Vecchie amicizie, nuove scoperte
di
Meizu
genere
etero
Conoscevo Ale dall’età di 12 anni, quando nel bel mezzo delle scuole medie si era trasferita nel mio palazzo con la sua famiglia. Facemmo subito amicizia e per qualche periodo mi presi una cotta fenomenale per lei, che solo anni dopo scoprìì essere segretamente ricambiata. Ma si sa che l’adolescenza è costellata di insicurezze e diffidenza verso l’altro sesso, così l’amicizia e la forte complicità rimasero tali sino a quando, finito il ginnasio, si trasferì per studiare in un’altra regione, e le nostre strade si separarono.
In realtà ogni anno, quando rientrava in famiglia per le feste natalizie, mi chiamava e mi chiedeva di andare a prenderla all’aeroporto, e riuscivamo sempre a dedicarci qualche giorno per raccontarci le nostre vite.
Avevo 22 anni e quando uscì dal gate con la sua valigia ed un maglioncino che a stento conteneva il suo seno abbondante mi salutò a distanza col suo sorriso travolgente, mi corse incontro con entusiasmo e mi saltò al collo felice di rivedermi dopo quasi un anno.
Il tragitto in macchina sino a casa sua fu un fiume di racconti e di progetti, era tanto che non la vedevo così euforica. Aveva finalmente terminato la specializzazione, con un anno di anticipo, ed ora le si aprivano tante possibilità. Ero felice per lei, le volevo davvero bene.
“…quindi ora devo decidere se accettare la proposta ed iniziare subito a lavorare, o se aspettare la risposta dal consolato americano per lo stage: prendermi il sicuro subito e rischiare di perdere un bel treno o aspettare senza certezze…”
“cavolo, bel dilemma!”
“Vero, ma adesso ho deciso di godermi queste tre settimane di vacanza nella mia terra e con la mia famiglia e pensarci dopo. Anche perché ho un elenco lunghissimo di cose da fare che sto rimandando da troppo tempo. Voglio farmi un giro nell’entroterra che non ho mai visto, voglio vedere i mercatini di natale, voglio organizzare una cena con la mia famiglia, e voglio fare l’amore con te”
Quell’ultima frase per poco non mi fece andare fuori strada.
“COSA!?”
“Ma si, dai! Che fai: Ti scandalizzi? Sono 10 anni che ci conosciamo, che ci confidiamo, che ci desideriamo… cosa dobbiamo ancora aspettare? La vita è una!” E così dicendo mi sorrise fissandomi dritto negli occhi e poggiandomi una mano sulla coscia, il che mi provocò un’erezione violenta ed istantanea.
“Be’… come darti torto? Io sono sicuramente d’accordo… è solo che non me lo aspettavo”
“mi conosci, lo sai che non sto troppo a pensare e faccio quello che mi salta in testa”
“Su questo ci sono pochi dubbi… e come vorresti fare?”
“Non so… Hai sempre le chiavi della villetta dei tuoi? Potremmo farci un salto domani pomeriggio”
“Si, ce le ho… ma domani è la vigilia di natale”
“vabbè, ho detto di pomeriggio, mica a mezzanotte! O devi preparare la slitta e le renne?”
“non prendermi in giro… ok… allora passo a prenderti alle 15 e andiamo… Ma toglimi una curiosità: perché hai deciso di voler andare a letto con me?”
“E perché no? I motivi sono tanti: ho voglia, ci conosciamo da tanto, siamo stati innamorati, lo abbiamo sempre desiderato entrambi… e poi… tu mi piaci perché sei immorale!”
L’ultima affermazione provocò in entrambi una risata viscerale, come non mi capitava da tempo. In fondo era vero: lei conosceva tutto di me, e sapeva perfettamente che in fatto di sesso non mi mettevo nessuno scrupolo. Ogni volta che ci vedevamo voleva sapere i dettagli più piccanti della mia vita, ed io le raccontavo tutto volentieri perché sapevo che con lei non aveva senso nascondersi. Forse era l’unica persona nella mia vita da cui non mi sono mai sentito giudicato. E d’altra parte sapevo che quello che le raccontava in qualche modo scatenava in lei un qualche tipo di morbosa eccitazione.
Arrivammo sotto casa con un discreto ritardo, i suoi la aspettavano per pranzo, così mi salutò di fretta con un distratto bacio sulle labbra, come fosse un’abitudine, ed una volta chiusa la portiera si allontanò facendomi il segno del “dopo” roteando il dito indice, ed il numero tre con le dita dell’altra mano, per ricordarmi l’appuntamento per il giorno seguente… e chi se lo scorda!
