A spasso con la Padrona
di
zorrogatto
genere
dominazione
««Ma che bel cane…» La guardo e taccio; avevamo appena girato l»angolo e il maltese era lì, accoccolato su uno sgabello.
«Posso accarezzarlo?» chiede, mentre io ho cominciato già a fargli i grattini sulla testa di riccioli bianchi.
«Ti piace il cane???»
La guardo e annuisco, senza capire bene.
«Allora: ti piace, il cane? E' bello, vero??»
Poi capisco: non osavo sperare e quindi ero spiazzato; ma se insiste così, allora forse… Ma no, dai! Non ci credo!!! Ma eppure, quel tono, quell'insistenza, quel modo di guardarmi tenendo la testa leggermente piegata da una parte, una piega beffarda sulle labbra…
Inghiotto saliva, per inumidirmi la gola, diventata secca di colpo: «Sì, mi piace…»
Mi fissa con “quello” sguardo, insiste, mi incalza: «Ti piace davvero? Ti piace MOLTO? E' davvero molto bello, non trovi?»
Ho capito, alla fine e mi arrendo, con timore di sbagliare ed intima gioia: «Sì… Signora!»»
La giornata è bella, la luce pulita, potente.
Sono felice di accompagnare la Signora a conoscere la mia città, così diversa dalla Sua e che riesce ad affascinarLa.
L'ho portata nei luoghi più panoramici, Le ho mostrato le cose che so interessarLa di più, ma oggi, con questa luce, la mia città dà il meglio di sé per far innamorare: riesce quasi a far diventare suggestivo perfino un cassonetto dei rifiuti!
L'ho portata a visitare i palazzi del potere e poi, ad una manciata di passi da lì, una strada fitta di prostitute e Lei mi ha detto, ridendo, che ama questo mix di «sacro & profano».
Per un tacito accordo, durante queste esplorazioni, accetta che io Le dia del «tu» e forse sembriamo una coppia di sereni turisti, sullo stesso piano.
Si ferma a osservare le merci esposte nella miriade di negozi qui, in quella che ricordo -nella remota epoca in cui ero un bambino- fosse «la strada delle compere», nella città vecchia.
«Sai -mi dice, serena- adoro girare così, guardare le vetrine, curiosare senza che nessuno sbuffi, mi dica di andare via…»
Sorrido, contento di vederla così rilassata ed annuisco: non è un grandissimo sacrificio, in fondo e la mia anima cortese è ben lieta di vedere questa donna dinamica perdersi mollemente tra le mille distrazioni che questa mia antica, affascinante, contraddittoria città le sa offrire.
Poco prima le avevo donato un libro, appena uscito, che parlava di un mio illustre concittadino mancato da un anno e avevo avuto il piacere intellettuale di raccontarle l'uomo, le sue parole e le sue gesta per farle capire quanta stima abbia per questa persona che lei aveva forse solo distrattamente sentito citare.
Mentre si diverte a guardare un'altra vetrina, io rifletto furiosamente considerando la nostra attuale posizione e cosa ci possa essere nei paraggi da mostrarle.
E mi viene in mente: «Sai, tra meno di due mesi intitoleranno una piazzetta a quella persona; è qui vicino, in una delle zone dove svolgeva la sua opera: la vuoi vedere?»
E' rilassata, si fida di me, della mia conoscenza della città e si accomoda pigramente come una gatta sulle mie proposte.
Venti metri per arrivare in fondo a quella via, poi l'altra a destra per una trentina di metri e subito un vicoletto a sinistra e dopo poco la piazzetta; declamo -tra l'orgoglioso ed il divertito- cosa ci sarà scritto sulla targa toponomastica e spiego perché proprio quella piazzetta, ricavata dove sorgeva un casamento distrutto dalla guerra, è importante per ricordarlo.
Ho sempre avuto -piccola, innocente mania!- l'idiosincrasia di arrivare in un posto e poi tornare indietro facendo lo stesso percorso; per cui, anche questa volta, anziché ritornare nella via che avevamo a cinquanta metri dietro di noi, proseguiamo per il vicolo e poi svoltiamo da una parte e, all'incrocio successivo, dall'altra.
