¡Bajame!
di
Notorius
genere
etero
È appena finito il turno serale.
Una serata massacrante, più di ottanta coperti.
Siviglia è bellissima, ma ad Agosto il caldo è insopportabile, specialmente in cucina.
Vapore, griglie, fuoco e fiamme.
Ritmo serrato.
Finisco di lucidare il banco e gli sportelli in acciaio... finalmente...
Una bella doccia calda mi ripulisce dal sudore e dalla trance agonistica.
Mi asciugo, mi vesto ed esco.
Fuori l'aria è decisamente più gradevole.
Nella strada che porta da Plaza del Triumfo alla Giralda soffia una debole brezza che mi rinfresca attraversando la mia camicia di lino bianco.
Sono stanco, ma non ho voglia di dormire, sono qui già da dieci giorni, e non ho ancora conosciuto nessuno.
Amo il mio lavoro, ma non aiuta la mia vita sociale.
La piazza davanti alla cattedrale è contornata da locali, tapas bar, cervezeríe, taverne.
Un bicchiere di sherry, è quello che ci vuole.
Pedro Ximénez muy Viejo.
Con questo caldo è perfetto, gusto secco, al naso molto complesso, fichi secchi, datteri, miele di castagno, moka e noci.
Lungo e fine.
Ma non ho voglia di bere da solo.
Il vino è condivisione, è compagnia, è vita.
Seduta da sola ad un tavolino del El Milagritos, vedo una ragazza.
Non è particolarmente bella, ma ha un qualcosa che attira la mia attenzione.
Non so cosa...
Capelli rasati, fisico acerbo, minuto, piercing al naso, e uno sguardo vivo, luminoso, come uno zampillo d'acqua.
Un vestitino leggero, tortora, di tessuto fine, le aderisce al corpo, spinto dalla brezza.
Seduto al bancone del bar ordino da bere, e mentre bagno le mie labbra con il primo sorso di vino, mi volto leggermente per guardarla di nuovo.
Anche se nervosamente finge di scrivere al telefono, mi accorgo che sta guardando verso di me con la coda dell'occhio.
Devo conoscerla.
-"Jaime, stasera dammi la bottiglia intera...e due calici."
Prendo la bottiglia di Pedro Ximénez ghiacciato, i due bicchieri e mi incammino verso il suo tavolino.
-"Buonasera, posso?"
Lei mi guarda tra lo stupito e il divertito, e con un sorriso di quelli che ti fanno formicolare l'anima, annuisce indicando l'altra sedia con la mano.
Ci presentiamo.
Si chiama Carolina.
33 anni.
Colombiana, di Santa Marta, delizioso comune costiero, affacciato sul mar dei Caraibi.
Il suo accento sudamericano è molto piacevole, con quella cadenza tipica delle latinas, quasi musicale.
Parliamo, e beviamo.
Beviamo, e parliamo.
In poco tempo entriamo in confidenza, un po' grazie agli effluvi dell'alcool, un po' per quella sensazione di affinità, di anime dai contorni simili, felici di non aver proseguito il proprio percorso su strade parallele, ma di essersi finalmente incrociate.
Ride fragorosamente e spontaneamente quando le cito la mia frase preferita di Pablo Neruda.
"¡Tú eres lo único que tengo
desde que perdí mi tristeza!
¡Desgárrame como una espada
o táctame como una antena!
Bésame
muérdeme,
incéndiame,
que yo vengo a la tierra
sólo por el naufragio de mis ojos de macho
en el agua infinita de tus ojos de hembra!"
La tensione sessuale tra di noi è diventata ormai tangibile, densa, vibrante.
Il suo vestitino evidenzia le forme del suo piccolo seno, ostentando due piercing a bilanciere sui suoi capezzoli.
Mi alzo per pagare, e Carolina mi chiede di aspettarla mentre va al bagno.
Pago il conto, ed appoggiato davanti all'entrata accendo una sigaretta.
Prima o poi smetterò...ma quanto mi piace...
La piccola colombiana esce dalla porta, si avvicina da dietro, e mettendomi i suoi slip nella mano, mi sussurra all'orecchio:
-"Portami dove vuoi..."
Avvicino il suo perizoma al mio volto, saturando i miei sensi con il suo effluvio sensuale e penetrante.
Sento il sangue convergere verso il mio inguine, irrorando i corpi cavernosi e provocandomi un erezione incontrollabile.
Il mio cazzo preme in maniera evidente dentro ai jeans.
La prendo per mano, senza dire nient'altro...
