Mio Nonno Edoardo.
di
Campanellino1
genere
incesti
RIPUBBLICO QUESTO RACCONTO PRECEDENTAMENTE PUBBLICATO SOTTO UN ALTRO PSEUDONIMO.
Nella mia famiglia non ci sono mai stati problemi economici, in larga parte grazie a mio nonno materno Edoardo, che ha passato metà della sua vita, fino ad oggi, come direttore di banca.
Una famiglia colta la mia, ampiamente borghese…una cosa che a tratti ci ha fatto comodo ma che non ci ha mai posseduto.
I mei sono sempre stati molto aperti mentalmente e nel loro modo di crescermi hanno educato la mia anima all’arte, di fatto, scrivo questo racconto ad una settimana dalla mia laurea in Arti Multimediali.
Fu proprio mio nonno a crederci fin da subito. Da piccolo mi portava spesso a mostre, manifestazioni culturali, cinema…un tipo burbero lui, severo…ma dall’animo nobile, gentile.
Premetto che è rimasto vedovo molto giovane, mia madre (sua unica figlia) aveva 5 anni, lui 25.
Il mio rapporto con lui è sempre stato aleatorio: distante nei rapporti ma tremendamente stretto umanamente. Parlavamo poco ma bastava sapere che l’uno non si dimenticava dell’altro.
Ma arriviamo al dunque. L’altro ieri ha compiuto 61 anni, io ne ho 23. Organizzammo una cena a casa sua per festeggiare. Io, mia madre, mio padre, mia zia, mio zio e mia sorella. Arrivai un po’ più tardi dell’orario stabilito…si avvicinava la mia laurea ed era il compleanno di una persona molto importante per quel lato della mia vita. Così in preda ai pensieri più malinconici alzai il gomito prima di cena, nulla di esagerato è una pratica in cui mi lascio andare spesso, giusto per rilassarmi un po’.
Arrivo a casa sua e vedendolo sento un balzo nell’animo. Era vestito elegante, come sempre 365 giorni l’anno, pensai che era bellissimo.
Il corpo di una persona quando è sintonizzato con l’anima può raccontare ogni sfumatura della sua vita, della sua persona.
Portava una camicia bianca infilata dentro i pantaloni eleganti blu notte, retti dalle bretelle bordeaux. Scarpe eleganti e calze sempre bordeaux per riprendere le bretelle. Lui è un tipo alto e robusto. Con un po’ di pancetta data dall’età, niente di preoccupante comunque.
Dicevo che pensai a quanto bello fosse, a quanto fosse importante per me anche se mai gliel’ho detto. Ero felice e un po’ brillo e quando sono brillo le mie sensazioni sono sempre amplificate. Quella di quella sera mi suggeriva che, sarebbe successo qualcosa di bello, di catartico.
La cena andò via liscia, quattro chiacchiere su lavoro, politica, famiglia…arrivammo al dolce e mio nonno Edoardo mi chiamò in disparte e mi disse:
-“Resta qui ancora un po’ dopo, ti offro un bicchiere di Bourbon quello che mi hanno regalato l’anno scorso.”
Rimasi di stucco, ma fui felicissimo…e un po’ preoccupato…nei suoi occhi aveva l’aria di chi non sa se si divertirà ancora nella sua vita. Come se fosse la prima e l’ultima volta.
Tutti andarono via ed io con una scusa imbastita agli altri rimasi lì.
Ci sedemmo al tavolo e mi versò il Bourbon.
-“Allora, prossima settimana ti laurei. Sono molto contento. Ultimamente mi capita spesso di pensare a quando da piccolo ti portavo in giro qui e lì tra mostre ed altro.
Ci ho sempre creduto davvero e adesso vederti qui mi riempie di gioia.”
Rimasi basito, non si era mai aperto così tanto con me..
-“Si nonno, oggi ci pensavo anch’io…se sono quello che sono…lo devo prettamente a te.”
In quell’attimo, qualcosa scattò. Ci guardammo per un secondo, intensamente…talmente tanto che di scatto si alzò per posare la bottiglia.
Negli anni, non mi sono mai vergognato troppo della mia bisessualità ma è comunque rimasta una cosa che ho tenuto sempre per me.
Il mio occhio cadde involontariamente ma nemmeno troppo sul suo pacco, gonfio, poderoso…che gonfiava quei pantaloni eleganti. La cosa non mi mise a disagio, capii subito che oramai la mia sensazione si era coordinata con la realtà. Ero semplicemente dentro il flusso degli eventi ormai. E lo seguivo.