Giusto dietro l'angolo, il cane, il maltese, sul suo cuscino, in cima ad uno sgabello.
E accanto la sua padrona: una trans di aspetto stupendo: alta, abbronzatissima, lunghi capelli neri, un cardigan scuro sopra a calze di fitta rete color castoro e sandaletti dorati.
La Signora mi chiede, stavolta in modo più esplicito: «Lo vuoi?»
Deglutisco, a disagio: «Se Lei lo vuole, Signora…» Cerco di prendere tempo, di capire quanto la Signora lo voglia davvero.
«Chiamami Padrona, testadicazzo!» mi ringhia, cattiva.
Capisco che ormai ci siamo: o mi tiro indietro -come un cavallo che rifiuta di saltare l'ostacolo- giocandomi ogni possibilità futura, oppure accetto: salto quella fitta siepe senza sapere cosa c'è oltre e… sarà quel che sarà, ma comunque piacevole!
La trans ci fa entrare (un ambiente davvero raffinato, di gusto, che ti dà subito un'impressione di pulito, di accogliente), ma appena oltre la porta si chiarisce con la Signora: «Devo però dire una cosa: io NON vado con le donne!» Ha una bella voce, bassa, senza alcun accento.
La mia Padrona, dietro di me, la rassicura, con un sorriso complice: «Nessun problema, io voglio solo guardare!»
Sally, la trans, si rilassa: la sua intelligenza le ha permesso subito di capire il “gioco” tra me e la Signora e si sintonizza perfettamente, in un istante «Tu, spogliati e mettiti sul letto; svelto, cazzo!»
Mi levo il panciotto «milletasche», in un attimo faccio scattare gli automatici della camicia di jeans, mentre slaccio la cintura, abbasso i jeans, scalcio con discrezione i mocassini e poi capisco che… che non è abbastanza divertente, spogliarmi così in fretta; resto curvo a torso nudo, scalzo, coi jeans che tengo alle ginocchia ed i boxer ancora a posto.
Guardo Sally e, come se fossi molto imbarazzato, chiedo stupidamente: «Ma…. Tuuuutto?»
Sally mi fulmina con un perentorio «Tutto!» e poi si rivolge a entrambi; sembra un po' a disagio mentre dice: «Scusatemi, ma devo toccare un argomento un po'… volgare…»
Delizioso il modo con cui ci ha portato a parlare della sua mercede!
Lei ha indicato la sua richiesta e noi abbiamo subito accettato e “per festeggiare” si è tolta il sandaletto dorato, ha appoggiato il piede inguainato nell'autoreggente sul letto e mi ha ordinato di baciarle i piedi.
Così ho cominciato, sentendo la presenza sprezzante della mia padrona dietro di me, a contemplare divertita il mio estremo umiliarmi davanti ad una “sconosciuta”.
Mi son fermato un istante a contemplarmi “con l'occhio della mente” (come se io fossi una terza persona che mi guardasse!) e lei mi ha dato uno schiaffo; perfetto, lo schiaffo: abbastanza forte da sentirlo, da essere “vero”, ma non così tanto da farmi davvero male!
Sally si è aperta in cardigan ed ho potuto vedere due seni fatti magnificamente -almeno una quarta- ed ho incrociato il suo sguardo. Altro schiaffo. «Non guardarmi mai negli occhi o ti massacro!»
Oddio… Cosa è giusto fare in quella situazione? Guardarla per autorizzarla a darmi (chiederle!) altri schiaffi od obbedire??
Ho deciso di obbedire.
Nel frattempo, aveva preso un flogger col quale mi sferzava la schiena ed il culo.
Poi mi ha detto: «Succhiami i seni» ed io ho obbedito, ma -prigioniero dell'abitudine!- ho anche appena saggiato, molto delicatamente!, il capezzolo con i denti e quello mi ha fruttato un'altra sberla, oltre alla precisazione: «Ti ho detto di succhiarli, coglione, non di morderli! Se lo rifai, ti disfo!»