Arrivai sotto casa dei suoi quasi puntuale, almeno certamente più di lei.
“scusa, aspettavi da tanto?”
“diciamo che quando sono arrivato avevo i capelli più corti…”
“dai, smettila! Sei sempre il solito coglione… E’ che i miei non mi mollavano, e mica potevo dirgli: “adesso devo andare prima che il cazzo del mio amico si ammosci!” ahahah”
“anche perché in quel caso avresti avuto tutto il tempo…”
“sempre umile tu, eh? Be’, oggi scopriremo se sono tutte chiacchiere le tue”
“Se vuoi puoi iniziare a controllare”
E nel pronunciare queste parole portai la sua mano sul mio cazzo già in erezione.
“Perché è già duro?”
“Perché mi ecciti”
“ahahah… ma smettila! Tu sei sempre eccitato, non funzionano con me le lusinghe”
“Ok, è vero: mi si alza appena soffia il vento… che differenza fa? L’importante è che funzioni, no?”
“Credi di essere furbo, ma evidentemente non hai capito con chi hai a che fare… oggi ti faccio morire!”
“Promesso?”
L’aria di sfida, la complicità, la confidenza, avevano creato un’immediata tensione sessuale. Senza dire altro, mentre io ero impegnato alla guida, Ale ruotò il busto poggiando la schiena sulla portiera, e senza distogliere lo sguardo dai miei occhi cominciò a sollevare dapprima la maglia già liberata dal pesante piumino che indossava, per lasciare che la sua abbondante quarta di seno scivolasse fuori dal top, a mio parere volutamente troppo stretto, mentre la mano destra scivolava distratta sotto la gonna a portafoglio salita ben oltre metà coscia.
“sei proprio stronza”
“dimmi qualcosa che non so…”
I venti minuti di macchina per raggiungere la villetta al mare furono davvero una tortura: con una maestria ed una sensualità che non conoscevo, Ale mi stuzzicò portandomi ad un livello di eccitazione quasi doloroso. Alternava gesti espliciti ad atteggiamenti lascivi, fermando ogni mio tentativo di allungare le mani.
Arrivato a destinazione si ricompose con naturalezza, scese dalla macchina e si diresse sicura verso l’ingresso che aveva avuto modo di conoscere bene durante le lunghe estati adolescenziali.
“Quanti ricordi… è strano trovarsi qui, ora, così…”
“Già… spero che la malinconia non scalfisca la tua determinazione”
“Stai zitto e sbrigati ad aprire quella porta o ti salto addosso qui sul patio!”
“Ok, come non detto…”
Appena dentro mi richiusi alle spalle porta e persiana. Ale si sedette al tavolo, accavallò le gambe, e mi fissò sorniona.
“Che dici di creare un po’ di atmosfera?”
“Vuoi che accenda il fuoco nel camino?”
“non abbiamo tutto questo tempo. Credo che qualcosa da bere sia sufficiente”
“Ottimo. Dovrei avere del prosecco nel frigo, arrivo subito”
“Ti secca se nel frattempo giro una canna?”
“Certo che no, ma occhio a non fare danni: l’ultima volta che ci siamo fatti una canna insieme abbiamo rovinato il divano di casa di mia zia”
“Un motivo in più per sbrigarti a tornare qui col prosecco…”
“Non serviva, ma va bene”
Tornai dopo un minuto con una bottiglia in una mano e due flute nell’altra. Mi avvicinai al tavolo per poggiare tutto, e mi posi alle sue spalle. Con le mani inizia ad accarezzarle i fianchi scoperti per salire sino al top. Lei non fece una piega nemmeno quando le mie dita si insinuarono sotto l’intimo: prima sulla pelle di quel seno che mille volte avevo succhiato nelle mie fantasie solitarie, e che finalmente potevo sentire in tutta la sua morbidezza, poi sull’inguine fasciato dal bordo vellutato degli slip. Cominciò a muovere lentamente il bacino, assecondando i miei movimenti senza distogliere lo sguardo e le mani dalla cartina che stava rollando con evidente esperienza, e le mie dita si spingevano sempre più a ridosso del suo piacere, scoprendola calda e bagnata.
