Ripetizioni con mamma III
di
alice822
genere
incesti
Allora hai finito i compiti? Su, che ti ho fatto le patate al forno!”
“Arrivo mamma, mi manca una pagina poi ho finito!”
Finalmente mio figlio è studioso, dopo poco arriva e sul suo volto, nonostante il piatto pieno del suo cibo preferito, leggo un’ombra di sconforto.
“Che cos'hai? Gli chiedo.
“Nulla mamma credimi.”
Non voglio insistere e ci sediamo a cenare. Ho controllato i risultati scolastici, i giudizi sono finalmente favorevoli. Stare lontano da quella ragazzina e coi favori di mamma, gli ha fatto bene.
“Cosa studiavi?”
“Storia”
“A me è sempre piaciuta storia”
“A me no se devo essere sincero, ma c’è poco da fare, la devo studiare.” Mi risponde il mio ragazzo sempre con quella sua aria scorata”
Finiamo di mangiare e torno di nuovo all’attacco: “non ti vedo allegro come sei di solito, mi vuoi dire una buona volta cosa ti tormenta?”
“Dovresti saperlo mamma”
“Io? E perché mai?”
“Ne sei tu la causa”
Credo di intuire la ragione. Sono stata io ad allontanarlo da quella cretina della sua fidanzata. Infatti lui prosegue: “Sei stata tu a convincermi a non andare all’appuntamento con lei senza nessun avviso e, una volta chiamato da lei, ad avanzare una scusa penosa per non esserci andato”
“Così mi hai promesso che avresti fatto, che cosa centro io?”
Dico questo ma so benissimo che lo ha fatto perchè posto davanti all’alternativa tra i favori di sua madre e quelli della squinzia.
“Ora lei” prosegue mio figlio “non mi rivolge più la parola, e mi lancia occhiate rancorose di lontano.”
Segretamente esulto a queste parole. La mia vittoria è completa.
“Ma se non sbaglio” lo incalzo” hai avuto i tuoi vantaggi, non è così?”
Il ragazzo arrossisce; “sì mamma lo ammetto”
“Cosa c’è da arrossire figlio mio, forse i tuoi migliorati giudizi scolastici ti fanno vergognare?”
Gli faccio questa domanda ma so bene a cosa si riferisce.
“Non è questo mamma”
Mi alzo da tavola e gli pongo una mano sul pacco. Subito sento una reazione improvvisa e vitale. Mi avvicino al suo orecchio e gli sussurro: “E’ forse per quest’altra cosa qui?”
E stringo la mano. Mio figlio è di nuovo senza parole. Il suo pisellino sta crescendo così velocemente che sembra rompere la tela dei jeans. Non risponde. Avrà altro a cui pensare!
“Non ti devi vergognare con la tua mamma. Io voglio solo che tu vada bene a scuola.”
“Lo so mamma”
“So anche che per studiare si deve essere incoraggiati. Non ti senti abbastanza incoraggiato?” gli chiedo, continuando a carezzarlo.
“Non è questo mamma” riproponendomi di indagare su questa strana risposta, continuo ad accarezzarlo. Lui ha chiuso gli occhi respirando irregolarmente.
“Vuoi che slacci?” Gli chiedo affettuosa.
"Sì mamma"
“Allora farò proprio così. Ecco slaccio questi pantalonacci ruvidi. Ma cosa vedo, cos’è questa macchia umida sui tuoi slip? Tra l’altro si sta allargando. Facciamo un esame più approfondito?”
"Sì mamma"
Gli tiro giù gli slip e il battacchio si erge più turgido che mai.
“Ma guarda cosa mi combini, monellaccio, con queste tue arroganti erezioni. E adesso come farò a fartela passare? Hai dei suggerimenti da darmi?”
Mio figlio ancora una volta non risponde.
“E allora su, tirati un po’ su la maglietta che vedo di arrangiarmi io.”
Gli avvogo una mano sul pisellotto.
”Dalla tua fessurina sta uscendo nuovo lubrificante, che ne dici se lo spargo col pollice sulla cappella? Ecco così. Tuttavia vedo che non basta a renderti scivoloso. Nell’attesa che ne venga dell’altro bisogna che la mia mano sia cosparsa di saliva. Vuoi contribuire tu o faccio io?”
Non aspetto risposta e gli metto il palmo della mano sotto il mento. Lui lascia cadere una bolla di saliva.
“Ecco caro, vedo che stai collaborando. Ora aggiungerò anche la mia saliva e scenderò per lavorarti il cosino.” Così faccio, e comincio a menarglielo, finalmente scorrevole.
“Ma guarda il mio ometto come si diverte. Vedi che è importante studiare? La tua pischelletta saprebbe fare altrettanto? Rispondi.”
“No mamma”
“E’ perché io sono generosa, mentre la tua sventatella penserebbe solo al suo piacere.“
Gli dico, continuando il su e giù della mano.
“E dimmi, toglimi una curiosità che ho sempre avuto, ti masturbi, nevvero?”
“Ogni tanto mamma”
“E a che cosa pensi mentre te la fai, vuoi dirmelo?”
“A…a te mamma”
“Ma guarda, che tesoro. E alla tua fidanzatina non pensi?”
“Qualche volta mamma”
“Che onta, che disonore, quasi quasi smetto di accarezzarti. Non stai certo incoraggiando tua madre. Suvvia deglutirò il boccone amaro. Ci pensi ancora adesso tesoro?”
“Non mamma”
“E a chi pensi se posso sapere?”
“A niente mamma”
“Bene bene, il vuoto mentale è buona cosa, adatto a imprimere bene gli studi. Intanto ti chiedo, te lo sto menando bene figlio mio?”
"Sì mamma"
“Sta diventando sempre più duro e il liquido lubrificante sempre più copioso. Ora potrei andare più veloce ma non lo farò, ti sarebbe troppo facile farmi il dispetto di venire.”