E, subito dopo, l'ordine imperioso: «Dai segati quel cazzetto ridicolo! Voglio vederti sborrare!» ed io ho obbedito, anche se «lui» era poco collaborativo e faceva fatica ad ergersi, travolto com'ero dalle sensazioni, dalla voglia di rendermi conto e godere mentalmente di tutto…
Poi è stata deliziosamente stronza: mi ha messo due dita sotto il mento e mi ha obbligato ad alzare lo sguardo fino ad incrociare il suo e lo schiaffo che aspettavo è arrivato subito.
«Dai: adesso succhiami per bene il cazzo»
Fino a quel momento pensavo quasi che avesse fatto l'operazione completa, perché sotto il minuscolo perizoma di pizzo nero non intuivo ingombri sospetti, ma quando mi sono avvicinato con la bocca al suo pube ed ho visto… Oddiomio!!!
Solo nelle mie più sfrenate fantasie erotiche, probabilmente avevo immaginato un cazzo del genere! Pur essendo ancora mollo -ma i miei sforzi son riusciti a portarlo in una apprezzabile fase di erezione- l'ho valutato non meno di cinque centimetri di diametro e, nella migliore erezione, doveva essere lungo non meno di venticinque centimetri buoni!
Ero assolutamente affascinato dal quel… mostro col quale stavo devotamente giocando!
La mia padrona, comunque, non si era disinteressata a me: anche lei, come Sally, mi colpiva ogni tanto con una single-tail, giusto per farmi sentire il suo interesse alle mie vicende.
Sally mi ha anche sputato addosso ed ho sentito le goccioline fredde sulla pelle della mia pancia e del petto (Peccato! Avrei trovato più deliziosamente umiliante se me lo avesse fatto sul viso, ma d'altra parte in quei momenti -come diceva quell'antica pubblicità- ero «un uomo che non deve chiedere mai»!)
Quando mi ha sfiorato le natiche con la mano, mi sono mosso in modo che capisse che non mi dispiaceva, ma che anzi ero disponibile ed il suo commento sprezzante è stato: «Ah! Vorresti anche che te lo mettessi nel culo, eh?»
Con la bocca occupata da un così delizioso fardello, non ho potuto far altro che annuire visibilmente più volte.
Continuava ad incitarmi a masturbarmi, a sborrarmi sulla pancia (se avessi sporcato il letto, me ne avrebbe fatto pentire!), ma a quel punto hanno congiurato troppe cose: oltre al fatto che sono… a lenta combustione (anche quando avevo vent'anni, a fare una «sveltina» non ci mettevo mai meno di venti minuti, con grande gioia delle amiche…), mi stavano succedendo troppe, mirabolanti cose -da vedere, sentire, assaporare, memorizzare!- perché riuscissi ad avere la giusta concentrazione mentale per sentire l'onda dell'eiaculazione alzarsi, incresparsi ed infine esplodere in un vortice di spuma, come un cavallone sulla spiaggia; infine, ho pensato che sarebbe stato ancora più deliziosamente umiliante per me il dover dichiarare che non ce la facevo e che mi arrendevo…
Per un attimo, è stato un momento deliziosamente vanilla: Sally ha fatto (o detto?) un qualcosa di amichevole, incoraggiante ed ho percepito sulla guancia accaldata una breve ma struggentemente piacevole carezza dei polpastrelli della mia Padrona.
Tra noi tre, comunque, era scattata una sorta di simpatia e quando, mentre mi rivestivo, Sally mi ha detto: «Dai, la prossima volta che venite te lo metto nel culo», lo ha detto col tono di chi promette un regalo gradito ad un amico, non la minaccia ad uno schiavo: ci siamo tutti scambiati sorrisi complici.
Alla fine, un momento davvero imbarazzante: quando Sally aveva affrontato la «questione volgare», avevo ricordato con quanti soldi fossi uscito di casa ed avevo chiesto alla mia Signora di imprestarmi la differenza; però, tirando fuori il contante, ho subito visto che la cifra era inferiore! Occavolo! Avevo dimenticato di aver pagato in contanti il pranzo ad entrambi!
La mia Padrona aveva anche lei bisogno di rifornirsi di banconote al bancomat, per cui siamo riusciti, con grande imbarazzo, a mettere insieme solo il novanta per cento della cifra pattuita.
