Il papà
di
androgeno
genere
incesti
Avevo le gambe aperte e Bruno stava ancora scopandomi la figa quando qualcuno bussò alla porta. La voce che seguì mi fu troppo famigliare. Meno male che avevo chiuso a chiave. Guardando che Bruno aveva tolto di scatto il pene dal mio buco, gli ordinai di continuare e di non badare a mio padre.
-Angelica, apri!
Che cazzo voleva adesso? Non può una ragazza appena maggiorenne scoparsi il suo fidanzato in pace? E pensando ciò afferrai le chiappe del mio fidanzato e lo costrinsi a spingere più forte. Siccome mio papà stava ancora bussando e chiedendomi di aprire, cominciai a mugolare più forte, ansimando più forte per far capire a quel pagliaccio di mio padre di andarsene.
Lui dovrebbe aver capito perché aggiunse subito:
-Fammi entrare Angelica. Dai! Facciamo come sempre!
A quelle parole certamente io divenni bianca tanto quanto Bruno ma gli dissi subito:
-Non preoccuparti, tu continua a chiavarmi.
Ma sfortunatamente lui aveva perso un po' la voglia e continuava a fatica ad entrare.
-Va bene, -dissi alla fine vedendo che lui stava mollando. Vai ad aprire la porta a quel maiale.
-Mi devo vestire? –chiese lui che non stava capendo niente.
-No, -ordinai.
Andò verso la porta con il cazzo mezzo eretto e aprì il chiavistello. Io lo seguivo con gli occhi mentre rotolava la chiave e la apriva quando mi trovai sulla soglia il mio papà nudo che si sfregava il suo pene e sorrideva maliziosamente a Bruno.
-Angelica! –esclamò lui.
Avevo chiuso le gambe e stavo spremendo una tetta.
-Dai, -disse mio padre a Bruno senza fare tanti preamboli. –Vediamo come scopi mia figlia che la fai mugolare cosi.
Bruno mi guardò come per cercare la mia approvazione e vide che a me di quella cosa non interessava proprio nulla. Cosi, saltò di nuovo sul letto, mi spalancò di nuovo le gambe, sputò sulla mia figa e dopo che aveva sfregato il suo cazzo su e giù la fessura entrò dentro con violenza. C’era questa volta qualcosa nei suoi occhi che mi eccitò più del solito. Grugnendo pure lui cominciò a sfondarmi la figa e facendomi un po' male. Tutto era perfetto, però. Sembrava come se lui fosse in competizione un altro maschio più maturo, con più esperienza di lui. Voleva dimostrare, insomma che era lui quello con le palle più grosse.
Mio papà si trovava vicino a me e mi prese la mano, invitandomi a segarlo. Mi era mancato avere tra le sue mani quel pene spesso e robusto, pieno di vene che pulsavano e ansimavano come un cobra accanito. Lui mi strizzava i capezzoli e guardava con un certo divertimento Bruno che adesso sudava ed era sul punto di cedere. Solo lui sa come ha fatto a non arrivare.
-Va bene, ragazzo, -aggiunse. –Scopi bene. Ma spostati adesso e stai vedere come si tromba veramente una figa.
Lui saltò giù e il mio papà prese il suo posto. Mentre Bruno riprendeva fiato il mio papà aveva salivato il suo cazzo e lo infilò lentamente nella mai vagina che si vedeva costretta ad aprirsi un po' di più per aspettare un cazzo più grande. Fece ciò con una certa velocità che pensai si dovesse subito ricordare di quel cazzo così abituale. Sospirai con forza mentre lui entro tutto e me lo sentì fino allo stomaco. Non aveva dimenticato come si faceva.
-Tu, ragazzo, -disse a Bruno che a quanto pare non aveva mai visto in vita sua un papà scopare la propria figlia. –Vieni qua e leccami il buco del culo.
Quella voce cosi imperiosa mi fece eccitare ancora di più, mentre tenevo gli occhi chiusi e mi concentravo sulle contrazioni della parte della vagina che si traumatizzava in modo così dolce dal mio padre.
Bruno andò dietro di lui ed esitando non poco cominciò a leccargli il buco. Come un leone che vuole dimostrare tutta la sua potenza, il mio padre diete uno spintone che mi fece gridare dalla voglia quando la lingua del mio fidanzato scivolò sul suo culo.
-Di chi è questa cagna? –mi chiese sudando, mentre dondolava avanti e indietro con fermezza. –Non smettere, ragazzo, -ordinò a Bruno.
-Tua, papà.
-Ti piace eh, cagna? –disse di nuovo e schiaffeggiò la mia tetta con una mano mentre con l’altra la stringeva facendola diventare quasi viola.
Prima di arrivare, il mio padre si staccò dalla mia vagina spingendo oltre Bruno.
-Vieni qui, adesso, -mi disse.
