30 anni dopo
di
Matty73
genere
incesti
30 anni dopo.
Ho sedici anni, mi piace dormire, soprattutto quando devo andare a scuola. Anche perché devo alzarmi alle 6, prendere un metropolitana e un autobus super affollati per arrivare alla periferia Nord di Roma. Una calca di gente sudata, con l'alito pesante, lagnosa, prepotente che ti pianta un gomito nelle costole alla ricerca di uno spazio impossibile da trovare. Leggere è quasi impossibile, gli smartphone non li hanno ancora inventati e l'unico passatempo è leggere l'elenco delle fermate. Poi ci si stupisce per l'abbandono scolastico.
Ogni sacrosanta mattina, mia madre entra nella stanza, si siede sul bordo sinistro del letto e mi sveglia. Mi accarezza i capelli e mi riempie di il viso di baci. Che palle!
"E dai ma'!" - esclamo ogni volta. La scanso a forza e mi giro dall'altra parte.
Sempre uguale, tutte le mattine. Per tutto l'anno scolastico. Insopportabile e appiccicosa.
La prima variazione sul tema avviene a fine maggio. Fa caldo ed io, che comunque al massimo dormo in slip e maglietta, rimango solo con i slip e un lenzuolino.
"Non hai freddo cucciolo?"
"No ma', sto bene".
Niente, deve rompere i coglioni comunque, penso. La mattina dopo, come sempre, mia madre viene a svegliarmi. La sento entrare, sospiro esasperato.
"Ora ricominicia!" - penso imprecando.
Si siede, si china su di me e inizia la solita solfa melensa.
"Amore di mamma, cucciolo" e via di questo passo; la mano, però, non accarezza piú solo la testa. Già, si sposta e scende sul collo e, visto che ero supino, sul petto.
"Cristo, ma perché non la pianta?" - penso piú infastidito che mai. Niente, continua ad accarezzarmi il petto e a darmi baci sul viso. Mi giro, la scanso e mi alzo.
La cosa continua, da un lato un sedicenne insofferente, dall'altro una giovane madre convinta che il figlio rimanga per sempre quel bebè che ha messo al mondo qualche anno prima.
Poi, la seconda variazione sul tema, i baci. Prima mi baciava sulla fronte, cosa che ho sempre detestato, ma ora inizia a scendere sul collo.
"???" - la mia sensazione è questa, una serie di punti interrogativi.
"Che stai a fa', ma?"
Le variazioni aumentano, i baci passano dal collo alle orecchie, anzi, ai lobi dell'orecchio. Le carezze passano all'addome, ai fianchi e alle cosce. Qualcosa non mi torna, la sensazione di fastidio non c'è più, sostituita molto lentamente da uno strano e stordente piacere. Ora, mia madre è una bella donna, mora, capelli lunghi e mossi, denti bianchissimi e una bella quarta di seno. Ma soprattutto, cosa che molte mamme non capiscono, è una donna.
Inizio ad aspettare, tutte le mattine, il suo arrivo. Lei si siede, si china su di me ed inizia la tiritera mattutina, ecco arrivare i baci sul viso, collo e orecchie. Ecco le carezze sul petto, sulle cosce e sull'addome. Non la scanso piú, il cuore inizia a battere velocemente, sudo, ho il fiato corto. Mi rendo conto di avere un'erezione tremenda, il cazzo mi fa male, le palle anche.
"Cazzo, ma è mia madre!" - penso sconvolto.
Nonostante il mio cazzo sia ben visibile sotto gli slip, lei continua imperterrita a far scorrere la sua mano, liscia, morbida e amabilmente fresca lungo il mio addome sudato.
"Cazzo, cazzo, cazzo" - penso nervoso.
Sposta i baci, passa dietro al lobo dell'orecchio.
"Ehi, ehi, ehiii! Che è sta cosa?!"
Mi piace, Cristo, i baci dietro i lobi mi fanno impazzire, una vampata di calore investe la punta del mio membro.
"Cazzo fai, ma'?" - lo penso, ma non oso dirlo.
Passano 7-8 minuti di questa deliziosa tortura e mamma se ne va.
"Sveglia dormiglione!"
Rimango steso nel letto, esausto, sudato, con la punta del cazzo dolorante.
La calca mattutina, nauseabonda e frenetica come al solito, contribuisce a sciacquarmi le idee. Torno a casa nel tardo pomeriggio, dopo l'orario di lezione mi fermo spesso a scuola nella sede del collettivo scolastico. Lo stranimento mattutino non mi tange, sono troppo impegnato nell'organizzare un'assemblea studentesca per il ripristino dell'ascensore che porta ai laboratori di informatica. Uno studente con disabilità, infatti, deve essere portato a braccia per quattro piani, a causa dei malfunzionamenti dell'ascensore.
Tutto bene, ceniamo, mio padre, mia madre e mia sorella Roberta. Film in tv, due chiacchiere con Roberta la sera e poi in camera mia. Cuffiette, Litfiba al massimo, un fumetto e sono a posto.
Mattina.
Sento un tepore dietro l'orecchio, un dolcissimo calore e due labbra morbide che mi baciano dietro il lobo.
Oddio, non l'ho sentita entrare, questa volta. È china su di me, il suo seno tondo e sodo mi preme sul lato sinistro del petto, la mano sinistra, su cui percepisco il freddo metallo della fede nuziale, mi accarezza lentamente l'addome.
