Dei e Dee, donne e uomini
di
Chiodino
genere
orge
Due figure ammantate di buio.- Anche la seconda donna ha fatto i suoi primi passi. Ha superato la violenza ed il dolore-. Silenzio, un lungo silenzio. -Deve fare molto altro per noi e non deve esserne conscia.- -La terza è quasi pronta. il nostro servo, Il Guardiano, dovrà prepararsi ad incrociare i loro destini con lei per la maggior gloria della Dea Della Notte ed il suo Compagno.-
Il signor Amilcare non era una figura popolare e neppure nota. Non voleva esserlo. Viveva da tempo, da sempre dopo essere tornato in Patria, all'estrema periferia della città, dove un tempo era campagna, poi depositi di sfasciacarrozze ed ora depositi abbandonati di legname di recupero ed altro sfasciume. La strada poderale una volta era stata in qualche modo asfaltata ma dell'asfalto restava ben poco. Era in ritardo, era uscito a comprare da fumare ma la tabaccheria aperta di domenica era lontana ed ora procedeva a passo spedito. Che la donna aspettasse non gli importava granché ma non voleva fosse vista, fossero viste anzi. Non era poi così in ritardo e fece in tempo ad arrivare al cancello prima che dalla direzione opposta arrivasse la vettura. Una utilitaria ma nuova lustra e vistosa. Nulla di eccezionale ma per lui la discrezione era da molto tempo una seconda natura.
Nessuno in vista ed il cancello, robusto anche se a prima vista sgangherato, si aprì senza problemi, permettendo alla macchina di entrare ed arrestarsi di lato al muro di cinta. Il signor Amilcare attese che le tre donne scendessero. Una donna anzi e due ragazze di cui la più giovane, era poco più che una bambina, a metà strada comunque per diventare donna. Eleganti inoltre, decisamente troppo eleganti per quella zona, e la madre portava al polso un orologio per il possesso del quale, da quelle parti, potevano darle una botta in testa e via. Venite a cambiarvi. Senza attendere risposta le precedette dentro. L'interno dell' edificio, poco più che un gabbiotto era incasinato quanto il cortile e l'orto sui fianchi e sul retro. Piatti sporchi e qualche pentola attendevano da giorni, e poi piatti di carta e cartacce di cibo che puzzavano ed attiravano mosche ed insetti. Una tenda separava la cucina dal letto sfatto. Nessuna traccia all'interno di impianti igienici. Voi ragazze cominciate a ordinare e pulire fuori. Un ordine noncurante cui le due obbedirono come d'abitudine, come serve, dopo aver sostituito gli abiti con due vestagliette che si erano portate da casa. Cambiati anche tu. Non ebbe risposta e neppure l'aspettava. Padrone? Già questa sola parola lo meravigliò. Era raro dicesse di sua iniziativa qualcosa. Che c'è? Mia figlia, non può. Spiegati. Il serpente rosso si è manifestato in anticipo ed è durato meno del consueto. Il signor Amilcare restò un attimo in silenzio. Non era colpa della vecchia troia, ma lo stesso ne era irritato. Vai a lavorare anche tu. Lei si mosse. No aspetta. Come le figlie si era spogliata completamente davanti a lui, indifferenti lui e loro ed ora stava sciorinando la vestaglietta simile a quelle delle figlie. Immobile, gli occhi stranamente vacui e fissi nel vuoto lasciò che l'uomo, presala per un braccio la facesse ruotare esponendola alla luce più forte dell'unica finestra. Non si oppose quando le coprì con la mano un seno e lasciò posasse l'altra a coprirle gli occhi. Il signor Amilcare percepiva ora chiaramente dentro di lei la furia della “bestia” che pur sotto controllo si dibatteva per emergere cercando di infrangere le invisibili ma infrangibili catene che la imprigionavano. Sotto, molto più nel profondo, solo una fiammella, anzi una semplice brace, piccola e debole ma ancora sufficiente a giustificare l'appartenenza di questa