Mi alzai lentamente. Le gambe mi facevano male, l’intestino lo sentivo lacerato, ma quel dolore faceva rilasciare qualcosa dentro di me che faceva sembrare tutto più invitante e sopportabile.
Mi afferrò la testa per i capelli e mi mise in ginocchio. Avvicinò il suo pene alla mia bocca aperta.
-Tu, -ordinò di nuovo a Bruno. Passale dietro e scopale la figa con le dita, falla tremare.
-Lo vuoi, -chiese poi a me con voce più bassa mentre Bruno infilava le sue dita nella mia vagina.
-Si, papà.
-Eccolo…leccalo quando ti dico io.
E se lo teneva così vicino alla mia bocca che lo volevo divorare, ma lo stronzo mi faceva aspettare. Non ancora diceva. Non ancora ripeteva chiamandomi cagna, aumentando in me la voglia di ingoiarlo. Poi, quando non me lo aspettavo più, pensando a Bruno che mi faceva squirtare con le sue dita, il mio papà in una sola volta infilò il suo cazzone fino in fondo alla mia gola. Quasi mi soffocò, ma era quello che volevo. Appena vide che il mio torace si contrattò cercando di respirare, bloccata com’era la mia trachea da quel intruso cosi voluto, lui spinse ancora di più, dicendo: “Cosi, oh sì, figlia mia, prendi il cazzone di papà.”
Quei due uomini mi stavano trombando a dovere, e potevo e dovevo solo ringraziarli. Ma il mio papà fu il primo a dire che la festa doveva finire perché fra poco doveva venire la mamma. Quindi, mi fece alzare e cominciò a scoparmi in piedi, piegandoli fino a toccare la terra con la mia faccia, dicendo a Bruno di scoparmi la gola.
Il papà continuò ancora un po' finché mi riempì la vagina con lo stesso liquido caldo che mi aveva dato la vita diciotto anni fa. L’ululato baritone che esplose dalla gola di papà dovrebbe aver eccitato moltissimo Bruno che subito dopo scoppiò in fiotti deliziosi e caldi dentro la mia bocca.
Il mio papà rimosse di nuovo il suo cazzo e si inchinò sulla mia figa, leccandola e inghiottendo il suo sperma, mentre io mi deliziavo di quella di Bruno.
La festa era finita. Il mio papà salutò Bruno e lo invitò a venire a casa nostra di nuovo. Poi guardò me, mi sputò sulla faccia e mi disse che avevo fatto un buon lavoro come putanella. Tutti e tre non vedevamo l’ora di incontrarci la prossima volta.
-Angelica, apri!
Che cazzo voleva adesso? Non può una ragazza appena maggiorenne scoparsi il suo fidanzato in pace? E pensando ciò afferrai le chiappe del mio fidanzato e lo costrinsi a spingere più forte. Siccome mio papà stava ancora bussando e chiedendomi di aprire, cominciai a mugolare più forte, ansimando più forte per far capire a quel pagliaccio di mio padre di andarsene.
Lui dovrebbe aver capito perché aggiunse subito:
-Fammi entrare Angelica. Dai! Facciamo come sempre!
A quelle parole certamente io divenni bianca tanto quanto Bruno ma gli dissi subito:
-Non preoccuparti, tu continua a chiavarmi.
Ma sfortunatamente lui aveva perso un po' la voglia e continuava a fatica ad entrare.
-Va bene, -dissi alla fine vedendo che lui stava mollando. Vai ad aprire la porta a quel maiale.
-Mi devo vestire? –chiese lui che non stava capendo niente.
-No, -ordinai.
Andò verso la porta con il cazzo mezzo eretto e aprì il chiavistello. Io lo seguivo con gli occhi mentre rotolava la chiave e la apriva quando mi trovai sulla soglia il mio papà nudo che si sfregava il suo pene e sorrideva maliziosamente a Bruno.
-Angelica! –esclamò lui.
Avevo chiuso le gambe e stavo spremendo una tetta.
-Dai, -disse mio padre a Bruno senza fare tanti preamboli. –Vediamo come scopi mia figlia che la fai mugolare cosi.
Bruno mi guardò come per cercare la mia approvazione e vide che a me di quella cosa non interessava proprio nulla. Cosi, saltò di nuovo sul letto, mi spalancò di nuovo le gambe, sputò sulla mia figa e dopo che aveva sfregato il suo cazzo su e giù la fessura entrò dentro con violenza. C’era questa volta qualcosa nei suoi occhi che mi eccitò più del solito. Grugnendo pure lui cominciò a sfondarmi la figa e facendomi un po' male. Tutto era perfetto, però. Sembrava come se lui fosse in competizione un altro maschio più maturo, con più esperienza di lui. Voleva dimostrare, insomma che era lui quello con le palle più grosse.