Gli accarezzo i coglioni.
“Ma che belle palline sode che hai. Sono piene piene, se indovino, è così?”
“E’ così mamma”
Il ragazzo non ce la fa più, lo sento. Il suo respiro diventa sempre più corto e accelerato.
Con il dito gli sfioro la vena inferiore del pisello fino a pizzicargli il frenulo. Scendo su e giù col dito più volte.
“E va bene, sento che il momento finale sta arrivando. Alzati in piedi e accostati alla tavola, ti farò liberare sul piatto, così non corro il rischio di macchiarmi il vestito. Su da bravo.” Il monello obbedisce. Con l’altra mano gli accarezzo il sedere. E’ turgido anche quello.
“Prima spremere i tuoi gioielli voglio sapere, e guarda che non scherzo, Se c’è qualcosa in quel che abbiamo fatto nelle volte passate che ti è mancato.”
“Qualcosa sì mamma”
“Oh, che vergogna, non ti ho accontentato del tutto” così dicendo continuo a menarglielo.
“E che cosa ti è mancato, dimmelo.”
Il ragazzo non risponde subito, il suo viso si imporpora.
“Su coraggio, non devi nascondere niente alla tua mamma.”
“Sco…pare mamma.”
“Ah ma cosa? vuoi entrare nella natura di tua madre scavezzacollo? Non hai proprio nessun rispetto. Per punizione non ti lascerò venire.”
“No mamma, ti prego”
“E allora promettimi che studierai ancora di più, e non penserai più a quella ninfetta da quattro soldi. Poi vedremo il da farsi. Me lo prometti bambino mio?”
“Sì mamma, te lo prometto, te lo prometto”
“Devo proprio crederti, non mi stai ingannando?
La sua voce si è alzata leggermente di tono. Sta per succedere. Reitero le carezze avvicinando il fringuello al piatto.
“Su, ringrazia tua madre che vuole solo il tuo bene”
“Gra…grazie mamma!”
Dal tarello del mio ragazzo comincia a schizzare il veleno tanto trattenuto. L’emissione è tanto violenta che supera il piatto e va a imbrattare la tovaglia fino all’altra parte del tavolo.
“Ma guarda che disastro, una tovaglia appena messa” dico, fintamente contrariata “se continueremo così dovrò comprarne delle altre. Ma tu sta bene piccino stai bene?”
Mio figlio è finalmente rilassato. Ansante, ha chiuso gli occhi per il sollievo.
“Su va a lavarti, che qui ci penso io. Se non sbaglio devi uscire con i tuoi amici?”
"Sì mamma"
“Allora vai, te lo sei meritato. E non tornare troppo tardi.”
Lo vedo uscire e comincio a meditare su quella strana risposta. Il suo viso, prima che cominciassi a solleticarlo, era adombrato, l’ho visto benissimo. E la storia scolastica non c’entra. Quello è ancora innamorato di quella sventurata, penso con una stretta al cuore.
Dice che non la vede più ma come credergli. D’improvviso mi ricordo di averlo visto, il giorno prima, nascondere sveltamente qualcosa allorché sono sopraggiunta in camera sua. Che segreto poteva avere. Preoccupata mi accingo senz’altro alla ricerca. Se non ricordo male era il primo cassetto dell’armadio. Lo apro e comincio a cercare tra la sua biancheria. Eccolo! Un pacchettino col fiocco è nascosto proprio in fondo. E’ di piccole dimensioni, sta in una mano ed è avvolto in una carta molto raffinata. Ho già visto pacchettini del genere. Ne ho ricevuto nella mia vita più di uno. Un gioiello! Ecco cos’è. Lo ripongo nel cassetto e comincio a rimuginare il da farsi.
L’indomani mio figlio ritorna da scuola appena preceduto dalla sua mamma che oggi è riuscita a liberarsi prima dall’assillante lavoro. Saluta allegro e si dirige in camera per depositare lo zainetto. Un urlo proviene subito dopo dalla stanza.
“Mamma! Ma cosa hai fatto?" Esce sulla soglia paonazzo, tra le mani la carta raffinata del pacchettino. So che sul letto ha trovato la scatolina vuota.
“L’hai…l’hai aperta!”
“Ebbene sì tesoro" gli faccio con un sorrisetto. Intanto sono seduta elegantemente sul divano, con le gambe accavallate vestite di finissima seta trasparente, e fasciata del vestito più raffinato del mio guardaroba.
“Ma mamma, come ti sei permessa?" fa lui evidentemente sconvolto.
“Mi permetto eccome, figlio mio. Devo sapere come sperperi i tuoi soldi, sono tua madre. Per caso, riordinandoti i cassetti, ho trovato quel pacchettino. Cosa vuoi farci, l’ho aperto. Ed ecco che vi ho trovato quei due stupidi cerchietti finto oro che, se non sbaglio, andrebbero appesi alle orecchie. Di quale povera fanciulla non so. O lo so? A me puoi dirlo.” Il fanciullo, con quella sua carta in mano, mi fa un po’ tenerezza. Non l’ho mai visto così confuso da quando gli ho fatto vedere, settimane fa, le mie mutandine e il loro contenuto.
“Sono offesissimo” mi fa l’esagerato “non hai rispetto per me!”
“ Invece ne ho, cribbio. Ma non parliamone più. Se rivuoi quei ridicoli orecchini non hai che da dirmelo. Sarà un niente rifartelo confezionare dalla bigiotteria di scarso livello nella quale l’hai certamente acquistato.”
“Allora ridammelo!”
“Come no, solo non ricordo più dove l’ho messo.”
“Ma stai scherzando?” Mi fa lui congestionato.
Gli faccio un breve sorriso affettuoso.
“Non hai notato che oggi la tua mamma è vestita elegante? E’ il mio miglior vestito. Il più elegante e il più fine. Ebbene, i tuoi squallidi cerchietti sono qui sotto.”
