Senza ritegni

di
genere
dominazione


L’ascensore si aprì con uno sbuffo. Lo specchio in fondo all’abitacolo le restituì la propria immagine. Seria, gli occhi allarmati, i capelli un po’ in disordine. Premette il tasto per il quarto piano. Mentre l’ascensore saliva guardò da vicino il proprio viso. Non portava rossetto nè fard, aveva le labbra sufficentemente morbide e colorite. Sulle guance invece un lieve pallore,dovuto alla sedentarietà della giornata trascorsa al lavoro. I piani passavano. L’ascensore si fermò. Uscita sul pianerottolo, si diresse verso la porta che sapeva. Questa si aprì. Ad accoglierla era una donna. Alta rispetto a Mara, fasciata in una vestaglia scura. Quando entrò, la porta si chiuse alle sue spalle. Solo allora si baciarono.
L’appartamento era di medie dimensioni, un bel corridoio dava su un salottino e una camera da letto. Andarono verso quella. Era abbastanza spaziosa, con un letto matrimoniale, un armadio, un comò e un comodino di fianco al letto.
Spogliati" le disse la donna. Mara obbedì sotto gli occhi impassibili dell’altra. Quando fu nuda, la donna, che si chiamava Marcella, la sfiorò con un dito lungo tutto il corpo, partendo dall'inguine e salendo fino allo spazio in mezzo i seni. Proseguì passandole sulla gola e alzandole delicatamente il viso. Si avvicinò e la baciò. Si scambiarono le lingue. Marcella subito si ritirò, guardò Mara e le sorrise severa e tenera allo stesso tempo.
" Dovrò punirti a lungo questa volta"
"Sì Marcella" rispose l’altra.
Sempre teneramente: " su girati, e metti le mani sopra la testa" andò presso un cassetto del comò, vi frugò dentro e ne estrasse un frustino a nove code. Poi si aprì la vestaglia e esibì un corpetto di pelle nera che saliva fino a sorreggerle i seni senza coprirli. Le gambe erano fasciate da calze bianche che finivano dentro scarponcini neri.
Si avvicinò a Mara e le sfiorò con l'attrezzo la schiena e le natiche. "Vuoi soffrire per me?" le chiese
"Sì Marcella, sono pronta"
"Piccolina, ti sei scordata di chiamarmi padrona. Sai che certe confidenze te le concedo raramente”
"Sì padrona”
"Così, piccola, e ora basta parlare. Girati.Dovrai contare ogni colpo sai che ci tengo." Alzò il gatto a nove code e lo calò sulla schiena di Mara
"…uno"
"Brava, così.Per cominciare subirai venti colpi sulla schiena”
"...due"Mara serrava le labbra ad ogni frustata, cercando di non muovere le mani da sopra la testa.
"...tre" Mara sentiva disperdersi il torpore che le ore appoggiata alla poltroncina dell’ufficio le avevano prodotto
"Quattro…"Il dolore ad ogni sferzata era puro e sempre nuovo. Metallo fuso che cola dal canale in una oscura fonderia.
"Cinque…"La piattezza e la mediocrità della sua vita si dissolveva.
"Sei…"le ore di noia spazzate via
A venti Marcella si fermò.
"Girati verso di me "Le prese la mascella e le stampò un nuovo bacio sulla bocca, al quale Mara rispose con abbandono. Lacrime stillavano dagli angoli esterni degli occhi. La lingua di Marcella penetrò profondamente tra le labbra dell’altra. Nel contempo le accarezzò delicatamente i seni, saggiandone i capezzoli induriti. Con una mano poi scese fino a giocare delicatamente con un dito con la gemma della donna,ricavandone un sottile gemito.
"Puoi abbassare le braccia ora.Dalle tue ascelle divaricate esala un lieve odore di sudore. Il tuo corpo è stato fermo per troppe ore dietro un banco. Hai un odore vago, frutto di una lieve prolungata tensione delle ore lavorative. Farò gocciolare le tue ascelle più decisamente da ora in poi, e non solo quelle.Inginocchiati di fronte a me, le mani dietro la schiena." Mara ubbidì. Marcella si slacciò la parte bassa della guepiere esibendo i peli del pube.
"La vedi? Forse ti permetterò di leccarla,ma non adesso. Potrai avvicinarti e percepire il mio afrore, ma nulla di più .Il resto lo raggiungerai dopo un lungo percorso.Ti permetterò inoltre di baciarmi le ginocchia.”
Mara eseguì. "Ora alzati,angelo mio, che devo appenderti. Estrasse dal fondo del cassetto una corda provvista di carrucola e di un gancio. Quest'ultimo, tramite un bastone, lo agganciò ad un'innocua anella fissata al soffitto.
"Porgimi i polsi”
Due fasce di pelle vennero strette attorno ai suoi polsi. Queste vennero collegate alla corda con carrucola. Marcella cominciò a tirare la fune verso il basso ottenendo, tramite la carrucola, un innalzamento delle manette in cui era imprigionata Mara.
La corda continuò a salire verso l'alto finché il corpo della donna poggiò sul pavimento solo con le punte dei piedi. Appesa a quelle corde, i seni esposti, il ventre indifeso, i glutei e il pube aperto a qualunque intervento della sua padrona, sentiva che le solite posture a cui il corpo era abituato la abbandonavano,cacciate dalla distensione della spina dorsale, dalla braccia tirate verso l’alto.
"Ora riceverai dieci frustate su questa bella schiena stesa e altre te ne verranno date sulle natiche. Il loro numero forse lo farò scegliere a te sempre che non sia troppo basso, nel qual caso la dose verrà raddoppiata. Dovrai contarle” Il gatto a nove code si alzò e si abbassò. Mara cominciò a contare.
"Uno…" Via le frustrazioni.
"Due…" Le vie di mezzo
"Tre… "L’illuminazione senza ombre dell’ufficio postale
"Quattro…" I rimpianti
"Cinque…" un sole si accese dentro Mara. C’era solo il presente, solo il presente.
I colpi seguitarono fino a venti. Mara sentiva sulla schiena un dolore tenue e diffuso, venato di strisce cocenti dove lo strumento meglio aveva colpito.