"E no, di nuovo!" - penso.
Eccola, l'erezione dolorosa e incontrollabile. Sono malato, mia madre mi eccita. Evidentemente sono malato.
"Cazzooooooo!" - urlo dentro di me.
Ma sti cazzi! Chi se ne frega, per chi non è romano. Mi piace, diavolo se mi piace. È una sensazione dolcissima, calda e tenera. I suoi baci sono un concentrato di amore e tenerezza, lo sento. Lo so. La sua mano, bella tra l'altro, mia madre ha delle mani bellissime, con le unghie sempre smaltate di rosso, è delicata come una leggerissima piuma. Scorre sul mio corpo, dal petto all'addome, ai fianchi, con una una delicatezza sublime.
"Mio padre è una testa di cazzo!" - penso.
I miei erano in via di separazione. Come puoi separarti da una donna che ti fa le coccole cosí? Forse a lui non le fa, non lo so.
"Svegliati, dormiglione!" - mi dice. Fine della dolce tortura.
Va avanti per giorni, settimane, mesi. Ormai anelo quei benedetti minuti mattutini, aspetto i suoi baci dolci, le sue carezze morbidissime. A volte mi accarezza con le sue impeccabili unghie.
"Dio, dio, dio" - fingo di dormire, cercando di prolungare il piú possibile la tortura mattutina. Si può amare la tortura? Si, certo. Se la tortura si chiama Marisa, ha 41 anni, ha una quarta di seno, mani delicate e bocca calda e morbida.
Mesi, troppi, non posso resistere ancora. Mi sveglio regolarmente 20 minuti prima e aspetto con ansia l'arrivo di mamma.
Stavolta lei indugia un po' di piú in quei maledetti, maledettissimi bacio dietro il lobi. Non sono 7-8 minuti, lo so. Ho l'orologio sul comodino. Mia madre indugia su di me per quasi 20 minuti. Il suo seno caldo spinge su di me, la sua mano passa, lentamente ma inesorabilmente, ad un centimetro dal mio pene, eretto in maniera oscena.
Sento l'elastico degli slip appena sotto il glande.
"Cristo, ho il cazzo fuori dalle mutande!" - penso disperato.
"Prendimelo, prendimelo, prendilo e fammi un pompino!" - ho gli ormoni a mille.
"Perché mi fai questo? Finisci quello che hai iniziato! Baciami, fammi godere!"
Come sempre, lo penso ma non lo dico.
Mi bacia sull'orecchio, sento il suo alito caldo e profumato. Le sue labbra morbide rimangono appoggiate su di me, le sue unghie grattano la mia pancia, dove i peli si fanno piú densi e il cazzo arriva quando è eretto.
Sento i seni, i capezzoli sotto il reggiseno.
Un calore inconfondibile mi pervade, tremo, inzio ad ansimare.
"Ora si ferma" - spero. No, non è vero. Spero che non lo faccia.
"Cazzo, non si fermaaaa!" - urlo nella mia testa.
Il cazzo si contrae oscenamente, mamma continua a baciarmi, sento il lobo catturato dalle sue labbra calde, la mano si muove da un fianco all'altro, sempre piú calda e intensa. Le unghie! Le unghie!
"Oddio, si, si, siiiii..."
Vengo. Un orgasmo intenso e meraviglioso, dolce e prolungato come le sue carezze, come i suoi baci.
Lo sperma mi schizza sulla pancia, bollente, tutto nello stesso punto. Il mio cazzo, ormai ben fuori dagli slip, è bloccato dall'elastico.
Ho il cuore a mille.
"Dio santo che dolce meraviglia! Ora posso anche morire".
Sto da dio, il cazzo pulsa e si contrae, spingendo prima sugli slip, poi sulla pancia. Ancora pulsa. Slip, pancia, pancia, slip.
Schizzo la sborra delle prossime cento seghe adolescenziali. Mi cola lungo il fianco sinistro, sporcando il materasso.
"Sveglia dormiglione!" - la voce cristallina di mamma mi sorprende.
Esce. Apro gli occhi e mi guardo, il cazzo fuori per quasi metà dagli slip, il glande rosso, un lago di sperma vicino alla punta. Il lenzuolo bagnato dal rivolo di sperma che scendeva sul mio lato sinistro.
"Cazzo, che meraviglia!"
Sono le 17,30. Passo all'emporio prima di tornare da scuola. Devo comprare una sveglia, non posso più subire questa tortura incestuosa.
"Porca troia, ho sborrato mentre mia madre mi baciava e carezzava. Mi ha visto, l'ho sicuramente sporcata, aveva la mano che quasi strusciava il glande. Non mi dice niente, perché. Perché non mi ha fatto sta benedetta sega? Aveva la mano lí.
Cioè, praticamente me l'ha fatta, mi ha accarezzato ad un soffio dal cazzo finché non ho schizzato litri di sperma. Mi baciava i lobi, mi alitava nell'orecchio. Un pompino, sarebbe stato il paradiso realizzato. Fanculo."
Compro la sveglia.
"Ma', domani non mi svegliare, ho comprato una sveglia".
Dodici anni dopo.
Viviamo insieme, mamma. Ancora per poco, devo finire di sistemare la casa nuova. Il lavoro da precario di call center non mi ha permesso di andarmene prima.
