Lezione di tedesco
di
androgeno
genere
gay
Durante il tempo libero faccio l’insegnante di Tedesco e questa volta mi trovavo seduto sulla casa di Samy, finendo di esporgli il mio programma di studio. Quindi, lasciando perdere tutte le piccolezze del caso che poco mi interessavano vedendolo com’era, passo direttamente al succo della storia.
Il mio Samy era alto, dannatamente alto. Non era ancora mio, ma mi piaceva chiamarlo così nella mia mente quando lo seguivo con i miei occhi mentre si alzava e andava a prendere un foglio per scrivere.
-Che bella casa che hai, -gli dissi, fingendomi interessato ad altro. In realtà, volevo che lui si fermasse in piedi davanti a me, lasciandomi vedere un po' di più attraverso la tuta sottile. Per fortuna il divano dove ero seduto, era basso quindi la mia testa si posizionava perfettamente dove volevo guardare.
-Grazie, -rispose lui, accompagnando quella risposta con il suo sorriso disarmante.
-Hai fatto tutto da solo?
-Sì.
E quando disse questo si girò solamente con la testa e il bacino, facendo stirare i pantaloni sull’inguine e finalmente potrei scorgere quello che in quel momento avevo solamente immaginato. Due erano le possibilità: o non stava indossando niente sotto, oppure i boxer erano troppo larghi. In quel momento, come per dimostrare la sua fierezza, si tocco l’apice della sacca scrotale e smosse un po' i coglioni, facendo girare l’asta da un lato all’altro.
-Ti piace? –disse poi guardandomi dall’insù.
Dovetti alzare subito lo sguardo per incrociare il suo sguardo. Mi aveva visto mentre lo scrutavo e capì subito il mio imbarazzo.
-Cosa c’è? –continuò, vedendo la mia faccia rossa e dimenticando la domanda precedente.
-Niente. Stavo solo…
-Stavi solo? –disse avvicinandosi ancora di più.
Come in estasi notai la sua mano alzarsi verso di me. La sentì strisciare sulla mia faccia. Avrei giurato che un lieve gemito uscisse dal mio profondo del cuore, mentre l’oggetto della mia vista si avvicinava sempre di più. La mano fini sotto il mio orecchio, con il lobo freddo tra il suo mignolo e l’anulare e continuò ancora dietro. Mi afferrò i capelli, ma quel male aumentò in me il desiderio. Poi sentì la mia testa muoversi, andare avanti, e subito, fu un solo attimo, chiudere lo spazio rimasto tra me e il suo pacco.
Subito fui avvolto da un odore mascolino. Il seme dell’ultima sborra si sentiva ancora, ed era fresca. Quindi si dava da fare quando era solo. Come una mano calda, il suo giardino infuocato mi bruciò la faccia e lui spinse ancora di più. Aprì leggermente la bocca e i miei denti scivolarono sul corpo che stava cominciando ad aumentare di dimensioni. Aspirai di nuovo e gli presi la gamba. Infilai l’altra mano sotto l’elastico e cominciai a tirargli giù i pantaloni finché in tutto il suo splendore un cazzo bruno grosso dondolò davanti i miei occhi. Avrei voluto piangere.
Lo presi subito in bocca, senza fare ulteriori storie. Fumava dal sangue che lo faceva pompare sempre di più. Ogni volta che la mia lingua si rotolava intorno al glande lui fremeva, mugugnava, brontolava e riuscivo a sentire talora sola qualche “si”, “dai”, e “cosi”. Aveva un buon gusto. Era lavato, un po' appiccicoso dal sudore dell’attesa, e profumava ancora di più di sperma. Le palle pendevano meravigliosamente sotto la base da cui adesso partiva un organo bello turgido. Era lungo, tanto lungo. Arrivava senza muovermi tanto a colpire il pavimento della faringe e colpendolo mi davano una sensazione di leggerezza, di svenimento; una scarica di chi sa che cosa che aumentava l’estasi, comandava le mie mani a giocare con lo scroto, succhiando sempre più fortemente.
Ma fu quando schiacciai con il dorso della lingua il suo cazzo contro il mio palato che lui ululò. Era un grugnito forte, di sfida, di potenza. Lui sapeva cosa teneva tra le sue gambe, e chiedeva, anzi richiedeva, anzi esigeva, essere trattato come tale. Voleva il massimo di tutto, come lui stesso dava il massimo della sua mascolinità.
Continuai ancora premendo il cazzo contro la mia bocca finché arrivò e gettò un fiume di testosterone nella mia bocca che già piena di saliva, la lasciò scorrere fuori da essa come bava. Tenendomi la testa con entrambe le mani, spingendo ancora, a colpi, con un lungo “si” si tolse il pene dalla mia bocca. Una stria di saliva mischiata alla sperma si allungò in larghi archi che caddero sui i suoi piedi.
Mi prese per il collo e mi avvicinò alla sua faccia e succhiò tutto dalla mia bocca. Poi, forzandomi ad aprirla sputò di nuovo con forza.
-Adesso, disse, -siccome la casa ti piace, ci vediamo alla prossima lezione per la seconda parte.
