Il pipistrello. Atto II, scena I
di
Beinhorn
genere
orge
La sera non era ancora giunta al palazzo del principe. E nemmeno gli invitati avevano cominciato ad affluire. I preparativi della servitù invece erano febbrili. Portate e casse di champagne fluivano dalle cucine verso le sale del ricevimento. Decine di cuochi, aiutanti, inservienti e camerieri erano impegnati nella preparazione e nell’allestimento del buffet. Carrelli che contenevano pietanze, piatti e bicchieri, bottiglie di vino e brocche di acqua venivano sospinti, con ordine e alacrità, verso la sala maggiore, dove si sarebbero svolte le danze. Essa conteneva ai lati una moltitudine di tavoli già imbanditi di ogni prelibatezza, lasciando al centro un ampio spazio per i balli. Si accendevano i maestosi lampadari composti da centinaia di candele. Sul palco, infine, l’orchestra stava eseguendo gli ultimi accordi di prova. Tutto fremeva, insomma: il tempo della festa stava per iniziare.
Anche nell’ala del palazzo dove avevano trovato alloggio il principe e la sua innumerevole corte, composta da lacchè, aiutanti, concubine e personale di servizio, palpitava l’agitazione per i preparativi.
Il Principe Orlofsky si trovava in quello che aveva eletto come suo studio. Fumava con indulgenza la pipa, seduto su una poltrona, emettendo grosse volute di fumo azzurrognolo che disegnavano aggraziati e lenti, a dissolversi, arabeschi tra la luce tremula delle candele.
Era un uomo sui quarant'anni. Due bei baffi a manubrio si stagliavano su un viso dall’incarnato colorito che denotava la buona salute. La zazzera castana screziata da qualche riflesso grigio. Era di bell’aspetto e dall’aria aristocratica, ma non appesantito dagli anni: il principe si deliziava con attività fisica continua e il suo portamento lo evidenziava.
Stava ascoltando il suo aiutante di campo, tale Fedor Alexandr’vic. Egli elencava la lista delle cose che erano state approntate nelle ultime ore e quelle che rimanevano da fare per forza maggiore.
Il principe era facile alla noia e anche in quel frangente non riuscì a trattenere uno sbadiglio lasciando costernato un sudato e impacciato ufficiale.
“Ditemi una cosa, caro Fedor Alexandr’vic”, disse mostrando comunque una certa attenzione ai preparativi. “Il nostro corpo di guardia è ben disposto attorno al palazzo? La sicurezza della nostra delegazione è fondamentale. Anche quando ci si diverte e si festeggia. Per non parlare dei molti illustri ospiti.”
Proprio qualche mese prima erano infatti accadute proteste che avevano scosso tutte le corti europee, sebbene, in fondo, il principe non avesse certo timore per la sua incolumità. Tuttavia conosceva bene gli uomini e sapeva che, mostrare un interesse verso la solerzia dei propri sottoposti, valeva come guadagnare in fiducia e stima.
“Certamente, eccellenza” si affrettò a dire l’aiutante. E continuò: “Abbiamo un controllo di tutto il perimetro del parco e ogni ingresso è sorvegliato da almeno una coppia di guardie. Ho evitato di metterne in uniforme all’ingresso principale, voi capirete, non possiamo spaventare i nostri ospiti."
“Brillante come sempre, Fedor. Ora andate. Devo prepararmi.”
Con un diligente e silenzioso inchino l’aiutante di campo si allontanò chiudendo piano la porta.
Il Principe Orlofsky diede ancora un paio di sbuffi di fumo. Poi posò la pipa e si alzò. L’attesa per il ricevimento poteva anche essere snervante. Decise perciò di fare visita alle stanze della sua favorita, la cortigiana Claudine che lo accompagnava fin dalla sua residenza a Ekaterinburg.
Si avviò quindi per lo sfarzoso corridoio e, giunto, senza nemmeno bussare, entrò nella stanza.
