Angy e Fede - Al mare - 1: Scherzi e incidenti
di
Renok
genere
esibizionismo
Ciao a tutti! Sono un nuovo autore. Con questo primo racconto vorrei iniziare una serie relativa alle avventure dei personaggi da me immaginati. Mi scuso se questo primo racconto, introduttivo, non dovesse risultare particolarmente hot. La serie diventerà pian piano più eccitante.
Mi chiamo Federico, ma per tutti, al di fuori dei contesti ufficiali, sono Fede, al punto che, da piccolo, davo, a chiunque me la chiedesse, quell’abbreviazione come fosse il mio nome. Ero, a quell’età, quello che si potrebbe definire, mio malgrado, uno sfigato: piccolo, fin troppo magro, privo di muscoli, con una vocina acuta da bimbo, quattrocchi, cocco delle maestre, appassionato ai videogiochi e a qualsiasi altra attività che non richiedesse l’interazione con gli altri o il movimento fisico. Durante la pubertà ero come tutti cresciuto un po’ sia a livello fisico che mentale, ma, da poco compiuti i diciotto anni, il mio processo di trasformazione era ancora all’inizio e da molti punti di vista ero ancora un ragazzino. Durante la mia infanzia e prima adolescenza, gli altri ragazzi cercavano per lo più di infastidirmi e deridermi, le ragazze invece per lo più mi ignoravano. Per questo, trascorrevo una buona parte delle mie giornate con l’altro sfigato della mia classe: Luca. A differenza mia, lui proveniva da una famiglia con una buona genetica, dove tutti avevano un bell’aspetto, ma la madre era fin troppo protettiva e sfogava questo istinto ingozzando il figlio di ogni cosa edibile su questa terra, trattamento che lui, pigro e goloso, non rifiutava affatto, sicché persino il suo metabolismo favorito da Madre Natura cedette, facendolo diventare un maialino grassottello. Passavamo il tempo per lo più nelle rispettive case, giocando ai videogame, parlando degli stessi e ridacchiando di quella cosa di cui non capivamo ancora perfettamente le dinamiche: il sesso. I porno che vedevamo ci insegnavano qualcosa, ma era raro che li vedessimo insieme, perché ci vergognavamo troppo.
Certo sui diciotto di sesso ne capivo di più, ma la cosa mi metteva più ansia che altro: avevo alle spalle giusto un paio di disastrosi tentativi di approccio con le ragazze e le mie amicizie si riducevano ancora a Luca e pochi altri. Un giorno di primavera, un pezzo di muro della nostra scuola cadde per terra. Non si trattava che di qualche calcinaccio, ma, giustamente, la cosa generò indignazione. Un comitato studentesco protestò contro l’incuria nell’edilizia scolastica del mio paese e la scuola venne chiusa per verifiche strutturali e restauri che, a detta di sindaco e preside, sarebbero stati estremamente rapidi ed efficaci. Tuttavia, almeno paio di giorni liberi vennero immediatamente concessi, perché non c’era modo di redistribuire tutti i ragazzi su altre sedi. Noi non avevamo scuola e faceva caldo per cui si pensò di andare al mare. Visto che erano giorni pienamente lavorativi e che la stagione balneare era appena all’inizio, avremmo anche trovato pochissima gente. Ma proprio perché erano giorni lavorativi, nessuno dei nostri genitori poteva accompagnarci e né io né Luca, che subito si propose di venire insieme a me, avevamo ancora la patente. Luca aveva una sorella, Joele, che era lo schianto della scuola. Aveva vent’anni e, per ora, si stava prendendo un periodo di pausa post-diploma. Aveva una sessualità alquanto promiscua, ma era difficile stabilire quanti ragazzi erano stati con lei, perché era riservata su queste cose e circolavano troppe leggende. Io ero invidioso che Luca potesse avere una tale bellezza in casa, ma, ovviamente, alla sua percezione di fratello, lei gli era del tutto indifferente, anzi, litigavano spesso. Joele, che aveva la patente ma non se la sentiva di guidare dal nostro paese fino al mare, si stava frequentando con un ragazzo che si chiamava Mirco e che aveva ventun anni. Mirco era conosciuto sia alla famiglia di Luca che alla mia e tutti si fidavano molto di lui, perché sembrava un ragazzo ragionevole e serio. In quel periodo, a Mirco era appena scaduto un contratto di lavoro. Ora stava cercando altro, ma per il momento era libero. Lui avrebbe senz’altro potuto accompagnarci. Fu dunque deciso così: saremmo andati al mare un mercoledì, io, Luca, Joele, Mirco e un’altra ragazza della nostra classe, Sara. Sara era la figlia di un’amica di mia mamma e questo spiegava la sua presenza. Era una ragazza un po’ bruttina, che non suscitava granché il mio interesse, ma avevo con lei una discreta amicizia (Luca invece, sbavava anche dietro di lei, per quanto fosse troppo timido per provarci).