Ho il feticcio per i vestiti eleganti, per cui…mi venne barzotto. Ero eccitato.
-“Farò fatica a dormire stanotte” disse.
-“Perchè?”
-“Perchè qualcosa mi dice che stanotte è meglio restare svegli.”
Oramai avevamo capito entrambi. Ma non parlammo.
Mi alzai e mi disse:
-“Andiamo in soggiorno.”
Si sedette sulla poltrona alzandosi i pantaloni in modo da lasciare scoperte le caviglie. Quell’eleganza dei calzini bordeaux mi mandò in estasi.
Lui forse un po’ imbarazzato cercava di coprire il pacco che cresceva sempre di più. Quanto mi sarebbe piaciuto carezzarlo.
Io non mi nascondevo più. La patta dei miei pantaloni era pronta ad esplodere e non lo nascosi. Anzi.
Notai che al mio mostrarmi si rilassò un poco, ci guardammo ancora una volta e senza accorgermene, mi toccavo sotto. Ormai è andata, pensai. Nemmeno lui si nascondeva più.
Allargò le gambe, quei vestiti gli stavano da Dio e gli dipingevano addosso una virilità indomita. Una virilità pronta a decollare.
Cominciò a toccarsi delicatamente come speculare a me. Fu un attimo, si alzò di scatto e mi balzò davanti, mi girò delicato e sussurrò.
-“Chiudiamo gli occhi e non pensiamo a nulla.”
Gli presi la mano e gliela misi sopra la mia patta. Volevo fosse fiero di quell’erezione. Iniziò ad accarezzarlo, sentirlo… e nel frattempo strusciava il suo contro le mie natiche, in maniera totalmente naturale.
Stavo esplodendo già, forse più per l’atto proibito…ma toccava a me. Mi girai e con amore gli slacciai i pantaloni, misi la mano dentro sentendo il suo cazzo dentro la mutanda di cotone. Poderoso, sembrava pulsasse. Oramai era al massimo dell’erezione, scappellato nella mutanda. Sentii anche le palle pronte ad esplodere.
Nella mia testa me lo immaginai perfetto, un cazzo e due palle virili. Mi divertii ancora un po’ a sentirlo in mano quando a quel punto non reggevo più. Mi chinai e abbassai le mutande ed era esattamente come me lo immaginavo, anzi meglio.
Una cappella che cantava, una forma perfetta. Sembrava disegnato. Strinsi le sue natiche e lo spinsi verso la mia bocca, caldissima pronta ad accoglierlo.
Fece un gemito di piacere, mi prese la testa e mi accarezzava i capelli. Dopo un po’ capii che stava venendo, ma non è così che doveva venire. No. La sua sborrata doveva essere di più.
E lo capii anche lui. Così mi prese, mi guardò con amore e mi fece allungare sul divano. Mi spogliò e vedendo il mio cazzo notai una nota di orgoglio nei suoi occhi. Iniziò a masturbarmi delicato e poi forte e poi di nuovo delicato…quando capimmo che stavo per sborrare forte si fermò.
Ormai eravamo posseduti entrambi dagli ormoni ed è lì che lo prese e dolcemente me lo infilò.
Ebbi un sussulto, avevo perso il controllo dal piacere tanto che iniziai a tremare.
Faceva su e giù, sempre delicato. Godendoci a pieno il momento. Io sentivo quel cazzo turgido godere e godevo insieme a lui.
Perdemmo ogni forma di pudore, ogni forma di controllo e iniziò a montarmi sul serio. Non con violenza o forza. Con goduria. Cazzo se mi montava.
Notai i suoi capezzoli ormai duri da tempo e li toccai, li strizzai. Stavamo impazzendo di piacere. Lui mi prese in mano il cazzo e iniziò a masturbarmi. Pompò dentro di me ancora un po’ e al massimo dell’estasi. L’apoteosi.
Venimmo insieme, una sborrata soave. In quel momento nei nostri occhi il mare. Quasi che il corpo non ci bastava più. Perché non ci bastava più in effetti.
Sporchi, felici…ci guardammo e senza dire una parola. Capimmo che la sua virilità mista alla mia giovinezza crearono un ponte. Un ponte che sorvolava una valle di anni…sulle nostre anime.
