Sogno di una notte di mezza estate
di
Notorius
genere
masturbazione
L'estate passavamo le calde serate sdraiati in qualche vigna, il canto dei grilli e il profumo dell'erba che fumavamo accompagnavano lunghe chiacchierate con gli occhi puntati sulle stelle, il senso della vita, il concetto di infinito, il futuro, il passato...
Elena ed io eravamo migliori amici, ma non di quelli normali, eravamo quel tipo di amici morbosi, sempre insieme, con una grande confidenza, un breve flirt adolescenziale e tanto affetto.
Regolarmente le serate si concludevano con lei che si addormentava seduta tra le mie gambe, con la schiena appoggiata al mio petto e la testa reclinata sul mio collo.
Occhi di un melange tra il verde e il marrone, capelli castani di media lunghezza e labbra carnose.
Era molto bella.
Di una sensualità fuori dal comune.
Passavo ore a guardarla dormire, forse quel breve flirt aveva lasciato più segni di quello che credevo.
Fu una di quelle sere che, ipnotizzato da quelle labbra morbide, socchiuse, sentii una scarica dentro di me, un calore dimenticato divampare.
Il suo seno stretto in una camicetta bianca, disegnava linee perfette, e un piccolo neo adornava il suo petto, esattamente al centro dei suoi seni.
Riusciva ad essere sensuale anche mentre dormiva.
Accarezzandole il collo le spostai i capelli da un lato.
Un leggero sorriso le si stese sul volto.
Chissà cosa sognava.
Lentamente sganciai un bottone della sua camicetta.
Un altro.
Il suo seno balzò fuori, avvolto da un meraviglioso reggiseno di pizzo bianco, che creava un incantevole contrasto con l'abbronzatura estiva.
Con la punta delle dita sfiorai il suo petto, all'altezza delle clavicole.
La pelle liscia, calda.
I suoi capelli profumavano di pesca.
Avevo quasi voglia di mangiarla.
Con i palmi delle mie mani scesi sul suo seno, accarezzandolo.
- "Cosa stai facendo?"- mi chiese senza aprire gli occhi.
Evidentemente non stava dormendo.
L'imbarazzo mi paralizzò per alcuni secondi, non sapevo cosa dire...
- "Non fermarti..."- Aggiunse sorridendo dolcemente.
La mia soggezione lasciò spazio ad altre sensazioni, più forti e coinvolgenti.
Continuai a sbottonare la sua camicetta, fino ad aprirla completamente.
Lasciai scivolare gli spallini del reggiseno lungo le sue spalle abbronzate, e con gesto deciso lo abbassai.
Elena sussultò dolcemente.
Le mie mani, delicate ma ruvide per il lavoro, strinsero con forza il suo seno nudo.
I suoi capezzoli duri come noccioli di ciliegia, si inturgidirono ancor di più tra le mie dita.
Baciandola sul collo li strinsi più forte, tirandoli e torcendoli.
Un lieve gemito uscì dalla sua dolce bocca e il suo respiro si fece più pesante.
Reclinando la testa all'indietro avvicinò il suo volto a me, le sue labbra e le mie, unite in unico elemento, una singola cellula.
Continuando a stringere il suo capezzolo, con l'altra mano scivolai più giù, sganciando il bottone dei suoi jeans ed entrando nelle sue mutandine madide di umori.
Potevo sentire il suo clitoride turgido e palpitante fremere sotto le mie rapide carezze, che aumentavano di velocità all'unisono con i suoi gemiti, gemiti strozzati nella mia bocca, mentre le nostre lingue si rincorrevano in una danza ancestrale.
Il suo corpo caldo si inarcuava sempre più premendo sul mio cazzo eretto.
Sentirla ansimare, respirare il suo respiro, era tutto ciò che potessi desiderare, compiacendomi del suo piacere, assaporando il suo orgasmo bagnato in ogni piccolo istante.
Come una supplica un gridolino uscì dalla sua bocca nel momento dell'estremo piacere.