Ora dovete sapere che Joele aveva ragione di nutrire una certa ostilità nei miei confronti. Tempo addietro era stata in una relazione con un mio compagno di classe. Io venni a sapere che lei lo tradiva con un altro e glielo andai a riferire. Il mio compagno di classe, avuta la mia testimonianza e quella di altri, lasciò Joele. Io credevo che Joele non sarebbe mai venuta a sapere che ero tra quelli che avevano fatto la spia, ma a quanto pare lui, in un momento di rabbia, aveva fatto per sbaglio il mio nome a Joele. La ragazza non fece nulla in quel momento e, passando qualche anno, la sua ostilità verso di me, di cui io non sapevo nulla, si era alquanto placata. Tuttavia, si era trasformata in altro: come io l’avevo, indirettamente, umiliata, facendole perdere il ragazzo e facendola passare per una “di facili costumi”, così lei voleva umiliare me, anche se in maniera meno forte e più giocosa. Di questa sua voglia di avere vendetta io non sapevo nulla, ma l’avrei capita nel corso di quella giornata.
Prendemmo la macchina di Mirco (le nostre famiglie si erano già accordate per pagargli un terzo della benzina cadauna) e ci avventurammo verso il mare. Mirco conosceva un posto non troppo lontano che già di solito era abbastanza riservato e, nonostante fosse libero e gratuito, era abbastanza pulito. Mirco si mise al posto di guida, Joele al suo fianco, noi tre stavamo sui sedili posteriori, io in mezzo tra Luca e Sara. Mirco e Joele passarono il viaggio a chiacchierare e flirtare. Joele aveva messo la testa un po’ a posto e ora voleva una persona più seria al suo fianco e non solo avventure passeggere. Per questo, nonostante fosse chiaramente attratta da Mirco, non si era ancora concessa e per ora tutto era ancora incerto. Io provavo una certa invidia verso Mirco, che era proprio un bel ragazzo e stava corteggiando la persona più bella, a mio avviso, ad aver mai messo piede nella mia scuola. Provai a distrarmi chiacchierando con Luca, il quale ovviamente fece scadere la conversazione su quello che succedeva in classe o sui videogiochi, mentre Sara stava sulle sue al cellulare.
Parcheggiamo e scendemmo per delle scalette. La spiaggia dove Mirco ci aveva portato era una linea di sabbia, che veniva presto tagliata d’ambo i lati, perché la costa rientrava verso l’interno. Su questo tratto non c’era ancora nessuno. Visto che eravamo su una spiaggia libera, non c’erano spogliatoi, per cui avevamo già i costumi sotto, per evitare di doverci cambiare. Dopo aver disposto degli asciugamani a terra e aver posato gli zaini, io e Luca ci spogliammo e ci buttammo subito in acqua, seguiti da Joele e Mirco. Rimasi affascinato dal corpo di Joele: aveva la carnagione appena scura. Non era abbronzatura, ma un tono naturale che aveva ereditato dalla linea genetica di papà, che aveva antenati siciliani. Era così fottutamente bella: né troppo magra, né grassa, ma un corpo che vibrava di tonicità ed energia, restando al tempo stesso molto fine. Non aveva delle tette enormi, ma erano semplicemente giuste e il culo era uno spettacolo. Io ero fuori di me per quella moretta mezza nuda che si beava nell’acqua. Il solo vederla, io che ero così pieno di ormoni, quasi mi scatenava un’erezione per cui provai a distrarmi il più possibile, giocando con Mirco e Luca. Con un lungo bagno, passò la mattinata. Ci andammo a stendere sugli asciugamani. Mentre uscivo dall’acqua, vidi Joele sussurrare qualcosa all’orecchio di Mirco, mentre entrambi mi guardavano. Io non lo sapevo, ma la vendetta di Joele si era messa in moto.
Mirco mi venne vicino, sorridendo e, a voce abbastanza alta, in modo che tutti potessero sentire, mi fece: “Lo sai che non si devono far arrabbiare le ragazze?”
Io lì per lì sono infastidito ma non capisco. Lui prosegue senza darmi tempo di replicare: “Sentite, io ho un po’ di fame, dobbiamo risalire. Ci prendiamo qualcosa dal paninaro qui vicino, va bene a tutti?” Approviamo. Ci alziamo per raccogliere la roba. Mirco raccolse da terra uno degli asciugamani dietro di me e, indicano il mio costume, mi disse: “Guarda, non è ancora asciutto e poi è pieno di sabbia, ti devi cambiare.”