Mio papà si trovava vicino a me e mi prese la mano, invitandomi a segarlo. Mi era mancato avere tra le sue mani quel pene spesso e robusto, pieno di vene che pulsavano e ansimavano come un cobra accanito. Lui mi strizzava i capezzoli e guardava con un certo divertimento Bruno che adesso sudava ed era sul punto di cedere. Solo lui sa come ha fatto a non arrivare.
-Va bene, ragazzo, -aggiunse. –Scopi bene. Ma spostati adesso e stai vedere come si tromba veramente una figa.
Lui saltò giù e il mio papà prese il suo posto. Mentre Bruno riprendeva fiato il mio papà aveva salivato il suo cazzo e lo infilò lentamente nella mai vagina che si vedeva costretta ad aprirsi un po' di più per aspettare un cazzo più grande. Fece ciò con una certa velocità che pensai si dovesse subito ricordare di quel cazzo così abituale. Sospirai con forza mentre lui entro tutto e me lo sentì fino allo stomaco. Non aveva dimenticato come si faceva.
-Tu, ragazzo, -disse a Bruno che a quanto pare non aveva mai visto in vita sua un papà scopare la propria figlia. –Vieni qua e leccami il buco del culo.
Quella voce cosi imperiosa mi fece eccitare ancora di più, mentre tenevo gli occhi chiusi e mi concentravo sulle contrazioni della parte della vagina che si traumatizzava in modo così dolce dal mio padre.
Bruno andò dietro di lui ed esitando non poco cominciò a leccargli il buco. Come un leone che vuole dimostrare tutta la sua potenza, il mio padre diete uno spintone che mi fece gridare dalla voglia quando la lingua del mio fidanzato scivolò sul suo culo.
-Di chi è questa cagna? –mi chiese sudando, mentre dondolava avanti e indietro con fermezza. –Non smettere, ragazzo, -ordinò a Bruno.
-Tua, papà.
-Ti piace eh, cagna? –disse di nuovo e schiaffeggiò la mia tetta con una mano mentre con l’altra la stringeva facendola diventare quasi viola.
Prima di arrivare, il mio padre si staccò dalla mia vagina spingendo oltre Bruno.
-Vieni qui, adesso, -mi disse.
Mi alzai lentamente. Le gambe mi facevano male, l’intestino lo sentivo lacerato, ma quel dolore faceva rilasciare qualcosa dentro di me che faceva sembrare tutto più invitante e sopportabile.
Mi afferrò la testa per i capelli e mi mise in ginocchio. Avvicinò il suo pene alla mia bocca aperta.
-Tu, -ordinò di nuovo a Bruno. Passale dietro e scopale la figa con le dita, falla tremare.
-Lo vuoi, -chiese poi a me con voce più bassa mentre Bruno infilava le sue dita nella mia vagina.
-Si, papà.
-Eccolo…leccalo quando ti dico io.
E se lo teneva così vicino alla mia bocca che lo volevo divorare, ma lo stronzo mi faceva aspettare. Non ancora diceva. Non ancora ripeteva chiamandomi cagna, aumentando in me la voglia di ingoiarlo. Poi, quando non me lo aspettavo più, pensando a Bruno che mi faceva squirtare con le sue dita, il mio papà in una sola volta infilò il suo cazzone fino in fondo alla mia gola. Quasi mi soffocò, ma era quello che volevo. Appena vide che il mio torace si contrattò cercando di respirare, bloccata com’era la mia trachea da quel intruso cosi voluto, lui spinse ancora di più, dicendo: “Cosi, oh sì, figlia mia, prendi il cazzone di papà.”
Quei due uomini mi stavano trombando a dovere, e potevo e dovevo solo ringraziarli. Ma il mio papà fu il primo a dire che la festa doveva finire perché fra poco doveva venire la mamma. Quindi, mi fece alzare e cominciò a scoparmi in piedi, piegandoli fino a toccare la terra con la mia faccia, dicendo a Bruno di scoparmi la gola.
Il papà continuò ancora un po' finché mi riempì la vagina con lo stesso liquido caldo che mi aveva dato la vita diciotto anni fa. L’ululato baritone che esplose dalla gola di papà dovrebbe aver eccitato moltissimo Bruno che subito dopo scoppiò in fiotti deliziosi e caldi dentro la mia bocca.
Il mio papà rimosse di nuovo il suo cazzo e si inchinò sulla mia figa, leccandola e inghiottendo il suo sperma, mentre io mi deliziavo di quella di Bruno.
La festa era finita. Il mio papà salutò Bruno e lo invitò a venire a casa nostra di nuovo. Poi guardò me, mi sputò sulla faccia e mi disse che avevo fatto un buon lavoro come putanella. Tutti e tre non vedevamo l’ora di incontrarci la prossima volta.
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