Il suo ingresso silenzioso non aveva attirato attenzioni e osservava indisturbato la vestizione della sua concubina. Una splendida donna bionda dal fisico slanciato e dallo sguardo altezzoso. Mani esperte le stringevano i lacci di un corpetto color pesca. Per il resto era nuda. Il principe le osservava il bianco e morbido culo dalla provocante e perfetta linea. A questa vista aveva già il cazzo teso sotto i pantaloni leggeri. Accanto a lei, indaffarate, due dame dall’aria servile e provocanti nella loro divisa di servizio: l’uniforme, identica, consisteva in una tunica nera con vistosi colletti bianchi, strette fino in vita da una lunga fila di bottoni e discendenti fino alle caviglie, solo una modesta quanto eccitante crinolina sul retro, il viso circondato da una cuffia rigida che conteneva le chiome scure accrocchiate. Parevano quasi copie identiche della stessa donna.
Più distante, inginocchiata su un tappeto, le mani legate dietro la schiena, stava una giovane, due lunghe trecce nere e una vistosa collana di sfere di perla le cadevano sui generosi seni. Vestiva solamente un paio di calze scure. Aveva il viso chinato, serio come in attesa di ordini. Un ciuffo di peli scuri le nascondevano il sesso.
“Vi vedo nello specchio, caro, ma non fatevi venire strane voglie” disse la signora. “Dovrò essere perfetta stasera e non ho certo intenzione di soddisfarvi proprio ora”. Concluse.
“Mia cara Claudine” fece, mite, il principe. “Siete ingiusta: non voglio certo rovinare la vostra vestizione né togliervi l’appetito. Per quanto la scena sia davvero carica di sensualità e mi trovi per nulla indifferente”.
Il principe mise le mani nelle tasche della vestaglia. Claudine si voltò un attimo verso di lui e sorridendo disse: “Invece avete il permesso di utilizzare i servigi della mia fedele Cynthia. Questo sì, sarebbe il perfetto aperitivo riscaldante per preparami al meglio.”
A queste parole, la giovane inginocchiata sollevò il viso e le labbra si curvarono in un lieve sorriso.
“Stavo pensando lo stesso. Accordatemi questo favore e non vi disturberò oltre.” disse il Principe. Slacciandosi e, infine, gettando la vestaglia su una poltrona, si avvicinò con calma, ma deciso a Cynthia.
Questa, usa a questa incombenza, slanciò la propria schiena facendo svettare i capezzoli irti, le areole gonfie e i seni perfetti.
Orlofsky le si avvicinò e prese a sfiorarle le labbra con il pollice e l’indice. La ragazza aprì la bocca e accolse le dita, baciandole e succhiandole.
Le calde labbra della giovane fluirono con voluttà sulle dita distribuendo saliva che copiosa cadde a terra.
Il principe indugiò apprezzandone la dedizione mentre con l’altra mano estraeva una verga già in pieno vigore.
Impugnata l’asta, le scorse delicata una mano dietro la nuca spingendola a sé.
La bocca si spalancò per accogliere lo scettro duro e bollente. Il glande sparì nelle labbra fameliche tra i sospiri di piacere del principe.
Claudine, intanto, osservava con attenzione la scena. Da insaziabile e consumata gaudente gradì ciò che stava accadendo. Avvertì la sua fica inumidirsi. Il bisogno di provare piacere crebbe anche in lei, imperioso. Terminato l’allacciamento del corpetto, si sedette su una poltrona per godersi lo spettacolo. Accoccolata nello scranno imbottito divaricò le gambe e ordinò: “Anna, leccami la fica come sai fare!”. Una delle due inservienti si inginocchiò e senza attendere oltre iniziò a lappare con dolcezza le luccicanti labbra della fica della sua signora.
“Oh, sì. Così. Usa anche le tue mani, Anna. Voglio urlare e innaffiarti la faccia con il mio godimento”, disse socchiudendo gli occhi e continuò “E voi, caro Principe, riempitela con il vostro arnese!”