Quando accese la canna fece un tiro che rilasciò con soddisfazione verso l’alto, inarcando la schiena contro la sedia ed esponendo ai miei occhi ed alle mie mani due fra le più belle tette che avessi visto, mentre con le gambe divaricate ed il pube proteso in avanti sembrava implorarmi di non smettere di accarezzarla. Mi posi in piedi davanti a lei, il mio cazzo spingeva sotto la tuta esattamente in direzione del suo viso. Non ci fu bisogno di invito: abbassò l’elastico dei pantaloni insieme a quello dei boxer, me lo fece saltare fuori e ci si avventò famelica avvolgendomi l’asta con le labbra e la lingua. Per qualche minuto la sua bocca si alternò fra il mio cazzo e la canna, sinchè sollevando lo sguardo mi disse: “Me la reggi?” porgendomi lo spinello. Appena liberatasi dell’ingombro iniziò ad accompagnare la bocca con le mani, esplorandomi dal perineo sino alla cappella e rivelando una voglia ed una fame di cazzo che non mi aspettavo.
“Ma quanto ti piace il cazzo, Ale?”
“Quando è bello come il tuo moltissimo!”
“Sei più maiala di quanto pensassi”
“Stai zitto e pensa a farlo restare duro più a lungo possibile”
Colpito nell’orgoglio, capii che quel pompino così appassionato non doveva portarmi a cedere troppo presto, così la interruppi bruscamente, la lanciai fisicamente sul divano e mi accovacciai fra le sue cosce per ricambiare il favore.
Aveva poco pelo curato sulla parte alta del pube, completamente liscia in basso e intorno alle grandi labbra carnose, un bottoncino duro che sporgeva e soprattutto un profumo delicato di sesso. Appena cominciai a leccare si abbandonò al piacere, mugolando e eliminando ogni resistenza. Passai minuti lunghissimi a torturarle clitoride e vagina con la lingua e le dita, sino a quando in preda al piacere non mi sollevò di forza e mi chiese di scoparla con forza. Ovviamente non me lo feci ripetere, e senza complimenti le spinsi il cazzo fino in fondo, spingendo col pube sul suo grilletto e con la cappella sino alla cervice provocandole schizzi di umori e spasmi di piacere incontrollati.
Purtroppo tanta passione ebbe l’effetto di provocarle un orgasmo multiplo devastante, che dopo qualche interminabile minuto di fremiti la costrinse a fermarmi, e siccome non ne volevo sapere mi urlò un esilarante “esci da questo corpo, essere immondo” provocando una tale risata in me che non potei più essere serio.
Rientrammo a casa poco prima del cenone della vigilia di natale, con un sorriso ebete e soddisfatto sul viso.
“allora? E’ stato come te lo immaginavi? Sono così “immorale”?
“Sono certa che puoi esserlo ben oltre, ma per ora va bene così”
“ci sarà un seguito?”
“Mai dire mai…”
E mi salutò con un più che eloquente castissimo bacio sulla guancia.
Sulla strada del rientro pensai a come fosse stato tutto così veloce ed assurdo, realizzai di essere stato usato e mi resi conto di quanto mi fosse piaciuto.
In realtà ogni anno, quando rientrava in famiglia per le feste natalizie, mi chiamava e mi chiedeva di andare a prenderla all’aeroporto, e riuscivamo sempre a dedicarci qualche giorno per raccontarci le nostre vite.
Avevo 22 anni e quando uscì dal gate con la sua valigia ed un maglioncino che a stento conteneva il suo seno abbondante mi salutò a distanza col suo sorriso travolgente, mi corse incontro con entusiasmo e mi saltò al collo felice di rivedermi dopo quasi un anno.
Il tragitto in macchina sino a casa sua fu un fiume di racconti e di progetti, era tanto che non la vedevo così euforica. Aveva finalmente terminato la specializzazione, con un anno di anticipo, ed ora le si aprivano tante possibilità. Ero felice per lei, le volevo davvero bene.
“…quindi ora devo decidere se accettare la proposta ed iniziare subito a lavorare, o se aspettare la risposta dal consolato americano per lo stage: prendermi il sicuro subito e rischiare di perdere un bel treno o aspettare senza certezze…”
“cavolo, bel dilemma!”
“Vero, ma adesso ho deciso di godermi queste tre settimane di vacanza nella mia terra e con la mia famiglia e pensarci dopo. Anche perché ho un elenco lunghissimo di cose da fare che sto rimandando da troppo tempo. Voglio farmi un giro nell’entroterra che non ho mai visto, voglio vedere i mercatini di natale, voglio organizzare una cena con la mia famiglia, e voglio fare l’amore con te”
Quell’ultima frase per poco non mi fece andare fuori strada.
“COSA!?”
“Ma si, dai! Che fai: Ti scandalizzi? Sono 10 anni che ci conosciamo, che ci confidiamo, che ci desideriamo… cosa dobbiamo ancora aspettare? La vita è una!” E così dicendo mi sorrise fissandomi dritto negli occhi e poggiandomi una mano sulla coscia, il che mi provocò un’erezione violenta ed istantanea.
