Piccoli suicidi in pubblico
di
Nero di Penna
genere
esibizionismo
“La serata a tema è: suicidatevi per amore, ma davanti a tutti. Niente armi da fuoco o coltelli, niente lacci troppo stretti oltre il necessario: sia chiaro, è solo un gioco. Dovete provare il dolore dell’abbandono e farla finita con il mondo. Ma dovete anche spogliarvi di tutto il vostro vissuto, quindi niente vestiti inutili. E soprattutto, dovete esibirvi: se dovete morire cercate di lasciare di voi un ricordo indelebile mettendo sulla scena il vostro suicidio.”
Detto così sembra facile. E’ una festa privata organizzata in villa, agli invitati non è stato detto niente in anticipo, ma sanno di dover esser pronti a tutto. In fondo si entra in questa specie di società segrete desiderando la sorpresa, la fantasia. Neanche sanno chi è il Magister Eroticus che presiede alla festa. In realtà è una giovane coppia e lo sanno tutti, ma tutti fanno finta di credere nel mistero, è più eccitante. In ogni caso c’è un rituale. Le perversioni richiedono sempre un rituale, ma anche le religioni lo fanno, eppure nessuno avrebbe il coraggio di definirle perverse. E siccome rituale significa anche scena, dunque immaginatela: spettatori seduti in ampio circolo, lume di candele messe qua e là, magari un tamburo che con ritmi e volume diversi scandisce entrate dei personaggi e momenti drammatici. Ma se vi mettono in mezzo dovete partecipare, chiaro? E dovete comunque depositare sul tavolo cellulari e iphone e quant’altro. Per i vestiti fate come volete, ma ricordate che solo chi si spoglia può partecipare ai giochi di società. Farete da giuria applaudendo o fischiando alla fine di ogni singola esibizione. Che la festa incominci!
• La prima decise di strangolarsi. Assolutamente depressa per essere stata mollata, decise di farla finita davanti a tutti. Uscì dal gruppo e, una volta al centro della stanza, iniziò a spogliarsi. Voleva che la ricordassimo per sempre, quindi lo fece come fosse una spogliarellista di professione. Poi, solenne, strinse attorno al collo il foulard rosso, unico indumento che le era rimasto indosso e che si era prima passato tra le cosce. Si accasciò senza vita con le gambe spalancate verso di noi. Se avesse voluto impiccarsi avrebbe fatto più scena, in un orgasmo finale a un metro da terra, ma non aveva una scala per attaccare la corda al lampadario centrale.
• La seconda scelse il veleno. Non il classico bicchiere pieno di liquido verde, ma una coppa di champagne riempita da una donna velata e vestita di una lunga veste nera. Buona la prima idea, banale la seconda: una bambina scalza e pallida avrebbe fatto il suo effetto, ma la nera signora è roba da santino. Fu fischiata. Non che il pubblico fosse formato da sadici. Semplicemente, era una morte troppo facile: bastano un bicchiere pieno di liquido o una pillola qualsiasi.
• La terza s’iniettò un’overdose. Non ebbe particolarmente successo di pubblico: l’eroina era ormai fuori moda e appena videro la siringa, gli spettatori avevano già capito tutto. Roba da anni ’70 del secolo scorso, i giovani in sala neanche capirono cosa stava facendo.
• La quarta usò un fallo finto come pugnale. Finalmente un po’ di allegria, di sano erotismo. Nuda, si sedette per terra e spalancò le gambe. Elevò al cielo il cazzo finto guardando in alto e pronunciando una specie di preghiera. Poi, lentamente, se lo infilò dentro come fosse un pugnale, lentamente. La sua espressione facciale cambiava di momento in momento, finché non raggiunse lo spasimo. Della scena rimane una foto che abbiamo allegato al racconto.
• La quinta decise di buttarsi dalla finestra. Si spogliò di corsa, come per evitare di essere fermata, poi aprì la finestra, salì lentamente sul davanzale, scalza, esitò un attimo, poi fece il grande tuffo, urlando. Applausi a scena aperta, anche se sapevamo che la stanza dove si svolgeva la festa era al pianterreno.
• Più drammatica la sesta, soffocata da una busta di plastica. Mettersene in testa una non è un problema. Ma per morire asfissiati la respirazione deve farsi spasmodica. Cosa meglio di un vibratore inserito dentro la vagina? Esattamente quello che fece. Ma non è come nei film: ci vollero almeno venti minuti. Ottima interpretazione, finita con uno spasmo seguito dal rilassamento completo dei muscoli e pisciata finale.