Esausta si sdraiò nuovamente su di me.
Il suo sorriso valse più di mille parole, e poi, nuovamente, furono solo i grilli.
Elena ed io eravamo migliori amici, ma non di quelli normali, eravamo quel tipo di amici morbosi, sempre insieme, con una grande confidenza, un breve flirt adolescenziale e tanto affetto.
Regolarmente le serate si concludevano con lei che si addormentava seduta tra le mie gambe, con la schiena appoggiata al mio petto e la testa reclinata sul mio collo.
Occhi di un melange tra il verde e il marrone, capelli castani di media lunghezza e labbra carnose.
Era molto bella.
Di una sensualità fuori dal comune.
Passavo ore a guardarla dormire, forse quel breve flirt aveva lasciato più segni di quello che credevo.
Fu una di quelle sere che, ipnotizzato da quelle labbra morbide, socchiuse, sentii una scarica dentro di me, un calore dimenticato divampare.
Il suo seno stretto in una camicetta bianca, disegnava linee perfette, e un piccolo neo adornava il suo petto, esattamente al centro dei suoi seni.
Riusciva ad essere sensuale anche mentre dormiva.
Accarezzandole il collo le spostai i capelli da un lato.
Un leggero sorriso le si stese sul volto.
Chissà cosa sognava.
Lentamente sganciai un bottone della sua camicetta.
Un altro.
Il suo seno balzò fuori, avvolto da un meraviglioso reggiseno di pizzo bianco, che creava un incantevole contrasto con l'abbronzatura estiva.
Con la punta delle dita sfiorai il suo petto, all'altezza delle clavicole.
La pelle liscia, calda.
I suoi capelli profumavano di pesca.
Avevo quasi voglia di mangiarla.
Con i palmi delle mie mani scesi sul suo seno, accarezzandolo.
- "Cosa stai facendo?"- mi chiese senza aprire gli occhi.
Evidentemente non stava dormendo.
L'imbarazzo mi paralizzò per alcuni secondi, non sapevo cosa dire...
- "Non fermarti..."- Aggiunse sorridendo dolcemente.
La mia soggezione lasciò spazio ad altre sensazioni, più forti e coinvolgenti.
Continuai a sbottonare la sua camicetta, fino ad aprirla completamente.
Lasciai scivolare gli spallini del reggiseno lungo le sue spalle abbronzate, e con gesto deciso lo abbassai.
Elena sussultò dolcemente.
Le mie mani, delicate ma ruvide per il lavoro, strinsero con forza il suo seno nudo.
I suoi capezzoli duri come noccioli di ciliegia, si inturgidirono ancor di più tra le mie dita.
Baciandola sul collo li strinsi più forte, tirandoli e torcendoli.
Un lieve gemito uscì dalla sua dolce bocca e il suo respiro si fece più pesante.
Reclinando la testa all'indietro avvicinò il suo volto a me, le sue labbra e le mie, unite in unico elemento, una singola cellula.
Continuando a stringere il suo capezzolo, con l'altra mano scivolai più giù, sganciando il bottone dei suoi jeans ed entrando nelle sue mutandine madide di umori.
Potevo sentire il suo clitoride turgido e palpitante fremere sotto le mie rapide carezze, che aumentavano di velocità all'unisono con i suoi gemiti, gemiti strozzati nella mia bocca, mentre le nostre lingue si rincorrevano in una danza ancestrale.
Il suo corpo caldo si inarcuava sempre più premendo sul mio cazzo eretto.
Sentirla ansimare, respirare il suo respiro, era tutto ciò che potessi desiderare, compiacendomi del suo piacere, assaporando il suo orgasmo bagnato in ogni piccolo istante.
Come una supplica un gridolino uscì dalla sua bocca nel momento dell'estremo piacere.
Esausta si sdraiò nuovamente su di me.
Il suo sorriso valse più di mille parole, e poi, nuovamente, furono solo i grilli.
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