Il bambino mi guarda con un’espressione di stupore deliziosa.
“Non so più dov’è tuttavia” proseguo “non ricordo più se l’ho lasciato cadere dietro la schiena, o qui davanti, in questa discreta e raffinata scollatura. E poi, comunque, da lì, chissà dov’è finito.”
Così dicendo accavallo le gambe dall’altra parte facendogli intravedere per un attimo l'oscurità misteriosa tra le cosce. Lui non lo può vedere, ma i miei slip semi-trasparenti hanno un cuoricino ricamato sopra e una fessura civettuola che lo divide nel mezzo.
“Mamma dai, non scherziamo, ridammelo!”
“Vientelo a prendere. Ti dò licenza di cercare ovunque. Ma non sperare che ti aiuti. E poi vieni a sederti accanto a me, figlio mio, devo parlarti.”
Il poverino si passa le mani sulla faccia.
“Non credo di dover venire su quel divano.”
“Come vuoi, allora ti parlerò mentre starai in piedi. Se non ricordo male, non sono passate nemmeno ventiquattr’ore che mi hai fatto una richiesta, non te ne ricordi?”
“Quale richiesta?” L’espressione di stupore si vena di un friccico di preoccupazione.
“Proprio non ricordi” hai detto che le attenzioni che ti ha dato tua mamma mancavano di qualcosa. E’ vero o no?”
Nei suoi occhi passa un lampo di consapevolezza. Si ricorda. Stavolta, invece di arrossire, diventa pallido. Lo fisso negli occhi senza dir niente per buoni dieci secondi col sorrisetto stampato sulle labbra.
“Lo vuoi ancora?”
Stavolta è il suo turno nello stare in silenzio. Sembra che debba cascare a terra da un momento all’altro.
“E’ il momento che tu ti venga a sedere, se non vuoi finire sul tappeto.”
Lui stavolta obbedisce continuando a fissarmi. Il suo sguardo è incredulo, interrogativo.
“Ti ho accontentato in molti modi, sino ad ora, ma ho voluto evitare quella cosa che mi sembra la più sconveniente per una brava madre. Stavolta però potrei venir meno ai miei propositi.
“Vuoi dire mamma che…” Stupisce lui.
“”Proprio così” confermo, e avvicinandomi al suo orecchio come per rivelargli un segreto sussurro: “ti faccio chiavare piccino mio.”
Mi distanzio da lui e colgo il suo sguardo turbato e ora pieno di desiderio. Non posso non notare che il suo volatile sta riempiendo i pantaloni.
“Sul serio?”
“Ora e tutte le volte che ne avrai voglia basta che tu mi faccia le promesse che ti ho chiesto.”
“Cosa vuoi che ti prometta, studio, che vuoi di più?”
“Voglio che tu smetta, per ora, di correre dietro alle ragazzine.”
“Ma io l’amo!”
“Cose di secondaria importanza. Adesso voglio che tu continui a studiare, senza distrarti con qualche puttanella. Non ti ho detto tutti i miei propositi, ma intanto…” mi appoggio al bracciolo del divano e apro leggermente le cosce. Devi cercare gli orecchini, e non certo, una volta trovati, per regalarli a lei. Poi riparleremo di quella mia promessa. Su, mettiti all’opera.”
Vedo che il mio ometto si chiede da dove cominciare.
“Su, comincia dalle prime informazioni che ti ho dato. La scollatura e la schiena. Quale delle due caro?”
“La schiena.”
“Certo caro potrebbe essersi fermato proprio lì. Ecco, mi giro così puoi slacciarmi il vestito. Hai mai sceso una cerniera di un vestito così? Confessa.”
“No mai”
“Finora solo magliette e felpe nevvero? Avrai modo di rifarti. Su, aprimi la cerniera.”
Sento le sue dita prendere il cursore e farlo scendere piano piano. Il vestito si sta aprendo.
“Più giù, aprilo fino in fondo. Trovato niente?”
“No mamma”
“Allora sarà il caso di cercarlo davanti, non trovi? Ormai il vestito è allentato, non si saranno fermati tra i miei seni, vuoi cercare lì?” E mi giro verso di lui. Le sue mani mi scostano delicatamente le spalline snudandomi le spalle e abbassano il bordo della scollatura fino a scoprirmi il seno, contenuto da un fine reggipetto. Il contatto delle sue dita sulla mia pelle mi crea dei brividi che chissà come scendono nel luogo non battuto dal sole. Come è garbato il mio ragazzo, chissà quella sventurata come se lo godeva.
“Non c’è nemmeno qui mamma. Vuoi che cerchi più giù?”
"Al tuo buon cuore caro, il ricercatore sei tu. Intanto, nel passaggio, carezzami i seni e baciami i capezzoli, vuoi? Giusto per galanteria.”
Mio figlio obbedisce. Mi sugge delicatamente i capezzoli attraverso il fine tessuto del reggiseno.
“Su caro toglimelo e fammi sentire meglio le tue mani.”
Il pischello mi sfila il reggiseno e mi abbassa il vestito fino ai fianchi. Preso dal desiderio, mi bacia ripetutamente sul collo e sulle spalle, poi scende a nascondere il viso tra le mie tette. Non posso negare che nel basso ventre mi stia accadendo qualcosa.
“Ancora niente?”
“No mamma" risponde lui con voce soffocata dai seni.
“Allora perché intanto non mi lecchi la schiena ingannando l’attesa? Ecco così bravo, passa la tua lingua lentamente. Ma non dimentichiamo la ricerca dei preziosi. Tu però ti devi liberare di tutti quei vestiti che non ti serviranno più a nulla.”
Giudiziosamente il mio bamboccio si alza e si spoglia per intero. Ha il cazzo incollato alla pancia. Si avvicina di nuovo a me.
“Finora non ho trovato niente mamma, devo cercare più in basso.”