donna al genere umano. Sentiva al tempo stesso dentro di lui esigente ed insaziabile, la necessità di ricevere quel nutrimento che quella gli aveva fornito per anni ed ora avrebbe dovuto fornirgli ancora almeno per una luna. Strinse tra le dita il seno e lo torse con determinazione. Si, la brace era ancora sufficientemente viva e sarebbe bastata sino alla nuova luna della figlia maggiore. Non ora però. Meglio attendere. Una delle molte cose apprese era l'arte della pazienza. Si impara in fretta o si finisce male quando si scappa di casa a quindici anni. Lui aveva imparato in fretta e bene. Pochi mesi più tardi navigava come mozzo a bordo di una vecchia barcaccia di isola in isola nel Golfo dei Caraibi. Di tutto un pò. E poi l'isola per eccellenza, la sua isola. L'isola in cui divenne uomo. L'isola in cui approdò come turista...una giovane donna, La Giovane Donna. Era ospite di una parente, una cugina di sua madre che come sua madre aveva sposato un buon partito. Vedova da poco, ricca, anzi molto ricca, aveva riallacciato durante il soggiorno italiano vecchie frequentazioni, invitando la figlia della cugina a passare le vacanze scolastiche con lei, parte nell'isola e parte a Filadelfia ove anni prima si era sposata. Risiedevano ora in un costoso albergo dal quale uscivano raramente. Nondimeno la giovane era stata vista e notata, valutata ed apprezzata. Conobbe un giovane italiano fuori di un negozietto mentre la Cugina, la Signora, all'interno, contrattava furiosamente qualcosa per pochi centesimi di dollaro. Per quanto timida, aveva risposto al saluto, aveva scambiato qualche parola trovandolo simpatico. Lo rivide durante una delle poche sortite serali dall'albergo per assistere ad uno spettacolo “raccomandato”: delle danze locali introdotte secoli prima dall'Africa, dagli schiavi africani. Robaccia aveva pensato la ragazza. Peccato però, la musica era bella,un poco ossessionante ma bella. Poi l'invito.Trovare un coetaneo con il quale parlare la propria lingua, pulitino e simpatico, affatto invadente, aveva impedito alla ragazza di opporre un immediato e definitivo rifiuto alla proposta di assistere ad uno spettacolo più “vero”. Neppure aveva però accettato. Inutile chiedere il permesso, la Signora l'avrebbe negato di certo ed anche si sarebbe arrabbiata. Eppure...ci pensava ancora. Cenarono presto come d' abitudine e come d'abitudine si ritirarono per “due chiacchiere”. La Signora assumeva dei sonniferi e di buonora congedava la giovane. Ancora una volta questa si ritrovò ad annoiarsi nella sua camera poco lontana. Nonostante la decisione presa di rifiutare si cambiò. Invece che scendere verso la reception prese l'ascensore di servizio. Non s'accorse di essere osservata, non seppe che due porte normalmente chiuse erano state aperte per lei e che una delle guardie giurate non la vide perché non doveva vederla. La stradina era in ombra, più avanti dove il vialetto si immetteva nella piazza si aspettava di trovare il giovane amico ed un taxi. C'erano e dopo poco la vettura, attraversata la cittadina, iniziò ad inerpicarsi verso le colline. Chiese ed ottenne spiegazioni che la tranquillizzarono. Percorsero a piedi un centinaio di metri giungendo ad uno spiazzo circondato dalla ormai consueta vegetazione lussureggiante. Sorrise ad una giovane donna che allattava al seno il figlio di pochi mesi. Un poco tesa? Forse. Ma già il martellare assillante degli strumenti a percussione la pervadeva. Giovani donne ed uomini, decentemente coperti. Alcune ragazze che già si muovevano seguendo il ritmo crescente, e...una piattaforma poco rialzata con due poltrone. Rigidi, immobili al punto che per un attimo aveva pensato trattarsi di statue, due figure, un uomo ed una donna.