“Be’… come darti torto? Io sono sicuramente d’accordo… è solo che non me lo aspettavo”
“mi conosci, lo sai che non sto troppo a pensare e faccio quello che mi salta in testa”
“Su questo ci sono pochi dubbi… e come vorresti fare?”
“Non so… Hai sempre le chiavi della villetta dei tuoi? Potremmo farci un salto domani pomeriggio”
“Si, ce le ho… ma domani è la vigilia di natale”
“vabbè, ho detto di pomeriggio, mica a mezzanotte! O devi preparare la slitta e le renne?”
“non prendermi in giro… ok… allora passo a prenderti alle 15 e andiamo… Ma toglimi una curiosità: perché hai deciso di voler andare a letto con me?”
“E perché no? I motivi sono tanti: ho voglia, ci conosciamo da tanto, siamo stati innamorati, lo abbiamo sempre desiderato entrambi… e poi… tu mi piaci perché sei immorale!”
L’ultima affermazione provocò in entrambi una risata viscerale, come non mi capitava da tempo. In fondo era vero: lei conosceva tutto di me, e sapeva perfettamente che in fatto di sesso non mi mettevo nessuno scrupolo. Ogni volta che ci vedevamo voleva sapere i dettagli più piccanti della mia vita, ed io le raccontavo tutto volentieri perché sapevo che con lei non aveva senso nascondersi. Forse era l’unica persona nella mia vita da cui non mi sono mai sentito giudicato. E d’altra parte sapevo che quello che le raccontava in qualche modo scatenava in lei un qualche tipo di morbosa eccitazione.
Arrivammo sotto casa con un discreto ritardo, i suoi la aspettavano per pranzo, così mi salutò di fretta con un distratto bacio sulle labbra, come fosse un’abitudine, ed una volta chiusa la portiera si allontanò facendomi il segno del “dopo” roteando il dito indice, ed il numero tre con le dita dell’altra mano, per ricordarmi l’appuntamento per il giorno seguente… e chi se lo scorda!
Arrivai sotto casa dei suoi quasi puntuale, almeno certamente più di lei.
“scusa, aspettavi da tanto?”
“diciamo che quando sono arrivato avevo i capelli più corti…”
“dai, smettila! Sei sempre il solito coglione… E’ che i miei non mi mollavano, e mica potevo dirgli: “adesso devo andare prima che il cazzo del mio amico si ammosci!” ahahah”
“anche perché in quel caso avresti avuto tutto il tempo…”
“sempre umile tu, eh? Be’, oggi scopriremo se sono tutte chiacchiere le tue”
“Se vuoi puoi iniziare a controllare”
E nel pronunciare queste parole portai la sua mano sul mio cazzo già in erezione.
“Perché è già duro?”
“Perché mi ecciti”
“ahahah… ma smettila! Tu sei sempre eccitato, non funzionano con me le lusinghe”
“Ok, è vero: mi si alza appena soffia il vento… che differenza fa? L’importante è che funzioni, no?”
“Credi di essere furbo, ma evidentemente non hai capito con chi hai a che fare… oggi ti faccio morire!”
“Promesso?”
L’aria di sfida, la complicità, la confidenza, avevano creato un’immediata tensione sessuale. Senza dire altro, mentre io ero impegnato alla guida, Ale ruotò il busto poggiando la schiena sulla portiera, e senza distogliere lo sguardo dai miei occhi cominciò a sollevare dapprima la maglia già liberata dal pesante piumino che indossava, per lasciare che la sua abbondante quarta di seno scivolasse fuori dal top, a mio parere volutamente troppo stretto, mentre la mano destra scivolava distratta sotto la gonna a portafoglio salita ben oltre metà coscia.
“sei proprio stronza”
“dimmi qualcosa che non so…”
I venti minuti di macchina per raggiungere la villetta al mare furono davvero una tortura: con una maestria ed una sensualità che non conoscevo, Ale mi stuzzicò portandomi ad un livello di eccitazione quasi doloroso. Alternava gesti espliciti ad atteggiamenti lascivi, fermando ogni mio tentativo di allungare le mani.
Arrivato a destinazione si ricompose con naturalezza, scese dalla macchina e si diresse sicura verso l’ingresso che aveva avuto modo di conoscere bene durante le lunghe estati adolescenziali.
“Quanti ricordi… è strano trovarsi qui, ora, così…”
“Già… spero che la malinconia non scalfisca la tua determinazione”
“Stai zitto e sbrigati ad aprire quella porta o ti salto addosso qui sul patio!”
“Ok, come non detto…”
Appena dentro mi richiusi alle spalle porta e persiana. Ale si sedette al tavolo, accavallò le gambe, e mi fissò sorniona.
