paura, ma ero io a volerlo. Pian piano mi stavo accorgendo che, la mia unica ragione di vita stava diventando il compiacerlo, sempre e comunque, per avere quei rari momenti di dolcezza che mi avrebbero ripagata di tutto il dolore e l’umiliazione vissuta sin lì.
Tra pulizie e pensieri la giornata passò veloce, si fece sera ed il mio Ale tornò per cena. Appena entrato venne da me e mi diede un bacio tenerissimo, al quale ricambiai con un bacio molto più passionale. Dio che bello quando mi fa sentire così donna. Continuai a baciarlo, sbattendolo sulla porta di casa, lui ricambia e cominciò a scendere con le mani per toccarmi il culo, ma sapevo che voleva solo controllare se le ero stata ubbidiente. Mi era mancato quell’atteggiamento, mi inginocchiai, pronta a succhiaglierlo, ma
A: “TI HO FORSE ORDINATO DI FARMI UN POMPINO?”
R: “MA VERAMENTE IO PENSAVO….”
A: “TU NON DEVI PENSARE, MA FARE SOLO QUELLO CHE TI DICO IO”
Lo guardai come una bambina capricciosa col broncio, ma fu categorico
A: “FAMMI DA MANGIARE”
Delusa tornai di là e poco dopo iniziammo a mangiare.
La cena passò tra chiacchere allegre e normalissimi discorsi madre-figlio. Nessuna allusione sessuale, nessuna umiliazione e devo ammettere che la cosa quasi mi dispiacque. Oramai eravamo andati troppo oltre per poter anche solo pensare di ritornare ad un rapporto normale. Così come mi dispiacque quando si alzò da tavola
A: “OK, IO VADO A LETTO PERCHÉ OGGI SONO PROPRIO STANCO”
Si avvicinò a me, mi diede un bacio sulla fronte come ogni normalissimo figlio farebbe con la propria madre per la quale non prova nulla più di un semplice affetto materno e andò a dormire. Dovetti prendere atto, che quel giorno non avrei visto il suo cazzo. Quasi mi veniva da piangere. Aveva scoperchiato il vaso di pandora che c’era in me e adesso sembrava quasi nascondere la mano.
Mi affrettai a sparecchiare e per non pensarci andai a letto. Una volta distesa, mi ricordai del mio plug anale, ormai quasi non lo sentivo più dopo che era lì da quasi tutta la giornata. Decisi di dormire a pancia in su quella notte, così da essere sicura di portare a termine il mio compito fino in fondo. Aspettai ancora qualche minuto nella speranza vana che entrasse da quella porta per violentarmi, ma ormai sapevo che se avesse voluto lo avrebbe già fatto senza tante storie. Quindi, delusa da quella giornata, che senza cazzo mi sembrò inutile, chiusi gli occhi e mi misi a dormire.
Al mattino mi alzai di buon’ora visto che non ero per nulla stanca. La prima cosa che mi venne d’istinto fare fu portare la mia mano al sedere per controllare se il plug era ancora a suo posto e con mia grande soddisfazione sentii che era rimasto ben piantato dentro di me per tutta la notte. Tutta soddisfatta, quindi, mi alzai e mi misi a preparare il caffè. Forse l’odore, o forse la voglia, fecero alzare dal letto il mio Ale poco dopo
A: “BUONGIORNO MAMMA”
Sembrava proprio di buonumore per fortuna
R: “BUONGIORNO AMORE. CAFFÈ?”
Anziché rispondermi mi venne dietro e mi alzò la vestaglia
A: “VEDIAMO SE QUA SOTTO È TUTTO A POSTO”
Mi abbassò completamente le mutande, io oramai lo lasciavo fare senza opporre più un minimo di resistenza, né fisica né psicologica. Mi aprì le natiche, che gli rivelarono il dildo che mi aveva costretta ad infilare il giorno prima. Mi esaminò per qualche secondo mentre io me ne stavo immobile come in attesa dell’esito di un importante esame. Capì di avere passato l’esame quando si calò i pantaloni del pigiama, dal quale svettò un cazzo in piena erezione. Riuscii a vederlo solo per un attimo, perché subito mi prese dalla nuca e mi sbattè sul tavolo della cucina. Ero eccitata, ma anche spaventata. Come sempre, mi abbandonai a lui e lo lasciai fare, in fondo mi aveva già dimostrato di sapere sempre quello che mi piaceva davvero, più di quanto lo sapessi io. Mai avrei pensato che nascosta in me ci fosse una puttana del genere, capace persino di godere di tutte quelle umiliazioni, tanto da non poterne più fare a meno.