Il principe fotteva con lentezza la bocca di Cynthia. Estraeva il poderoso cazzo lucido e imperlato di filamenti di saliva e prima che la bocca lo accogliesse di nuovo ne accarezzava l’orlo delle labbra con il glande. Labbra che di nuovo andavano a serrarsi sull’asta e ne scorrevano tutta la lunghezza.
Ora lo estraeva e lasciava che la saettante lingua della ragazza gli insalivasse i coglioni duri e gonfi mentre il cazzo le saliva fin sulla fronte. Ora lo riportava nella bocca assaporandone tutto il godimento.
Il principe aveva la testa reclinata, avvolto e sprofondato nel piacere che la ragazza gli stava regalando.
Nella stanza illuminata da decine di candele si avvertivano i risucchi di Cynthia sull’asta e i mugolii di piacere di Claudine che aumentavano di ritmo e intensità. Sulle pareti erano proiettate le ombre della formidabile verga del principe che, in frangenti, spariva nella procace bocca e il suo braccio che ora guidava la testa verso il proprio piacere.
Claudine godeva, la bocca aperta, ululando sommessa e senza ritegno per la bravura di Anna che continuava a martoriare la fica della padrona senza cedere alla stanchezza. Con mestiere la lingua di Anna disegnava traiettorie casuali intorno alle labbra gonfie e infiammate mentre con le mani si dedicava a ritmare il piacere della sua signora: una posata sul monte di venere, l’altra a infliggere piccoli colpi, sapienti e all’apparenza occasionali, al clitoride, il quale spuntava teso.
Il piacere rotolava da un pendio irto, acquistando velocità e frenesia. Claudine si rivolse all’altra ragazza che era rimasta impassibile in attesa di ordini: “Irina, aiuta il principe a riempire di seme la bocca della nostra schiava”. Pronunciò queste parole a fatica scandendole tra uno spasimo e l’altro. Tanto stava per essere travolta dalla slavina.
Irina si diede subito da fare, mettendosi in ginocchio di fianco al principe. Una mano sulle natiche di Orlofsky e l’altra a impugnare l’asta scorrendola.
Fu l’ultimo gradino su cui salire: il principe, avvertendo la pressione della mano sul suo scettro, lanciò un urlo belluino e raggiunse l’orgasmo. All’urlo fece eco il suo cazzo: lo sperma schizzò in abbondanti e interminabili fiotti nella gola di Cynthia. Ella, con la bocca spalancata, accolse tutto, in solerte e servile attesa, senza nemmeno sbattere le ciglia.
Infine deglutì e sporgendosi in avanti accolse succhiando tutta l’asta estraendone le ultime gocce come se non avesse desiderato mai altro.
Nel medesimo istante anche Claudine raggiungeva l’apice spingendo la testa di Anna contro la fica e tormentandosi così il clitoride. Un urlo disperato e prolungato, il sussulto che scosse tutto il flessuoso corpo e le sue gambe avvinghiate sulla schiena di Anna furono le prove dell’intensità dell’orgasmo raggiunto.
Esausto, il principe sorrise compiaciuto nell’osservare la corsa verso il traguardo e infine la smorfia di estatica beatitudine della sua concubina mentre rintuzzava il proprio attrezzo dentro i pantaloni. Si sentiva svuotato e abbastanza ebbro, ma, dato il prospettarsi della serata, ne era anche galvanizzato.
Baciò sulle labbra Cynthia che gli sorrise e diede anche un bacetto a Irina che tanto si erano prodigate per il suo piacere.
Poi si rivolse a Claudine che arrossata dal godimento giaceva ancora sulla poltrona, le gambe divaricate, ma afflosciate. Appariva come una coperta, di lusso e regale, ma tuttavia scomposta, accasciata e prostrata. Anna, nel frattempo si era rialzata e si era riportata, composta, anche se il viso, bagnato degli umori della signora, risultava sfatto e provato , in attesa di ulteriori ordini che non sarebbero tardati.