“Ok” faccio io, credendo che l’idea fosse quella di appartarci un attimo e lui che mi passa le mutande da sotto un asciugamano. Invece, Mirco si avvicina da dietro e sento afferrarmi i bordi del costume, che in un attimo è sotto alle mie ginocchia. Io, tipo ancora molto timido e chiuso, ero ora completamente nudo di fronte a due ragazze e al mio migliore amico. Vado nel panico: provo a coprirmi maldestramente con le mani e corro via. Mossa del tutto irrazionale, perché il costume cade a terra e Mirco lo recupera, lo sbatte un poco per togliergli la sabbia e lo mette in borsa. Joele ridacchia soddisfatta, Sara è a disagio, Luca sorride. Io nel frattempo mi sono avvicinato al mare e non ho voglia di tornare al gruppo, al quale do le spalle. Un ragazzo di diciotto anni avrebbe potuto comportarsi in modo meno isterico, ma comunque mi metto a urlare a Mirco di ridarmi il costume.
Joele mi fa: “Chi umilia gli altri, sarà umiliato!” e ride. Mi metto un attimo a pensare a quella frase e in quel momento capisco che lei aveva scoperto che avevo fatto la spia tempo prima. Lezione imparata, vendetta accettata.
Per umiliarmi ancora di più, Mirco fa: “Al massimo gli ridò le mutande. Però deve venire qui a cambiarsele!”
“Ma vaffanculo!” replico io, facendo ridere tutto il gruppo.
“Per me puoi rimanere lì, mentre noi andiamo a mangiare. Forza, ragazzi!” prosegue lui tranquillo.
Sembrano fare sul serio: mettono la roba nella borsa per andare via. Nonostante un po’ di timide proteste da parte di Luca e Sara, ridacchiando il gruppo si allontana. Ma guarda te! Essere trattato come un ragazzino, con la mamma che minaccia di andarsene se lui non ubbidisce! Il numero di film mentali che mi faccio è parecchio elevato, ma alla fine, decido di incamminarmi a passo svelto verso il gruppo, guardandomi nel frattempo il pacco, per vedere se le mani riuscivano a coprirlo bene. Nel mentre, il gruppetto era arrivato alle scalette. Io provo a urlargli contro, mentre mi avvicino: “Ehi! Coglione! Puoi ridarmi il costume! Ma che cazzo di scherzo è! Muoviti su!”. Purtroppo, nonostante i miei tentativi di mantenere la calma, si vede che mi farei uccidere piuttosto che farmi vedere nudo e Joele è riuscita nel suo intento di umiliarmi.
Mirco, con una calma fin troppo enfatizzata, si rivolge a Joele: “Lo perdoni?”
Lei fa: “Se mi chiede scusa…”
“Chiedile scusa…”
Io, nudo, con il pacco coperto dalle mani, in mezzo a quattro miei amici, faccio, rapido: “Sì, sì, scusa…”
“Chiedile scusa bene!”
Provo a buttarla sull’ironia e in modo molto pomposo faccio: “Scusatemi, Mademoiselle Joele le porgo le mie più sincere scuse per essermi indebitamente intromesso nei suoi affari amorosi”
“Questa mi piace, scuse accettate” conclude lei sorridendo. Quest’ultima uscita ha avuto un certo successo, in parte sembro un po’ più serio.
“Va bene. Allora, Joele, gli asciugamani per cambiarvi tu li hai nella borsa. Tu e Sara cambiatevi e poi raggiungeteci alla macchina. Io e i maschietti ci cambiamo sopra le scalette.”
Sopra le scalette c’era un muro che copriva la vista dalla strada. A meno che qualcuno non avesse deciso di entrare nella spiaggetta proprio in quel momento, eravamo al riparo da sguardi indiscreti. Le ragazze si allontanano. Io vado avanti per primo, Luca ridacchia da scemo vedendomi il culo nudo. Mi sento umiliato e infastidito. Finita a scalinata, io e Luca ci acquattiamo dietro il muro, Mirco vede se dall’ingresso sta arrivando qualcuno: no, il parcheggio è deserto, possiamo cambiarci. Mirco mi passa una pezzetta che, per mio sconforto, è troppo piccola per coprirmi: “Usa questa per pulirti il culo dalla sabbia, poi ti passo le mutande. E togli le mani da lì, su, che fai schifo e poi ora sei tra maschi.” Io sono ancora più irritato per la ramanzina, ma decido di obbedire e mi scopro il cazzo. Senza troppa convinzione, inizio a strusciarmi la pezzetta sulle chiappe. Nel frattempo, Mirco dice a Luca di togliersi anche lui il costume. Il coglione, che fino a ora ridacchiava, è ancora più umiliato dallo stare nudo, a causa della sua pancia ben prominente e del suo cazzo corto e grassottello, che sembra una specie di sigaro, con due coglioni molto grossi sotto. “E tu muoviti a pulirti, che ho fame” fa Mirco. Anche se è molto umiliante, inizio a muovere la pezzetta con più vigore, entrando anche nella fessura dove sta l’ano. Alla fine, siamo abbastanza puliti e Mirco ci ridà le nostre mutande, che indosso con gioia. Prima di darci il resto dei vestiti, Mirco si sfila anche lui il costume. Sono immediatamente colpito. È un bel ragazzo: alto, biondo cenere, con uno sguardo languido e una mascella ben squadrata. Ha l’addome parecchio ben definito e delle braccia con una circonferenza tripla rispetto alla mia. Ma a colpirmi maggiormente sono le dimensioni del suo membro: di rado ne ho visti di così lunghi e grossi, anche nei porno. Mi ritorna un senso di umiliazione e sottomissione di fronte a quello spettacolo imponente, che sovrasta sia il mio che quello di Luca. Sul volto di Mirco leggo un sorrisetto di autocompiacimento. Sbatte un po’ il costume, tira fuori un’altra pezzetta con cui si pulisce distrattamente il sedere e poi si mette le mutande. Infine ci dà il resto dei nostri vestiti. Poco dopo incontriamo le ragazze e andiamo insieme a mangiare.