Sally, da vera signora, ci ha sorriso e ci ha detto: «Dai, va bene così…», ma non andava bene a me: se quelli erano i patti, dovevo onorarli! Così le ho promesso che appena usciti da lì, avremmo raggiunto un bancomat, avrei ritirato e poi sarei tornato (subito, non prima-o-poi!) a portargli il denaro mancante.
Lei sorrideva e ripeteva magnanima che andava bene così, ma alla fine, ho messo una mano in tasca ed ho trovato -non nel portafogli: mischiata con gli scontrini e le monete per la fretta di un acquisto al volo!- una banconota dell'esatto importo mancante e così ho potuto onorare la mia parte della transazione.
Ci siamo salutati, ripromettendoci di rivederci ed abbiamo lasciato il suo quartierino succhiando le caramelle che ci aveva squisitamente offerto prima che cominciassimo a tirar fuori i soldi.
Fatti pochi passi, proseguendo lungo il vicolo da cui avevamo svoltato incontrando Sally, avevo «il cuore nelle rose» per la piacevolissima esperienza e gonfio di gratitudine; ho detto alla mia Signora, chiamandola per nome come avevo fatto per tutto il giorno: «… Grazie! E' stato bellissimo!»
Lei mi ha guardato con “quello” sguardo -vagamente omicida- e mi ha sibilato, ancora deliziosamente sprezzante. «Grazie??? Se mi vuoi davvero mostrare la tua gratitudine, baciami i piedi!»
Lì??? In mezzo al vicolo? Con altri trans che davanti alle loro porte ci guardano? Con i pur rari passanti? Nella MIA città?
Mi sono inginocchiato e lei mi ha offerto prima il suo piede destro e poi il sinistro per essere debitamente ringraziata.
Il ticchettio di tacchi sottili sul selciato mi ha fatto alzare lo sguardo ed ho visto Sally che si avvicinava con passo regale ed anche lei ha voluto essere ringraziata come la mia Padrona, entrambe molto divertite.
Alla fine, soddisfatte, mi hanno concesso di alzarmi e dopo aver ancora salutato quella deliziosa persona, abbiamo continuato i nostri giri urbani, soffermandoci ogni tanto a ricordare qualche momento od a scambiarci ridendo commenti scherzosi, come due buoni amici.
(Per commenti, zorrogattoge@yahoo.it)
«Posso accarezzarlo?» chiede, mentre io ho cominciato già a fargli i grattini sulla testa di riccioli bianchi.
«Ti piace il cane???»
La guardo e annuisco, senza capire bene.
«Allora: ti piace, il cane? E' bello, vero??»
Poi capisco: non osavo sperare e quindi ero spiazzato; ma se insiste così, allora forse… Ma no, dai! Non ci credo!!! Ma eppure, quel tono, quell'insistenza, quel modo di guardarmi tenendo la testa leggermente piegata da una parte, una piega beffarda sulle labbra…
Inghiotto saliva, per inumidirmi la gola, diventata secca di colpo: «Sì, mi piace…»
Mi fissa con “quello” sguardo, insiste, mi incalza: «Ti piace davvero? Ti piace MOLTO? E' davvero molto bello, non trovi?»
Ho capito, alla fine e mi arrendo, con timore di sbagliare ed intima gioia: «Sì… Signora!»»
La giornata è bella, la luce pulita, potente.
Sono felice di accompagnare la Signora a conoscere la mia città, così diversa dalla Sua e che riesce ad affascinarLa.
L'ho portata nei luoghi più panoramici, Le ho mostrato le cose che so interessarLa di più, ma oggi, con questa luce, la mia città dà il meglio di sé per far innamorare: riesce quasi a far diventare suggestivo perfino un cassonetto dei rifiuti!
L'ho portata a visitare i palazzi del potere e poi, ad una manciata di passi da lì, una strada fitta di prostitute e Lei mi ha detto, ridendo, che ama questo mix di «sacro & profano».
Per un tacito accordo, durante queste esplorazioni, accetta che io Le dia del «tu» e forse sembriamo una coppia di sereni turisti, sullo stesso piano.
Si ferma a osservare le merci esposte nella miriade di negozi qui, in quella che ricordo -nella remota epoca in cui ero un bambino- fosse «la strada delle compere», nella città vecchia.