• La settima scelse (come la quarta) un fallo finto, ma ci si butta sopra con tutto il corpo. E qui la novità: prima lo mette dritto sul pavimento – è a ventosa – poi ci s’inginocchia sopra, come fosse una spada. Prova un primo orgasmo. Non contenta, ci riprova, stavolta però buttandocisi con tutto il peso del corpo. Muore trafitta.
• L’ottava non si sveste. Veste una lunga tunica bianca e brandisce una corta spada giapponese, con cui fa una serie di volteggi rituali davanti a tutti. Poi segue il cerimoniale del seppuko. Il rosso del sangue tingerà lentamente il bianco candore della tunica.
• La nona ci prova col fuoco. Si stende nuda di schiena per terra, poi si cosparge il corpo dall’ombelico in su con una serie di batuffoli d’ovatta imbevuti nell’alcool. Sarà lei stessa ad appiccare il fuoco. Attenzione a intervenire subito per spegnere tutto!
• La decima come strumento del suicidio scelse il cazzo nero. Qualcuno in sala fece obiezione, ma in fondo il regolamento non escludeva gli umani come arma impropria, né erano autorizzate discriminazioni razziali. Quello che è vietato è dunque permesso. Una volta spogliata, fu prima oliata, poi lubrificata col gel davanti e soprattutto dietro. Quando entrò lo strumento della sua morte volontaria, tutti provarono un’enorme emozione. L’atteggiamento della ragazza inizialmente non fu passivo: per aiutare l’erezione fu un bel lavoro di mani e di bocca, davanti a tutti. Poi allargò le gambe e si fece prendere con violenza, cosa che il nero partner sembrava fare quasi meccanicamente. Grande stallone, ma poco espressivo. Ma quando lei s’inginocchiò e poi si chinò carponi chiudendo gli occhi e offrendo il culo, tutti capirono che l’esecuzione vera e propria stava per avvenire. Altro gel, lentamente spalmato nell’ano. Altrettanto lentamente fu impalata dal grosso bastone nero. Quando, dopo dieci minuti di penetrazione, il cazzo nero uscì dalla sua bocca, tutti capirono che era spirata.
• La festa durò per molte ore e quanto ho raccontato non è altro che un breve riassunto di quanto ho visto di persona. Aggiungerò pure che in realtà una di queste finte morti non era simulata o è finita male. Non è chiaro infatti se la ragazza abbia agito in modo maldestro o avesse realmente intenzione di morire e abbia approfittato dell’occasione per mettere in scena la propria morte. Quale delle dieci non si è più rialzata non ve lo posso dire
Detto così sembra facile. E’ una festa privata organizzata in villa, agli invitati non è stato detto niente in anticipo, ma sanno di dover esser pronti a tutto. In fondo si entra in questa specie di società segrete desiderando la sorpresa, la fantasia. Neanche sanno chi è il Magister Eroticus che presiede alla festa. In realtà è una giovane coppia e lo sanno tutti, ma tutti fanno finta di credere nel mistero, è più eccitante. In ogni caso c’è un rituale. Le perversioni richiedono sempre un rituale, ma anche le religioni lo fanno, eppure nessuno avrebbe il coraggio di definirle perverse. E siccome rituale significa anche scena, dunque immaginatela: spettatori seduti in ampio circolo, lume di candele messe qua e là, magari un tamburo che con ritmi e volume diversi scandisce entrate dei personaggi e momenti drammatici. Ma se vi mettono in mezzo dovete partecipare, chiaro? E dovete comunque depositare sul tavolo cellulari e iphone e quant’altro. Per i vestiti fate come volete, ma ricordate che solo chi si spoglia può partecipare ai giochi di società. Farete da giuria applaudendo o fischiando alla fine di ogni singola esibizione. Che la festa incominci!
• La prima decise di strangolarsi. Assolutamente depressa per essere stata mollata, decise di farla finita davanti a tutti. Uscì dal gruppo e, una volta al centro della stanza, iniziò a spogliarsi. Voleva che la ricordassimo per sempre, quindi lo fece come fosse una spogliarellista di professione. Poi, solenne, strinse attorno al collo il foulard rosso, unico indumento che le era rimasto indosso e che si era prima passato tra le cosce. Si accasciò senza vita con le gambe spalancate verso di noi. Se avesse voluto impiccarsi avrebbe fatto più scena, in un orgasmo finale a un metro da terra, ma non aveva una scala per attaccare la corda al lampadario centrale.