Torno a casa dal lavoro. 28 anni io, 53 tu. Sei sempre un bella donna. Ti sei separata e abiti nella periferia Est di Roma. Dopo uno scontro con papà, lascio la casa natale e mi trasferisco da te. Ho tre relazioni contemporaneamente, tre giovani donne, tutte more.
Si conoscono, sanno l'una dell'altra e sparlano di me quando non ci sono. Non sono un playboy, sono la preda spartita tra le leonesse. Una bella morte, devo dire. A parte la confusione di nomi, per cui Stefania diventava Simona dopo un scopata furiosa. Nessuna si è mai arrabbiata. Elena, dopo il sesso, si messaggia con Simona per gli ultimi aggiornamenti. Una faticata, è durata poco.
Torno a casa.
"Ciao ma'."
"Ciao cucciolo"
Mi abbracci, sento la spinta indimenticata dei tuoi seni, tondi e sodi come dodici anni prima, sul mio petto.
"Ehi, che seno! Che misura porti?"
La butto lí, senza alcun secondo fine, è passato troppo tempo e quello che rimane del miglior orgasmo della mia vita è seppellito in un cassetto della mia mente.
Ti siedi sul divano, indossi un maglione bianco con un largo collo ripiegato.
"Una quarta."
Mi guardi, porti la mano al collo del maglione e lo abbassi. Mi guardi. Ti guardo. Intravedo il solco tra i seni.
Non oso, oso, non oso.
Oso.
"Posso?"
Mi trema la voce.
"Certo tesoro".
Cristo, mi prende un mezzo infarto. Ti rendi conto, mi hai di fatto chiesto di toccarti il seno!
Avvicino la mano, timoroso, trema.
La infilo nel collo del maglione, sento la tua pelle calda. Mi guardi fisso negli occhi, io abbasso lo sguardo, voglio sbirciare in quello scollo paradisiaco.
La mano si poggia sul seno sinistro, infilo le dita dentro il reggiseno, scorro fino ad avere tutta la coppa in mano. Calda, soda, grande. Il capezzolo, duro, sbatte sul mio palmo.
Che posso dire? Una sensazione impareggiabile. Ti accarezzo il seno piano, palpo ogni centimetro di quella morbida collina. Con due dita sento il capezzolo. Strizzi gli occhi, ti piace?
Restiamo a chiacchierare di banalità per molti minuti. Sono in estasi, palpeggiare la propria formosa madre è una delle fantasie piú perverse, ma diffuse.
Passo all'altro seno.
"Posso?" - chiedo ancora.
"Si" - mi rispondi senza levarmi gli occhi di dosso.
Ora ho entrambi i seni nelle mie mani, li carezzo, li stringo, stuzzico i capezzoli. Il mio cazzo vuole esplodere.
"Fatti guardare" - chiedo.
"No." - rispondi e mi fai sfilare le mani da quel patrimonio dell'umanità che è il tuo seno.
Finisce lí. Cosí, senza motivo come era iniziata.
"Cazzo, funziona al contrario. Toccare e non guardare!"
Fanculo.
Ventuno anni dopo.
49 anni io, 74 tu.
"Mamma, sei a casa?"
"Si, tesoro"
"Passo a trovarti."
"Va bene cucciolo, ti preparo un caffè."
Dobbiamo parlare mamma.
Mi hai torturato per mesi la mattina, fino a farmi sborrare mentre mi carezzavi.
Mi hai invitato a toccarti il seno, il tuo maestoso seno, regalandomi la piú bella trasgressione della mia vita, per poi spegnere ogni speranza.
Basta, ci ho messo 30 anni per prendere coraggio. Ho dovuto confidarmi con Eleonora, la mia amichetta di vita e di perversioni.
"Non c’è alcun consiglio che io possa darti perché lo sai come la penso …ciascuno di noi deve fare quello che sente senza freno alcuno" - mi scrive Eleonora.
Libera, disinibita, saggia.
Suono. Salgo a casa da te.
Beviamo il caffè.
"Mamma, perché mi accarezzavi cosí? Perché mi baciavi dietro l'orecchio?"
Taci. Abbassi lo sguardo. Capisci.
"Non lo so. Era bello" - dici a voce bassa.
"Era bello si, la sborrata piú dolce della mia vita" - rispondo - "Te ne sei accorta? Ti ho sporcato la mano?"
Silenzio
"Allora? Rispondi?"
"Si, mi hai sporcato la mano. Si, ti ho guardato mentre venivi."
Fanculo.
"Ti sei fatta toccare il seno, perché?"
"Non lo so. Era bello"
"Porca troia, era paradiso puro. Non bello, paradiso!" - urlo.
"Cazzo, mamma, sei stata la prima donna a farmi sborrare cosí. Volevo un bacio, una sega, un pompino! Qualcosa!"
Silenzio.
"E adesso? Che vuoi che ti dica?"
Niente, non dirmi niente. Mi alzo, mi avvicino. Hai 74 anni, ma sti cazzi. Ne dimostri dieci di meno. E sei mia madre. Meglio. Certo che è meglio.
Vado nella tua camera da letto, mi spoglio, rimango in slip. Getto i vestiti nel corridoio, voglio che tu capisca.
Spengo la luce, chiudo la porta e mi sdraio.
Aspetto.
Apri la porta. Ti siedi sul bordo del letto. Ti chini su di me.
