La stanza delle scope
di
Notorius
genere
sadomaso
Nella breve pausa che mi concedo tra il pranzo e il servizio della sera, osservo Ilaria, la ragazza delle colazioni.
Non è particolarmente bella, cioè non la bellezza canonica.
Non molto alta, culo abbondante ma non spropositato, seno piccolo ma invitante.
Grandi occhi azzurri, capelli neri mossi.
E un modo di fare deliziosamente sguaiato.
Nel complesso stimola la mia passione per le piccole imperfezioni.
E soprattutto ride alle mie sciocche battute, ai miei velati doppi sensi, alle mie allusioni.
Sono proprio un coglione.
Però non c'è niente di più bello che far ridere una donna...
Quasi niente...
È tutta la mattina che va avanti il nostro gioco di boutade, e il suo sguardo si fa sempre più callido e malizioso.
La camicia bianca di servizio, con una leggera trasparenza lascia intuire il reggiseno che sostiene le piccole tette.
Ad ogni sguardo fa sempre più caldo, e come capita spesso la mia fantasia cavalca libera su quei sorrisi audaci.
Il ristorante è chiuso, e a quest'ora l'albergo semivuoto.
Nel silenzio della situazione, una serie di forchette cade al suolo, facendola sobbalzare.
- "Era solo una forchetta...se sussulti al minimo rumore metallico,con te di sadomaso non se ne parla proprio"
Le dico, con il mio solito fare (da coglione...), e condendo il tutto con stupide frasi su catene e borchie...
- "E chi te lo dice, magari ti sbagli!" - Risponde ridendo rumorosamente.
Con quella risata quasi contagiosa.
La vedo entrare nella stanza delle scope, uno stanzino nascosto dietro ad una porta dal vetro satinato, e con nonchalance mi appoggio allo stipite della stessa.
È piegata, nel vano tentativo di trovare i prodotti necessari a pulire, celati dal bailamme (o "bailame" , come diciamo a Firenze mangiandoci una delle tante consonanti...) presente in quel bugigattolo.
Osservo compiaciuto quel culo rotondo muoversi, lo osservò così intensamente, che evidentemente il mio sguardo si fa denso, tattile, a tal punto che Ilaria se ne accorge, e con tono divertito mi dice:
- "Hai intenzione di restare lì appoggiato, o pensavi di entrare?"
Mi addentro nello stambugio, chiudendomi la porta alle spalle.
Nella penombra causata dalla poca luce filtrata dal vetro opaco, la vedo alzarsi, senza voltarsi, continuando a darmi le spalle.
Con una mano la cingo sul ventre, stringendola contro il mio corpo, premendo il mio cazzo eretto sui glutei burrosi.
Sorridendo maliziosamente mi bacia, sbottonandosi la camicetta.
Le mie mani, ruvide e calde scorrono su quella tenera carne, stringendo e accarezzandole il ventre.
La sua lingua scorre tra le mie labbra.
Assaporo il suo sapore.
Respiro il suo respiro.
Ammiro il suo sguardo.
- "Toccami..."
Senza scollarmi dall'abbraccio delle sue labbra, scopro il suo piccolo seno sodo, e lo afferro con forza.
I suoi capezzoli, duri come noccioli di ciliegia, si mostrano in tutto il loro turgore, eretti, pulsanti.
Ansimandomi in bocca mi chiede di stringerli.
- "Più forte..."
Li tiro e li torco con forza.
- "Più forte!"
Sento il suo respiro farsi grave, e il suo culo premere sul mio cazzo, con movimenti decisi e sinuosi.
Sì gira e guardandomi con i suoi grandi occhi, afferra un seno con la mano e lo spinge verso la mia bocca, invitandomi a suggere avidamente.
I seni sono piccoli, ma le areole decisamente grandi, e i capezzoli duri e sporgenti.
Con gusto li succhio, eccitato, gustandomi i primi mugolii di piacere che scaturiscono dalle sue labbra.
Geme più forte quando li mordo, stringendoli tra gli incisivi.
Devo proprio essermi sbagliato con la mia stupida battuta.
Continuando a mordere e succhiare, infilo la mano tra le sue gambe tremule, premendo e sfregando con forza sulla sua fica.
Posso sentire il suo calore anche attraverso i vestiti.