Vecchi, anzi vecchissimi. La fissavano. Fu più forte di lei e chinò il capo in un saluto, quasi un inchino, che non le era consueto. Rialzando il capo vide che i due, sempre immobili le sorridevano ed anzi la, donna rispondeva all'omaggio della giovane con un leggerissimo cenno del capo accompagnato dall'accentuarsi del sorriso. Un cenno. Le veniva chiesto di avvicinarsi e si materializzò quasi dal nulla il suo accompagnatore. Una voce flebile e rauca. Era l'uomo. Dice che sei molto bella e se ne congratula. Senza soluzione di continuità e quasi sovrapponendosi alla voce dell'uomo aveva udito la donna parlare. Dice che hai il viso pulito di brava ragazza. Esitò un attimo ma un momento dopo pressato da altre brevi frasi della donna continuò. Scusami, sai, le loro usanze. Dice che solo le ragazze...che non conoscono uomo, possono partecipare, danzare come...”Volè” al rito. Ballare con le prime. Ne rimase interdetta, poi dentro di sé la giovane sorrise. Posso ballare come...”Volè” rispose. Mai avrebbe pensato le venisse posta una simile domanda ma stranamente, dopo quel primo breve momento, non ne restò imbarazzata più di tanto. Era tutto immensamente strano, quasi irreale e fuori dal tempo ma contemporaneamente assolutamente concreto e vero. Due giovani donne, più giovani di lei, le furono accanto, già muovevano i fianchi ad un ritmo che la giovane poteva appena sentire ed a segni l'indussero ad imitarne i passi e le movenze, poi a loro si unirono due donne. Ne riconobbe una, quella che poco prima allattava il figlio. Certamente quella non era più vergine pensò, ma non importava. Ed altre donne di età diversa ma tutte giovani anche se non tutte belle si unirono alle prime mentre la musica cresceva e si faceva sempre più intensa, invadente ed ossessiva. Bellissimo. Ora batteva i piedi nudi con forza e proiettava le braccia verso l'alto ed il capo all'indietro gridando Eieiretmeè. Eieiretmeè, Eieiretmeè. Dove aveva lasciato i sandali? Ora si piegava di fianco proiettando i pugni di volta in volta chiusi od aperti. Cosa significavano quelle movenze e quelle invocazioni? Ora si fletteva all'indietro o saltava mentre passava da uno all'altro dei tre cerchi, ebbra quasi, eppure ben presente a se stessa. Le donne ora danzavano coperte solo da gonnellini di fronde. Più tardi pure lei danzava abbigliata allo stesso modo. I miei vestiti? Un attimo di preoccupazione, un attimo solo, poiché l'unica cosa importante erano il ritmo e le giuste movenze del corpo. Beveva dalla tazza di legno che veniva fatta circolare pur restando sempre almeno apparentemente colma, un dolciastro, asprigno e piacevolmente dissetante succo di frutta. E danzava. Era felice. Il giovane corpo si esaltava nell'assorbire gli effluvi dei bracieri ed anzi dovettero sia pur con dolcezza allontanarla perché le braci sollevate dal vento non la ustionassero o le bruciassero i capelli. “Ed una giovane vergine giunta di lontano ingraviderà la Prima Serva col Seme del Primo Servo e del Guardiano e ne sarà ingravidata. Entrambe partoriranno restando ragazze gli intermediari.” Ebbra, felice, senza porsi domande, completamente ignuda, la giovane si accostò alla pedana, vi salì senza esitazioni inginocchiandosi tra le ginocchia del vecchio. Non si meravigliò di farlo e neppure di vedere il pene di lui scoperto. Non si meravigliò che nonostante l'età di lui, svettasse turgido in completa erezione e di dimensioni molto fuori del consueto. Di fatto non aveva assolutamente termini di paragone. Lo carezzò, poi la mano scese a cercarne lo scroto. Per avvolgerlo dovette usare entrambe le mani ed il calore di questo era quasi insostenibile ma non si scostò. Solo quando qualcosa o qualcuno le disse di farlo chinò il capo ed accolse nella bocca il membro, una parte sola di esso. Lo lasciò e saettò la lingua a lambirlo con una maestria non consona alla sua età ed alla sua esperienza, anzi alla sua totale inesperienza. Nondimeno il pene ingrossò ulteriormente e vibrò, piano prima, poi sempre più forte. Era inginocchiata e due mani le serrarono i fianchi portandoli verso l'alto senza una sua