Torniamo. Stavolta dobbiamo cambiarci. Le ragazze scendono di nuovo sulla spiaggia, noi maschietti lo facciamo dietro il muretto. Quando le ragazze spariscono dietro la vegetazione che circonda le scalette, Mirco ci dice di spogliarci di nuovo nudi. Dopo aver messo i nostri vestiti nella borsa, riceviamo il costume, che indossiamo con una certa soddisfazione. A quel punto, è Mirco a denudarsi.
“Scusate ragazzi…” È Joele, un po’ intimidita, che appare di nuovo in cima alle scale. Becca Mirco completamente nudo, in frontale, con il costume in mano. “Oh! Scusa!” fa lei, sinceramente imbarazzata, girando la testa. Mirco reagisce con una risatina imbarazzata, capisce il disagio della ragazza e prova a minimizzare. Forse vorrebbe fare una battuta, ma non gli viene in mente niente, per cui se ne esce con un semplice: “Non fa nulla, tranquilla. Come mai sei salita?” Sempre con la testa voltata, Joele gli dice: “Giù sulla spiaggia ci sono delle persone, non possiamo cambiarci lì.” “Ah, se volete faccio la guardia da sotto alle scale per vedere se non sale nessuno e potete cambiarvi qui.” Nel frattempo si è messo il costume si avvicina a Joele e le sussurra: “Però non ti è dispiaciuto lo spettacolo eh? Non hai nemmeno pagato il biglietto.” “Ma dai cretino!” fa lei ridendo. Lui azzarda un bacino sulla fronte. Joele non rifiuta. Io provo invidia. Si scende. Quando noi maschietti siamo sulla spiaggia, le ragazze salgono sulle scalette e si cambiano. Nel frattempo, il gruppetto che stava con noi sulla spiaggia se ne va in una delle rientranze laterali e non lo vediamo più. Siamo di nuovo soli. Le ragazze ritornano.
Facciamo passare un po’ di tempo per digerire, poi ci ributtiamo in acqua. Mirco, che è un bravo nuotatore, decide di andare un po’ più a largo. Io, per spirito di sfida, decido di provare a seguirlo. Solo che io non sono così bravo e la corrente mi porta verso sinistra, dove ci sono degli scogli. Tocco con il culo uno di questi scogli. Ho paura: sono scivolosi, duri e appuntiti, posso farmi seriamente male. Istintivamente, mi tiro avanti, per allontanarmi dagli scogli. La parte di scoglio che avevo toccato con il culo era una rientranza, e poco più su c’era una piccola protuberanza, fatta più o meno a uncino. Il lembo del mio costume a pantaloncino resta impigliato in questa parte e, dato il mio movimento brusco, i miei pantaloncini mi si sfilano mentre provo a divincolarmi. Non so come, riesco a non far sbattere la pelle nuda contro gli scogli e mi allontano senza essermi fatto nulla, ma, per la seconda volta, nudo davanti a tutti. Appena arrivo in un punto dove tocco, mi copro con le mani e grido: “Aiuto! Ho perso il costume!” Lì vicino c’era Joele, che, vedendomi andare verso gli scogli si era preoccupata e Mirco, che era appena rientrato dalla sua nuotata. Anche Luca e Sara si stavano avvicinando a causa delle mie grida.
“Tu stai bene?” mi fa Mirco.
“Sì, non mi fa male niente!” faccio io.
“Ma come hai fatto a perdere il costume, si può sapere?” ridacchia lui, poi dice a Joele: “Provo ad andare a recuperarglielo.”
“Sei scemo? Ti farai male sugli scogli!” fa lei, premurosa.