Ed eccomi qui, nuovamente a pecora sul tavolo, senza avere la minima idea del trattamento che stava per riservarmi, ma sicura che alla fine ne avrei goduto appieno.
Sono quasi totalmente pancia sul tavolo, con le mani ben salde sui bordi pronta a reggere tutti i colpi che arriveranno. Rimango in tremolante attesa dei colpi del mio padrone, finalmente qualcosa mi sfiora le natiche, è caldissimo, questo deve essere indubbiamente la cappella del suo cazzo. Sento che strofina compiendo dei circoli attorno al dildo ficcato in culo e l’adrenalina sale. Anche quell’attesa è una tortura. Vorrei urlargli di scoparmi, ma rimango al mio posto, zitta, ubbidiente e remissiva, in attesa che il mio padrone faccia di me ciò che vuole. Finalmente, sento il giocattolo muoversi, sta tentando di toglierlo con non poche difficoltà, più prova ad estrarlo e più il mio ano lo risucchia dentro, sembra essersi creato il vuoto tra il plug e le pareti dell’intestino, fino a quando lo tira via con forza, per un attimo sento come un vuoto enorme in culo, ma immediatamente dopo lo sento nuovamente riempito da un pezzo di carne molto più grande del precedente in plastica tenuto per quasi 24 ore.
Era dentro… gran parte del suo enorme cazzo era entrato e io non potevo credere che ci fosse riuscito così facilmente e senza il minimo dolore, ma ben presto mi dovetti ricredere quando mi afferrò per i fianchi e cominciò a spingerlo tutto dentro a forza. Quel cazzone d’acciaio si stava facendo strada lentamente ma inesorabilmente tra le mie viscere, sconquassandomele. Finalmente sentii il suo ventre e le sue palle toccarmi sopra e sotto il culo e a quel punto capii che era entrato tutto!
Rimasi così per qualche secondo, il dolore era acuto, ma sentivo che potevo sopportarlo. Ero ancora incredula a come un cazzo del genere fosse riuscito ad entrare laddove non passava neanche uno spillo. Il mio padrone, mi aveva nuovamente dimostrato la sua sapienza ed io adesso dovevo ringraziarlo in qualche modo.
A: “FINALMENTE. FINALMENTE SONO DENTRO E MI SONO PRESO LA TUA VERGINITÀ ANALE. NESSUNO ERA STATO QUI PRIMA DI ME, NEANCHE PAPÀ. IL TUO CULO ADESSO È MIO E SARÀ SOLO MIO PER SEMPRE!”
Spingendo con un colpo ancora più in profondità, dando inizio all’inculata vera e propria.
R: “SÌ, È TUO E SOLO TUO. TI GIURO CHE NON MI FARÒ INCULARE MAI DA NESSUN’ALTRO. E’ TUO, TUTTO DI ME È TUO: SONO UNA TUA PROPRIETÀ!”
Quelle parole, anche se non richieste, lo dovettero eccitare moltissimo. Oramai avevo capito ciò che voleva e come voleva che lo facessi sentire.
Passò subito ai colpi violenti, cominciò ad incularmi senza pietà, man mano che mi inculava sentivo il dolore diminuire per lasciar posto ad un piacere mai provato prima che non aveva nulla a che fare con quello vaginale. Più mi scopava e più mi bagnavo, sentivo l’esigenza di toccarmi e così allungai la mano destra per stimolarmi un po’ il clitoride, ma quando il mio padrone se ne accorse mi afferrò per il polso, poi afferrò anche l’altro e tirò a sé le mie braccia. Ora non mi reggevo più sul tavolo, ero completamente impalata sul suo cazzo sorretta solo dalle braccia. In questa posizione il cazzo entrava ancora di più ed i colpi divennero più veloci, più forti e più intensi. Mi sbatteva talmente forte che le tette mi fuoriuscirono dal reggiseno, cadendo pesanti sul tavolo. Ero sua, il suo strumento di piacere e ne ero contenta.