Arriviamo al mio appartamento nella Calle de Nicolas Antonio.
All'ultimo piano della palazzina, con uno splendido terrazzo che affaccia sul Jardines de Murillo.
Mentre verso altri due bicchieri di vino la faccio accomodare , appoggiata al balcone rimane incantata dalla vista sui giardini, la luce della luna crea un ventaglio di sfumature verdi ipnotico.
Cammino a passi lenti verso di lei.
Mi sente .
Si gira verso di me e le porgo il calice.
Ne beve un sorso, guardandomi.
I nostri occhi si fissano, intensamente, bloccati, incastonati gli uni dentro agli altri.
Carolina prende il mio bicchiere dalla mia mano e lo appoggia sul tavolo.
Prende un altro sorso di vino, e passando la mano tra i miei capelli, mi bacia, riversando il liquido nella mia bocca.
Il sapore delle sue labbra misto allo sherry, mi riempie, mi eccita, mi incendia
Sorride maliziosamente, con gli occhi socchiusi, e spingendo sulle mie spalle, come per farmi cenno di inginocchiarmi, mi dice:
-"Bajame..."
Ho già conosciuto delle latinas, e so bene quello che significa...
Obbedisco.
Mi inginocchio davanti a lei, Carolina sì appoggia alla ringhiera, e alzando il suo vestitino appoggia la sua gamba sulla mia spalla.
Con due dita apre le sue grandi labbra, scoprendo e mettendo in mostra il suo clitoride già turgido.
Senza neanche accorgermene mi ritrovo con la testa tra le sue gambe, succhiando con intensità famelica la sua piccola fica pulsante.
Con una mano sulla mia nuca mi preme verso di sé guardandomi mentre mi disseto dei suoi umori.
Geme Carolina.
Geme a ansima, muovendo il suo bacino con spasmi convulsi.
E mi guarda.
-"Ayyyy.... así....comeme! Comeme!"
È musica.
Musica dolce che accarezza le mie orecchie, andando a completare la perfezione del suo gusto che danza sulle mie papille gustative.
Gli spallini del suo vestitino sono scivolati giù.
Dal basso la guardo stringere e tirare il suo piercing, con forza, quasi a volersi strappare un capezzolo.
Le sue espressioni contratte, ubriaca di vino, orgasmi e dolore.
Come un leone che alza la testa dalla sua preda sbranata, con la bocca e il volto madido del succo dei suoi lombi, la bacio.
Sento il suo respiro affannato farsi strada dentro di me, sentire il suo sapore sulle mie labbra la fa eccitare sempre più.
Con la sua piccola mano apre la cerniera dei miei jeans, tirando fuori il mio cazzo, che sembra sul punto di esplodere dalla turgidezza.
Lo stringe nella sua mano, pulsante, palpitante.
Movimenti lenti ma decisi.
Su e giù, fino a scoprire completamente la mia cappella gonfia.
Alterna colpi lenti e delicati, ad altri più veloci e violenti.
Frugando nella mia bocca con la sua lingua, lo stringe, mantenendolo scappellato, gustando il battito pulsante delle vene rigonfie.
Mi guarda, lascia colare la sua saliva sull'altra mano, e mordendosi il labbro inferiore comincia a stimolare la punta del mio cazzo, con movimenti rotatori,stringendola con il palmo.
Gemo di piacere, sentendo le mie ginocchia cedere.
Mi bacia il collo, respirandomi addosso, le sue labbra umide mi provocano brividi che si mescolano alle sensazioni forti di questa masturbazione violenta.
Morde delicatamente il lobo del mio orecchio prima di inginocchiarsi davanti a me.
Guardandomi negli occhi con un espressione che quasi mi spaventa, comincia a leccarmi velocemente il frenulo, la sua punta della lingua tornisce la mia cappella gonfia e lucida.
La sento entrare nell'orifizio sul culmine del mio cazzo, e ferocemente prende a succhiare con vigore.
Mi sta facendo impazzire.
Ansimo guardandola fagocitare il mio membro, mentre con una mano stringe i miei coglioni, e con l'altra stimola freneticamente la sua fica.
Se lo spinge fino in gola, provocandosi dei conati.
Lunghi rivoli di mascara le solcano le guance, come piccoli fiumi neri di libidinoso liquame.
Lo estrae dalla bocca, completamente ricoperto di vischiosa saliva, con la mano lo direziona e lo guida verso il frutto della sua femminilità, strofinandolo sul suo clitoride, inserendo solo la punta.