"Hai capito il mio ragazzo com’è intraprendente, certo continua la ricerca. Forse sei vicino al tesoro. Vuoi che mi sfili il vestito?”
“Si mamma, ti prego.”
Mi alzo e lo faccio. Ormai sono nuda eccetto le autoreggenti e le mutandine. Rimango in piedi di fronte a lui.
“Vedi qualche cosa? Ormai avrai capito sei vicino alla meta."
Lui fissa lo sguardo sulla mia patatina parzialmente nascosta del perizoma.
“Allora?"
“No, nulla. Allora è dietro.”
Poggia le mani sulle mie anche e delicatamente mi gira. In effetti gli orecchini sono proprio lì, in fondo in fondo, tra la micia e le natiche.
“Gli hai trovati, come vedi erano al sicuro. Toglimi le mutandine e ne potrai rientrare in possesso.”
Le sue dita mi stringono l’elastico e cominciano a sfilarmi l'indumento. Gli orecchini sono proprio lì, come pesci nella rete.
“Prendili pure sono tuoi, sei contento adesso?”
"Sì mamma"
“Fammi sentire la tua gioia baciandomi il sedere, caruccio. Così bravo. E adesso…”
Mi giro e la metto di fronte a lui, calda e pelosetta.
“Su bacia la tua mamma che ti ha restituito il regalo per la tua fidanzata. Ecco così, bravo. Cerca il gioiello più importante con la tua lingua.”
Mio figlio si produce in quello che gli ho chiesto e tra le mie mucose si sta formando tanta di quella ciprigna che temo rivoli lungo le cosce.
“Lecca lecca caruccio, fai contenta la tua mamma, che poi lei farà contento te. Ecco così, puliscimi dai miei umori.”
Dopo qualche minuto mi stacco dalla lingua di mio figlio e mi chino di fronte a lui. Gli scosto leggermente le cosce e glielo prendo in bocca, poco però, ha una tensione tale che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Lo guardo da sotto in su mentre glielo lecco come un gelato.
“Allora? Sei pronto? La tua mamma sta per darti quello che tu ardentemente desideri.”
Mi alzo e mi metto cavalcioni su di lui, sedendomi sulle sue cosce. Il suo dardo è a pochi centimetri dalla mia natura. Siamo entrambi fradici di umori. Lo accarezzo tra i capelli.
“Allora gioia mia sei contento? Stiamo per farlo.”
“Si mamma, sono contento”
“Ma prima dovrai rinnovare la tua promessa caro. Dovrai studiare e solo studiare. Me lo prometti?”
“Te lo prometto”
“Bene, ma prima afferra quei due stupidi anelli che chiami orecchini e infilateli sul mattarello fino alla radice, sono abbastanza larghi.”
Lui obbedisce, ha le mani tremanti per l’eccitazione. Si infila i due anelli.
“Ecco, lì sono al posto giusto, non appesi alle orecchie di quella pazzoide. Ora è giunto il momento, sto per infilarmi sopra di te, ecco vedi, mi alzo un poco, avvicino il ventre al tuo e me lo impunto. Ma prima dimmi che quella ragazzetta è una troia.”
“E’...è una troia mamma.”
“Bravo, allora ecco, mi siedo sopra di te, rientra da dove sei nato.”
Il cazzo mi si infila senza intoppi. Sono allargata e super bagnata. Comincio ad andare su e giù. Questo malandrino mi dà un piacere che non voglio ammettere con lui.
“Mamma,mamma, finalmente!”Delira.
“Su fatti coraggio aiutami nelle oscillazioni, e non dimenticare di leccarmi le tette, ecco ti stringo la testa contro di me, ti vorrei soffocare! Su spingi , spingi, benvenuto piccino mio accomodati, accomodati!”
Anche se lui è seduto, riesco a passargli le gambe dietro la schiena. Ormai lo cavalco senza metodo sempre più velocemente, abbandonando ogni ritegno. Non riesco a trattenere dei gemiti, sento il suo alito contro il mio petto. Anche lui ansima. Gli graffio la schiena, me lo mangerei, stringo i denti per non urlare.
“Ecco figlio mio sei contento? Stai chiavando tua madre! Il tuo cazzone è così duro quando ti fai le seghe?”
"No mamma”
“E quando sei con una delle tue troiette?”
“Nemmeno mamma”
“Dimmi che è così duro solo per la tua mammina”
“Solo per te mamma!”
“Da ora in poi non ti farai più le seghe, potrai chiavarmi quanto vorrai! Vuoi dormire a letto con me? Potremmo scopare tutta la notte, potrai fottermi anche nel sonno!”
“Mamma, sto per farla togliti”
“No caro, falla dentro di me, facciamo un figlio! Vieni mentre io vengo, su sborriamo!”
Tutti i muscoli del mio basso ventre si contraggono intorno al suo cazzo in uno, due, tre, spasimi mentre sento mio figlio spruzzarmi la cervice uterina. Entrambi ci contraiamo ancora una volta, all’unisono, mentre gli pianto le unghie sulla schiena e lo stritolo tra le mie gambe, e lui morsicandomi una spalla mi abbraccia i fianchi forte come se dovesse spezzarmi la schiena.
Finalmente ci fermiamo. Piano gli stacco le gambe dalla vita rimettendo i piedi sul pavimento. Mi alzo sfilandomi dal suo cazzo mentre rivolano dalla mia vagina gli umori misti al suo sperma. Mi abbandono al divano accanto a lui esausta. Anche lui si appoggia allo schienale, gli occhi chiusi, ansimante. Stiamo entrambi in silenzio per un po’.
“Adesso la tua mamma va a lavarsi da tutta quella porcheria che le hai versato in mezzo alle gambe. Poi andrai tu nel bagno. Nel frattempo togliti gli anelli dal giocattolo, poi ti dirò cosa dovrai farne. A dopo figlio mio.
