A teatro

di
genere
etero


Era un fila davanti a me. Non so perché fosse sola, altre volte l'avevo vista in compagnia di amici, d'altronde ero solo anch'io. Solitamente quelle poche volte aveva fatto capolino nel foyer con la sua inconfondibile risata, circondata da una sparuta compagnia. Non ci badavo tanto, non era il contesto adatto. Quella sera però le cose andarono diversamente. Il cappotto giallo tendente al senape le cadde dal bracciolo ma non se ne accorse, intenta com'era a smanettare e sorridere sul suo smartphone. Non che la sentissi, ne coglievo le sfumature dal profilo. Fu allora che quasi istintivamente mi allungai per raccoglierlo, sfiorai il suo braccio per scuoterla senza spaventarla. E con la coda dell'occhio mi vide.
-"Ti è caduto" dissi laconicamente.
Mi sorrise, quasi meravigliata.
-"Ti ringrazio", rispose.
Tornai al mio posto in silenzio, quasi con fare meccanico, come se quel gesto andava fatto, così, per inerzia. Ricordo solo che i capelli biondi e fluenti le ricadevano oltre le spalle ed il vestito blu a pois bianchi la fasciava. Un outfit semplice ma proprio per questo più efficace. Cominciarono a spegnersi le prime luci in sala, segno che lo spettacolo stava per iniziare. Dopo alcuni secondi però lei si girò quasi di scatto, mi scrutò dai grandi occhiali dalla montatura nera e disse:-"Solo? Il posto accanto al mio è libero e poi c'è poca gente, non credo che questo spettacolo se lo filerà qualcuno, tranne noi... ovviamente. Vuoi accomodarti?"
-"E sia" risposi strizzandole l'occhio.
Conversammo per attimi che sembravano infiniti. Poi il colpo di scena. Un addetto ai lavori con fare imbarazzato uscì da dietro le quinte ed annunciò alla sala che lo spettacolo a causa di un impedimento di un attore della compagnia era stato annullato. A data da destinarsi. A stento riuscì a placare il nervosismo che si era creato tra il pubblico, tenuto a bada solo quando comunicò che il biglietto sarebbe stato rimborsato. Applausi a scena aperta. Come quelli ai piloti degli aerei dopo un atterraggio. D'altronde questa è l'Italia. Poco male. Mentre la gente cominciava a sfollare, non so per quale telepatico motivo rimanemmo incollati alle poltrone fissando il sipario che si chiudeva senza alcuno spettacolo. Si alzò per mettersi più comoda ma fraintesi il gesto e la bloccai mettendo la mano sulla gamba destra. Mi guardò stupita ma si risedette allorché le sussurrai di non andare via. Sorrise. Era bella, maledettamente bella. Non avevo ancora staccato la mano dalla gamba, la guardai, velata nel collant e sentii una voglia crescere nei pantaloni. Una voglia che non era strana, era solo una fottuta erezione. Non so se si accorse di ciò

questo ma non mi andava che ne fosse consapevole. Non mi trattenni e non ci pensai su una seconda volta, le scostai i capelli avvicinandola a me e la baciai intensamente. Avidamente cercai la sua lingua, i suoi denti, le sue labbra marcate di rosso e il sapore del suo trucco accentuò la crescita del mio membro. Baciai il suo collo e si lasciò andare ad un gemito quasi primitivo. Chiusi gli occhi e la respirai. Sapeva di buono. Alzai il suo vestito e un po' a fatica rovistai tra il suo armamentario per raggiungere il suo sesso. Era inzuppato. Sentii il clitoride gonfiarsi sotto i miei polpastrelli e senza farle male la deliziai prima con una, poi con due ed infine con tre dita. Si dice sia il numero perfetto.
-"Non ti fermare proprio ora, stronzo" biascicò imperlata di piacere, mentre cercò la cerniera per sfilarmi via il cazzo in erezione. Era così buio lì dentro che vedevamo perfettamente. Vedevamo dappertutto, nei nostri anfratti di pelle più profondi, nella nostra lussuria, nella nostra bramosia di possederci e di godere primitivamente. Si adagiò furtiva sulla poltrona e se lo cacciò in gola. Avvertivo che mi guardava. Il cazzo avverte tutto. Le chiesi di non togliersi gli occhiali e lei continuò a scappellarlo vogliosa, gaudente e con un misto di magone. Voleva dire addio ai momenti tristi e godersi il momento.
-"Sei un dolce porco e questo vale il prezzo del biglietto" esclamò carezzandomi i testicoli pieni di testosterone. La feci alzare, le alzai il vestito e di spalle le feci prendere il cazzo senza aiutarsi con le mani. Sentí che il membro era bollente e udii un flebile "siii...". Poi solo il rumore del silenzio fatto di respiri affannosi, la penetrai nella vulva mentre si dimenava poggiando le mani allo schienale della poltrona davanti. Il cazzo sbatteva nella passera annegato nei suoi umori. Cresceva sempre più. Si girò e mi cavalcò. Cercai i suoi seni e li presi a morsetti scovando i capezzoli turgidi come chiodi. Sentivo il suo ventre sbattere contro il mio fin quando dopo alcuni reciproci sussulti... sipario!
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scritto il
2021-11-14
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