“Ora passiamo alle cosce" disse Marcella, “non trovo giusto che una carne così bianca non sia segnata dal mio frustino. Subirai una trentina di colpi, sarò dura, ma ogni dieci ti prometto una carezza alla tua intimità e ai tuoi seni. Nonché il bacio che tu tanto desideri.”

La padronal e strofinò le cosce con l’attrezzo di tortura: "Ecco dove ti colpirò tra breve. Sei pronta?" Cominciò a colpirla.

"Uno…due…tre"contava Mara tra i denti, mentre le sue cosce si imporporavano. I colpi si arrestarono a dieci.
"Hai sofferto molto? "Chiese Marcella cominciando a passarle una mano in mezzo alle cosce. Lascia che ti baci, te lo sei meritato. Sù, porgimi la bocca." Fu un bacio lungo. Si scambiarono di nuovo le lingue. Con la mano Marcella continuava a stimolare Mara. Le infilò due dita nella vagina, agevolmente, visto che era già bagnata.
"Dimmi che mi vuoi bene cara”
"Ti…ti voglio bene padrona"mormorò Mara, ad occhi chiusi godendo quelle carezze tanto sospirate.
"Me lo dovrai dimostrare" ti piace quello che ti faccio?”
"Molto"gemette Mara
"Ora te ne darò altre dieci. E poi ancora dieci. Voglio che tu soffra, e picchiandoti soffrirò con te. “
Ricominciarono i colpi. Mara continuò a contarli. Arrivate a dieci le scudisciate cessarono.
Marcella carezzò Mara ancora tra le cosce. L’eccitazione della donna crebbe ancora.
scritto il
2024-08-11
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