La carne dell'amore e della passione

di
genere
etero

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L’estate più calda degli ultimi decenni era solo un lontano ricordo. Quei giorni spesi nella mia angusta cameretta avevano fanno impennare la mia libidine. Solo il dolce fruscio del ventilatore aveva dato una lieve rinfrescata ai miei bollenti spiriti. I miei occhi grigi, non ancora abituati alla luce pomeridiana, cercavano in quel parco sul retro della mia abitazione anche solo uno squarcio di volto femminile su cui poter fantasticare un paio di interminabili minuti. Quella sera decisi di rimettere in moto la mia vecchia punto EVO per rallegrami in dolce compagnia. Volevo carne vera, da poter accarezzare, e volevo dopo tanto tempo riassaporare quell’odore di sesso che sarebbe rimasto intrido nel mio viso fino al mattino successivo.
La statale si presentava più affollata del solito. File e file di anime dannate che stanziavano sul bordo della strada alla ricerca di un nuovo cliente. Le guardavo avvolte sotto il bagliore dei lampioni mentre i loro occhi incrociavano i miei sempre più affamati di un’avventura a basso costo. In fondo al vialone, laddove si snoda l’imbocco alla complanare, vidi la donna che mi avrebbe cambiato la serata o la vita intera. Aveva una pelle olivastra con capelli bruni che le scendevano fino a lambirle quel fondoschiena disegnato dal pennello di un maestro d’arte contemporanea. Gli occhi, dall’aspetto glaciale, dovevano essere il frutto di uno scherzo della genetica e facevano da riflesso al mio disagio al cospetto di tanta, troppa bellezza. La feci salire e la guardai nascosta sotto quell’unico vestito nero che metteva in risalto un seno piccolo ma proporzionato a quella corporatura esile e slanciata.
Salimmo nel mio appartamento situato al secondo piano senza dare sull’occhio. La vidi spogliarsi e senza proferire parola entrare nella cabina doccia. Conosceva ogni angolo di quella casa e le sue movenze incarnavano un’autorità che avrebbe messo in soggezione anche il più forte degli individui. La guardai mentre l’acqua picchiettava la sua testa e con armonia scivolava nello spazio tra i suoi seni. Doveva avere poco più di vent’anni. Arrivata in questo dannato paese alla ricerca di chissà quale futuro e sedotta dal fascino di una terra promessa. I capezzoli apparivano rossi e ben appuntiti, pronti solo a essere mordicchiati con famelica dovizia. Il sedere era il ritratto della perfezione. Ciò che un uomo aveva solo potuto sognare nelle sue notti più fortunate. Il sesso era ben depilato con solo un leggerissimo segno di ricrescita che avrebbe lasciato il proprio segno tra le mie labbra.
Uscita dalla doccia aveva un aspetto ancora più sensuale. I capelli torturati dall’umidità dell’esterno ora brillavano in quella meritata pulizia. La squadrai dalla testa ai piedi. Tremavo come una foglia al suo cospetto e un nodo prese forma tra il petto e lo stomaco. Erano bastate solo un paio di battute per capire che le nostre vite erano avvolte dal disegno di una mente superiore. Parlava un italiano imperfetto, macchiato da una qualche sfumatura di ispanico, che le davano quell’ulteriore tocco di eleganza e innocenza. Mi avvicinai e le baciai la punta delle labbra per rompere il ghiaccio. Assaporai il profumo della pelle mentre le mie mani avvolgevano quel seno tondo calzato da un impercettibile accenno di asimmetria. Con un’innocente spinta, la stesi sopra al mio letto e iniziai a baciarle collo, seno e pancia stando attento a non deturpare quell’opera d’arte che avrei custodito gelosamente. Un piercing all’altezza dell’ombelico le conferivano un aspetto ancora più adolescenziale e delle cicatrici nel bassoventre dovevano essere il frutto di una precedente gravidanza. Lei era ferma, fredda, intenta a fissare con quegli occhi assenti il vuoto del soffitto. Le mie mani accarezzavano la parte esterna delle cosce cercando di cogliere anche solo un segnale di passione. Il suo viso iniziò a prendere sempre più colore scalzando quell’iniziale disagio e mentre i nostri occhi si incrociavano, assaporavo a colpi di lingua la punta del clitoride. Bastarono pochi secondi e suoi umori si mescolarono alla mia saliva e gli spilli di quella crescita iniziarono a procurarmi un irresistibile prurito. Respiravo il calore del suo corpo divenire ogni istante più complice di quel folle peccato. La penetrai senza indossare il guanto salvavita. Nessun filtro doveva smorzare quella sensazione di esagerato benessere che mi ero riservato dopo settimane di privazione. Il mio membro strisciava le pareti di quella vulva sorprendentemente stretta . Quel fastidio allo stomaco divenne sempre più pressante. Il fiato si faceva sempre più corto e i miei testicoli ogni secondo erano più gonfi. Un paio di ulteriori spinte prima di scaricarle cinque getti abbondanti sulla pancia. Mi accovacciai esausto a fianco a lei mentre con un asciugamano la aiutai a ripulirsi. La vidi per la prima volta sorridere. Quello sguardo luccicante era un regalo che la Natura aveva voluto preservarmi. Quei secondi avrei voluto avere la durata dell’eternità. La salutai con un tenero bacio sulla fronte prima di riaccompagnarla al suo angolo di maledizione. La mattina seguente sarei tornato alla mia quotidianità consapevole che senza quella donna nulla avrebbe più avuto per me il suo senso. Nei giorni seguenti la cercai girando di lungo e in largo. Fu tutto inutile. Forse era tornata al suo Paese d’origine o forse avevo deciso di abbandonare quella vita ingiusta. So solo che per un paio di ore mi sono sentito veramente vivo.
scritto il
2023-09-16
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