Fine terza puntata.
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“Arrivo mamma, mi manca una pagina poi ho finito!”
Finalmente mio figlio è studioso, dopo poco arriva e sul suo volto, nonostante il piatto pieno del suo cibo preferito, leggo un’ombra di sconforto.
“Che cos'hai? Gli chiedo.
“Nulla mamma credimi.”
Non voglio insistere e ci sediamo a cenare. Ho controllato i risultati scolastici, i giudizi sono finalmente favorevoli. Stare lontano da quella ragazzina e coi favori di mamma, gli ha fatto bene.
“Cosa studiavi?”
“Storia”
“A me è sempre piaciuta storia”
“A me no se devo essere sincero, ma c’è poco da fare, la devo studiare.” Mi risponde il mio ragazzo sempre con quella sua aria scorata”
Finiamo di mangiare e torno di nuovo all’attacco: “non ti vedo allegro come sei di solito, mi vuoi dire una buona volta cosa ti tormenta?”
“Dovresti saperlo mamma”
“Io? E perché mai?”
“Ne sei tu la causa”
Credo di intuire la ragione. Sono stata io ad allontanarlo da quella cretina della sua fidanzata. Infatti lui prosegue: “Sei stata tu a convincermi a non andare all’appuntamento con lei senza nessun avviso e, una volta chiamato da lei, ad avanzare una scusa penosa per non esserci andato”
“Così mi hai promesso che avresti fatto, che cosa centro io?”
Dico questo ma so benissimo che lo ha fatto perchè posto davanti all’alternativa tra i favori di sua madre e quelli della squinzia.
“Ora lei” prosegue mio figlio “non mi rivolge più la parola, e mi lancia occhiate rancorose di lontano.”
Segretamente esulto a queste parole. La mia vittoria è completa.
“Ma se non sbaglio” lo incalzo” hai avuto i tuoi vantaggi, non è così?”
Il ragazzo arrossisce; “sì mamma lo ammetto”
“Cosa c’è da arrossire figlio mio, forse i tuoi migliorati giudizi scolastici ti fanno vergognare?”
Gli faccio questa domanda ma so bene a cosa si riferisce.
“Non è questo mamma”
Mi alzo da tavola e gli pongo una mano sul pacco. Subito sento una reazione improvvisa e vitale. Mi avvicino al suo orecchio e gli sussurro: “E’ forse per quest’altra cosa qui?”
E stringo la mano. Mio figlio è di nuovo senza parole. Il suo pisellino sta crescendo così velocemente che sembra rompere la tela dei jeans. Non risponde. Avrà altro a cui pensare!
“Non ti devi vergognare con la tua mamma. Io voglio solo che tu vada bene a scuola.”
“Lo so mamma”
“So anche che per studiare si deve essere incoraggiati. Non ti senti abbastanza incoraggiato?” gli chiedo, continuando a carezzarlo.
“Non è questo mamma” riproponendomi di indagare su questa strana risposta, continuo ad accarezzarlo. Lui ha chiuso gli occhi respirando irregolarmente.
“Vuoi che slacci?” Gli chiedo affettuosa.
"Sì mamma"
“Allora farò proprio così. Ecco slaccio questi pantalonacci ruvidi. Ma cosa vedo, cos’è questa macchia umida sui tuoi slip? Tra l’altro si sta allargando. Facciamo un esame più approfondito?”
"Sì mamma"
Gli tiro giù gli slip e il battacchio si erge più turgido che mai.
“Ma guarda cosa mi combini, monellaccio, con queste tue arroganti erezioni. E adesso come farò a fartela passare? Hai dei suggerimenti da darmi?”
Mio figlio ancora una volta non risponde.
“E allora su, tirati un po’ su la maglietta che vedo di arrangiarmi io.”
Gli avvogo una mano sul pisellotto.
”Dalla tua fessurina sta uscendo nuovo lubrificante, che ne dici se lo spargo col pollice sulla cappella? Ecco così. Tuttavia vedo che non basta a renderti scivoloso. Nell’attesa che ne venga dell’altro bisogna che la mia mano sia cosparsa di saliva. Vuoi contribuire tu o faccio io?”
Non aspetto risposta e gli metto il palmo della mano sotto il mento. Lui lascia cadere una bolla di saliva.
“Ecco caro, vedo che stai collaborando. Ora aggiungerò anche la mia saliva e scenderò per lavorarti il cosino.” Così faccio, e comincio a menarglielo, finalmente scorrevole.
“Ma guarda il mio ometto come si diverte. Vedi che è importante studiare? La tua pischelletta saprebbe fare altrettanto? Rispondi.”
“No mamma”
“E’ perché io sono generosa, mentre la tua sventatella penserebbe solo al suo piacere.“
Gli dico, continuando il su e giù della mano.
“E dimmi, toglimi una curiosità che ho sempre avuto, ti masturbi, nevvero?”
“Ogni tanto mamma”
“E a che cosa pensi mentre te la fai, vuoi dirmelo?”
“A…a te mamma”
“Ma guarda, che tesoro. E alla tua fidanzatina non pensi?”
“Qualche volta mamma”
“Che onta, che disonore, quasi quasi smetto di accarezzarti. Non stai certo incoraggiando tua madre. Suvvia deglutirò il boccone amaro. Ci pensi ancora adesso tesoro?”
“Non mamma”
“E a chi pensi se posso sapere?”
“A niente mamma”
“Bene bene, il vuoto mentale è buona cosa, adatto a imprimere bene gli studi. Intanto ti chiedo, te lo sto menando bene figlio mio?”
"Sì mamma"
“Sta diventando sempre più duro e il liquido lubrificante sempre più copioso. Ora potrei andare più veloce ma non lo farò, ti sarebbe troppo facile farmi il dispetto di venire.”
Gli accarezzo i coglioni.