“So vedermela. L’acqua è tranquilla. E comunque, se non li trovo, fa niente. Si asciuga e si mette le mutande.”
Mirco si butta in acqua subito, mentre io resto lì, con Joele che mi rimprovera.
Mi chiamo Federico, ma per tutti, al di fuori dei contesti ufficiali, sono Fede, al punto che, da piccolo, davo, a chiunque me la chiedesse, quell’abbreviazione come fosse il mio nome. Ero, a quell’età, quello che si potrebbe definire, mio malgrado, uno sfigato: piccolo, fin troppo magro, privo di muscoli, con una vocina acuta da bimbo, quattrocchi, cocco delle maestre, appassionato ai videogiochi e a qualsiasi altra attività che non richiedesse l’interazione con gli altri o il movimento fisico. Durante la pubertà ero come tutti cresciuto un po’ sia a livello fisico che mentale, ma, da poco compiuti i diciotto anni, il mio processo di trasformazione era ancora all’inizio e da molti punti di vista ero ancora un ragazzino. Durante la mia infanzia e prima adolescenza, gli altri ragazzi cercavano per lo più di infastidirmi e deridermi, le ragazze invece per lo più mi ignoravano. Per questo, trascorrevo una buona parte delle mie giornate con l’altro sfigato della mia classe: Luca. A differenza mia, lui proveniva da una famiglia con una buona genetica, dove tutti avevano un bell’aspetto, ma la madre era fin troppo protettiva e sfogava questo istinto ingozzando il figlio di ogni cosa edibile su questa terra, trattamento che lui, pigro e goloso, non rifiutava affatto, sicché persino il suo metabolismo favorito da Madre Natura cedette, facendolo diventare un maialino grassottello. Passavamo il tempo per lo più nelle rispettive case, giocando ai videogame, parlando degli stessi e ridacchiando di quella cosa di cui non capivamo ancora perfettamente le dinamiche: il sesso. I porno che vedevamo ci insegnavano qualcosa, ma era raro che li vedessimo insieme, perché ci vergognavamo troppo.
Certo sui diciotto di sesso ne capivo di più, ma la cosa mi metteva più ansia che altro: avevo alle spalle giusto un paio di disastrosi tentativi di approccio con le ragazze e le mie amicizie si riducevano ancora a Luca e pochi altri. Un giorno di primavera, un pezzo di muro della nostra scuola cadde per terra. Non si trattava che di qualche calcinaccio, ma, giustamente, la cosa generò indignazione. Un comitato studentesco protestò contro l’incuria nell’edilizia scolastica del mio paese e la scuola venne chiusa per verifiche strutturali e restauri che, a detta di sindaco e preside, sarebbero stati estremamente rapidi ed efficaci. Tuttavia, almeno paio di giorni liberi vennero immediatamente concessi, perché non c’era modo di redistribuire tutti i ragazzi su altre sedi. Noi non avevamo scuola e faceva caldo per cui si pensò di andare al mare. Visto che erano giorni pienamente lavorativi e che la stagione balneare era appena all’inizio, avremmo anche trovato pochissima gente. Ma proprio perché erano giorni lavorativi, nessuno dei nostri genitori poteva accompagnarci e né io né Luca, che subito si propose di venire insieme a me, avevamo ancora la patente. Luca aveva una sorella, Joele, che era lo schianto della scuola. Aveva vent’anni e, per ora, si stava prendendo un periodo di pausa post-diploma. Aveva una sessualità alquanto promiscua, ma era difficile stabilire quanti ragazzi erano stati con lei, perché era riservata su queste cose e circolavano troppe leggende. Io ero invidioso che Luca potesse avere una tale bellezza in casa, ma, ovviamente, alla sua percezione di fratello, lei gli era del tutto indifferente, anzi, litigavano spesso. Joele, che aveva la patente ma non se la sentiva di guidare dal nostro paese fino al mare, si stava frequentando con un ragazzo che si chiamava Mirco e che aveva ventun anni. Mirco era conosciuto sia alla famiglia di Luca che alla mia e tutti si fidavano molto di lui, perché sembrava un ragazzo ragionevole e serio. In quel periodo, a Mirco era appena scaduto un contratto di lavoro. Ora stava cercando altro, ma per il momento era libero. Lui avrebbe senz’altro potuto accompagnarci. Fu dunque deciso così: saremmo andati al mare un mercoledì, io, Luca, Joele, Mirco e un’altra ragazza della nostra classe, Sara. Sara era la figlia di un’amica di mia mamma e questo spiegava la sua presenza. Era una ragazza un po’ bruttina, che non suscitava granché il mio interesse, ma avevo con lei una discreta amicizia (Luca invece, sbavava anche dietro di lei, per quanto fosse troppo timido per provarci).