La sento bene, calda, setosa, come un morbido abbraccio sul mio glande pulsante.
Mio dio... è così stretta...
La calena mi spinge sulla sedia accanto al tavolino, e mentre finisce di togliersi il vestitino, l'attendo, seduto, con le gambe leggermente divaricate, e il cazzo eretto, completamente esposto, a sua completa disposizione.
Totalmente nuda sembra ancora più minuta, splendida, in una matura acerbità.
Sale su di me, sostenendo il mio pene con la mano comincia ad inserirlo nuovamente nella sua fica, stavolta entrando più a fondo.
- "Ay que rico!" , grida affannosamente.
Il mio membro entra completamente, fino alle palle.
Si dimena come una Brunilde sudamericana, che al ritmo di Wagner cavalca verso il Valhalla, per portare i guerrieri caduti in battaglia alla presenza di Odino.
Ogni volta che sale e scende, contrae i muscoli in una perfetta esecuzione degli esercizi di Kegel, stringendo, soffocando, comprimendo il mio cazzo.
- "Ayyy que rico! dame tu verga!" Grida tra i denti.
Il suo piccolo seno strofina sul mio petto nudo, in un intreccio di corpi.
Pelle contro pelle.
Odore e sudore.
- "¡Sí papi! dame duro papi!"
Sono sul punto di esplodere, il mio uccello, compresso, si irrigidisce ancora di più.
Carolina fissandomi in volto, si accorge del mio cambio di espressione.
Dell' accelerare della mia respirazione.
I nostri gemiti si intrecciano, sì abbracciano, si accordano, in un armonia orchestrale.
Sono al limite.
E lei lo sa.
Con lo sguardo fisso nei miei occhi, aumenta la forza della cavalcata, spingendo e sbattendo con vigore.
Mi fa quasi male.
Gemo con forza, la mia sborra calda e abbondante, fluisce dentro di lei, in profondità.
Rimaniamo così a lungo, uno dentro l'altro, fisicamente e mentalmente, stretti in un infinito abbraccio orgasmico.
Cercando di riprendere fiato.
Accarezzo il suo volto, la guardo.
Esausti ci addormentiamo.
È notte fonda nella "città convento".
Una serata massacrante, più di ottanta coperti.
Siviglia è bellissima, ma ad Agosto il caldo è insopportabile, specialmente in cucina.
Vapore, griglie, fuoco e fiamme.
Ritmo serrato.
Finisco di lucidare il banco e gli sportelli in acciaio... finalmente...
Una bella doccia calda mi ripulisce dal sudore e dalla trance agonistica.
Mi asciugo, mi vesto ed esco.
Fuori l'aria è decisamente più gradevole.
Nella strada che porta da Plaza del Triumfo alla Giralda soffia una debole brezza che mi rinfresca attraversando la mia camicia di lino bianco.
Sono stanco, ma non ho voglia di dormire, sono qui già da dieci giorni, e non ho ancora conosciuto nessuno.
Amo il mio lavoro, ma non aiuta la mia vita sociale.
La piazza davanti alla cattedrale è contornata da locali, tapas bar, cervezeríe, taverne.
Un bicchiere di sherry, è quello che ci vuole.
Pedro Ximénez muy Viejo.
Con questo caldo è perfetto, gusto secco, al naso molto complesso, fichi secchi, datteri, miele di castagno, moka e noci.
Lungo e fine.
Ma non ho voglia di bere da solo.
Il vino è condivisione, è compagnia, è vita.
Seduta da sola ad un tavolino del El Milagritos, vedo una ragazza.
Non è particolarmente bella, ma ha un qualcosa che attira la mia attenzione.
Non so cosa...
Capelli rasati, fisico acerbo, minuto, piercing al naso, e uno sguardo vivo, luminoso, come uno zampillo d'acqua.
Un vestitino leggero, tortora, di tessuto fine, le aderisce al corpo, spinto dalla brezza.
Seduto al bancone del bar ordino da bere, e mentre bagno le mie labbra con il primo sorso di vino, mi volto leggermente per guardarla di nuovo.
Anche se nervosamente finge di scrivere al telefono, mi accorgo che sta guardando verso di me con la coda dell'occhio.
Devo conoscerla.
-"Jaime, stasera dammi la bottiglia intera...e due calici."
Prendo la bottiglia di Pedro Ximénez ghiacciato, i due bicchieri e mi incammino verso il suo tavolino.
-"Buonasera, posso?"