“Che dici di creare un po’ di atmosfera?”
“Vuoi che accenda il fuoco nel camino?”
“non abbiamo tutto questo tempo. Credo che qualcosa da bere sia sufficiente”
“Ottimo. Dovrei avere del prosecco nel frigo, arrivo subito”
“Ti secca se nel frattempo giro una canna?”
“Certo che no, ma occhio a non fare danni: l’ultima volta che ci siamo fatti una canna insieme abbiamo rovinato il divano di casa di mia zia”
“Un motivo in più per sbrigarti a tornare qui col prosecco…”
“Non serviva, ma va bene”
Tornai dopo un minuto con una bottiglia in una mano e due flute nell’altra. Mi avvicinai al tavolo per poggiare tutto, e mi posi alle sue spalle. Con le mani inizia ad accarezzarle i fianchi scoperti per salire sino al top. Lei non fece una piega nemmeno quando le mie dita si insinuarono sotto l’intimo: prima sulla pelle di quel seno che mille volte avevo succhiato nelle mie fantasie solitarie, e che finalmente potevo sentire in tutta la sua morbidezza, poi sull’inguine fasciato dal bordo vellutato degli slip. Cominciò a muovere lentamente il bacino, assecondando i miei movimenti senza distogliere lo sguardo e le mani dalla cartina che stava rollando con evidente esperienza, e le mie dita si spingevano sempre più a ridosso del suo piacere, scoprendola calda e bagnata.
Quando accese la canna fece un tiro che rilasciò con soddisfazione verso l’alto, inarcando la schiena contro la sedia ed esponendo ai miei occhi ed alle mie mani due fra le più belle tette che avessi visto, mentre con le gambe divaricate ed il pube proteso in avanti sembrava implorarmi di non smettere di accarezzarla. Mi posi in piedi davanti a lei, il mio cazzo spingeva sotto la tuta esattamente in direzione del suo viso. Non ci fu bisogno di invito: abbassò l’elastico dei pantaloni insieme a quello dei boxer, me lo fece saltare fuori e ci si avventò famelica avvolgendomi l’asta con le labbra e la lingua. Per qualche minuto la sua bocca si alternò fra il mio cazzo e la canna, sinchè sollevando lo sguardo mi disse: “Me la reggi?” porgendomi lo spinello. Appena liberatasi dell’ingombro iniziò ad accompagnare la bocca con le mani, esplorandomi dal perineo sino alla cappella e rivelando una voglia ed una fame di cazzo che non mi aspettavo.
“Ma quanto ti piace il cazzo, Ale?”
“Quando è bello come il tuo moltissimo!”
“Sei più maiala di quanto pensassi”
“Stai zitto e pensa a farlo restare duro più a lungo possibile”
Colpito nell’orgoglio, capii che quel pompino così appassionato non doveva portarmi a cedere troppo presto, così la interruppi bruscamente, la lanciai fisicamente sul divano e mi accovacciai fra le sue cosce per ricambiare il favore.
Aveva poco pelo curato sulla parte alta del pube, completamente liscia in basso e intorno alle grandi labbra carnose, un bottoncino duro che sporgeva e soprattutto un profumo delicato di sesso. Appena cominciai a leccare si abbandonò al piacere, mugolando e eliminando ogni resistenza. Passai minuti lunghissimi a torturarle clitoride e vagina con la lingua e le dita, sino a quando in preda al piacere non mi sollevò di forza e mi chiese di scoparla con forza. Ovviamente non me lo feci ripetere, e senza complimenti le spinsi il cazzo fino in fondo, spingendo col pube sul suo grilletto e con la cappella sino alla cervice provocandole schizzi di umori e spasmi di piacere incontrollati.
Purtroppo tanta passione ebbe l’effetto di provocarle un orgasmo multiplo devastante, che dopo qualche interminabile minuto di fremiti la costrinse a fermarmi, e siccome non ne volevo sapere mi urlò un esilarante “esci da questo corpo, essere immondo” provocando una tale risata in me che non potei più essere serio.
Rientrammo a casa poco prima del cenone della vigilia di natale, con un sorriso ebete e soddisfatto sul viso.
“allora? E’ stato come te lo immaginavi? Sono così “immorale”?
“Sono certa che puoi esserlo ben oltre, ma per ora va bene così”
“ci sarà un seguito?”
“Mai dire mai…”
E mi salutò con un più che eloquente castissimo bacio sulla guancia.
Sulla strada del rientro pensai a come fosse stato tutto così veloce ed assurdo, realizzai di essere stato usato e mi resi conto di quanto mi fosse piaciuto.
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