A: “TI PIACE COME TI INCULO, EH TROIA? TI INFILO ANCHE LE PALLE, PUTTANA!”
Quei suoi insulti, suonavano meravigliosi in quel momento, finalmente stavo capendo la natura di quel comportamento, tutto era finalizzato a massimizzare il piacere. Sentirmi una sua cosa non faceva altro che farmi godere ancora di più ed immagino che per lui valesse lo stesso. In fondo, ci siamo sempre appartenuti, siamo solo passati ad un livello più intimo e profondo.
R: “SI! PIÙ FORTE PADRONE, PIÙ FORTE! INCULA LA TUA PUTTANA!”
Ed un sonoro schiaffo sul culo completò la mia frase, facendomi vedere le stelle.
Non credevo fosse possibile ma, stavo godendo dal culo e sentivo montare un orgasmo vaginale. In qualche modo quel mega cazzo, dal culo riusciva a stimolarmi la vagina e mi stava facendo venire!
Non volli tenermi la cosa per me
R: “ALE, MI STAI FACENDO VENIRE, ODDIO, VENGO! PIÙ FORTE! PIÙ FORTE!!”
A: “SÌ, TE LO SPACCO QUESTO CULO, TROIA! VOGLIO VENIRTI TUTTO IN CULO!”
R: ”SÌ, SBORRAMI DENTRO, SBORRAMI IN CULO, TI PREGO! ODDIO! SÌ!! SÌ!!! USAMI COME SBORRATOIO, VIENIMI IN CULO!”
A: “VENGO PUTTANA, PREPARATI”
Si fermò un attimo, per poi infliggermi un colpo talmente forte che non dimenticherò mai! Me lo sentii sin dentro lo stomaco, ma me lo diede al momento giusto perché godetti da cagna rotta in culo quale ero. Seguì un enorme orgasmo da parte mia, accompagnato da due fortissimi suoi schizzi che riuscì a sentire distintamente dentro le viscere.
Venimmo assieme, che bella sensazione aver soddisfatto il mio padrone in quel modo.
Per un attimo si accasciò teneramente sulla mia schiena mentre io con le gambe tremolanti e l’interno coscia fradicio dei miei umori, ero sorretta dal tavolo. Sentivo il suo respiro pesante sulla mia schiena sudata, mi sentivo utile e brava in qualcosa finalmente.
Quel momento durò poco perché si alzò da me quasi subito, si sfilò il cazzo e all’atto di uscire udii come il botto di una bottiglia di champagne stappata, lasciandomi una sensazione in culo di enorme vuoto.
A: “PULISCIMELO”
Mi girai inginocchiandomi, fortunatamente non era sporco delle mie feci, anche se comunque l’odore era quello, ma tanto, con tutto quello che mi aveva fatto quel cazzo, ormai non avevo più limiti di decenza. Glielo succhiai e leccai con dovizia, volevo essere il suo bidet, ero sua, definitivamente.
Quando fu soddisfatto si staccò, mi diede una tenera carezza, come l’avrebbe data alla sua cagnolina e andò via.
Io mi alzai e mi avviai in bagno camminando come un granchio. Mi aveva letteralmente spaccata in due aprendomi una voragine e lo capii bene quando una volta in bagno mi sedetti sul WC ed espletai tutto ciò che avevo a stento trattenuto nelle ultime 24 ore, senza il minimo sforzo, avevo perso la sensibilità in quella zona per quanto mi aveva sbattuto forte.
Feci una doccia veloce e uscita dal bagno notai la porta della sua stanza aperta. Andai sin davanti la porta, era disteso sul letto con aria sognante, ci guardammo per un attimo e pensai che ormai la discesa nell’abisso fosse completa, cos’altro poteva farmi?
Quanto mi sbagliavo…
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