Senza dire niente si sgancia i pantaloni e si spoglia completamente nuda.
Appoggia la sua faccia contro il vetro freddo della porta e con le mani apre le sue natiche, mostrandosi a me.
Spalancata.
Oscena.
Con i suoi buchi completamente aperti, madidi di umori.
Ansimante.
Abbasso la mia cerniera e tiro fuori il mio cazzo, ormai in pieno turgore, la cappella gonfia, pulsante, lucida.
- "Scopami..."
Lentamente comincio a penetrare in lei, le sue grandi labbra, bagnate, scivolose, accolgono il mio membro in un caldo abbraccio.
Con sapienti movimenti di bacino entro ed esco da quel buchino fradicio, mentre ascolto la musica del suo respiro eccitato aumentare di velocità.
-"Ho detto scopami!" Geme Ilaria.
Bene, è questo quello che vuoi...
Questo avrai.
Afferro i suoi polsi, e comincio a sbattere con forza, le sue natiche vibrano in un movimento ondoso che mi incanta, mentre il suo succo si accumula, bianco, cremoso, alla base del mio cazzo.
Colpisco senza pietà, senza aspettare che la sua fica si adatti alle dimensioni del cazzo.
Con le mani tengo ben aperti i suoi glutei, osservando il suo orifizio contrarsi ed aprirsi, come ad intonare un canto ammaliante degno di Leucosia.
Sfilo il cazzo ormai coperto dai suoi umori vaginali,
e lentamente premo il mio glande pulsante sul suo ano, penetrando solo con la punta.
I suoi gemiti si fanno più forti.
La sento spingere con il culo verso di me, invitandomi a entrare completamente dentro di lei.
-" Fottimi come una puttana!" Guaisce.
- "Fammi male!"
Afferro i suoi capelli, tirandoli e premendole la faccia sulla vetrata mentre il mio cazzo le entra violentemente nel culo.
Colpisco il suo gluteo con una mano.
- "Ah!"
Una seconda volta.
- "Più forte!"
Una volta ancora, stampandole il mio palmo sulla natica.
I suoi grandi occhi azzurri mi guardano implorando di più.
Sfilo la mia cintura dai passanti, e piegandola a metà lascio vibrare un colpo secco su quel culo bianco, burroso, lasciando un vistoso segno rosso.
Un grido strozzato dai denti le esce dalla bocca.
- "Ancora!"
Un altro schiocco, sull' altro gluteo, secco, spietato.
- "Ah!"
- "Non ti fermare ti prego!"
Alterno i movimenti del mio bacino a decise scudisciate.
Cazzo e frusta.
Frusta e cazzo.
Geme come una cagna, mentre il mio membro venoso le forza il buco del culo.
Geme, mordendosi la carne della spalla, per evitare di gridare sotto i colpi di cazzo e di nerbo.
Ad ogni cinghiata il suo culo si stringe, si contrae, provocandomi scariche di piacere.
I suoi lamenti si fanno sempre più alti, ubriaca da quella mescola di dolore e orgasmi.
Le tappo la bocca con la mano, per soffocare le sue grida, l'albergo è semivuoto, ma qualcuno potrebbe comunque sentirci.
Ormai incapace di fermare la sua libido, mi guarda, con occhi fissi e sgranati, e stimola freneticamente il suo clitoride turgido e palpitante.
Nel buio dello sgabuzzino ci sussurriamo oscenità, alimentando le nostre sporche depravazioni, le nostre torbide attitudini.
Come un fantino in volata, cavalco elargendo colpi di nerbo senza parsimonia, riempiendomi le orecchie dei suoi guaiti perversi.
Le piace il dolore.
E le piace il cazzo.
Il mio cazzo.
- "Sborrami nel culo e continua a frustarmi..."
Sono sul punto di esplodere.
Con un colpo secco mi fermo, premendo con forza fino in fondo, con le palle schiacciate contro la sua fica bagnata, riversando il mio seme bollente dentro a quel culo, disegnando con lo staffile le ultime righe, come in un quadro di Luc Villard.
Guardandomi soddisfatta mi dice ansimando con quel suo sorriso malizioso:
- "Te lo avevo detto che magari ti sbagliavi..."
Ridiamo entrambi.
Sono già le quattro, a breve rientreranno gli altri.
