La prima bocca non si scorda mai

di
genere
prime esperienze

[Tratto dal mio Libro "Bologna Erotica" prossimamente in uscita su Amazon]

Fissammo l’appuntamento per mezzogiorno nel suo appartamento in Via Donato Creti. Non mi disse il civico esatto. Le avrei telefonato una volta superato il ponte di Via Stalingrado. Quello della protagonista dei Gemelli Diversi. La telefonata non fu semplice. Il centralino era sempre occupato e la mia timidezza fece il resto. Giulia si dimostrò estremamente cortese, educata. Riconobbe la mia fanciullesca voce ed espresse un grande entusiasmo nell’incontrarmi. Il suo tono mi era sembrato sincero. Quasi distaccato da quella avidità che le donne del mestiere lasciano sempre trasparire.
Entrai in quel bilocale alle 12.01. Con ogni probabilità ero il successivo di una lunga lista. Versai il corrispettivo per il servizio richiesto. Una semplice banconota da cinquanta euro per un soffice pompino che si sarebbe potuto concludere nella sua bocca, se lo avessi desiderato. Avanzai come unica richiesta quella di poterla vedere nuda. Poi mi sedetti su quella sedia arancio e abbassai i pantaloncini che con grande difficoltà riuscivano a contenere quell’erezione. Sono sicuro che Giulia se ne fosse già accorta. E in un certo senso ne andasse anche fiera.
Quel corpo era robusto ma non stonato. Con fianchi larghi che però emanavano un senso di profonda sensualità. La pelle presentava le tipiche smagliature di chi oramai aveva superato i propri anni. Il seno era cadente e al tatto abbastanza vuoto. La sensazione è che oramai Giulia fosse sulla via del tramonto. E che ogni incontro con lei sarebbe potuto anche essere l’ultimo. Il viso era esattamente come riportato nelle foto. Delicato, con lineamenti tenui e una bocca molto grande. Spaziosa. I capelli, al tatto non grassi e freschi di doccia, erano lunghi e piastrati. Apparivano di color castano scuro con qualche evidente ritocco di tinta. Scendevano dietro le spalle quasi a camuffare quell’ampio sedere che agli occhi più perversi risultava affascinante. Gli occhi, verde chiaro, contrastavano l’enorme chioma nera che faceva da riparo alla sua stanca vagina, provata da anni e anni di lunghe battaglie.
Quando finalmente il mio cazzo entrò nella sua bocca le mie pulsazioni iniziarono a decollare. La sua tecnica era sublime, armonica, quasi artificiale. Mi aveva scoperto il glande con un senso di delicata protezione. Con lo sguardo di chi ha già letto tutta la tua vita. Mi guardava negli occhi in maniera amorevole, e cercava nei miei occhi un senso di consenziente approvazione. Avrebbe potuto essere mia mamma, vista la grande differenza di età. Ma nessuna mamma avrebbe mai potuto tenere incatenato come lei stava facendo in quel momento.
La tecnica era quella delle migliori scuole russe. Con succhiate ritmate, profonde e intense, alternate a rotazioni della lingua sul mio esile frenulo. Non un solo accenno di denti. Solo colate di calda saliva che scendevano su quell’asta infuocata. I suoi occhi verdi erano sempre protratti verso i miei. Leggevo un senso di famelica empatia, che amplificavano quella piacevole tortura. Il mio godere era tutto in suo possesso. Le avevo delegato la mia anima e con essa i miei più profondi desideri. Con la mano destra teneva afferrati i miei testicoli. Gonfi da giorni di ostinata astinenza. Pronti a lanciare la propria eruzione. Forse l’ultima visto il ritmo frenetico dei miei battiti.
Il tempo sembrava essersi fermato. Seduto su quella sedia guardavo la parete di fronte a me. Un antico orologio da muro scandiva il ritmo del mio piacere. Non un orologio di quelli commerciali. Ma uno di quelli che si trovano nei migliori negozi di antiquariato. Perché Giulia aveva un gusto sfrenato per il bello. In linea con quella sua indole vanitosa che aveva dominato con un innaturale gusto per l’antico. A fare da contraltare ai tanti giovani corpi che, come il mio, si erano abbandonati su quella sedia del peccato. Il ticchettio di quella lancetta era l’unica cosa che mi teneva ancorato alla realtà.
Stavo realizzando, per la prima volta, che cosa fosse il piacere di una calda bocca. E lo stavo realizzando in una giornata altrettanto calda. Con una donna che non conoscevo ma che sembrava sapere tutto di me. Sentivo di essere al capolinea. Di aver oltrepassato quel confine che intercorre tra il potersi fermare e dover per forza arrivare. Lei lo aveva capito. Forse anche prima di me. Senza che le dissi nulla, mi sussurrò che avrei potuto. Fino alla fine dentro la sua bocca.
Il cuore stava per uscire da quel mio petto rachitico. Il mio viso era rosso. Riuscivo a vederlo dallo specchio dei suoi occhi. Giulia rallentò il ritmo e aggiunse ulteriore saliva. Tutto era perfetto. Se la morte avesse avuto quel profumo l’avrei abbracciata istantaneamente. Emisi un suono scomposto. Il rumore che anticipa un terremoto. Il sibilo al confine tra uno spasmo e un lamento. Esplosi e lo feci alla grande. Tutto nella sua spaziosa bocca. Sei o forse sette contrazioni prima di terminare quel rastrellamento. Tutto fu incredibilmente contenuto da quel pozzo senza fondo. Nemmeno una goccia fu fatta uscire. Non un accenno di residuo sulla mia cappella. Mi guardò intensamente negli occhi e in un istante deglutì tutto.
Paralizzato su quella sedia non riuscivo ad emettere il benché minimo suono. Sentivo il mio corpo schiacciato sullo schienale di quella sedia. Non ero però in aereo, né stavo decollando. Lei era di fronte a me mascherata con un amorevole sorriso. Massaggiava le mie cosce pelose per riportarmi nel mondo terrestre. Sapeva di aver fatto un ottimo lavoro. E ne andava davvero fiera. Io ero lì impotente, estasiato, e incapace di emettere alcun flebile suono. Fui colto solo da uno strano sentimento di profonda gratitudine. La abbracciai e appoggiai il viso su quei due voluminosi seni ancora scoperti. Scoppiai in un pianto profondo. Uno di quei pianti che ti riconciliano con il mondo. Lei come una dolce e protettiva mamma mi accarezzò i lunghi ricci biodi e mi diede un candido bacio sulla guancia sinistra.
scritto il
2023-02-09
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