Carpe diem
di
Eva.me
genere
saffico
Provo a cimentarmi in questa sfida sperando di non risultare illeggibile! Chiedo scusa in anticipo se ciò che offrirò alla vostra lettura non sarà all’altezza dei molti autori dei quali leggo i contributi.
Mi chiamo Eva, ho 28 anni, vivo e lavoro in terra friulana, da sempre sono divisa tra l’amore per il mare e la montagna.
Quello che mi accingo a raccontare è un episodio accaduto lo scorso anno, quando la pandemia era solo ai suoi esordi e tutti ci si arrabattava per capire cosa sarebbe successo e come il nostro modo di vivere sarebbe cambiato.
Ancora non c’erano le norme di comportamento che di lì a poco avrebbero condizionato il nostro modio di relazionarci con gli altri e quel giorno, una domenica di aprile tipicamente primaverile, mi ero ritrovata in compagnia dei soliti amici per un pranzo all’insegna della spensieratezza e del buon cibo.
Indecisa su cosa indossare, alla fine avevo scelto un paio di jeans con delle comodissime Sneakers New Balance, una canotta nera elasticizzata (indossata senza reggiseno, anche perché non sono particolarmente prosperosa) e un giubbino primaverile nel caso servisse. Devo dire che gli outfit erano assai eterogenei ma, tutto sommato, non ero fuori contesto.
Tra di noi vi erano facce nuove, in particolare un ragazzo, Paolo, molto simpatico era riuscito a coinvolgere le attenzioni di tutti, raccontando aneddoti che in breve avevano rallegrato la comitiva.
Nei suoi monologhi, salutando una ragazza che era arrivata un tantino dopo, le si era avvicinato ma, rammentando a tutti che era consigliabile restare a distanza, aveva detto che in alternativa al classico baciamano (nemmeno sapevo che fosse ancora in voga) ci si sarebbe dovuti orientare al baciapiede. Tutti ridemmo alla battuta ma la ragazza (Elena), senza pensarci un attimo aveva sollevato una gamba porgendo a Paolo il suo piede sinistro al quale calzava un sandalo semiaperto. Senza scomporsi, Paolo aveva appoggiato un ginocchio a terra ed aveva baciato quel piede, gesto che era stato accompagnato dall’applauso divertito di tutti noi.
Il gesto in sé era stato burlesco e simpatico ma io, in quel preciso momento, vedendo quella scena, inaspettatamente mi ero trovata ad immaginarmi al posto di Paolo. Non sono mai stata una feticista, il mio modo di vedere la sfera sessuale, seppur io sia bisessuale, era sempre stato pacato, senza troppe variazioni sul tema ma, nonostante questo, la scena mi aveva davvero colpita.
Tornammo alle chiacchiere tra di noi ma, di tanto in tanto, il mio sguardo cadeva su Elena e, inutile dirlo, sui suoi piedi: osservavo le sue caviglie sottili, i tratti di pelle lasciati scoperti dai sandali e le punte delle dita che facevano capolino, evidenziando lo smalto nero. Subito mi riscuotevo e mi guardavo attorno per capire se qualcuno mi avesse “beccata”. Tutto sembrava tranquillo e quindi cercai di tornare in me chiacchierando con gli altri.
A pranzo concluso mi offrii di dare una mano per sistemare la cucina e mentre ero intenta ad asciugare le stoviglie anche Elena fece il suo ingresso in cucina e si mise ad aiutarmi.
Non la conoscevo molto bene, sapevo che era stata la ragazza dell’amico padrone di casa, ma non c’era mai stata davvero un’occasione per parlare. Innegabilmente molto bella, aveva un corpo simile al mio, abbastanza alta e snella, con uno sguardo dolce ma allo stesso tempo curioso.
Dopo qualche chiacchiera, inaspettatamente Elena disse: “ho visto che mi guardavi… ti piacciono i miei saldali o…”. In quel momento credo di aver aver assunto tutti i colori dell’arcobaleno, dal bianco al bordeaux. Cavolo, ero stata beccata e proprio da lei! Balbettai qualche idiozia riferita ai suoi sandali ma dal suo sorriso capii che non ero risultata convincente. “Vuoi baciarli anche tu?”. Restai di sasso. Il suo essere esplicita, se da un lato mi aveva colto di sorpresa, dall’altro aveva generato in me un’ondata di puro desiderio che mi spine, quasi senza rendermene conto a pronunciare un semplice “Si”.
