Lezione di tedesco 2 -Samy's Version
di
androgeno
genere
gay
Quella piccola puttana ha scritto tutto online. Quante volte mi sono segato leggendo cosa quella fighetta aveva scritto! Pensavo a questo mentre bussava alla porta, e mentre entrava dentro con la stessa leggerezza della prima volta; come se non fosse niente, e sapendo benissimo cosa sarebbe successo questa volta. Ci salutammo.
Ci sedemmo e lui aprì il libro e con leggerezza cominciò a leggere con alta voce il testo. Mentre lui volava con la sua voce io mi sfregavo il cazzo e a volte tiravo la sua attenzione. Questa volta non avevo indossato niente sotto, dunque l’asta si fece vedere subito.
-Allora? –gli dissi, interrompendolo. –Non mi commenti la casa questa volta?
Lui chiuse il libro con delicatezza, diventando subito una piccola puttana. Sapevo già che il suo culo si stava bagnando.
-Vieni da me, -gli dissi.
Lui si alzò e cominciò a togliersi la camicia. Era un ragazzo di media statura, non palestrato ma con un corpo molto elastico e maneggevole. Mi eccitò l’idea dei suoi peli sotto le ascelle e sul torace e quasi impazzì quando la stria di peli sottili che partiva da sotto il suo ombelico scendeva fino sotto la cintura per aprirsi, immaginavo più intensamente, nel suo pube pelosetto.
Questa volta era lui davanti a me e stava togliendosi i jeans, tirando lentamente la cintura e mettendomela poi sul collo. Risi maliziosamente. Un sorriso di intesa, di cooperazione, di tacito accordo che fra poco l’avrei stuprato a dovere. Il suo inguine era sottile, con la cappella rosacea che si vedeva appena da quella foresta ricciuta e le palle che scendeva appena sotto. Non era un uomo dotato di cazzo, ma diamine! quando si girò vidi che era dotato di tanto culo. Due chiappe bianchissime cominciarono a danzare davanti a me, facendomi vedere ad intermittenza il suo buco rosa, già bagnato.
Gli infilai il pollice mentre continuava a farmi girare il culo davanti alla faccia. E io inserivo e toglievo il dito di una mano mentre con l’altra gli prendevo il pene e glielo tiravo indietro. Lui mormorava qualcosa. Era pronto, anzi me lo stava supplicando.
Mi alzai, e feci tirare il mio cazzo eretto sbattendolo fra le sue chiappe. Lui sorrise; la puttana aveva capito che era arrivata la sua ora. Lo feci smettere e con due dita gli varcai ancor di più l’orlo del tunnel, mentre lui cercava di stringere e spingere ritmicamente. Gli infilai subito la lingua, trombandolo un po' per bagnarlo ulteriormente. Lui prendeva e spartiva le sue terga in direzioni opposte. Mi alzai di nuovo e gli direzionai la cappella nel obbiettivo. Appena sentì la pressione lui alzò la testa. Sospirò un “si”, e poi ancora un altro, e tenne il respiro fino a quando tutta l’asta fosse dentro. Lui tirò fuori il fiato. Poi sospiro di nuovo. Era bello caldo dentro, il suo retto mi stringeva il cazzo e mi mandava il cervello all’aria.
Continuai con i primi colpi, secchi e possenti, facendogli capire chi comandava. Poi gli presi i fianchi e lo guidai per un po'. Dopo lo lasciai fare da solo. Come si scopava il mio cazzo! In che modo arcava la schiena, come un gatto che fa le fusa, e poi subito dopo diventava un ponte al rovescio.
Lo tirai di nuovo dai fianchi e con un movimento lo misi sopra il tavolo della cucina. Misi un suo piede sopra la mia spalla destra mentre l’altro lungo il mio fianco sinistro. Inserì tre dita nella sua bocca e lo feci quasi vomitare. Poi con le dita bagnate entrai dentro il suo culo ansimante e come uno pneumatico lo feci fremere. Il suo addome si contratto, le cosce cominciarono ad avere dei crampi, i suoi occhi si rotolavano all’indietro. Infilavo le tre dita, poi subito fuori. Il suo retto cominciava ad uscire. Ripetevo quel movimento. E l’interno usciva fuori. Ben presto delle pieghe di mucosa rosso sangue circondarono il suo buco e io cominciai a schiaffeggiarglielo.
