Ballata per il mio uccello
di
Igor Grimorio
genere
masturbazione
“Egregi signori, e naturalmente gentili signore”, l’uomo di mezza età era appena salito sul palco e si accingeva a declamare il suo pezzo. Era arrivato il suo turno ed oggi c’era proprio un bel pubblico, quindi continuò rilassato e contento nel condividere la sua opera.
“In questa mia ballata che ho scritto di getto proprio qualche ora fa parlo del mio uccello. Era da tempo che ci pensavo e oggi ho trovato finalmente l’ispirazione e le parole giuste. Tutto gioca sul doppio senso e sul parallelo tra l’uccello animale volatile e naturalmente l’amico fidato che ogni maschietto si ritrova in mezzo alle gambe”. Risata del pubblico.
“Ritengo doveroso dare prima una piccola spiegazione alle parole addolcite che vi accingete ad ascoltare dalle mie labbra; diciamo una sorta di traduzione al contrario, ovvero prima del brano da tradurre. Comunque, per farla breve: ho voluto condividere con voi una pratica che mi trovo solito fare da qualche tempo. Non resisto. E mi piace parecchio, dandomi uno slancio in più per affrontare la giornata”.
Si schiarì la voce. Poi riprese: “In pratica, una volta sveglio, mi prende una rigidità del pene che mi porta a toccarlo e ad accarezzarlo. È ogni volta bello nella sua lunghezza e mi richiama voglie che vorrei soddisfare subito.
Quindi prendo il cellulare e mi leggo qualche racconto erotico, che aumenta la mia voglia. Rincaro più ulteriormente la dose guardando una manciata di video porno. A questo punto ho il cazzo durissimo che mi batte aderente contro gli slip, sotto le carezze sapienti delle mie dita.
Mi giro e guardo mia moglie, che dorme ancora profondamente e che non ho mai il coraggio di svegliare per infilarle il mio coso in mezzo alle gambe. Forse dovrei osare almeno una volta, ma proprio non mi viene spontaneo e quindi mi rigiro e continuo a massaggiarmi l’erezione da solo. Sono eccitatissimo ma non posso certo eiaculare così, negli slip e nel letto, accanto a mia moglie, così sono costretto a fermarmi e, a questo punto, tanto vale alzarsi.”
“Mi preparo il caffè e qualcosa di dolce da mangiare per colazione. Una volta seduto, bevuto qualche sorso di caffè bollente e un paio di fette con la marmellata, riappare di nuovo quell’erezione che speravo sopita. Ma ritorna ogni volta e io non ci posso fare niente. Allora me lo tiro fuori e lo ammiro in tutta la sua grandezza. La cappella gonfia sembra che mi supplici di essere sormontata dalla pelle del resto del cazzo, ancora e ancora, ripetutamente.”
“Ovviamente, a questo punto eccitato a morte, devo soddisfare immediatamente la mia voglia: mi dirigo in cucina e mi masturbo voracemente sopra il banco, sotto i faretti che illuminano egregiamente il mio membro sollecitato da una mano frenetica che non ha intenzione di fermarsi se non alla fine. E quando finalmente giunge il momento, mi piace stringerlo forte e fermare la mano, per vedere soddisfatto gli spruzzi che fuoriescono, che vanno a decorare con lunghe scie biancastre il grigio piano da lavoro. Sospiro ogni volta felice di aver sfogato in un piacere unico ciò che trattenevo in me.”
“Comunque, adesso ho finito, non preoccupatevi. Forse vi avrò annoiato un po’, o forse vi avrò risvegliato una qualche eccitazione…tant’è! Ecco la mia ballata, dedicata al mio uccello”.
Dopo una brevissima pausa d’effetto, l’uomo iniziò a declamare.
Questa ballata è dedicata al mio uccello, al mio compagno sempre pronto e affidabile, al mio amico che mi tira su nei momenti di solitudine.
Averti accanto quando serve mi dà sicurezza e per questo te ne sarò riconoscente per sempre.
Al mattino sono lieto quando mi svegli sentendo i tuoi movimenti, stufo anche tu di essere costretto tutto il tempo nella tua gabbia.