“Le vostre damigelle, cara Claudine, sono davvero le migliori al mondo”
Claudine sospirando disse “Davvero. È stata una scelta ardua, ma quando si pretende il meglio sulla piazza non c’è altro da fare. Siete soddisfatto, caro?” chiese al principe.
“Soddisfazione è la parola migliore che si possa dire in questi casi. E ora vogliate scusarmi: ho da impartire gli ultimi dettagli e poi scenderò. Tra poco inizieranno ad arrivare gli ospiti”
“Andate pure. Termino di vestirmi e poi sono pronta ad accogliere i migliori cazzi di tutta Vienna”
Anche nell’ala del palazzo dove avevano trovato alloggio il principe e la sua innumerevole corte, composta da lacchè, aiutanti, concubine e personale di servizio, palpitava l’agitazione per i preparativi.
Il Principe Orlofsky si trovava in quello che aveva eletto come suo studio. Fumava con indulgenza la pipa, seduto su una poltrona, emettendo grosse volute di fumo azzurrognolo che disegnavano aggraziati e lenti, a dissolversi, arabeschi tra la luce tremula delle candele.
Era un uomo sui quarant'anni. Due bei baffi a manubrio si stagliavano su un viso dall’incarnato colorito che denotava la buona salute. La zazzera castana screziata da qualche riflesso grigio. Era di bell’aspetto e dall’aria aristocratica, ma non appesantito dagli anni: il principe si deliziava con attività fisica continua e il suo portamento lo evidenziava.
Stava ascoltando il suo aiutante di campo, tale Fedor Alexandr’vic. Egli elencava la lista delle cose che erano state approntate nelle ultime ore e quelle che rimanevano da fare per forza maggiore.
Il principe era facile alla noia e anche in quel frangente non riuscì a trattenere uno sbadiglio lasciando costernato un sudato e impacciato ufficiale.
“Ditemi una cosa, caro Fedor Alexandr’vic”, disse mostrando comunque una certa attenzione ai preparativi. “Il nostro corpo di guardia è ben disposto attorno al palazzo? La sicurezza della nostra delegazione è fondamentale. Anche quando ci si diverte e si festeggia. Per non parlare dei molti illustri ospiti.”
Proprio qualche mese prima erano infatti accadute proteste che avevano scosso tutte le corti europee, sebbene, in fondo, il principe non avesse certo timore per la sua incolumità. Tuttavia conosceva bene gli uomini e sapeva che, mostrare un interesse verso la solerzia dei propri sottoposti, valeva come guadagnare in fiducia e stima.
“Certamente, eccellenza” si affrettò a dire l’aiutante. E continuò: “Abbiamo un controllo di tutto il perimetro del parco e ogni ingresso è sorvegliato da almeno una coppia di guardie. Ho evitato di metterne in uniforme all’ingresso principale, voi capirete, non possiamo spaventare i nostri ospiti."
“Brillante come sempre, Fedor. Ora andate. Devo prepararmi.”
Con un diligente e silenzioso inchino l’aiutante di campo si allontanò chiudendo piano la porta.
Il Principe Orlofsky diede ancora un paio di sbuffi di fumo. Poi posò la pipa e si alzò. L’attesa per il ricevimento poteva anche essere snervante. Decise perciò di fare visita alle stanze della sua favorita, la cortigiana Claudine che lo accompagnava fin dalla sua residenza a Ekaterinburg.
Si avviò quindi per lo sfarzoso corridoio e, giunto, senza nemmeno bussare, entrò nella stanza.
Il suo ingresso silenzioso non aveva attirato attenzioni e osservava indisturbato la vestizione della sua concubina. Una splendida donna bionda dal fisico slanciato e dallo sguardo altezzoso. Mani esperte le stringevano i lacci di un corpetto color pesca. Per il resto era nuda. Il principe le osservava il bianco e morbido culo dalla provocante e perfetta linea. A questa vista aveva già il cazzo teso sotto i pantaloni leggeri. Accanto a lei, indaffarate, due dame dall’aria servile e provocanti nella loro divisa di servizio: l’uniforme, identica, consisteva in una tunica nera con vistosi colletti bianchi, strette fino in vita da una lunga fila di bottoni e discendenti fino alle caviglie, solo una modesta quanto eccitante crinolina sul retro, il viso circondato da una cuffia rigida che conteneva le chiome scure accrocchiate. Parevano quasi copie identiche della stessa donna.