Lei mi guarda tra lo stupito e il divertito, e con un sorriso di quelli che ti fanno formicolare l'anima, annuisce indicando l'altra sedia con la mano.
Ci presentiamo.
Si chiama Carolina.
33 anni.
Colombiana, di Santa Marta, delizioso comune costiero, affacciato sul mar dei Caraibi.
Il suo accento sudamericano è molto piacevole, con quella cadenza tipica delle latinas, quasi musicale.
Parliamo, e beviamo.
Beviamo, e parliamo.
In poco tempo entriamo in confidenza, un po' grazie agli effluvi dell'alcool, un po' per quella sensazione di affinità, di anime dai contorni simili, felici di non aver proseguito il proprio percorso su strade parallele, ma di essersi finalmente incrociate.
Ride fragorosamente e spontaneamente quando le cito la mia frase preferita di Pablo Neruda.
"¡Tú eres lo único que tengo
desde que perdí mi tristeza!
¡Desgárrame como una espada
o táctame como una antena!
Bésame
muérdeme,
incéndiame,
que yo vengo a la tierra
sólo por el naufragio de mis ojos de macho
en el agua infinita de tus ojos de hembra!"
La tensione sessuale tra di noi è diventata ormai tangibile, densa, vibrante.
Il suo vestitino evidenzia le forme del suo piccolo seno, ostentando due piercing a bilanciere sui suoi capezzoli.
Mi alzo per pagare, e Carolina mi chiede di aspettarla mentre va al bagno.
Pago il conto, ed appoggiato davanti all'entrata accendo una sigaretta.
Prima o poi smetterò...ma quanto mi piace...
La piccola colombiana esce dalla porta, si avvicina da dietro, e mettendomi i suoi slip nella mano, mi sussurra all'orecchio:
-"Portami dove vuoi..."
Avvicino il suo perizoma al mio volto, saturando i miei sensi con il suo effluvio sensuale e penetrante.
Sento il sangue convergere verso il mio inguine, irrorando i corpi cavernosi e provocandomi un erezione incontrollabile.
Il mio cazzo preme in maniera evidente dentro ai jeans.
La prendo per mano, senza dire nient'altro...
Arriviamo al mio appartamento nella Calle de Nicolas Antonio.
All'ultimo piano della palazzina, con uno splendido terrazzo che affaccia sul Jardines de Murillo.
Mentre verso altri due bicchieri di vino la faccio accomodare , appoggiata al balcone rimane incantata dalla vista sui giardini, la luce della luna crea un ventaglio di sfumature verdi ipnotico.
Cammino a passi lenti verso di lei.
Mi sente .
Si gira verso di me e le porgo il calice.
Ne beve un sorso, guardandomi.
I nostri occhi si fissano, intensamente, bloccati, incastonati gli uni dentro agli altri.
Carolina prende il mio bicchiere dalla mia mano e lo appoggia sul tavolo.
Prende un altro sorso di vino, e passando la mano tra i miei capelli, mi bacia, riversando il liquido nella mia bocca.
Il sapore delle sue labbra misto allo sherry, mi riempie, mi eccita, mi incendia
Sorride maliziosamente, con gli occhi socchiusi, e spingendo sulle mie spalle, come per farmi cenno di inginocchiarmi, mi dice:
-"Bajame..."
Ho già conosciuto delle latinas, e so bene quello che significa...
Obbedisco.
Mi inginocchio davanti a lei, Carolina sì appoggia alla ringhiera, e alzando il suo vestitino appoggia la sua gamba sulla mia spalla.
Con due dita apre le sue grandi labbra, scoprendo e mettendo in mostra il suo clitoride già turgido.
Senza neanche accorgermene mi ritrovo con la testa tra le sue gambe, succhiando con intensità famelica la sua piccola fica pulsante.
Con una mano sulla mia nuca mi preme verso di sé guardandomi mentre mi disseto dei suoi umori.
Geme Carolina.
Geme a ansima, muovendo il suo bacino con spasmi convulsi.
E mi guarda.
-"Ayyyy.... así....comeme! Comeme!"
È musica.
Musica dolce che accarezza le mie orecchie, andando a completare la perfezione del suo gusto che danza sulle mie papille gustative.
Gli spallini del suo vestitino sono scivolati giù.
Dal basso la guardo stringere e tirare il suo piercing, con forza, quasi a volersi strappare un capezzolo.
Le sue espressioni contratte, ubriaca di vino, orgasmi e dolore.
Come un leone che alza la testa dalla sua preda sbranata, con la bocca e il volto madido del succo dei suoi lombi, la bacio.