E così fu. Già da quella sera cominciai a rilassare i muscoli del buco del culo per ospitare la prossima volta quel bel pitone di stallone maschile.
Il mio Samy era alto, dannatamente alto. Non era ancora mio, ma mi piaceva chiamarlo così nella mia mente quando lo seguivo con i miei occhi mentre si alzava e andava a prendere un foglio per scrivere.
-Che bella casa che hai, -gli dissi, fingendomi interessato ad altro. In realtà, volevo che lui si fermasse in piedi davanti a me, lasciandomi vedere un po' di più attraverso la tuta sottile. Per fortuna il divano dove ero seduto, era basso quindi la mia testa si posizionava perfettamente dove volevo guardare.
-Grazie, -rispose lui, accompagnando quella risposta con il suo sorriso disarmante.
-Hai fatto tutto da solo?
-Sì.
E quando disse questo si girò solamente con la testa e il bacino, facendo stirare i pantaloni sull’inguine e finalmente potrei scorgere quello che in quel momento avevo solamente immaginato. Due erano le possibilità: o non stava indossando niente sotto, oppure i boxer erano troppo larghi. In quel momento, come per dimostrare la sua fierezza, si tocco l’apice della sacca scrotale e smosse un po' i coglioni, facendo girare l’asta da un lato all’altro.
-Ti piace? –disse poi guardandomi dall’insù.
Dovetti alzare subito lo sguardo per incrociare il suo sguardo. Mi aveva visto mentre lo scrutavo e capì subito il mio imbarazzo.
-Cosa c’è? –continuò, vedendo la mia faccia rossa e dimenticando la domanda precedente.
-Niente. Stavo solo…
-Stavi solo? –disse avvicinandosi ancora di più.
Come in estasi notai la sua mano alzarsi verso di me. La sentì strisciare sulla mia faccia. Avrei giurato che un lieve gemito uscisse dal mio profondo del cuore, mentre l’oggetto della mia vista si avvicinava sempre di più. La mano fini sotto il mio orecchio, con il lobo freddo tra il suo mignolo e l’anulare e continuò ancora dietro. Mi afferrò i capelli, ma quel male aumentò in me il desiderio. Poi sentì la mia testa muoversi, andare avanti, e subito, fu un solo attimo, chiudere lo spazio rimasto tra me e il suo pacco.
Subito fui avvolto da un odore mascolino. Il seme dell’ultima sborra si sentiva ancora, ed era fresca. Quindi si dava da fare quando era solo. Come una mano calda, il suo giardino infuocato mi bruciò la faccia e lui spinse ancora di più. Aprì leggermente la bocca e i miei denti scivolarono sul corpo che stava cominciando ad aumentare di dimensioni. Aspirai di nuovo e gli presi la gamba. Infilai l’altra mano sotto l’elastico e cominciai a tirargli giù i pantaloni finché in tutto il suo splendore un cazzo bruno grosso dondolò davanti i miei occhi. Avrei voluto piangere.
Lo presi subito in bocca, senza fare ulteriori storie. Fumava dal sangue che lo faceva pompare sempre di più. Ogni volta che la mia lingua si rotolava intorno al glande lui fremeva, mugugnava, brontolava e riuscivo a sentire talora sola qualche “si”, “dai”, e “cosi”. Aveva un buon gusto. Era lavato, un po' appiccicoso dal sudore dell’attesa, e profumava ancora di più di sperma. Le palle pendevano meravigliosamente sotto la base da cui adesso partiva un organo bello turgido. Era lungo, tanto lungo. Arrivava senza muovermi tanto a colpire il pavimento della faringe e colpendolo mi davano una sensazione di leggerezza, di svenimento; una scarica di chi sa che cosa che aumentava l’estasi, comandava le mie mani a giocare con lo scroto, succhiando sempre più fortemente.
Ma fu quando schiacciai con il dorso della lingua il suo cazzo contro il mio palato che lui ululò. Era un grugnito forte, di sfida, di potenza. Lui sapeva cosa teneva tra le sue gambe, e chiedeva, anzi richiedeva, anzi esigeva, essere trattato come tale. Voleva il massimo di tutto, come lui stesso dava il massimo della sua mascolinità.
Continuai ancora premendo il cazzo contro la mia bocca finché arrivò e gettò un fiume di testosterone nella mia bocca che già piena di saliva, la lasciò scorrere fuori da essa come bava. Tenendomi la testa con entrambe le mani, spingendo ancora, a colpi, con un lungo “si” si tolse il pene dalla mia bocca. Una stria di saliva mischiata alla sperma si allungò in larghi archi che caddero sui i suoi piedi.
Mi prese per il collo e mi avvicinò alla sua faccia e succhiò tutto dalla mia bocca. Poi, forzandomi ad aprirla sputò di nuovo con forza.
-Adesso, disse, -siccome la casa ti piace, ci vediamo alla prossima lezione per la seconda parte.
E così fu. Già da quella sera cominciai a rilassare i muscoli del buco del culo per ospitare la prossima volta quel bel pitone di stallone maschile.
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