Allora, per tenerti compagnia e placare la tua impazienza, leggiamo insieme i racconti delle avventure che ti piacciono tanto. Insieme, i nostri battiti accelerano e il sangue pompa nelle vene, e io ammiro il tuo piumaggio che si gonfia ogni volta che orgoglioso sottolinei con un guizzo canoro un passaggio che ti ha esaltato più di altri. So cosa si fa strada dietro la tua espressione di attesa fremente.
E poi sempre insieme a vedere i video dei suoi compagni, intenti indefessi a voli esploratori in caverne buie e bui anfratti. A riempire tronfi di orgoglio i nidi vuoti che reclamano amore e compagnia.
La mattina presto al sorgere del sole continua con un sano cameratismo tra amici duri, induriti dal vissuto delle storie e delle immagini appena evocate. Eccitati della vita, cantiamo insieme con il becco spalancato.
Mi giro e guardo e vedo lei che sta dormendo. Non ti ha neppure sentito cantare. Non ci ha neppure sentito gioire. Ma come fai, poveretto? Chiuso ancora in questa gabbia, che ti preclude ogni volo!
Ma lei dorme: dobbiamo invano fare silenzio.
Magari stasera gli permetterai di farti accarezzare le piume e poi orgoglioso di gonfierai impettito in attesa di altro amore…
Intanto, però, torniamo al presente e riempiamoci la pancia con la prima colazione. Il caffè non fa per te, ma con gusto sai apprezzare la nutrizione carnale. Bello e fiero risorgi dal tuo nido, e sbecchetti le sbarre della gabbia che ti stanno trattenendo.
Fa male, lo so. Ma è necessario per essere finalmente liberi insieme. E allora ti apro la porta, in un estremo gesto di amore fraterno. E tu apri le ali e spicchi il volo, e copri distanze in pochi centimetri, avanti e indietro, avanti e indietro. E ti esalti, lo vedo, nella tua eccitazione inebriante di libertà.
E vieni da me…
Vieni da me…
Vieni…
Grazie per cantare di nuovo per me.
Mi spruzzi di calda gioia di vivere.
“In questa mia ballata che ho scritto di getto proprio qualche ora fa parlo del mio uccello. Era da tempo che ci pensavo e oggi ho trovato finalmente l’ispirazione e le parole giuste. Tutto gioca sul doppio senso e sul parallelo tra l’uccello animale volatile e naturalmente l’amico fidato che ogni maschietto si ritrova in mezzo alle gambe”. Risata del pubblico.
“Ritengo doveroso dare prima una piccola spiegazione alle parole addolcite che vi accingete ad ascoltare dalle mie labbra; diciamo una sorta di traduzione al contrario, ovvero prima del brano da tradurre. Comunque, per farla breve: ho voluto condividere con voi una pratica che mi trovo solito fare da qualche tempo. Non resisto. E mi piace parecchio, dandomi uno slancio in più per affrontare la giornata”.
Si schiarì la voce. Poi riprese: “In pratica, una volta sveglio, mi prende una rigidità del pene che mi porta a toccarlo e ad accarezzarlo. È ogni volta bello nella sua lunghezza e mi richiama voglie che vorrei soddisfare subito.
Quindi prendo il cellulare e mi leggo qualche racconto erotico, che aumenta la mia voglia. Rincaro più ulteriormente la dose guardando una manciata di video porno. A questo punto ho il cazzo durissimo che mi batte aderente contro gli slip, sotto le carezze sapienti delle mie dita.
Mi giro e guardo mia moglie, che dorme ancora profondamente e che non ho mai il coraggio di svegliare per infilarle il mio coso in mezzo alle gambe. Forse dovrei osare almeno una volta, ma proprio non mi viene spontaneo e quindi mi rigiro e continuo a massaggiarmi l’erezione da solo. Sono eccitatissimo ma non posso certo eiaculare così, negli slip e nel letto, accanto a mia moglie, così sono costretto a fermarmi e, a questo punto, tanto vale alzarsi.”