Ormai simili. Ormai uguali.
Fine.
Se hai voglia di lasciarmi un commento o scrivermi, contattami qui: campanellinosogno@gmail.com
Nella mia famiglia non ci sono mai stati problemi economici, in larga parte grazie a mio nonno materno Edoardo, che ha passato metà della sua vita, fino ad oggi, come direttore di banca.
Una famiglia colta la mia, ampiamente borghese…una cosa che a tratti ci ha fatto comodo ma che non ci ha mai posseduto.
I mei sono sempre stati molto aperti mentalmente e nel loro modo di crescermi hanno educato la mia anima all’arte, di fatto, scrivo questo racconto ad una settimana dalla mia laurea in Arti Multimediali.
Fu proprio mio nonno a crederci fin da subito. Da piccolo mi portava spesso a mostre, manifestazioni culturali, cinema…un tipo burbero lui, severo…ma dall’animo nobile, gentile.
Premetto che è rimasto vedovo molto giovane, mia madre (sua unica figlia) aveva 5 anni, lui 25.
Il mio rapporto con lui è sempre stato aleatorio: distante nei rapporti ma tremendamente stretto umanamente. Parlavamo poco ma bastava sapere che l’uno non si dimenticava dell’altro.
Ma arriviamo al dunque. L’altro ieri ha compiuto 61 anni, io ne ho 23. Organizzammo una cena a casa sua per festeggiare. Io, mia madre, mio padre, mia zia, mio zio e mia sorella. Arrivai un po’ più tardi dell’orario stabilito…si avvicinava la mia laurea ed era il compleanno di una persona molto importante per quel lato della mia vita. Così in preda ai pensieri più malinconici alzai il gomito prima di cena, nulla di esagerato è una pratica in cui mi lascio andare spesso, giusto per rilassarmi un po’.
Arrivo a casa sua e vedendolo sento un balzo nell’animo. Era vestito elegante, come sempre 365 giorni l’anno, pensai che era bellissimo.
Il corpo di una persona quando è sintonizzato con l’anima può raccontare ogni sfumatura della sua vita, della sua persona.
Portava una camicia bianca infilata dentro i pantaloni eleganti blu notte, retti dalle bretelle bordeaux. Scarpe eleganti e calze sempre bordeaux per riprendere le bretelle. Lui è un tipo alto e robusto. Con un po’ di pancetta data dall’età, niente di preoccupante comunque.
Dicevo che pensai a quanto bello fosse, a quanto fosse importante per me anche se mai gliel’ho detto. Ero felice e un po’ brillo e quando sono brillo le mie sensazioni sono sempre amplificate. Quella di quella sera mi suggeriva che, sarebbe successo qualcosa di bello, di catartico.
La cena andò via liscia, quattro chiacchiere su lavoro, politica, famiglia…arrivammo al dolce e mio nonno Edoardo mi chiamò in disparte e mi disse:
-“Resta qui ancora un po’ dopo, ti offro un bicchiere di Bourbon quello che mi hanno regalato l’anno scorso.”
Rimasi di stucco, ma fui felicissimo…e un po’ preoccupato…nei suoi occhi aveva l’aria di chi non sa se si divertirà ancora nella sua vita. Come se fosse la prima e l’ultima volta.
Tutti andarono via ed io con una scusa imbastita agli altri rimasi lì.
Ci sedemmo al tavolo e mi versò il Bourbon.
-“Allora, prossima settimana ti laurei. Sono molto contento. Ultimamente mi capita spesso di pensare a quando da piccolo ti portavo in giro qui e lì tra mostre ed altro.
Ci ho sempre creduto davvero e adesso vederti qui mi riempie di gioia.”
Rimasi basito, non si era mai aperto così tanto con me..
-“Si nonno, oggi ci pensavo anch’io…se sono quello che sono…lo devo prettamente a te.”
In quell’attimo, qualcosa scattò. Ci guardammo per un secondo, intensamente…talmente tanto che di scatto si alzò per posare la bottiglia.
Negli anni, non mi sono mai vergognato troppo della mia bisessualità ma è comunque rimasta una cosa che ho tenuto sempre per me.
Il mio occhio cadde involontariamente ma nemmeno troppo sul suo pacco, gonfio, poderoso…che gonfiava quei pantaloni eleganti. La cosa non mi mise a disagio, capii subito che oramai la mia sensazione si era coordinata con la realtà. Ero semplicemente dentro il flusso degli eventi ormai. E lo seguivo.