E mi baci sul collo, le tue labbra non sono cambiate molto. Sei calda come ti ricordavo. Il seno no, non ha piú la maestosità dei 40 anni. Sti cazzi, sei mia madre. Meglio.
La tua mano, meno liscia di prima, scorre sul mio petto con la stessa, dolcissima delicatezza.
Le tue labbra catturano il mio lobo, sento il tuo fiato caldo.
Il cazzo è duro. Sporge dagli slip.
Questa volta è diverso, la tua mano passa ad un soffio dal glande, si ferma. Questa volta scende, scorre sul cazzo, entra negli slip.
"Mmmmm, si, finalmente...." - mugolo.
Inizi una sega, dolce come tutto il resto.
Il mio paradiso, sognato e temuto per anni, era arrivato.
Mi baci sul collo, ma questa volta scendi sul petto, mi lecchi e mi succhi il capezzolo.
Su, giú, su, giú. Che sega incredibile, la tua mano è attentissima, dolce, delicata.
"Che testa di cazzo, mio padre."
Scendi, sento il tuo alito sulla mia cappella.
"Si" - penso - "si mamma, adesso."
Estasi. Pura, essenziale, senza fronzoli, cristallina estasi.
Sento il cazzo sparire nel caldo equatoriale della tua bocca, le tue labbra, solo leggermente venate da splendide rughe, si stringono amorevolmente intorno all'asta. Lo spingi fino alla gola, succhi avidamente. Vedo le tue guance contrarsi quando aspiri il mio membro.
Mai visto uno spettacolo cosí bello. Ti guardo, non ti stacco gli occhi di dosso.
Stacchi le mani, continui il pompino, lento e caldissimo, solo con la bocca. È il mio preferito, come lo sai?
Scendi piano, il cazzo entra e il calore materno lo pervade.
Sali, il cazzo esce e la saliva cola lungo l'asta.
Vai avanti. Non voglio venire, voglio godere dello show piú incredibile e trasgressivo.
Mi stai facendo un pompino, mamma.
Mi stai facendo un pompino, mamma.
Sento la tua lingua, mamma. La sento girare piano intorno alla punta del mio cazzo. Sento il rumore del risucchio, tipico di un pompino ben fatto, ma è il tuo risucchio, Marisa, vale un milione di pompini di mia moglie.
Sento il calore salire internamente, esattamente dove il frenulo si salda al glande. È ora di prendere la mia rivincita.
"Voglio affogarla di sborra" - avevo detto ad Eleonora.
"Non sarà peggiorativo?" - risponde lei, libertina, ma saggia.
"Bo, ma sai che soddisfazione."
"Questo sicuramente!" - conclude Eleonora sulla nostra chat. Saggia, ma comprensiva.
E lo sperma arriva, impetuoso, bollente, violento. Ecco la tua sborra, mamma.
Cerchi di accogliere lo sperma, le guance si gonfiano, chiudi gli occhi. Sento fiotti di liquido caldo schizzare sulla tua lingua.
Mi stringi i fianchi. Ti tengo la testa.
Lo sperma inizia a colare dagli angoli della tua bocca, ma rimani, tenacemente dedita al mio orgasmo, attaccata al pene di tuo figlio. Una, due, tre, quattro.... sei pulsazioni violente, sei contrazioni che ti fanno sbattere il cazzo sul palato. E sborra che cola.
Rimango con lo sguardo fisso su di te. Ansimo. Voglio conservare per sempre l'immagine di mia madre che beve il mio sperma, che ingoia il mio cazzo.
Me lo devi mamma, mi hai illuso ogni mattina. Mi hai illuso, con le mani ancora piene dei tuoi seni imperiosi.
Ti sollevi, vedo il movimento della deglutizione, ingoi il mio sperma. Mi guardi, guardi il mio membro riverso sulla pancia. C'è un rivolo di sperma bianco sulla punta, impugni il cazzo, lo porti verso la bocca, succhi delicatamente via quel rimasuglio di godimento.
Ti abbassi, sui miei peli pubici grumi di sperma chiedono di non essere sprecati. Succhi, lecchi, attenta a non ingoiare peli, ogni goccia.
Ritorni sul cazzo, lo infili in bocca e lo lasci lí, mezzo moscio, al caldo, protetto.
Restiamo cosí, io sdraiato supino, tu col mio pene in bocca per non so quanto tempo. Sento la tua lingua accarezzarmi la punta, pianissimo per non farmi male.
Uno stimolo inconfondibile sale piano. Conosco la sensazione, è il preludio ad uno dei giochi preferiti di Eleonora, la mia amichetta saggia e troia. Mi rilasso. Eccola. Lascio andare. L'urina esce piano, strabuzzi gli occhi, mi guardi, ti guardo. Trattieni il cazzo in bocca. Sento il liquido caldo riempirti la bocca, socchiudi gli occhi e ingoi. È difficile con il membro in gola, lo sfili, ingoi, il piscio zampilla. Bevi come se fossi ad una fontana. Bevi, non sputi. Bevi finché ce n'è.
Questo non è paradiso, questo è tutto. Tutta la dedizione, tutto il sesso, tutto l'amore perverso. Tutto.
Lecchi via le gocce di piscio dal mio corpo.
Mi baci, un bacio profondo, sapido di sperma e piscio.
Ti alzi.
"Sveglia dormiglione!"
Esci dalla stanza.