“Ma che belle palline sode che hai. Sono piene piene, se indovino, è così?”
“E’ così mamma”
Il ragazzo non ce la fa più, lo sento. Il suo respiro diventa sempre più corto e accelerato.
Con il dito gli sfioro la vena inferiore del pisello fino a pizzicargli il frenulo. Scendo su e giù col dito più volte.
“E va bene, sento che il momento finale sta arrivando. Alzati in piedi e accostati alla tavola, ti farò liberare sul piatto, così non corro il rischio di macchiarmi il vestito. Su da bravo.” Il monello obbedisce. Con l’altra mano gli accarezzo il sedere. E’ turgido anche quello.
“Prima spremere i tuoi gioielli voglio sapere, e guarda che non scherzo, Se c’è qualcosa in quel che abbiamo fatto nelle volte passate che ti è mancato.”
“Qualcosa sì mamma”
“Oh, che vergogna, non ti ho accontentato del tutto” così dicendo continuo a menarglielo.
“E che cosa ti è mancato, dimmelo.”
Il ragazzo non risponde subito, il suo viso si imporpora.
“Su coraggio, non devi nascondere niente alla tua mamma.”
“Sco…pare mamma.”
“Ah ma cosa? vuoi entrare nella natura di tua madre scavezzacollo? Non hai proprio nessun rispetto. Per punizione non ti lascerò venire.”
“No mamma, ti prego”
“E allora promettimi che studierai ancora di più, e non penserai più a quella ninfetta da quattro soldi. Poi vedremo il da farsi. Me lo prometti bambino mio?”
“Sì mamma, te lo prometto, te lo prometto”
“Devo proprio crederti, non mi stai ingannando?
La sua voce si è alzata leggermente di tono. Sta per succedere. Reitero le carezze avvicinando il fringuello al piatto.
“Su, ringrazia tua madre che vuole solo il tuo bene”
“Gra…grazie mamma!”
Dal tarello del mio ragazzo comincia a schizzare il veleno tanto trattenuto. L’emissione è tanto violenta che supera il piatto e va a imbrattare la tovaglia fino all’altra parte del tavolo.
“Ma guarda che disastro, una tovaglia appena messa” dico, fintamente contrariata “se continueremo così dovrò comprarne delle altre. Ma tu sta bene piccino stai bene?”
Mio figlio è finalmente rilassato. Ansante, ha chiuso gli occhi per il sollievo.
“Su va a lavarti, che qui ci penso io. Se non sbaglio devi uscire con i tuoi amici?”
"Sì mamma"
“Allora vai, te lo sei meritato. E non tornare troppo tardi.”
Lo vedo uscire e comincio a meditare su quella strana risposta. Il suo viso, prima che cominciassi a solleticarlo, era adombrato, l’ho visto benissimo. E la storia scolastica non c’entra. Quello è ancora innamorato di quella sventurata, penso con una stretta al cuore.
Dice che non la vede più ma come credergli. D’improvviso mi ricordo di averlo visto, il giorno prima, nascondere sveltamente qualcosa allorché sono sopraggiunta in camera sua. Che segreto poteva avere. Preoccupata mi accingo senz’altro alla ricerca. Se non ricordo male era il primo cassetto dell’armadio. Lo apro e comincio a cercare tra la sua biancheria. Eccolo! Un pacchettino col fiocco è nascosto proprio in fondo. E’ di piccole dimensioni, sta in una mano ed è avvolto in una carta molto raffinata. Ho già visto pacchettini del genere. Ne ho ricevuto nella mia vita più di uno. Un gioiello! Ecco cos’è. Lo ripongo nel cassetto e comincio a rimuginare il da farsi.
L’indomani mio figlio ritorna da scuola appena preceduto dalla sua mamma che oggi è riuscita a liberarsi prima dall’assillante lavoro. Saluta allegro e si dirige in camera per depositare lo zainetto. Un urlo proviene subito dopo dalla stanza.
“Mamma! Ma cosa hai fatto?" Esce sulla soglia paonazzo, tra le mani la carta raffinata del pacchettino. So che sul letto ha trovato la scatolina vuota.
“L’hai…l’hai aperta!”
“Ebbene sì tesoro" gli faccio con un sorrisetto. Intanto sono seduta elegantemente sul divano, con le gambe accavallate vestite di finissima seta trasparente, e fasciata del vestito più raffinato del mio guardaroba.
“Ma mamma, come ti sei permessa?" fa lui evidentemente sconvolto.
“Mi permetto eccome, figlio mio. Devo sapere come sperperi i tuoi soldi, sono tua madre. Per caso, riordinandoti i cassetti, ho trovato quel pacchettino. Cosa vuoi farci, l’ho aperto. Ed ecco che vi ho trovato quei due stupidi cerchietti finto oro che, se non sbaglio, andrebbero appesi alle orecchie. Di quale povera fanciulla non so. O lo so? A me puoi dirlo.” Il fanciullo, con quella sua carta in mano, mi fa un po’ tenerezza. Non l’ho mai visto così confuso da quando gli ho fatto vedere, settimane fa, le mie mutandine e il loro contenuto.
“Sono offesissimo” mi fa l’esagerato “non hai rispetto per me!”
“ Invece ne ho, cribbio. Ma non parliamone più. Se rivuoi quei ridicoli orecchini non hai che da dirmelo. Sarà un niente rifartelo confezionare dalla bigiotteria di scarso livello nella quale l’hai certamente acquistato.”
“Allora ridammelo!”
“Come no, solo non ricordo più dove l’ho messo.”
“Ma stai scherzando?” Mi fa lui congestionato.
Gli faccio un breve sorriso affettuoso.
“Non hai notato che oggi la tua mamma è vestita elegante? E’ il mio miglior vestito. Il più elegante e il più fine. Ebbene, i tuoi squallidi cerchietti sono qui sotto.”
Il bambino mi guarda con un’espressione di stupore deliziosa.