Presi il mio cazzo e cominciai a trombarlo.
-Chi è il tuo padrone? –gli chiesi, mentre lo scopavo.
-Tuo, Samy.
-Di chi? Non ho sentito, -gli dissi mentre gli stringevo la gola.
-Oh, tuo, Samy, tuo! Dammelo, ti prego.
La sua voce sembrava un misto tra la voce debole e senza forze e quella piena di piacere che non riusciva ad assettarsi.
-Ti piace così?
Mi avvicinai alla sua faccia, facendomi guardare negli occhi. Era difficile guardare le sue pupille che saltavano una volta dietro, una volta a lato, e poi rotolavano dentro le orbite.
-Più forte, più forte! Sfondami, cazzo! Ah!
Lui subito cominciò a tremare e con una mano cercò di spingermi fuori. La sua testa ebbe qualche convulsione, la mascella uscì in avanti e lui andò in apnea per qualche minuto.
Mi dovevo mica spaventare? No. Gli stavo facendo vedere il Paradiso. Ed era il Paradiso che voleva vedere. Continuai dunque a scoparlo ancora più forte, fino a che non sentivo più il mio inguine. Lui tremava ancora, ma dopo un po’ sorrise di nuovo, si morse il labbro e anche la lingua. Finalmente mi guardò e fece “si” con la testa. Eccolo, dunque che scendeva dal Paradiso.
Fra poco arrivai e la mia sborra fini in cinque o sei fiotti sul suo addome, sul suo collo, sugli occhi e sui cappelli. Lui la raccolse con le dita e lo leccò. La offrì anche a me ma rifiutai.
-Magari la prossima volta, -gli dissi aiutandolo a scendere.
L’avevo sgretolato. Il ragazzo camminava con le gambe aperte e toccando con la mano il culo. Prese le sue cose, dopo che si era vestito, e disse, mentre barcollava verso la porta:
-Ci vediamo alla prossima lezione.
Ci sedemmo e lui aprì il libro e con leggerezza cominciò a leggere con alta voce il testo. Mentre lui volava con la sua voce io mi sfregavo il cazzo e a volte tiravo la sua attenzione. Questa volta non avevo indossato niente sotto, dunque l’asta si fece vedere subito.
-Allora? –gli dissi, interrompendolo. –Non mi commenti la casa questa volta?
Lui chiuse il libro con delicatezza, diventando subito una piccola puttana. Sapevo già che il suo culo si stava bagnando.
-Vieni da me, -gli dissi.
Lui si alzò e cominciò a togliersi la camicia. Era un ragazzo di media statura, non palestrato ma con un corpo molto elastico e maneggevole. Mi eccitò l’idea dei suoi peli sotto le ascelle e sul torace e quasi impazzì quando la stria di peli sottili che partiva da sotto il suo ombelico scendeva fino sotto la cintura per aprirsi, immaginavo più intensamente, nel suo pube pelosetto.
Questa volta era lui davanti a me e stava togliendosi i jeans, tirando lentamente la cintura e mettendomela poi sul collo. Risi maliziosamente. Un sorriso di intesa, di cooperazione, di tacito accordo che fra poco l’avrei stuprato a dovere. Il suo inguine era sottile, con la cappella rosacea che si vedeva appena da quella foresta ricciuta e le palle che scendeva appena sotto. Non era un uomo dotato di cazzo, ma diamine! quando si girò vidi che era dotato di tanto culo. Due chiappe bianchissime cominciarono a danzare davanti a me, facendomi vedere ad intermittenza il suo buco rosa, già bagnato.
Gli infilai il pollice mentre continuava a farmi girare il culo davanti alla faccia. E io inserivo e toglievo il dito di una mano mentre con l’altra gli prendevo il pene e glielo tiravo indietro. Lui mormorava qualcosa. Era pronto, anzi me lo stava supplicando.