Sento il suo respiro affannato farsi strada dentro di me, sentire il suo sapore sulle mie labbra la fa eccitare sempre più.
Con la sua piccola mano apre la cerniera dei miei jeans, tirando fuori il mio cazzo, che sembra sul punto di esplodere dalla turgidezza.
Lo stringe nella sua mano, pulsante, palpitante.
Movimenti lenti ma decisi.
Su e giù, fino a scoprire completamente la mia cappella gonfia.
Alterna colpi lenti e delicati, ad altri più veloci e violenti.
Frugando nella mia bocca con la sua lingua, lo stringe, mantenendolo scappellato, gustando il battito pulsante delle vene rigonfie.
Mi guarda, lascia colare la sua saliva sull'altra mano, e mordendosi il labbro inferiore comincia a stimolare la punta del mio cazzo, con movimenti rotatori,stringendola con il palmo.
Gemo di piacere, sentendo le mie ginocchia cedere.
Mi bacia il collo, respirandomi addosso, le sue labbra umide mi provocano brividi che si mescolano alle sensazioni forti di questa masturbazione violenta.
Morde delicatamente il lobo del mio orecchio prima di inginocchiarsi davanti a me.
Guardandomi negli occhi con un espressione che quasi mi spaventa, comincia a leccarmi velocemente il frenulo, la sua punta della lingua tornisce la mia cappella gonfia e lucida.
La sento entrare nell'orifizio sul culmine del mio cazzo, e ferocemente prende a succhiare con vigore.
Mi sta facendo impazzire.
Ansimo guardandola fagocitare il mio membro, mentre con una mano stringe i miei coglioni, e con l'altra stimola freneticamente la sua fica.
Se lo spinge fino in gola, provocandosi dei conati.
Lunghi rivoli di mascara le solcano le guance, come piccoli fiumi neri di libidinoso liquame.
Lo estrae dalla bocca, completamente ricoperto di vischiosa saliva, con la mano lo direziona e lo guida verso il frutto della sua femminilità, strofinandolo sul suo clitoride, inserendo solo la punta.
La sento bene, calda, setosa, come un morbido abbraccio sul mio glande pulsante.
Mio dio... è così stretta...
La calena mi spinge sulla sedia accanto al tavolino, e mentre finisce di togliersi il vestitino, l'attendo, seduto, con le gambe leggermente divaricate, e il cazzo eretto, completamente esposto, a sua completa disposizione.
Totalmente nuda sembra ancora più minuta, splendida, in una matura acerbità.
Sale su di me, sostenendo il mio pene con la mano comincia ad inserirlo nuovamente nella sua fica, stavolta entrando più a fondo.
- "Ay que rico!" , grida affannosamente.
Il mio membro entra completamente, fino alle palle.
Si dimena come una Brunilde sudamericana, che al ritmo di Wagner cavalca verso il Valhalla, per portare i guerrieri caduti in battaglia alla presenza di Odino.
Ogni volta che sale e scende, contrae i muscoli in una perfetta esecuzione degli esercizi di Kegel, stringendo, soffocando, comprimendo il mio cazzo.
- "Ayyy que rico! dame tu verga!" Grida tra i denti.
Il suo piccolo seno strofina sul mio petto nudo, in un intreccio di corpi.
Pelle contro pelle.
Odore e sudore.
- "¡Sí papi! dame duro papi!"
Sono sul punto di esplodere, il mio uccello, compresso, si irrigidisce ancora di più.
Carolina fissandomi in volto, si accorge del mio cambio di espressione.
Dell' accelerare della mia respirazione.
I nostri gemiti si intrecciano, sì abbracciano, si accordano, in un armonia orchestrale.
Sono al limite.
E lei lo sa.
Con lo sguardo fisso nei miei occhi, aumenta la forza della cavalcata, spingendo e sbattendo con vigore.
Mi fa quasi male.
Gemo con forza, la mia sborra calda e abbondante, fluisce dentro di lei, in profondità.
Rimaniamo così a lungo, uno dentro l'altro, fisicamente e mentalmente, stretti in un infinito abbraccio orgasmico.
Cercando di riprendere fiato.
Accarezzo il suo volto, la guardo.
Esausti ci addormentiamo.
È notte fonda nella "città convento".
0
voti
voti
valutazione
0
0
Continua a leggere racconti dello stesso autore
racconto precedente
Come se fossi Dino Campanaracconto sucessivo
Me, Myself & I (...e Valentina...)
Commenti dei lettori al racconto erotico