Ciao mamma, ci vediamo domenica a pranzo.
Ho sedici anni, mi piace dormire, soprattutto quando devo andare a scuola. Anche perché devo alzarmi alle 6, prendere un metropolitana e un autobus super affollati per arrivare alla periferia Nord di Roma. Una calca di gente sudata, con l'alito pesante, lagnosa, prepotente che ti pianta un gomito nelle costole alla ricerca di uno spazio impossibile da trovare. Leggere è quasi impossibile, gli smartphone non li hanno ancora inventati e l'unico passatempo è leggere l'elenco delle fermate. Poi ci si stupisce per l'abbandono scolastico.
Ogni sacrosanta mattina, mia madre entra nella stanza, si siede sul bordo sinistro del letto e mi sveglia. Mi accarezza i capelli e mi riempie di il viso di baci. Che palle!
"E dai ma'!" - esclamo ogni volta. La scanso a forza e mi giro dall'altra parte.
Sempre uguale, tutte le mattine. Per tutto l'anno scolastico. Insopportabile e appiccicosa.
La prima variazione sul tema avviene a fine maggio. Fa caldo ed io, che comunque al massimo dormo in slip e maglietta, rimango solo con i slip e un lenzuolino.
"Non hai freddo cucciolo?"
"No ma', sto bene".
Niente, deve rompere i coglioni comunque, penso. La mattina dopo, come sempre, mia madre viene a svegliarmi. La sento entrare, sospiro esasperato.
"Ora ricominicia!" - penso imprecando.
Si siede, si china su di me e inizia la solita solfa melensa.
"Amore di mamma, cucciolo" e via di questo passo; la mano, però, non accarezza piú solo la testa. Già, si sposta e scende sul collo e, visto che ero supino, sul petto.
"Cristo, ma perché non la pianta?" - penso piú infastidito che mai. Niente, continua ad accarezzarmi il petto e a darmi baci sul viso. Mi giro, la scanso e mi alzo.
La cosa continua, da un lato un sedicenne insofferente, dall'altro una giovane madre convinta che il figlio rimanga per sempre quel bebè che ha messo al mondo qualche anno prima.
Poi, la seconda variazione sul tema, i baci. Prima mi baciava sulla fronte, cosa che ho sempre detestato, ma ora inizia a scendere sul collo.
"???" - la mia sensazione è questa, una serie di punti interrogativi.
"Che stai a fa', ma?"
Le variazioni aumentano, i baci passano dal collo alle orecchie, anzi, ai lobi dell'orecchio. Le carezze passano all'addome, ai fianchi e alle cosce. Qualcosa non mi torna, la sensazione di fastidio non c'è più, sostituita molto lentamente da uno strano e stordente piacere. Ora, mia madre è una bella donna, mora, capelli lunghi e mossi, denti bianchissimi e una bella quarta di seno. Ma soprattutto, cosa che molte mamme non capiscono, è una donna.
Inizio ad aspettare, tutte le mattine, il suo arrivo. Lei si siede, si china su di me ed inizia la tiritera mattutina, ecco arrivare i baci sul viso, collo e orecchie. Ecco le carezze sul petto, sulle cosce e sull'addome. Non la scanso piú, il cuore inizia a battere velocemente, sudo, ho il fiato corto. Mi rendo conto di avere un'erezione tremenda, il cazzo mi fa male, le palle anche.
"Cazzo, ma è mia madre!" - penso sconvolto.
Nonostante il mio cazzo sia ben visibile sotto gli slip, lei continua imperterrita a far scorrere la sua mano, liscia, morbida e amabilmente fresca lungo il mio addome sudato.
"Cazzo, cazzo, cazzo" - penso nervoso.
Sposta i baci, passa dietro al lobo dell'orecchio.
"Ehi, ehi, ehiii! Che è sta cosa?!"
Mi piace, Cristo, i baci dietro i lobi mi fanno impazzire, una vampata di calore investe la punta del mio membro.
"Cazzo fai, ma'?" - lo penso, ma non oso dirlo.
Passano 7-8 minuti di questa deliziosa tortura e mamma se ne va.
"Sveglia dormiglione!"
Rimango steso nel letto, esausto, sudato, con la punta del cazzo dolorante.
La calca mattutina, nauseabonda e frenetica come al solito, contribuisce a sciacquarmi le idee. Torno a casa nel tardo pomeriggio, dopo l'orario di lezione mi fermo spesso a scuola nella sede del collettivo scolastico. Lo stranimento mattutino non mi tange, sono troppo impegnato nell'organizzare un'assemblea studentesca per il ripristino dell'ascensore che porta ai laboratori di informatica. Uno studente con disabilità, infatti, deve essere portato a braccia per quattro piani, a causa dei malfunzionamenti dell'ascensore.
Tutto bene, ceniamo, mio padre, mia madre e mia sorella Roberta. Film in tv, due chiacchiere con Roberta la sera e poi in camera mia. Cuffiette, Litfiba al massimo, un fumetto e sono a posto.
Mattina.
Sento un tepore dietro l'orecchio, un dolcissimo calore e due labbra morbide che mi baciano dietro il lobo.
Oddio, non l'ho sentita entrare, questa volta. È china su di me, il suo seno tondo e sodo mi preme sul lato sinistro del petto, la mano sinistra, su cui percepisco il freddo metallo della fede nuziale, mi accarezza lentamente l'addome.