Più distante, inginocchiata su un tappeto, le mani legate dietro la schiena, stava una giovane, due lunghe trecce nere e una vistosa collana di sfere di perla le cadevano sui generosi seni. Vestiva solamente un paio di calze scure. Aveva il viso chinato, serio come in attesa di ordini. Un ciuffo di peli scuri le nascondevano il sesso.
“Vi vedo nello specchio, caro, ma non fatevi venire strane voglie” disse la signora. “Dovrò essere perfetta stasera e non ho certo intenzione di soddisfarvi proprio ora”. Concluse.
“Mia cara Claudine” fece, mite, il principe. “Siete ingiusta: non voglio certo rovinare la vostra vestizione né togliervi l’appetito. Per quanto la scena sia davvero carica di sensualità e mi trovi per nulla indifferente”.
Il principe mise le mani nelle tasche della vestaglia. Claudine si voltò un attimo verso di lui e sorridendo disse: “Invece avete il permesso di utilizzare i servigi della mia fedele Cynthia. Questo sì, sarebbe il perfetto aperitivo riscaldante per preparami al meglio.”
A queste parole, la giovane inginocchiata sollevò il viso e le labbra si curvarono in un lieve sorriso.
“Stavo pensando lo stesso. Accordatemi questo favore e non vi disturberò oltre.” disse il Principe. Slacciandosi e, infine, gettando la vestaglia su una poltrona, si avvicinò con calma, ma deciso a Cynthia.
Questa, usa a questa incombenza, slanciò la propria schiena facendo svettare i capezzoli irti, le areole gonfie e i seni perfetti.
Orlofsky le si avvicinò e prese a sfiorarle le labbra con il pollice e l’indice. La ragazza aprì la bocca e accolse le dita, baciandole e succhiandole.
Le calde labbra della giovane fluirono con voluttà sulle dita distribuendo saliva che copiosa cadde a terra.
Il principe indugiò apprezzandone la dedizione mentre con l’altra mano estraeva una verga già in pieno vigore.
Impugnata l’asta, le scorse delicata una mano dietro la nuca spingendola a sé.
La bocca si spalancò per accogliere lo scettro duro e bollente. Il glande sparì nelle labbra fameliche tra i sospiri di piacere del principe.
Claudine, intanto, osservava con attenzione la scena. Da insaziabile e consumata gaudente gradì ciò che stava accadendo. Avvertì la sua fica inumidirsi. Il bisogno di provare piacere crebbe anche in lei, imperioso. Terminato l’allacciamento del corpetto, si sedette su una poltrona per godersi lo spettacolo. Accoccolata nello scranno imbottito divaricò le gambe e ordinò: “Anna, leccami la fica come sai fare!”. Una delle due inservienti si inginocchiò e senza attendere oltre iniziò a lappare con dolcezza le luccicanti labbra della fica della sua signora.
“Oh, sì. Così. Usa anche le tue mani, Anna. Voglio urlare e innaffiarti la faccia con il mio godimento”, disse socchiudendo gli occhi e continuò “E voi, caro Principe, riempitela con il vostro arnese!”
Il principe fotteva con lentezza la bocca di Cynthia. Estraeva il poderoso cazzo lucido e imperlato di filamenti di saliva e prima che la bocca lo accogliesse di nuovo ne accarezzava l’orlo delle labbra con il glande. Labbra che di nuovo andavano a serrarsi sull’asta e ne scorrevano tutta la lunghezza.
Ora lo estraeva e lasciava che la saettante lingua della ragazza gli insalivasse i coglioni duri e gonfi mentre il cazzo le saliva fin sulla fronte. Ora lo riportava nella bocca assaporandone tutto il godimento.