È l'ora di ricomporsi...e poi... c'è ancora da pulire.
Non è particolarmente bella, cioè non la bellezza canonica.
Non molto alta, culo abbondante ma non spropositato, seno piccolo ma invitante.
Grandi occhi azzurri, capelli neri mossi.
E un modo di fare deliziosamente sguaiato.
Nel complesso stimola la mia passione per le piccole imperfezioni.
E soprattutto ride alle mie sciocche battute, ai miei velati doppi sensi, alle mie allusioni.
Sono proprio un coglione.
Però non c'è niente di più bello che far ridere una donna...
Quasi niente...
È tutta la mattina che va avanti il nostro gioco di boutade, e il suo sguardo si fa sempre più callido e malizioso.
La camicia bianca di servizio, con una leggera trasparenza lascia intuire il reggiseno che sostiene le piccole tette.
Ad ogni sguardo fa sempre più caldo, e come capita spesso la mia fantasia cavalca libera su quei sorrisi audaci.
Il ristorante è chiuso, e a quest'ora l'albergo semivuoto.
Nel silenzio della situazione, una serie di forchette cade al suolo, facendola sobbalzare.
- "Era solo una forchetta...se sussulti al minimo rumore metallico,con te di sadomaso non se ne parla proprio"
Le dico, con il mio solito fare (da coglione...), e condendo il tutto con stupide frasi su catene e borchie...
- "E chi te lo dice, magari ti sbagli!" - Risponde ridendo rumorosamente.
Con quella risata quasi contagiosa.
La vedo entrare nella stanza delle scope, uno stanzino nascosto dietro ad una porta dal vetro satinato, e con nonchalance mi appoggio allo stipite della stessa.
È piegata, nel vano tentativo di trovare i prodotti necessari a pulire, celati dal bailamme (o "bailame" , come diciamo a Firenze mangiandoci una delle tante consonanti...) presente in quel bugigattolo.
Osservo compiaciuto quel culo rotondo muoversi, lo osservò così intensamente, che evidentemente il mio sguardo si fa denso, tattile, a tal punto che Ilaria se ne accorge, e con tono divertito mi dice:
- "Hai intenzione di restare lì appoggiato, o pensavi di entrare?"
Mi addentro nello stambugio, chiudendomi la porta alle spalle.
Nella penombra causata dalla poca luce filtrata dal vetro opaco, la vedo alzarsi, senza voltarsi, continuando a darmi le spalle.
Con una mano la cingo sul ventre, stringendola contro il mio corpo, premendo il mio cazzo eretto sui glutei burrosi.
Sorridendo maliziosamente mi bacia, sbottonandosi la camicetta.
Le mie mani, ruvide e calde scorrono su quella tenera carne, stringendo e accarezzandole il ventre.
La sua lingua scorre tra le mie labbra.
Assaporo il suo sapore.
Respiro il suo respiro.
Ammiro il suo sguardo.
- "Toccami..."
Senza scollarmi dall'abbraccio delle sue labbra, scopro il suo piccolo seno sodo, e lo afferro con forza.
I suoi capezzoli, duri come noccioli di ciliegia, si mostrano in tutto il loro turgore, eretti, pulsanti.
Ansimandomi in bocca mi chiede di stringerli.
- "Più forte..."
Li tiro e li torco con forza.
- "Più forte!"
Sento il suo respiro farsi grave, e il suo culo premere sul mio cazzo, con movimenti decisi e sinuosi.
Sì gira e guardandomi con i suoi grandi occhi, afferra un seno con la mano e lo spinge verso la mia bocca, invitandomi a suggere avidamente.
I seni sono piccoli, ma le areole decisamente grandi, e i capezzoli duri e sporgenti.
Con gusto li succhio, eccitato, gustandomi i primi mugolii di piacere che scaturiscono dalle sue labbra.
Geme più forte quando li mordo, stringendoli tra gli incisivi.
Devo proprio essermi sbagliato con la mia stupida battuta.
Continuando a mordere e succhiare, infilo la mano tra le sue gambe tremule, premendo e sfregando con forza sulla sua fica.
Posso sentire il suo calore anche attraverso i vestiti.
Senza dire niente si sgancia i pantaloni e si spoglia completamente nuda.