Ora dovete sapere che Joele aveva ragione di nutrire una certa ostilità nei miei confronti. Tempo addietro era stata in una relazione con un mio compagno di classe. Io venni a sapere che lei lo tradiva con un altro e glielo andai a riferire. Il mio compagno di classe, avuta la mia testimonianza e quella di altri, lasciò Joele. Io credevo che Joele non sarebbe mai venuta a sapere che ero tra quelli che avevano fatto la spia, ma a quanto pare lui, in un momento di rabbia, aveva fatto per sbaglio il mio nome a Joele. La ragazza non fece nulla in quel momento e, passando qualche anno, la sua ostilità verso di me, di cui io non sapevo nulla, si era alquanto placata. Tuttavia, si era trasformata in altro: come io l’avevo, indirettamente, umiliata, facendole perdere il ragazzo e facendola passare per una “di facili costumi”, così lei voleva umiliare me, anche se in maniera meno forte e più giocosa. Di questa sua voglia di avere vendetta io non sapevo nulla, ma l’avrei capita nel corso di quella giornata.
Prendemmo la macchina di Mirco (le nostre famiglie si erano già accordate per pagargli un terzo della benzina cadauna) e ci avventurammo verso il mare. Mirco conosceva un posto non troppo lontano che già di solito era abbastanza riservato e, nonostante fosse libero e gratuito, era abbastanza pulito. Mirco si mise al posto di guida, Joele al suo fianco, noi tre stavamo sui sedili posteriori, io in mezzo tra Luca e Sara. Mirco e Joele passarono il viaggio a chiacchierare e flirtare. Joele aveva messo la testa un po’ a posto e ora voleva una persona più seria al suo fianco e non solo avventure passeggere. Per questo, nonostante fosse chiaramente attratta da Mirco, non si era ancora concessa e per ora tutto era ancora incerto. Io provavo una certa invidia verso Mirco, che era proprio un bel ragazzo e stava corteggiando la persona più bella, a mio avviso, ad aver mai messo piede nella mia scuola. Provai a distrarmi chiacchierando con Luca, il quale ovviamente fece scadere la conversazione su quello che succedeva in classe o sui videogiochi, mentre Sara stava sulle sue al cellulare.
Parcheggiamo e scendemmo per delle scalette. La spiaggia dove Mirco ci aveva portato era una linea di sabbia, che veniva presto tagliata d’ambo i lati, perché la costa rientrava verso l’interno. Su questo tratto non c’era ancora nessuno. Visto che eravamo su una spiaggia libera, non c’erano spogliatoi, per cui avevamo già i costumi sotto, per evitare di doverci cambiare. Dopo aver disposto degli asciugamani a terra e aver posato gli zaini, io e Luca ci spogliammo e ci buttammo subito in acqua, seguiti da Joele e Mirco. Rimasi affascinato dal corpo di Joele: aveva la carnagione appena scura. Non era abbronzatura, ma un tono naturale che aveva ereditato dalla linea genetica di papà, che aveva antenati siciliani. Era così fottutamente bella: né troppo magra, né grassa, ma un corpo che vibrava di tonicità ed energia, restando al tempo stesso molto fine. Non aveva delle tette enormi, ma erano semplicemente giuste e il culo era uno spettacolo. Io ero fuori di me per quella moretta mezza nuda che si beava nell’acqua. Il solo vederla, io che ero così pieno di ormoni, quasi mi scatenava un’erezione per cui provai a distrarmi il più possibile, giocando con Mirco e Luca. Con un lungo bagno, passò la mattinata. Ci andammo a stendere sugli asciugamani. Mentre uscivo dall’acqua, vidi Joele sussurrare qualcosa all’orecchio di Mirco, mentre entrambi mi guardavano. Io non lo sapevo, ma la vendetta di Joele si era messa in moto.
Mirco mi venne vicino, sorridendo e, a voce abbastanza alta, in modo che tutti potessero sentire, mi fece: “Lo sai che non si devono far arrabbiare le ragazze?”
Io lì per lì sono infastidito ma non capisco. Lui prosegue senza darmi tempo di replicare: “Sentite, io ho un po’ di fame, dobbiamo risalire. Ci prendiamo qualcosa dal paninaro qui vicino, va bene a tutti?” Approviamo. Ci alziamo per raccogliere la roba. Mirco raccolse da terra uno degli asciugamani dietro di me e, indicano il mio costume, mi disse: “Guarda, non è ancora asciutto e poi è pieno di sabbia, ti devi cambiare.”