«Sai -mi dice, serena- adoro girare così, guardare le vetrine, curiosare senza che nessuno sbuffi, mi dica di andare via…»
Sorrido, contento di vederla così rilassata ed annuisco: non è un grandissimo sacrificio, in fondo e la mia anima cortese è ben lieta di vedere questa donna dinamica perdersi mollemente tra le mille distrazioni che questa mia antica, affascinante, contraddittoria città le sa offrire.
Poco prima le avevo donato un libro, appena uscito, che parlava di un mio illustre concittadino mancato da un anno e avevo avuto il piacere intellettuale di raccontarle l'uomo, le sue parole e le sue gesta per farle capire quanta stima abbia per questa persona che lei aveva forse solo distrattamente sentito citare.
Mentre si diverte a guardare un'altra vetrina, io rifletto furiosamente considerando la nostra attuale posizione e cosa ci possa essere nei paraggi da mostrarle.
E mi viene in mente: «Sai, tra meno di due mesi intitoleranno una piazzetta a quella persona; è qui vicino, in una delle zone dove svolgeva la sua opera: la vuoi vedere?»
E' rilassata, si fida di me, della mia conoscenza della città e si accomoda pigramente come una gatta sulle mie proposte.
Venti metri per arrivare in fondo a quella via, poi l'altra a destra per una trentina di metri e subito un vicoletto a sinistra e dopo poco la piazzetta; declamo -tra l'orgoglioso ed il divertito- cosa ci sarà scritto sulla targa toponomastica e spiego perché proprio quella piazzetta, ricavata dove sorgeva un casamento distrutto dalla guerra, è importante per ricordarlo.
Ho sempre avuto -piccola, innocente mania!- l'idiosincrasia di arrivare in un posto e poi tornare indietro facendo lo stesso percorso; per cui, anche questa volta, anziché ritornare nella via che avevamo a cinquanta metri dietro di noi, proseguiamo per il vicolo e poi svoltiamo da una parte e, all'incrocio successivo, dall'altra.
Giusto dietro l'angolo, il cane, il maltese, sul suo cuscino, in cima ad uno sgabello.
E accanto la sua padrona: una trans di aspetto stupendo: alta, abbronzatissima, lunghi capelli neri, un cardigan scuro sopra a calze di fitta rete color castoro e sandaletti dorati.
La Signora mi chiede, stavolta in modo più esplicito: «Lo vuoi?»
Deglutisco, a disagio: «Se Lei lo vuole, Signora…» Cerco di prendere tempo, di capire quanto la Signora lo voglia davvero.
«Chiamami Padrona, testadicazzo!» mi ringhia, cattiva.
Capisco che ormai ci siamo: o mi tiro indietro -come un cavallo che rifiuta di saltare l'ostacolo- giocandomi ogni possibilità futura, oppure accetto: salto quella fitta siepe senza sapere cosa c'è oltre e… sarà quel che sarà, ma comunque piacevole!
La trans ci fa entrare (un ambiente davvero raffinato, di gusto, che ti dà subito un'impressione di pulito, di accogliente), ma appena oltre la porta si chiarisce con la Signora: «Devo però dire una cosa: io NON vado con le donne!» Ha una bella voce, bassa, senza alcun accento.
La mia Padrona, dietro di me, la rassicura, con un sorriso complice: «Nessun problema, io voglio solo guardare!»
Sally, la trans, si rilassa: la sua intelligenza le ha permesso subito di capire il “gioco” tra me e la Signora e si sintonizza perfettamente, in un istante «Tu, spogliati e mettiti sul letto; svelto, cazzo!»
Mi levo il panciotto «milletasche», in un attimo faccio scattare gli automatici della camicia di jeans, mentre slaccio la cintura, abbasso i jeans, scalcio con discrezione i mocassini e poi capisco che… che non è abbastanza divertente, spogliarmi così in fretta; resto curvo a torso nudo, scalzo, coi jeans che tengo alle ginocchia ed i boxer ancora a posto.
Guardo Sally e, come se fossi molto imbarazzato, chiedo stupidamente: «Ma…. Tuuuutto?»