"E no, di nuovo!" - penso.
Eccola, l'erezione dolorosa e incontrollabile. Sono malato, mia madre mi eccita. Evidentemente sono malato.
"Cazzooooooo!" - urlo dentro di me.
Ma sti cazzi! Chi se ne frega, per chi non è romano. Mi piace, diavolo se mi piace. È una sensazione dolcissima, calda e tenera. I suoi baci sono un concentrato di amore e tenerezza, lo sento. Lo so. La sua mano, bella tra l'altro, mia madre ha delle mani bellissime, con le unghie sempre smaltate di rosso, è delicata come una leggerissima piuma. Scorre sul mio corpo, dal petto all'addome, ai fianchi, con una una delicatezza sublime.
"Mio padre è una testa di cazzo!" - penso.
I miei erano in via di separazione. Come puoi separarti da una donna che ti fa le coccole cosí? Forse a lui non le fa, non lo so.
"Svegliati, dormiglione!" - mi dice. Fine della dolce tortura.
Va avanti per giorni, settimane, mesi. Ormai anelo quei benedetti minuti mattutini, aspetto i suoi baci dolci, le sue carezze morbidissime. A volte mi accarezza con le sue impeccabili unghie.
"Dio, dio, dio" - fingo di dormire, cercando di prolungare il piú possibile la tortura mattutina. Si può amare la tortura? Si, certo. Se la tortura si chiama Marisa, ha 41 anni, ha una quarta di seno, mani delicate e bocca calda e morbida.
Mesi, troppi, non posso resistere ancora. Mi sveglio regolarmente 20 minuti prima e aspetto con ansia l'arrivo di mamma.
Stavolta lei indugia un po' di piú in quei maledetti, maledettissimi bacio dietro il lobi. Non sono 7-8 minuti, lo so. Ho l'orologio sul comodino. Mia madre indugia su di me per quasi 20 minuti. Il suo seno caldo spinge su di me, la sua mano passa, lentamente ma inesorabilmente, ad un centimetro dal mio pene, eretto in maniera oscena.
Sento l'elastico degli slip appena sotto il glande.
"Cristo, ho il cazzo fuori dalle mutande!" - penso disperato.
"Prendimelo, prendimelo, prendilo e fammi un pompino!" - ho gli ormoni a mille.
"Perché mi fai questo? Finisci quello che hai iniziato! Baciami, fammi godere!"
Come sempre, lo penso ma non lo dico.
Mi bacia sull'orecchio, sento il suo alito caldo e profumato. Le sue labbra morbide rimangono appoggiate su di me, le sue unghie grattano la mia pancia, dove i peli si fanno piú densi e il cazzo arriva quando è eretto.
Sento i seni, i capezzoli sotto il reggiseno.
Un calore inconfondibile mi pervade, tremo, inzio ad ansimare.
"Ora si ferma" - spero. No, non è vero. Spero che non lo faccia.
"Cazzo, non si fermaaaa!" - urlo nella mia testa.
Il cazzo si contrae oscenamente, mamma continua a baciarmi, sento il lobo catturato dalle sue labbra calde, la mano si muove da un fianco all'altro, sempre piú calda e intensa. Le unghie! Le unghie!
"Oddio, si, si, siiiii..."
Vengo. Un orgasmo intenso e meraviglioso, dolce e prolungato come le sue carezze, come i suoi baci.
Lo sperma mi schizza sulla pancia, bollente, tutto nello stesso punto. Il mio cazzo, ormai ben fuori dagli slip, è bloccato dall'elastico.
Ho il cuore a mille.
"Dio santo che dolce meraviglia! Ora posso anche morire".
Sto da dio, il cazzo pulsa e si contrae, spingendo prima sugli slip, poi sulla pancia. Ancora pulsa. Slip, pancia, pancia, slip.
Schizzo la sborra delle prossime cento seghe adolescenziali. Mi cola lungo il fianco sinistro, sporcando il materasso.
"Sveglia dormiglione!" - la voce cristallina di mamma mi sorprende.
Esce. Apro gli occhi e mi guardo, il cazzo fuori per quasi metà dagli slip, il glande rosso, un lago di sperma vicino alla punta. Il lenzuolo bagnato dal rivolo di sperma che scendeva sul mio lato sinistro.
"Cazzo, che meraviglia!"
Sono le 17,30. Passo all'emporio prima di tornare da scuola. Devo comprare una sveglia, non posso più subire questa tortura incestuosa.
"Porca troia, ho sborrato mentre mia madre mi baciava e carezzava. Mi ha visto, l'ho sicuramente sporcata, aveva la mano che quasi strusciava il glande. Non mi dice niente, perché. Perché non mi ha fatto sta benedetta sega? Aveva la mano lí.
Cioè, praticamente me l'ha fatta, mi ha accarezzato ad un soffio dal cazzo finché non ho schizzato litri di sperma. Mi baciava i lobi, mi alitava nell'orecchio. Un pompino, sarebbe stato il paradiso realizzato. Fanculo."
Compro la sveglia.
"Ma', domani non mi svegliare, ho comprato una sveglia".
Dodici anni dopo.
Viviamo insieme, mamma. Ancora per poco, devo finire di sistemare la casa nuova. Il lavoro da precario di call center non mi ha permesso di andarmene prima.