“Mi preparo il caffè e qualcosa di dolce da mangiare per colazione. Una volta seduto, bevuto qualche sorso di caffè bollente e un paio di fette con la marmellata, riappare di nuovo quell’erezione che speravo sopita. Ma ritorna ogni volta e io non ci posso fare niente. Allora me lo tiro fuori e lo ammiro in tutta la sua grandezza. La cappella gonfia sembra che mi supplici di essere sormontata dalla pelle del resto del cazzo, ancora e ancora, ripetutamente.”
“Ovviamente, a questo punto eccitato a morte, devo soddisfare immediatamente la mia voglia: mi dirigo in cucina e mi masturbo voracemente sopra il banco, sotto i faretti che illuminano egregiamente il mio membro sollecitato da una mano frenetica che non ha intenzione di fermarsi se non alla fine. E quando finalmente giunge il momento, mi piace stringerlo forte e fermare la mano, per vedere soddisfatto gli spruzzi che fuoriescono, che vanno a decorare con lunghe scie biancastre il grigio piano da lavoro. Sospiro ogni volta felice di aver sfogato in un piacere unico ciò che trattenevo in me.”
“Comunque, adesso ho finito, non preoccupatevi. Forse vi avrò annoiato un po’, o forse vi avrò risvegliato una qualche eccitazione…tant’è! Ecco la mia ballata, dedicata al mio uccello”.
Dopo una brevissima pausa d’effetto, l’uomo iniziò a declamare.
Questa ballata è dedicata al mio uccello, al mio compagno sempre pronto e affidabile, al mio amico che mi tira su nei momenti di solitudine.
Averti accanto quando serve mi dà sicurezza e per questo te ne sarò riconoscente per sempre.
Al mattino sono lieto quando mi svegli sentendo i tuoi movimenti, stufo anche tu di essere costretto tutto il tempo nella tua gabbia.
Allora, per tenerti compagnia e placare la tua impazienza, leggiamo insieme i racconti delle avventure che ti piacciono tanto. Insieme, i nostri battiti accelerano e il sangue pompa nelle vene, e io ammiro il tuo piumaggio che si gonfia ogni volta che orgoglioso sottolinei con un guizzo canoro un passaggio che ti ha esaltato più di altri. So cosa si fa strada dietro la tua espressione di attesa fremente.
E poi sempre insieme a vedere i video dei suoi compagni, intenti indefessi a voli esploratori in caverne buie e bui anfratti. A riempire tronfi di orgoglio i nidi vuoti che reclamano amore e compagnia.
La mattina presto al sorgere del sole continua con un sano cameratismo tra amici duri, induriti dal vissuto delle storie e delle immagini appena evocate. Eccitati della vita, cantiamo insieme con il becco spalancato.
Mi giro e guardo e vedo lei che sta dormendo. Non ti ha neppure sentito cantare. Non ci ha neppure sentito gioire. Ma come fai, poveretto? Chiuso ancora in questa gabbia, che ti preclude ogni volo!
Ma lei dorme: dobbiamo invano fare silenzio.
Magari stasera gli permetterai di farti accarezzare le piume e poi orgoglioso di gonfierai impettito in attesa di altro amore…
Intanto, però, torniamo al presente e riempiamoci la pancia con la prima colazione. Il caffè non fa per te, ma con gusto sai apprezzare la nutrizione carnale. Bello e fiero risorgi dal tuo nido, e sbecchetti le sbarre della gabbia che ti stanno trattenendo.
Fa male, lo so. Ma è necessario per essere finalmente liberi insieme. E allora ti apro la porta, in un estremo gesto di amore fraterno. E tu apri le ali e spicchi il volo, e copri distanze in pochi centimetri, avanti e indietro, avanti e indietro. E ti esalti, lo vedo, nella tua eccitazione inebriante di libertà.
E vieni da me…
Vieni da me…
Vieni…
Grazie per cantare di nuovo per me.
Mi spruzzi di calda gioia di vivere.
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Sguardi allo specchio - parte terza
Commenti dei lettori al racconto erotico