Ho il feticcio per i vestiti eleganti, per cui…mi venne barzotto. Ero eccitato.
-“Farò fatica a dormire stanotte” disse.
-“Perchè?”
-“Perchè qualcosa mi dice che stanotte è meglio restare svegli.”
Oramai avevamo capito entrambi. Ma non parlammo.
Mi alzai e mi disse:
-“Andiamo in soggiorno.”
Si sedette sulla poltrona alzandosi i pantaloni in modo da lasciare scoperte le caviglie. Quell’eleganza dei calzini bordeaux mi mandò in estasi.
Lui forse un po’ imbarazzato cercava di coprire il pacco che cresceva sempre di più. Quanto mi sarebbe piaciuto carezzarlo.
Io non mi nascondevo più. La patta dei miei pantaloni era pronta ad esplodere e non lo nascosi. Anzi.
Notai che al mio mostrarmi si rilassò un poco, ci guardammo ancora una volta e senza accorgermene, mi toccavo sotto. Ormai è andata, pensai. Nemmeno lui si nascondeva più.
Allargò le gambe, quei vestiti gli stavano da Dio e gli dipingevano addosso una virilità indomita. Una virilità pronta a decollare.
Cominciò a toccarsi delicatamente come speculare a me. Fu un attimo, si alzò di scatto e mi balzò davanti, mi girò delicato e sussurrò.
-“Chiudiamo gli occhi e non pensiamo a nulla.”
Gli presi la mano e gliela misi sopra la mia patta. Volevo fosse fiero di quell’erezione. Iniziò ad accarezzarlo, sentirlo… e nel frattempo strusciava il suo contro le mie natiche, in maniera totalmente naturale.
Stavo esplodendo già, forse più per l’atto proibito…ma toccava a me. Mi girai e con amore gli slacciai i pantaloni, misi la mano dentro sentendo il suo cazzo dentro la mutanda di cotone. Poderoso, sembrava pulsasse. Oramai era al massimo dell’erezione, scappellato nella mutanda. Sentii anche le palle pronte ad esplodere.
Nella mia testa me lo immaginai perfetto, un cazzo e due palle virili. Mi divertii ancora un po’ a sentirlo in mano quando a quel punto non reggevo più. Mi chinai e abbassai le mutande ed era esattamente come me lo immaginavo, anzi meglio.
Una cappella che cantava, una forma perfetta. Sembrava disegnato. Strinsi le sue natiche e lo spinsi verso la mia bocca, caldissima pronta ad accoglierlo.
Fece un gemito di piacere, mi prese la testa e mi accarezzava i capelli. Dopo un po’ capii che stava venendo, ma non è così che doveva venire. No. La sua sborrata doveva essere di più.
E lo capii anche lui. Così mi prese, mi guardò con amore e mi fece allungare sul divano. Mi spogliò e vedendo il mio cazzo notai una nota di orgoglio nei suoi occhi. Iniziò a masturbarmi delicato e poi forte e poi di nuovo delicato…quando capimmo che stavo per sborrare forte si fermò.
Ormai eravamo posseduti entrambi dagli ormoni ed è lì che lo prese e dolcemente me lo infilò.
Ebbi un sussulto, avevo perso il controllo dal piacere tanto che iniziai a tremare.
Faceva su e giù, sempre delicato. Godendoci a pieno il momento. Io sentivo quel cazzo turgido godere e godevo insieme a lui.
Perdemmo ogni forma di pudore, ogni forma di controllo e iniziò a montarmi sul serio. Non con violenza o forza. Con goduria. Cazzo se mi montava.
Notai i suoi capezzoli ormai duri da tempo e li toccai, li strizzai. Stavamo impazzendo di piacere. Lui mi prese in mano il cazzo e iniziò a masturbarmi. Pompò dentro di me ancora un po’ e al massimo dell’estasi. L’apoteosi.
Venimmo insieme, una sborrata soave. In quel momento nei nostri occhi il mare. Quasi che il corpo non ci bastava più. Perché non ci bastava più in effetti.
Sporchi, felici…ci guardammo e senza dire una parola. Capimmo che la sua virilità mista alla mia giovinezza crearono un ponte. Un ponte che sorvolava una valle di anni…sulle nostre anime.
Ormai simili. Ormai uguali.
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