“Ok” faccio io, credendo che l’idea fosse quella di appartarci un attimo e lui che mi passa le mutande da sotto un asciugamano. Invece, Mirco si avvicina da dietro e sento afferrarmi i bordi del costume, che in un attimo è sotto alle mie ginocchia. Io, tipo ancora molto timido e chiuso, ero ora completamente nudo di fronte a due ragazze e al mio migliore amico. Vado nel panico: provo a coprirmi maldestramente con le mani e corro via. Mossa del tutto irrazionale, perché il costume cade a terra e Mirco lo recupera, lo sbatte un poco per togliergli la sabbia e lo mette in borsa. Joele ridacchia soddisfatta, Sara è a disagio, Luca sorride. Io nel frattempo mi sono avvicinato al mare e non ho voglia di tornare al gruppo, al quale do le spalle. Un ragazzo di diciotto anni avrebbe potuto comportarsi in modo meno isterico, ma comunque mi metto a urlare a Mirco di ridarmi il costume.
Joele mi fa: “Chi umilia gli altri, sarà umiliato!” e ride. Mi metto un attimo a pensare a quella frase e in quel momento capisco che lei aveva scoperto che avevo fatto la spia tempo prima. Lezione imparata, vendetta accettata.
Per umiliarmi ancora di più, Mirco fa: “Al massimo gli ridò le mutande. Però deve venire qui a cambiarsele!”
“Ma vaffanculo!” replico io, facendo ridere tutto il gruppo.
“Per me puoi rimanere lì, mentre noi andiamo a mangiare. Forza, ragazzi!” prosegue lui tranquillo.
Sembrano fare sul serio: mettono la roba nella borsa per andare via. Nonostante un po’ di timide proteste da parte di Luca e Sara, ridacchiando il gruppo si allontana. Ma guarda te! Essere trattato come un ragazzino, con la mamma che minaccia di andarsene se lui non ubbidisce! Il numero di film mentali che mi faccio è parecchio elevato, ma alla fine, decido di incamminarmi a passo svelto verso il gruppo, guardandomi nel frattempo il pacco, per vedere se le mani riuscivano a coprirlo bene. Nel mentre, il gruppetto era arrivato alle scalette. Io provo a urlargli contro, mentre mi avvicino: “Ehi! Coglione! Puoi ridarmi il costume! Ma che cazzo di scherzo è! Muoviti su!”. Purtroppo, nonostante i miei tentativi di mantenere la calma, si vede che mi farei uccidere piuttosto che farmi vedere nudo e Joele è riuscita nel suo intento di umiliarmi.
Mirco, con una calma fin troppo enfatizzata, si rivolge a Joele: “Lo perdoni?”
Lei fa: “Se mi chiede scusa…”
“Chiedile scusa…”
Io, nudo, con il pacco coperto dalle mani, in mezzo a quattro miei amici, faccio, rapido: “Sì, sì, scusa…”
“Chiedile scusa bene!”
Provo a buttarla sull’ironia e in modo molto pomposo faccio: “Scusatemi, Mademoiselle Joele le porgo le mie più sincere scuse per essermi indebitamente intromesso nei suoi affari amorosi”
“Questa mi piace, scuse accettate” conclude lei sorridendo. Quest’ultima uscita ha avuto un certo successo, in parte sembro un po’ più serio.
“Va bene. Allora, Joele, gli asciugamani per cambiarvi tu li hai nella borsa. Tu e Sara cambiatevi e poi raggiungeteci alla macchina. Io e i maschietti ci cambiamo sopra le scalette.”
Sopra le scalette c’era un muro che copriva la vista dalla strada. A meno che qualcuno non avesse deciso di entrare nella spiaggetta proprio in quel momento, eravamo al riparo da sguardi indiscreti. Le ragazze si allontanano. Io vado avanti per primo, Luca ridacchia da scemo vedendomi il culo nudo. Mi sento umiliato e infastidito. Finita a scalinata, io e Luca ci acquattiamo dietro il muro, Mirco vede se dall’ingresso sta arrivando qualcuno: no, il parcheggio è deserto, possiamo cambiarci. Mirco mi passa una pezzetta che, per mio sconforto, è troppo piccola per coprirmi: “Usa questa per pulirti il culo dalla sabbia, poi ti passo le mutande. E togli le mani da lì, su, che fai schifo e poi ora sei tra maschi.” Io sono ancora più irritato per la ramanzina, ma decido di obbedire e mi scopro il cazzo. Senza troppa convinzione, inizio a strusciarmi la pezzetta sulle chiappe. Nel frattempo, Mirco dice a Luca di togliersi anche lui il costume. Il coglione, che fino a ora ridacchiava, è ancora più umiliato dallo stare nudo, a causa della sua pancia ben prominente e del suo cazzo corto e grassottello, che sembra una specie di sigaro, con due coglioni molto grossi sotto. “E tu muoviti a pulirti, che ho fame” fa Mirco. Anche se è molto umiliante, inizio a muovere la pezzetta con più vigore, entrando anche nella fessura dove sta l’ano. Alla fine, siamo abbastanza puliti e Mirco ci ridà le nostre mutande, che indosso con gioia. Prima di darci il resto dei vestiti, Mirco si sfila anche lui il costume. Sono immediatamente colpito. È un bel ragazzo: alto, biondo cenere, con uno sguardo languido e una mascella ben squadrata. Ha l’addome parecchio ben definito e delle braccia con una circonferenza tripla rispetto alla mia. Ma a colpirmi maggiormente sono le dimensioni del suo membro: di rado ne ho visti di così lunghi e grossi, anche nei porno. Mi ritorna un senso di umiliazione e sottomissione di fronte a quello spettacolo imponente, che sovrasta sia il mio che quello di Luca. Sul volto di Mirco leggo un sorrisetto di autocompiacimento. Sbatte un po’ il costume, tira fuori un’altra pezzetta con cui si pulisce distrattamente il sedere e poi si mette le mutande. Infine ci dà il resto dei nostri vestiti. Poco dopo incontriamo le ragazze e andiamo insieme a mangiare.