“Non so più dov’è tuttavia” proseguo “non ricordo più se l’ho lasciato cadere dietro la schiena, o qui davanti, in questa discreta e raffinata scollatura. E poi, comunque, da lì, chissà dov’è finito.”
Così dicendo accavallo le gambe dall’altra parte facendogli intravedere per un attimo l'oscurità misteriosa tra le cosce. Lui non lo può vedere, ma i miei slip semi-trasparenti hanno un cuoricino ricamato sopra e una fessura civettuola che lo divide nel mezzo.
“Mamma dai, non scherziamo, ridammelo!”
“Vientelo a prendere. Ti dò licenza di cercare ovunque. Ma non sperare che ti aiuti. E poi vieni a sederti accanto a me, figlio mio, devo parlarti.”
Il poverino si passa le mani sulla faccia.
“Non credo di dover venire su quel divano.”
“Come vuoi, allora ti parlerò mentre starai in piedi. Se non ricordo male, non sono passate nemmeno ventiquattr’ore che mi hai fatto una richiesta, non te ne ricordi?”
“Quale richiesta?” L’espressione di stupore si vena di un friccico di preoccupazione.
“Proprio non ricordi” hai detto che le attenzioni che ti ha dato tua mamma mancavano di qualcosa. E’ vero o no?”
Nei suoi occhi passa un lampo di consapevolezza. Si ricorda. Stavolta, invece di arrossire, diventa pallido. Lo fisso negli occhi senza dir niente per buoni dieci secondi col sorrisetto stampato sulle labbra.
“Lo vuoi ancora?”
Stavolta è il suo turno nello stare in silenzio. Sembra che debba cascare a terra da un momento all’altro.
“E’ il momento che tu ti venga a sedere, se non vuoi finire sul tappeto.”
Lui stavolta obbedisce continuando a fissarmi. Il suo sguardo è incredulo, interrogativo.
“Ti ho accontentato in molti modi, sino ad ora, ma ho voluto evitare quella cosa che mi sembra la più sconveniente per una brava madre. Stavolta però potrei venir meno ai miei propositi.
“Vuoi dire mamma che…” Stupisce lui.
“”Proprio così” confermo, e avvicinandomi al suo orecchio come per rivelargli un segreto sussurro: “ti faccio chiavare piccino mio.”
Mi distanzio da lui e colgo il suo sguardo turbato e ora pieno di desiderio. Non posso non notare che il suo volatile sta riempiendo i pantaloni.
“Sul serio?”
“Ora e tutte le volte che ne avrai voglia basta che tu mi faccia le promesse che ti ho chiesto.”
“Cosa vuoi che ti prometta, studio, che vuoi di più?”
“Voglio che tu smetta, per ora, di correre dietro alle ragazzine.”
“Ma io l’amo!”
“Cose di secondaria importanza. Adesso voglio che tu continui a studiare, senza distrarti con qualche puttanella. Non ti ho detto tutti i miei propositi, ma intanto…” mi appoggio al bracciolo del divano e apro leggermente le cosce. Devi cercare gli orecchini, e non certo, una volta trovati, per regalarli a lei. Poi riparleremo di quella mia promessa. Su, mettiti all’opera.”
Vedo che il mio ometto si chiede da dove cominciare.
“Su, comincia dalle prime informazioni che ti ho dato. La scollatura e la schiena. Quale delle due caro?”
“La schiena.”
“Certo caro potrebbe essersi fermato proprio lì. Ecco, mi giro così puoi slacciarmi il vestito. Hai mai sceso una cerniera di un vestito così? Confessa.”
“No mai”
“Finora solo magliette e felpe nevvero? Avrai modo di rifarti. Su, aprimi la cerniera.”
Sento le sue dita prendere il cursore e farlo scendere piano piano. Il vestito si sta aprendo.
“Più giù, aprilo fino in fondo. Trovato niente?”
“No mamma”
“Allora sarà il caso di cercarlo davanti, non trovi? Ormai il vestito è allentato, non si saranno fermati tra i miei seni, vuoi cercare lì?” E mi giro verso di lui. Le sue mani mi scostano delicatamente le spalline snudandomi le spalle e abbassano il bordo della scollatura fino a scoprirmi il seno, contenuto da un fine reggipetto. Il contatto delle sue dita sulla mia pelle mi crea dei brividi che chissà come scendono nel luogo non battuto dal sole. Come è garbato il mio ragazzo, chissà quella sventurata come se lo godeva.
“Non c’è nemmeno qui mamma. Vuoi che cerchi più giù?”
"Al tuo buon cuore caro, il ricercatore sei tu. Intanto, nel passaggio, carezzami i seni e baciami i capezzoli, vuoi? Giusto per galanteria.”
Mio figlio obbedisce. Mi sugge delicatamente i capezzoli attraverso il fine tessuto del reggiseno.
“Su caro toglimelo e fammi sentire meglio le tue mani.”
Il pischello mi sfila il reggiseno e mi abbassa il vestito fino ai fianchi. Preso dal desiderio, mi bacia ripetutamente sul collo e sulle spalle, poi scende a nascondere il viso tra le mie tette. Non posso negare che nel basso ventre mi stia accadendo qualcosa.
“Ancora niente?”
“No mamma" risponde lui con voce soffocata dai seni.
“Allora perché intanto non mi lecchi la schiena ingannando l’attesa? Ecco così bravo, passa la tua lingua lentamente. Ma non dimentichiamo la ricerca dei preziosi. Tu però ti devi liberare di tutti quei vestiti che non ti serviranno più a nulla.”
Giudiziosamente il mio bamboccio si alza e si spoglia per intero. Ha il cazzo incollato alla pancia. Si avvicina di nuovo a me.
“Finora non ho trovato niente mamma, devo cercare più in basso.”