• La seconda scelse il veleno. Non il classico bicchiere pieno di liquido verde, ma una coppa di champagne riempita da una donna velata e vestita di una lunga veste nera. Buona la prima idea, banale la seconda: una bambina scalza e pallida avrebbe fatto il suo effetto, ma la nera signora è roba da santino. Fu fischiata. Non che il pubblico fosse formato da sadici. Semplicemente, era una morte troppo facile: bastano un bicchiere pieno di liquido o una pillola qualsiasi.
• La terza s’iniettò un’overdose. Non ebbe particolarmente successo di pubblico: l’eroina era ormai fuori moda e appena videro la siringa, gli spettatori avevano già capito tutto. Roba da anni ’70 del secolo scorso, i giovani in sala neanche capirono cosa stava facendo.
• La quarta usò un fallo finto come pugnale. Finalmente un po’ di allegria, di sano erotismo. Nuda, si sedette per terra e spalancò le gambe. Elevò al cielo il cazzo finto guardando in alto e pronunciando una specie di preghiera. Poi, lentamente, se lo infilò dentro come fosse un pugnale, lentamente. La sua espressione facciale cambiava di momento in momento, finché non raggiunse lo spasimo. Della scena rimane una foto che abbiamo allegato al racconto.
• La quinta decise di buttarsi dalla finestra. Si spogliò di corsa, come per evitare di essere fermata, poi aprì la finestra, salì lentamente sul davanzale, scalza, esitò un attimo, poi fece il grande tuffo, urlando. Applausi a scena aperta, anche se sapevamo che la stanza dove si svolgeva la festa era al pianterreno.
• Più drammatica la sesta, soffocata da una busta di plastica. Mettersene in testa una non è un problema. Ma per morire asfissiati la respirazione deve farsi spasmodica. Cosa meglio di un vibratore inserito dentro la vagina? Esattamente quello che fece. Ma non è come nei film: ci vollero almeno venti minuti. Ottima interpretazione, finita con uno spasmo seguito dal rilassamento completo dei muscoli e pisciata finale.
• La settima scelse (come la quarta) un fallo finto, ma ci si butta sopra con tutto il corpo. E qui la novità: prima lo mette dritto sul pavimento – è a ventosa – poi ci s’inginocchia sopra, come fosse una spada. Prova un primo orgasmo. Non contenta, ci riprova, stavolta però buttandocisi con tutto il peso del corpo. Muore trafitta.
• L’ottava non si sveste. Veste una lunga tunica bianca e brandisce una corta spada giapponese, con cui fa una serie di volteggi rituali davanti a tutti. Poi segue il cerimoniale del seppuko. Il rosso del sangue tingerà lentamente il bianco candore della tunica.
• La nona ci prova col fuoco. Si stende nuda di schiena per terra, poi si cosparge il corpo dall’ombelico in su con una serie di batuffoli d’ovatta imbevuti nell’alcool. Sarà lei stessa ad appiccare il fuoco. Attenzione a intervenire subito per spegnere tutto!
• La decima come strumento del suicidio scelse il cazzo nero. Qualcuno in sala fece obiezione, ma in fondo il regolamento non escludeva gli umani come arma impropria, né erano autorizzate discriminazioni razziali. Quello che è vietato è dunque permesso. Una volta spogliata, fu prima oliata, poi lubrificata col gel davanti e soprattutto dietro. Quando entrò lo strumento della sua morte volontaria, tutti provarono un’enorme emozione. L’atteggiamento della ragazza inizialmente non fu passivo: per aiutare l’erezione fu un bel lavoro di mani e di bocca, davanti a tutti. Poi allargò le gambe e si fece prendere con violenza, cosa che il nero partner sembrava fare quasi meccanicamente. Grande stallone, ma poco espressivo. Ma quando lei s’inginocchiò e poi si chinò carponi chiudendo gli occhi e offrendo il culo, tutti capirono che l’esecuzione vera e propria stava per avvenire. Altro gel, lentamente spalmato nell’ano. Altrettanto lentamente fu impalata dal grosso bastone nero. Quando, dopo dieci minuti di penetrazione, il cazzo nero uscì dalla sua bocca, tutti capirono che era spirata.
• La festa durò per molte ore e quanto ho raccontato non è altro che un breve riassunto di quanto ho visto di persona. Aggiungerò pure che in realtà una di queste finte morti non era simulata o è finita male. Non è chiaro infatti se la ragazza abbia agito in modo maldestro o avesse realmente intenzione di morire e abbia approfittato dell’occasione per mettere in scena la propria morte. Quale delle dieci non si è più rialzata non ve lo posso dire
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