Mi alzai, e feci tirare il mio cazzo eretto sbattendolo fra le sue chiappe. Lui sorrise; la puttana aveva capito che era arrivata la sua ora. Lo feci smettere e con due dita gli varcai ancor di più l’orlo del tunnel, mentre lui cercava di stringere e spingere ritmicamente. Gli infilai subito la lingua, trombandolo un po' per bagnarlo ulteriormente. Lui prendeva e spartiva le sue terga in direzioni opposte. Mi alzai di nuovo e gli direzionai la cappella nel obbiettivo. Appena sentì la pressione lui alzò la testa. Sospirò un “si”, e poi ancora un altro, e tenne il respiro fino a quando tutta l’asta fosse dentro. Lui tirò fuori il fiato. Poi sospiro di nuovo. Era bello caldo dentro, il suo retto mi stringeva il cazzo e mi mandava il cervello all’aria.
Continuai con i primi colpi, secchi e possenti, facendogli capire chi comandava. Poi gli presi i fianchi e lo guidai per un po'. Dopo lo lasciai fare da solo. Come si scopava il mio cazzo! In che modo arcava la schiena, come un gatto che fa le fusa, e poi subito dopo diventava un ponte al rovescio.
Lo tirai di nuovo dai fianchi e con un movimento lo misi sopra il tavolo della cucina. Misi un suo piede sopra la mia spalla destra mentre l’altro lungo il mio fianco sinistro. Inserì tre dita nella sua bocca e lo feci quasi vomitare. Poi con le dita bagnate entrai dentro il suo culo ansimante e come uno pneumatico lo feci fremere. Il suo addome si contratto, le cosce cominciarono ad avere dei crampi, i suoi occhi si rotolavano all’indietro. Infilavo le tre dita, poi subito fuori. Il suo retto cominciava ad uscire. Ripetevo quel movimento. E l’interno usciva fuori. Ben presto delle pieghe di mucosa rosso sangue circondarono il suo buco e io cominciai a schiaffeggiarglielo.
Presi il mio cazzo e cominciai a trombarlo.
-Chi è il tuo padrone? –gli chiesi, mentre lo scopavo.
-Tuo, Samy.
-Di chi? Non ho sentito, -gli dissi mentre gli stringevo la gola.
-Oh, tuo, Samy, tuo! Dammelo, ti prego.
La sua voce sembrava un misto tra la voce debole e senza forze e quella piena di piacere che non riusciva ad assettarsi.
-Ti piace così?
Mi avvicinai alla sua faccia, facendomi guardare negli occhi. Era difficile guardare le sue pupille che saltavano una volta dietro, una volta a lato, e poi rotolavano dentro le orbite.
-Più forte, più forte! Sfondami, cazzo! Ah!
Lui subito cominciò a tremare e con una mano cercò di spingermi fuori. La sua testa ebbe qualche convulsione, la mascella uscì in avanti e lui andò in apnea per qualche minuto.
Mi dovevo mica spaventare? No. Gli stavo facendo vedere il Paradiso. Ed era il Paradiso che voleva vedere. Continuai dunque a scoparlo ancora più forte, fino a che non sentivo più il mio inguine. Lui tremava ancora, ma dopo un po’ sorrise di nuovo, si morse il labbro e anche la lingua. Finalmente mi guardò e fece “si” con la testa. Eccolo, dunque che scendeva dal Paradiso.
Fra poco arrivai e la mia sborra fini in cinque o sei fiotti sul suo addome, sul suo collo, sugli occhi e sui cappelli. Lui la raccolse con le dita e lo leccò. La offrì anche a me ma rifiutai.
-Magari la prossima volta, -gli dissi aiutandolo a scendere.
L’avevo sgretolato. Il ragazzo camminava con le gambe aperte e toccando con la mano il culo. Prese le sue cose, dopo che si era vestito, e disse, mentre barcollava verso la porta:
-Ci vediamo alla prossima lezione.
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