Appoggia la sua faccia contro il vetro freddo della porta e con le mani apre le sue natiche, mostrandosi a me.
Spalancata.
Oscena.
Con i suoi buchi completamente aperti, madidi di umori.
Ansimante.
Abbasso la mia cerniera e tiro fuori il mio cazzo, ormai in pieno turgore, la cappella gonfia, pulsante, lucida.
- "Scopami..."
Lentamente comincio a penetrare in lei, le sue grandi labbra, bagnate, scivolose, accolgono il mio membro in un caldo abbraccio.
Con sapienti movimenti di bacino entro ed esco da quel buchino fradicio, mentre ascolto la musica del suo respiro eccitato aumentare di velocità.
-"Ho detto scopami!" Geme Ilaria.
Bene, è questo quello che vuoi...
Questo avrai.
Afferro i suoi polsi, e comincio a sbattere con forza, le sue natiche vibrano in un movimento ondoso che mi incanta, mentre il suo succo si accumula, bianco, cremoso, alla base del mio cazzo.
Colpisco senza pietà, senza aspettare che la sua fica si adatti alle dimensioni del cazzo.
Con le mani tengo ben aperti i suoi glutei, osservando il suo orifizio contrarsi ed aprirsi, come ad intonare un canto ammaliante degno di Leucosia.
Sfilo il cazzo ormai coperto dai suoi umori vaginali,
e lentamente premo il mio glande pulsante sul suo ano, penetrando solo con la punta.
I suoi gemiti si fanno più forti.
La sento spingere con il culo verso di me, invitandomi a entrare completamente dentro di lei.
-" Fottimi come una puttana!" Guaisce.
- "Fammi male!"
Afferro i suoi capelli, tirandoli e premendole la faccia sulla vetrata mentre il mio cazzo le entra violentemente nel culo.
Colpisco il suo gluteo con una mano.
- "Ah!"
Una seconda volta.
- "Più forte!"
Una volta ancora, stampandole il mio palmo sulla natica.
I suoi grandi occhi azzurri mi guardano implorando di più.
Sfilo la mia cintura dai passanti, e piegandola a metà lascio vibrare un colpo secco su quel culo bianco, burroso, lasciando un vistoso segno rosso.
Un grido strozzato dai denti le esce dalla bocca.
- "Ancora!"
Un altro schiocco, sull' altro gluteo, secco, spietato.
- "Ah!"
- "Non ti fermare ti prego!"
Alterno i movimenti del mio bacino a decise scudisciate.
Cazzo e frusta.
Frusta e cazzo.
Geme come una cagna, mentre il mio membro venoso le forza il buco del culo.
Geme, mordendosi la carne della spalla, per evitare di gridare sotto i colpi di cazzo e di nerbo.
Ad ogni cinghiata il suo culo si stringe, si contrae, provocandomi scariche di piacere.
I suoi lamenti si fanno sempre più alti, ubriaca da quella mescola di dolore e orgasmi.
Le tappo la bocca con la mano, per soffocare le sue grida, l'albergo è semivuoto, ma qualcuno potrebbe comunque sentirci.
Ormai incapace di fermare la sua libido, mi guarda, con occhi fissi e sgranati, e stimola freneticamente il suo clitoride turgido e palpitante.
Nel buio dello sgabuzzino ci sussurriamo oscenità, alimentando le nostre sporche depravazioni, le nostre torbide attitudini.
Come un fantino in volata, cavalco elargendo colpi di nerbo senza parsimonia, riempiendomi le orecchie dei suoi guaiti perversi.
Le piace il dolore.
E le piace il cazzo.
Il mio cazzo.
- "Sborrami nel culo e continua a frustarmi..."
Sono sul punto di esplodere.
Con un colpo secco mi fermo, premendo con forza fino in fondo, con le palle schiacciate contro la sua fica bagnata, riversando il mio seme bollente dentro a quel culo, disegnando con lo staffile le ultime righe, come in un quadro di Luc Villard.
Guardandomi soddisfatta mi dice ansimando con quel suo sorriso malizioso:
- "Te lo avevo detto che magari ti sbagliavi..."
Ridiamo entrambi.
Sono già le quattro, a breve rientreranno gli altri.
È l'ora di ricomporsi...e poi... c'è ancora da pulire.
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