Torno a casa dal lavoro. 28 anni io, 53 tu. Sei sempre un bella donna. Ti sei separata e abiti nella periferia Est di Roma. Dopo uno scontro con papà, lascio la casa natale e mi trasferisco da te. Ho tre relazioni contemporaneamente, tre giovani donne, tutte more.
Si conoscono, sanno l'una dell'altra e sparlano di me quando non ci sono. Non sono un playboy, sono la preda spartita tra le leonesse. Una bella morte, devo dire. A parte la confusione di nomi, per cui Stefania diventava Simona dopo un scopata furiosa. Nessuna si è mai arrabbiata. Elena, dopo il sesso, si messaggia con Simona per gli ultimi aggiornamenti. Una faticata, è durata poco.
Torno a casa.
"Ciao ma'."
"Ciao cucciolo"
Mi abbracci, sento la spinta indimenticata dei tuoi seni, tondi e sodi come dodici anni prima, sul mio petto.
"Ehi, che seno! Che misura porti?"
La butto lí, senza alcun secondo fine, è passato troppo tempo e quello che rimane del miglior orgasmo della mia vita è seppellito in un cassetto della mia mente.
Ti siedi sul divano, indossi un maglione bianco con un largo collo ripiegato.
"Una quarta."
Mi guardi, porti la mano al collo del maglione e lo abbassi. Mi guardi. Ti guardo. Intravedo il solco tra i seni.
Non oso, oso, non oso.
Oso.
"Posso?"
Mi trema la voce.
"Certo tesoro".
Cristo, mi prende un mezzo infarto. Ti rendi conto, mi hai di fatto chiesto di toccarti il seno!
Avvicino la mano, timoroso, trema.
La infilo nel collo del maglione, sento la tua pelle calda. Mi guardi fisso negli occhi, io abbasso lo sguardo, voglio sbirciare in quello scollo paradisiaco.
La mano si poggia sul seno sinistro, infilo le dita dentro il reggiseno, scorro fino ad avere tutta la coppa in mano. Calda, soda, grande. Il capezzolo, duro, sbatte sul mio palmo.
Che posso dire? Una sensazione impareggiabile. Ti accarezzo il seno piano, palpo ogni centimetro di quella morbida collina. Con due dita sento il capezzolo. Strizzi gli occhi, ti piace?
Restiamo a chiacchierare di banalità per molti minuti. Sono in estasi, palpeggiare la propria formosa madre è una delle fantasie piú perverse, ma diffuse.
Passo all'altro seno.
"Posso?" - chiedo ancora.
"Si" - mi rispondi senza levarmi gli occhi di dosso.
Ora ho entrambi i seni nelle mie mani, li carezzo, li stringo, stuzzico i capezzoli. Il mio cazzo vuole esplodere.
"Fatti guardare" - chiedo.
"No." - rispondi e mi fai sfilare le mani da quel patrimonio dell'umanità che è il tuo seno.
Finisce lí. Cosí, senza motivo come era iniziata.
"Cazzo, funziona al contrario. Toccare e non guardare!"
Fanculo.
Ventuno anni dopo.
49 anni io, 74 tu.
"Mamma, sei a casa?"
"Si, tesoro"
"Passo a trovarti."
"Va bene cucciolo, ti preparo un caffè."
Dobbiamo parlare mamma.
Mi hai torturato per mesi la mattina, fino a farmi sborrare mentre mi carezzavi.
Mi hai invitato a toccarti il seno, il tuo maestoso seno, regalandomi la piú bella trasgressione della mia vita, per poi spegnere ogni speranza.
Basta, ci ho messo 30 anni per prendere coraggio. Ho dovuto confidarmi con Eleonora, la mia amichetta di vita e di perversioni.
"Non c’è alcun consiglio che io possa darti perché lo sai come la penso …ciascuno di noi deve fare quello che sente senza freno alcuno" - mi scrive Eleonora.
Libera, disinibita, saggia.
Suono. Salgo a casa da te.
Beviamo il caffè.
"Mamma, perché mi accarezzavi cosí? Perché mi baciavi dietro l'orecchio?"
Taci. Abbassi lo sguardo. Capisci.
"Non lo so. Era bello" - dici a voce bassa.
"Era bello si, la sborrata piú dolce della mia vita" - rispondo - "Te ne sei accorta? Ti ho sporcato la mano?"
Silenzio
"Allora? Rispondi?"
"Si, mi hai sporcato la mano. Si, ti ho guardato mentre venivi."
Fanculo.
"Ti sei fatta toccare il seno, perché?"
"Non lo so. Era bello"
"Porca troia, era paradiso puro. Non bello, paradiso!" - urlo.
"Cazzo, mamma, sei stata la prima donna a farmi sborrare cosí. Volevo un bacio, una sega, un pompino! Qualcosa!"
Silenzio.
"E adesso? Che vuoi che ti dica?"
Niente, non dirmi niente. Mi alzo, mi avvicino. Hai 74 anni, ma sti cazzi. Ne dimostri dieci di meno. E sei mia madre. Meglio. Certo che è meglio.
Vado nella tua camera da letto, mi spoglio, rimango in slip. Getto i vestiti nel corridoio, voglio che tu capisca.
Spengo la luce, chiudo la porta e mi sdraio.
Aspetto.
Apri la porta. Ti siedi sul bordo del letto. Ti chini su di me.