Elena, con un sorriso seducente, mi prese per mano, guidandomi verso una piccola stanza al piano di sopra. Evidentemente conosceva bene la casa. La camera era poco arredata, un grande letto accostato alla parete, un semplice comodino e una sedia. Nulla più. Dalla finestra aperta sentivo le vivaci chiacchiere degli amici ignari di quello che stava succedendo. Io ero immobile, Elena si era seduta sul letto e si stava sfilando i sandali. Una parte di me avrebbe voluto prendere la porta e scappare, un’altra invece desiderava percorrere quella strada, senza sapere dove mi avrebbe portato. Elena, accompagnando le parole con un gesto della mano mi invitava ad avvicinarmi a lei e quando le fui vicina la vidi alzare una gamba, fasciata da dei pantaloni alla caviglia neri, e mettermi un suo piede nudo all’altezza del mio seno. Ero come intontita e accolsi il suo piede tra le mie mani ed avanzando di mezzo passo lo posai sul mio seno. Vidi Elena sorridere e sentii l’altro suo piede insinuarsi sotto la mia canotta, sollevandola verso l’alto sino a sentire le sue dita sul mio capezzolo destro. Fu come essere attraversata da una scarica elettrica. I miei capezzoli sembravano voler esplodere al contatto e mi morsi il labbro inferiore. Mi portai il suo piede alle labbra e lo baciai, dolcemente, perdendomi negli o occhi di Elena. La vidi slacciarsi i pantaloni e senza pensarci un attimo la aiutai a sfilarli ed a sfilare il suo intimo che celava un fiore stupendo lucido della sua rugiada.
Dopo un ultimo bacio al suo piede mi accoccolai tra le sue gambe, inebriata da suo profumo e desiderosa di dissetarmi del suo nettare. Iniziai a percorrerla con la lingua mentre le sue mani tra i miei capelli mi incoraggiavano a leccarla con maggiore foga. Lo feci, senza pensare ad altro che a donarle piacere. Leccai, baciai e succhiai sino a sentirla ansimare, vedere la sua schiena arcuarsi, il suo corpo fremere e la mia bocca accogliere il suo splendido orgasmo. Purtroppo in quel momento sentimmo gridare i nostri nomi e non potemmo fare altro che ricomporsi per tornare dagli amici, ma non prima che Elena mi dicesse “quando vuoi baciarmi ancora…. Chiamami”
Mi chiamo Eva, ho 28 anni, vivo e lavoro in terra friulana, da sempre sono divisa tra l’amore per il mare e la montagna.
Quello che mi accingo a raccontare è un episodio accaduto lo scorso anno, quando la pandemia era solo ai suoi esordi e tutti ci si arrabattava per capire cosa sarebbe successo e come il nostro modo di vivere sarebbe cambiato.
Ancora non c’erano le norme di comportamento che di lì a poco avrebbero condizionato il nostro modio di relazionarci con gli altri e quel giorno, una domenica di aprile tipicamente primaverile, mi ero ritrovata in compagnia dei soliti amici per un pranzo all’insegna della spensieratezza e del buon cibo.
Indecisa su cosa indossare, alla fine avevo scelto un paio di jeans con delle comodissime Sneakers New Balance, una canotta nera elasticizzata (indossata senza reggiseno, anche perché non sono particolarmente prosperosa) e un giubbino primaverile nel caso servisse. Devo dire che gli outfit erano assai eterogenei ma, tutto sommato, non ero fuori contesto.
Tra di noi vi erano facce nuove, in particolare un ragazzo, Paolo, molto simpatico era riuscito a coinvolgere le attenzioni di tutti, raccontando aneddoti che in breve avevano rallegrato la comitiva.
Nei suoi monologhi, salutando una ragazza che era arrivata un tantino dopo, le si era avvicinato ma, rammentando a tutti che era consigliabile restare a distanza, aveva detto che in alternativa al classico baciamano (nemmeno sapevo che fosse ancora in voga) ci si sarebbe dovuti orientare al baciapiede. Tutti ridemmo alla battuta ma la ragazza (Elena), senza pensarci un attimo aveva sollevato una gamba porgendo a Paolo il suo piede sinistro al quale calzava un sandalo semiaperto. Senza scomporsi, Paolo aveva appoggiato un ginocchio a terra ed aveva baciato quel piede, gesto che era stato accompagnato dall’applauso divertito di tutti noi.