Il principe aveva la testa reclinata, avvolto e sprofondato nel piacere che la ragazza gli stava regalando.
Nella stanza illuminata da decine di candele si avvertivano i risucchi di Cynthia sull’asta e i mugolii di piacere di Claudine che aumentavano di ritmo e intensità. Sulle pareti erano proiettate le ombre della formidabile verga del principe che, in frangenti, spariva nella procace bocca e il suo braccio che ora guidava la testa verso il proprio piacere.
Claudine godeva, la bocca aperta, ululando sommessa e senza ritegno per la bravura di Anna che continuava a martoriare la fica della padrona senza cedere alla stanchezza. Con mestiere la lingua di Anna disegnava traiettorie casuali intorno alle labbra gonfie e infiammate mentre con le mani si dedicava a ritmare il piacere della sua signora: una posata sul monte di venere, l’altra a infliggere piccoli colpi, sapienti e all’apparenza occasionali, al clitoride, il quale spuntava teso.
Il piacere rotolava da un pendio irto, acquistando velocità e frenesia. Claudine si rivolse all’altra ragazza che era rimasta impassibile in attesa di ordini: “Irina, aiuta il principe a riempire di seme la bocca della nostra schiava”. Pronunciò queste parole a fatica scandendole tra uno spasimo e l’altro. Tanto stava per essere travolta dalla slavina.
Irina si diede subito da fare, mettendosi in ginocchio di fianco al principe. Una mano sulle natiche di Orlofsky e l’altra a impugnare l’asta scorrendola.
Fu l’ultimo gradino su cui salire: il principe, avvertendo la pressione della mano sul suo scettro, lanciò un urlo belluino e raggiunse l’orgasmo. All’urlo fece eco il suo cazzo: lo sperma schizzò in abbondanti e interminabili fiotti nella gola di Cynthia. Ella, con la bocca spalancata, accolse tutto, in solerte e servile attesa, senza nemmeno sbattere le ciglia.
Infine deglutì e sporgendosi in avanti accolse succhiando tutta l’asta estraendone le ultime gocce come se non avesse desiderato mai altro.
Nel medesimo istante anche Claudine raggiungeva l’apice spingendo la testa di Anna contro la fica e tormentandosi così il clitoride. Un urlo disperato e prolungato, il sussulto che scosse tutto il flessuoso corpo e le sue gambe avvinghiate sulla schiena di Anna furono le prove dell’intensità dell’orgasmo raggiunto.
Esausto, il principe sorrise compiaciuto nell’osservare la corsa verso il traguardo e infine la smorfia di estatica beatitudine della sua concubina mentre rintuzzava il proprio attrezzo dentro i pantaloni. Si sentiva svuotato e abbastanza ebbro, ma, dato il prospettarsi della serata, ne era anche galvanizzato.
Baciò sulle labbra Cynthia che gli sorrise e diede anche un bacetto a Irina che tanto si erano prodigate per il suo piacere.
Poi si rivolse a Claudine che arrossata dal godimento giaceva ancora sulla poltrona, le gambe divaricate, ma afflosciate. Appariva come una coperta, di lusso e regale, ma tuttavia scomposta, accasciata e prostrata. Anna, nel frattempo si era rialzata e si era riportata, composta, anche se il viso, bagnato degli umori della signora, risultava sfatto e provato , in attesa di ulteriori ordini che non sarebbero tardati.
“Le vostre damigelle, cara Claudine, sono davvero le migliori al mondo”
Claudine sospirando disse “Davvero. È stata una scelta ardua, ma quando si pretende il meglio sulla piazza non c’è altro da fare. Siete soddisfatto, caro?” chiese al principe.
“Soddisfazione è la parola migliore che si possa dire in questi casi. E ora vogliate scusarmi: ho da impartire gli ultimi dettagli e poi scenderò. Tra poco inizieranno ad arrivare gli ospiti”
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