E mi baci sul collo, le tue labbra non sono cambiate molto. Sei calda come ti ricordavo. Il seno no, non ha piú la maestosità dei 40 anni. Sti cazzi, sei mia madre. Meglio.
La tua mano, meno liscia di prima, scorre sul mio petto con la stessa, dolcissima delicatezza.
Le tue labbra catturano il mio lobo, sento il tuo fiato caldo.
Il cazzo è duro. Sporge dagli slip.
Questa volta è diverso, la tua mano passa ad un soffio dal glande, si ferma. Questa volta scende, scorre sul cazzo, entra negli slip.
"Mmmmm, si, finalmente...." - mugolo.
Inizi una sega, dolce come tutto il resto.
Il mio paradiso, sognato e temuto per anni, era arrivato.
Mi baci sul collo, ma questa volta scendi sul petto, mi lecchi e mi succhi il capezzolo.
Su, giú, su, giú. Che sega incredibile, la tua mano è attentissima, dolce, delicata.
"Che testa di cazzo, mio padre."
Scendi, sento il tuo alito sulla mia cappella.
"Si" - penso - "si mamma, adesso."
Estasi. Pura, essenziale, senza fronzoli, cristallina estasi.
Sento il cazzo sparire nel caldo equatoriale della tua bocca, le tue labbra, solo leggermente venate da splendide rughe, si stringono amorevolmente intorno all'asta. Lo spingi fino alla gola, succhi avidamente. Vedo le tue guance contrarsi quando aspiri il mio membro.
Mai visto uno spettacolo cosí bello. Ti guardo, non ti stacco gli occhi di dosso.
Stacchi le mani, continui il pompino, lento e caldissimo, solo con la bocca. È il mio preferito, come lo sai?
Scendi piano, il cazzo entra e il calore materno lo pervade.
Sali, il cazzo esce e la saliva cola lungo l'asta.
Vai avanti. Non voglio venire, voglio godere dello show piú incredibile e trasgressivo.
Mi stai facendo un pompino, mamma.
Mi stai facendo un pompino, mamma.
Sento la tua lingua, mamma. La sento girare piano intorno alla punta del mio cazzo. Sento il rumore del risucchio, tipico di un pompino ben fatto, ma è il tuo risucchio, Marisa, vale un milione di pompini di mia moglie.
Sento il calore salire internamente, esattamente dove il frenulo si salda al glande. È ora di prendere la mia rivincita.
"Voglio affogarla di sborra" - avevo detto ad Eleonora.
"Non sarà peggiorativo?" - risponde lei, libertina, ma saggia.
"Bo, ma sai che soddisfazione."
"Questo sicuramente!" - conclude Eleonora sulla nostra chat. Saggia, ma comprensiva.
E lo sperma arriva, impetuoso, bollente, violento. Ecco la tua sborra, mamma.
Cerchi di accogliere lo sperma, le guance si gonfiano, chiudi gli occhi. Sento fiotti di liquido caldo schizzare sulla tua lingua.
Mi stringi i fianchi. Ti tengo la testa.
Lo sperma inizia a colare dagli angoli della tua bocca, ma rimani, tenacemente dedita al mio orgasmo, attaccata al pene di tuo figlio. Una, due, tre, quattro.... sei pulsazioni violente, sei contrazioni che ti fanno sbattere il cazzo sul palato. E sborra che cola.
Rimango con lo sguardo fisso su di te. Ansimo. Voglio conservare per sempre l'immagine di mia madre che beve il mio sperma, che ingoia il mio cazzo.
Me lo devi mamma, mi hai illuso ogni mattina. Mi hai illuso, con le mani ancora piene dei tuoi seni imperiosi.
Ti sollevi, vedo il movimento della deglutizione, ingoi il mio sperma. Mi guardi, guardi il mio membro riverso sulla pancia. C'è un rivolo di sperma bianco sulla punta, impugni il cazzo, lo porti verso la bocca, succhi delicatamente via quel rimasuglio di godimento.
Ti abbassi, sui miei peli pubici grumi di sperma chiedono di non essere sprecati. Succhi, lecchi, attenta a non ingoiare peli, ogni goccia.
Ritorni sul cazzo, lo infili in bocca e lo lasci lí, mezzo moscio, al caldo, protetto.
Restiamo cosí, io sdraiato supino, tu col mio pene in bocca per non so quanto tempo. Sento la tua lingua accarezzarmi la punta, pianissimo per non farmi male.
Uno stimolo inconfondibile sale piano. Conosco la sensazione, è il preludio ad uno dei giochi preferiti di Eleonora, la mia amichetta saggia e troia. Mi rilasso. Eccola. Lascio andare. L'urina esce piano, strabuzzi gli occhi, mi guardi, ti guardo. Trattieni il cazzo in bocca. Sento il liquido caldo riempirti la bocca, socchiudi gli occhi e ingoi. È difficile con il membro in gola, lo sfili, ingoi, il piscio zampilla. Bevi come se fossi ad una fontana. Bevi, non sputi. Bevi finché ce n'è.
Questo non è paradiso, questo è tutto. Tutta la dedizione, tutto il sesso, tutto l'amore perverso. Tutto.
Lecchi via le gocce di piscio dal mio corpo.
Mi baci, un bacio profondo, sapido di sperma e piscio.
Ti alzi.
"Sveglia dormiglione!"
Esci dalla stanza.
Ciao mamma, ci vediamo domenica a pranzo.
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