"Hai capito il mio ragazzo com’è intraprendente, certo continua la ricerca. Forse sei vicino al tesoro. Vuoi che mi sfili il vestito?”
“Si mamma, ti prego.”
Mi alzo e lo faccio. Ormai sono nuda eccetto le autoreggenti e le mutandine. Rimango in piedi di fronte a lui.
“Vedi qualche cosa? Ormai avrai capito sei vicino alla meta."
Lui fissa lo sguardo sulla mia patatina parzialmente nascosta del perizoma.
“Allora?"
“No, nulla. Allora è dietro.”
Poggia le mani sulle mie anche e delicatamente mi gira. In effetti gli orecchini sono proprio lì, in fondo in fondo, tra la micia e le natiche.
“Gli hai trovati, come vedi erano al sicuro. Toglimi le mutandine e ne potrai rientrare in possesso.”
Le sue dita mi stringono l’elastico e cominciano a sfilarmi l'indumento. Gli orecchini sono proprio lì, come pesci nella rete.
“Prendili pure sono tuoi, sei contento adesso?”
"Sì mamma"
“Fammi sentire la tua gioia baciandomi il sedere, caruccio. Così bravo. E adesso…”
Mi giro e la metto di fronte a lui, calda e pelosetta.
“Su bacia la tua mamma che ti ha restituito il regalo per la tua fidanzata. Ecco così, bravo. Cerca il gioiello più importante con la tua lingua.”
Mio figlio si produce in quello che gli ho chiesto e tra le mie mucose si sta formando tanta di quella ciprigna che temo rivoli lungo le cosce.
“Lecca lecca caruccio, fai contenta la tua mamma, che poi lei farà contento te. Ecco così, puliscimi dai miei umori.”
Dopo qualche minuto mi stacco dalla lingua di mio figlio e mi chino di fronte a lui. Gli scosto leggermente le cosce e glielo prendo in bocca, poco però, ha una tensione tale che potrebbe esplodere da un momento all’altro. Lo guardo da sotto in su mentre glielo lecco come un gelato.
“Allora? Sei pronto? La tua mamma sta per darti quello che tu ardentemente desideri.”
Mi alzo e mi metto cavalcioni su di lui, sedendomi sulle sue cosce. Il suo dardo è a pochi centimetri dalla mia natura. Siamo entrambi fradici di umori. Lo accarezzo tra i capelli.
“Allora gioia mia sei contento? Stiamo per farlo.”
“Si mamma, sono contento”
“Ma prima dovrai rinnovare la tua promessa caro. Dovrai studiare e solo studiare. Me lo prometti?”
“Te lo prometto”
“Bene, ma prima afferra quei due stupidi anelli che chiami orecchini e infilateli sul mattarello fino alla radice, sono abbastanza larghi.”
Lui obbedisce, ha le mani tremanti per l’eccitazione. Si infila i due anelli.
“Ecco, lì sono al posto giusto, non appesi alle orecchie di quella pazzoide. Ora è giunto il momento, sto per infilarmi sopra di te, ecco vedi, mi alzo un poco, avvicino il ventre al tuo e me lo impunto. Ma prima dimmi che quella ragazzetta è una troia.”
“E’...è una troia mamma.”
“Bravo, allora ecco, mi siedo sopra di te, rientra da dove sei nato.”
Il cazzo mi si infila senza intoppi. Sono allargata e super bagnata. Comincio ad andare su e giù. Questo malandrino mi dà un piacere che non voglio ammettere con lui.
“Mamma,mamma, finalmente!”Delira.
“Su fatti coraggio aiutami nelle oscillazioni, e non dimenticare di leccarmi le tette, ecco ti stringo la testa contro di me, ti vorrei soffocare! Su spingi , spingi, benvenuto piccino mio accomodati, accomodati!”
Anche se lui è seduto, riesco a passargli le gambe dietro la schiena. Ormai lo cavalco senza metodo sempre più velocemente, abbandonando ogni ritegno. Non riesco a trattenere dei gemiti, sento il suo alito contro il mio petto. Anche lui ansima. Gli graffio la schiena, me lo mangerei, stringo i denti per non urlare.
“Ecco figlio mio sei contento? Stai chiavando tua madre! Il tuo cazzone è così duro quando ti fai le seghe?”
"No mamma”
“E quando sei con una delle tue troiette?”
“Nemmeno mamma”
“Dimmi che è così duro solo per la tua mammina”
“Solo per te mamma!”
“Da ora in poi non ti farai più le seghe, potrai chiavarmi quanto vorrai! Vuoi dormire a letto con me? Potremmo scopare tutta la notte, potrai fottermi anche nel sonno!”
“Mamma, sto per farla togliti”
“No caro, falla dentro di me, facciamo un figlio! Vieni mentre io vengo, su sborriamo!”
Tutti i muscoli del mio basso ventre si contraggono intorno al suo cazzo in uno, due, tre, spasimi mentre sento mio figlio spruzzarmi la cervice uterina. Entrambi ci contraiamo ancora una volta, all’unisono, mentre gli pianto le unghie sulla schiena e lo stritolo tra le mie gambe, e lui morsicandomi una spalla mi abbraccia i fianchi forte come se dovesse spezzarmi la schiena.
Finalmente ci fermiamo. Piano gli stacco le gambe dalla vita rimettendo i piedi sul pavimento. Mi alzo sfilandomi dal suo cazzo mentre rivolano dalla mia vagina gli umori misti al suo sperma. Mi abbandono al divano accanto a lui esausta. Anche lui si appoggia allo schienale, gli occhi chiusi, ansimante. Stiamo entrambi in silenzio per un po’.
“Adesso la tua mamma va a lavarsi da tutta quella porcheria che le hai versato in mezzo alle gambe. Poi andrai tu nel bagno. Nel frattempo togliti gli anelli dal giocattolo, poi ti dirò cosa dovrai farne. A dopo figlio mio.
Fine terza puntata.
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