Torniamo. Stavolta dobbiamo cambiarci. Le ragazze scendono di nuovo sulla spiaggia, noi maschietti lo facciamo dietro il muretto. Quando le ragazze spariscono dietro la vegetazione che circonda le scalette, Mirco ci dice di spogliarci di nuovo nudi. Dopo aver messo i nostri vestiti nella borsa, riceviamo il costume, che indossiamo con una certa soddisfazione. A quel punto, è Mirco a denudarsi.
“Scusate ragazzi…” È Joele, un po’ intimidita, che appare di nuovo in cima alle scale. Becca Mirco completamente nudo, in frontale, con il costume in mano. “Oh! Scusa!” fa lei, sinceramente imbarazzata, girando la testa. Mirco reagisce con una risatina imbarazzata, capisce il disagio della ragazza e prova a minimizzare. Forse vorrebbe fare una battuta, ma non gli viene in mente niente, per cui se ne esce con un semplice: “Non fa nulla, tranquilla. Come mai sei salita?” Sempre con la testa voltata, Joele gli dice: “Giù sulla spiaggia ci sono delle persone, non possiamo cambiarci lì.” “Ah, se volete faccio la guardia da sotto alle scale per vedere se non sale nessuno e potete cambiarvi qui.” Nel frattempo si è messo il costume si avvicina a Joele e le sussurra: “Però non ti è dispiaciuto lo spettacolo eh? Non hai nemmeno pagato il biglietto.” “Ma dai cretino!” fa lei ridendo. Lui azzarda un bacino sulla fronte. Joele non rifiuta. Io provo invidia. Si scende. Quando noi maschietti siamo sulla spiaggia, le ragazze salgono sulle scalette e si cambiano. Nel frattempo, il gruppetto che stava con noi sulla spiaggia se ne va in una delle rientranze laterali e non lo vediamo più. Siamo di nuovo soli. Le ragazze ritornano.
Facciamo passare un po’ di tempo per digerire, poi ci ributtiamo in acqua. Mirco, che è un bravo nuotatore, decide di andare un po’ più a largo. Io, per spirito di sfida, decido di provare a seguirlo. Solo che io non sono così bravo e la corrente mi porta verso sinistra, dove ci sono degli scogli. Tocco con il culo uno di questi scogli. Ho paura: sono scivolosi, duri e appuntiti, posso farmi seriamente male. Istintivamente, mi tiro avanti, per allontanarmi dagli scogli. La parte di scoglio che avevo toccato con il culo era una rientranza, e poco più su c’era una piccola protuberanza, fatta più o meno a uncino. Il lembo del mio costume a pantaloncino resta impigliato in questa parte e, dato il mio movimento brusco, i miei pantaloncini mi si sfilano mentre provo a divincolarmi. Non so come, riesco a non far sbattere la pelle nuda contro gli scogli e mi allontano senza essermi fatto nulla, ma, per la seconda volta, nudo davanti a tutti. Appena arrivo in un punto dove tocco, mi copro con le mani e grido: “Aiuto! Ho perso il costume!” Lì vicino c’era Joele, che, vedendomi andare verso gli scogli si era preoccupata e Mirco, che era appena rientrato dalla sua nuotata. Anche Luca e Sara si stavano avvicinando a causa delle mie grida.
“Tu stai bene?” mi fa Mirco.
“Sì, non mi fa male niente!” faccio io.
“Ma come hai fatto a perdere il costume, si può sapere?” ridacchia lui, poi dice a Joele: “Provo ad andare a recuperarglielo.”
“Sei scemo? Ti farai male sugli scogli!” fa lei, premurosa.
“So vedermela. L’acqua è tranquilla. E comunque, se non li trovo, fa niente. Si asciuga e si mette le mutande.”
Mirco si butta in acqua subito, mentre io resto lì, con Joele che mi rimprovera.
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Angy e Fede - Al mare - 2: Il gioco del costume
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