Sally mi fulmina con un perentorio «Tutto!» e poi si rivolge a entrambi; sembra un po' a disagio mentre dice: «Scusatemi, ma devo toccare un argomento un po'… volgare…»
Delizioso il modo con cui ci ha portato a parlare della sua mercede!
Lei ha indicato la sua richiesta e noi abbiamo subito accettato e “per festeggiare” si è tolta il sandaletto dorato, ha appoggiato il piede inguainato nell'autoreggente sul letto e mi ha ordinato di baciarle i piedi.
Così ho cominciato, sentendo la presenza sprezzante della mia padrona dietro di me, a contemplare divertita il mio estremo umiliarmi davanti ad una “sconosciuta”.
Mi son fermato un istante a contemplarmi “con l'occhio della mente” (come se io fossi una terza persona che mi guardasse!) e lei mi ha dato uno schiaffo; perfetto, lo schiaffo: abbastanza forte da sentirlo, da essere “vero”, ma non così tanto da farmi davvero male!
Sally si è aperta in cardigan ed ho potuto vedere due seni fatti magnificamente -almeno una quarta- ed ho incrociato il suo sguardo. Altro schiaffo. «Non guardarmi mai negli occhi o ti massacro!»
Oddio… Cosa è giusto fare in quella situazione? Guardarla per autorizzarla a darmi (chiederle!) altri schiaffi od obbedire??
Ho deciso di obbedire.
Nel frattempo, aveva preso un flogger col quale mi sferzava la schiena ed il culo.
Poi mi ha detto: «Succhiami i seni» ed io ho obbedito, ma -prigioniero dell'abitudine!- ho anche appena saggiato, molto delicatamente!, il capezzolo con i denti e quello mi ha fruttato un'altra sberla, oltre alla precisazione: «Ti ho detto di succhiarli, coglione, non di morderli! Se lo rifai, ti disfo!»
E, subito dopo, l'ordine imperioso: «Dai segati quel cazzetto ridicolo! Voglio vederti sborrare!» ed io ho obbedito, anche se «lui» era poco collaborativo e faceva fatica ad ergersi, travolto com'ero dalle sensazioni, dalla voglia di rendermi conto e godere mentalmente di tutto…
Poi è stata deliziosamente stronza: mi ha messo due dita sotto il mento e mi ha obbligato ad alzare lo sguardo fino ad incrociare il suo e lo schiaffo che aspettavo è arrivato subito.
«Dai: adesso succhiami per bene il cazzo»
Fino a quel momento pensavo quasi che avesse fatto l'operazione completa, perché sotto il minuscolo perizoma di pizzo nero non intuivo ingombri sospetti, ma quando mi sono avvicinato con la bocca al suo pube ed ho visto… Oddiomio!!!
Solo nelle mie più sfrenate fantasie erotiche, probabilmente avevo immaginato un cazzo del genere! Pur essendo ancora mollo -ma i miei sforzi son riusciti a portarlo in una apprezzabile fase di erezione- l'ho valutato non meno di cinque centimetri di diametro e, nella migliore erezione, doveva essere lungo non meno di venticinque centimetri buoni!
Ero assolutamente affascinato dal quel… mostro col quale stavo devotamente giocando!
La mia padrona, comunque, non si era disinteressata a me: anche lei, come Sally, mi colpiva ogni tanto con una single-tail, giusto per farmi sentire il suo interesse alle mie vicende.
Sally mi ha anche sputato addosso ed ho sentito le goccioline fredde sulla pelle della mia pancia e del petto (Peccato! Avrei trovato più deliziosamente umiliante se me lo avesse fatto sul viso, ma d'altra parte in quei momenti -come diceva quell'antica pubblicità- ero «un uomo che non deve chiedere mai»!)
Quando mi ha sfiorato le natiche con la mano, mi sono mosso in modo che capisse che non mi dispiaceva, ma che anzi ero disponibile ed il suo commento sprezzante è stato: «Ah! Vorresti anche che te lo mettessi nel culo, eh?»
Con la bocca occupata da un così delizioso fardello, non ho potuto far altro che annuire visibilmente più volte.