Il gesto in sé era stato burlesco e simpatico ma io, in quel preciso momento, vedendo quella scena, inaspettatamente mi ero trovata ad immaginarmi al posto di Paolo. Non sono mai stata una feticista, il mio modo di vedere la sfera sessuale, seppur io sia bisessuale, era sempre stato pacato, senza troppe variazioni sul tema ma, nonostante questo, la scena mi aveva davvero colpita.
Tornammo alle chiacchiere tra di noi ma, di tanto in tanto, il mio sguardo cadeva su Elena e, inutile dirlo, sui suoi piedi: osservavo le sue caviglie sottili, i tratti di pelle lasciati scoperti dai sandali e le punte delle dita che facevano capolino, evidenziando lo smalto nero. Subito mi riscuotevo e mi guardavo attorno per capire se qualcuno mi avesse “beccata”. Tutto sembrava tranquillo e quindi cercai di tornare in me chiacchierando con gli altri.
A pranzo concluso mi offrii di dare una mano per sistemare la cucina e mentre ero intenta ad asciugare le stoviglie anche Elena fece il suo ingresso in cucina e si mise ad aiutarmi.
Non la conoscevo molto bene, sapevo che era stata la ragazza dell’amico padrone di casa, ma non c’era mai stata davvero un’occasione per parlare. Innegabilmente molto bella, aveva un corpo simile al mio, abbastanza alta e snella, con uno sguardo dolce ma allo stesso tempo curioso.
Dopo qualche chiacchiera, inaspettatamente Elena disse: “ho visto che mi guardavi… ti piacciono i miei saldali o…”. In quel momento credo di aver aver assunto tutti i colori dell’arcobaleno, dal bianco al bordeaux. Cavolo, ero stata beccata e proprio da lei! Balbettai qualche idiozia riferita ai suoi sandali ma dal suo sorriso capii che non ero risultata convincente. “Vuoi baciarli anche tu?”. Restai di sasso. Il suo essere esplicita, se da un lato mi aveva colto di sorpresa, dall’altro aveva generato in me un’ondata di puro desiderio che mi spine, quasi senza rendermene conto a pronunciare un semplice “Si”.
Elena, con un sorriso seducente, mi prese per mano, guidandomi verso una piccola stanza al piano di sopra. Evidentemente conosceva bene la casa. La camera era poco arredata, un grande letto accostato alla parete, un semplice comodino e una sedia. Nulla più. Dalla finestra aperta sentivo le vivaci chiacchiere degli amici ignari di quello che stava succedendo. Io ero immobile, Elena si era seduta sul letto e si stava sfilando i sandali. Una parte di me avrebbe voluto prendere la porta e scappare, un’altra invece desiderava percorrere quella strada, senza sapere dove mi avrebbe portato. Elena, accompagnando le parole con un gesto della mano mi invitava ad avvicinarmi a lei e quando le fui vicina la vidi alzare una gamba, fasciata da dei pantaloni alla caviglia neri, e mettermi un suo piede nudo all’altezza del mio seno. Ero come intontita e accolsi il suo piede tra le mie mani ed avanzando di mezzo passo lo posai sul mio seno. Vidi Elena sorridere e sentii l’altro suo piede insinuarsi sotto la mia canotta, sollevandola verso l’alto sino a sentire le sue dita sul mio capezzolo destro. Fu come essere attraversata da una scarica elettrica. I miei capezzoli sembravano voler esplodere al contatto e mi morsi il labbro inferiore. Mi portai il suo piede alle labbra e lo baciai, dolcemente, perdendomi negli o occhi di Elena. La vidi slacciarsi i pantaloni e senza pensarci un attimo la aiutai a sfilarli ed a sfilare il suo intimo che celava un fiore stupendo lucido della sua rugiada.
Dopo un ultimo bacio al suo piede mi accoccolai tra le sue gambe, inebriata da suo profumo e desiderosa di dissetarmi del suo nettare. Iniziai a percorrerla con la lingua mentre le sue mani tra i miei capelli mi incoraggiavano a leccarla con maggiore foga. Lo feci, senza pensare ad altro che a donarle piacere. Leccai, baciai e succhiai sino a sentirla ansimare, vedere la sua schiena arcuarsi, il suo corpo fremere e la mia bocca accogliere il suo splendido orgasmo. Purtroppo in quel momento sentimmo gridare i nostri nomi e non potemmo fare altro che ricomporsi per tornare dagli amici, ma non prima che Elena mi dicesse “quando vuoi baciarmi ancora…. Chiamami”
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