Continuava ad incitarmi a masturbarmi, a sborrarmi sulla pancia (se avessi sporcato il letto, me ne avrebbe fatto pentire!), ma a quel punto hanno congiurato troppe cose: oltre al fatto che sono… a lenta combustione (anche quando avevo vent'anni, a fare una «sveltina» non ci mettevo mai meno di venti minuti, con grande gioia delle amiche…), mi stavano succedendo troppe, mirabolanti cose -da vedere, sentire, assaporare, memorizzare!- perché riuscissi ad avere la giusta concentrazione mentale per sentire l'onda dell'eiaculazione alzarsi, incresparsi ed infine esplodere in un vortice di spuma, come un cavallone sulla spiaggia; infine, ho pensato che sarebbe stato ancora più deliziosamente umiliante per me il dover dichiarare che non ce la facevo e che mi arrendevo…
Per un attimo, è stato un momento deliziosamente vanilla: Sally ha fatto (o detto?) un qualcosa di amichevole, incoraggiante ed ho percepito sulla guancia accaldata una breve ma struggentemente piacevole carezza dei polpastrelli della mia Padrona.
Tra noi tre, comunque, era scattata una sorta di simpatia e quando, mentre mi rivestivo, Sally mi ha detto: «Dai, la prossima volta che venite te lo metto nel culo», lo ha detto col tono di chi promette un regalo gradito ad un amico, non la minaccia ad uno schiavo: ci siamo tutti scambiati sorrisi complici.
Alla fine, un momento davvero imbarazzante: quando Sally aveva affrontato la «questione volgare», avevo ricordato con quanti soldi fossi uscito di casa ed avevo chiesto alla mia Signora di imprestarmi la differenza; però, tirando fuori il contante, ho subito visto che la cifra era inferiore! Occavolo! Avevo dimenticato di aver pagato in contanti il pranzo ad entrambi!
La mia Padrona aveva anche lei bisogno di rifornirsi di banconote al bancomat, per cui siamo riusciti, con grande imbarazzo, a mettere insieme solo il novanta per cento della cifra pattuita.
Sally, da vera signora, ci ha sorriso e ci ha detto: «Dai, va bene così…», ma non andava bene a me: se quelli erano i patti, dovevo onorarli! Così le ho promesso che appena usciti da lì, avremmo raggiunto un bancomat, avrei ritirato e poi sarei tornato (subito, non prima-o-poi!) a portargli il denaro mancante.
Lei sorrideva e ripeteva magnanima che andava bene così, ma alla fine, ho messo una mano in tasca ed ho trovato -non nel portafogli: mischiata con gli scontrini e le monete per la fretta di un acquisto al volo!- una banconota dell'esatto importo mancante e così ho potuto onorare la mia parte della transazione.
Ci siamo salutati, ripromettendoci di rivederci ed abbiamo lasciato il suo quartierino succhiando le caramelle che ci aveva squisitamente offerto prima che cominciassimo a tirar fuori i soldi.
Fatti pochi passi, proseguendo lungo il vicolo da cui avevamo svoltato incontrando Sally, avevo «il cuore nelle rose» per la piacevolissima esperienza e gonfio di gratitudine; ho detto alla mia Signora, chiamandola per nome come avevo fatto per tutto il giorno: «… Grazie! E' stato bellissimo!»
Lei mi ha guardato con “quello” sguardo -vagamente omicida- e mi ha sibilato, ancora deliziosamente sprezzante. «Grazie??? Se mi vuoi davvero mostrare la tua gratitudine, baciami i piedi!»
Lì??? In mezzo al vicolo? Con altri trans che davanti alle loro porte ci guardano? Con i pur rari passanti? Nella MIA città?
Mi sono inginocchiato e lei mi ha offerto prima il suo piede destro e poi il sinistro per essere debitamente ringraziata.
Il ticchettio di tacchi sottili sul selciato mi ha fatto alzare lo sguardo ed ho visto Sally che si avvicinava con passo regale ed anche lei ha voluto essere ringraziata come la mia Padrona, entrambe molto divertite.
Alla fine, soddisfatte, mi hanno concesso di alzarmi e dopo aver ancora salutato quella deliziosa persona, abbiamo continuato i nostri giri urbani, soffermandoci ogni tanto a ricordare qualche momento od a scambiarci ridendo commenti scherzosi, come due buoni amici.
(Per commenti, zorrogattoge@yahoo.it)
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