sia pur minima opposizione, senza che neppure manifestasse sorpresa. Lo accolse di nuovo in bocca sempre con qualche difficoltà. Si dimostrò una degna adepta sia pur solo a livello istintivo dell'antica arte sovrana del pompino. Trattenne inoltre qualsiasi gesto od anche un solo gemito di dolore quando il giovane le forzò lo sfintere penetrandola fino a schiacciare i testicoli contro di lei per poi montarla lentamente ma con vigore. Non ne fu sorpresa, non ne ebbe paura ed il dolore fu accettabile. L'avrebbe accettato in ogni caso anche perché una mano carezzevole sul sesso le provocava un crescere di sensazioni sconosciute ed irresistibili. Ma la giovane non ipotizzò neppure di volervi resistere. Si svuotarono nella bocca e nelle viscere di lei più volte ed in rapida successione. Un numero ancora maggiore di orgasmi, quasi in successione ininterrotta squassava il corpo della ragazza. Lo sperma colava dagli angoli della bocca e a tratti dall'altro orifizio. Non veniva perso. Mani attente ne raccoglievano ogni singola stilla e lo spargevano sul volto rugoso della vecchia, sui seni e sulle cosce vizze. Un ultimo crescendo dei tamburi e degli altri strumenti e fu il silenzio. Non una parola, neppure gli insetti della notte sembrava volessero in qualche modo arrecare disturbo. Il sedere e la bocca vennero lasciati liberi dalle intrusive presenze ma solo per un attimo. La bocca del giovane si posò sulla bocca di lei e la svuotò del seme ostinatamente conservato e protetto. Quel seme prezioso, trasformato ed ora completamente diverso da ciò che era uscito dai lombi del vecchio, fu spalmato con la lingua del govane sul sesso della vecchia e con la lingua sempre del giovane, almeno nei limiti possibili spinto all'interno della vagina. Pochi avevano potuto presenziare a quella parte del rito, pochissimi. Tra questi due ombre che avevano acquistato in qualche modo forza dal rito stesso. Un uomo ed una donna. Sovrumani nella bellezza e nella possanza. Si erano abbracciati, per la prima volta dopo un tempo incommensurabile. ”Il tempo è poco mia diletta. Anche la forza di questo rito è poca cosa. Si ma è il primo passo importante...Un successo...Molti altri dovranno...”
Attorno alla giovane ora tutto avveniva in fretta, molto in fretta. Venne rivestita e, quasi di peso portata alla vettura in attesa. Velocemente se pur con prudenza arrivarono dove si erano trovati. Solo chi doveva prestare la sua opera vide la giovane quasi esanime trasportata fino alla sua camera. Tranne il Guardiano tutte donne, cameriere forse. Solo cameriere poi in camera. Il bagno era già pronto, gli abiti vennero allontanati e li avrebbe ritrovati, lavati, stirati e ben appesi nell'armadio la mattina seguente. Ma l' alba era ancora lontana. Ripulita accuratamente, unta e profumata, venne deposta nell' accogliente ed ampio letto ed il pur breve tragitto fu accompagnato dal canto appena udibile delle donne. Il Guardiano, ignudo ed a braccia conserte osservava in silenzio. La giovane fu fatta inginocchiare mentre due delle donne ricevevano lo sperma del giovane. Ne servirono due di bocche. Anche in questo caso non una stilla andò persa ed il Guardiano ricevette nella bocca il proprio seme per spargerlo a sua volta sul sesso e per quello che fu possibile nella vagina della giovane donna. Poi la sodomizzò ancora. Lei restò passiva, quasi assente.
Dall'angolo della stanza esplosero le due figure. Ancora più grandi, belle e possenti. E' tua mio Signore. Un attimo Amor Mio, un attimo solo. Stai sorgendo. Poi Tu sarai lei. E così fu.
E nella luce della luna che solo ora aveva sconfitto le nubi si scatenarono le musiche e le danze. Solo le quattro donne rimaste e la fanciulla ed il Guardiano ne furono consci. Nessun altro udì. Nessun altro orecchio umano avrebbe potuto udire. Dal giovane corpo che andava rapidamente crescendo enfiandosi, uscirono tenui lampi di luce.
Gridava di piacere la giovane ma anche di dolore e si torceva e si torceva di fianco a lei il giovane. Le fiamme ormai si levavano alte dirette alle due figure possenti che sembravano goderne, bearsene. Le due cameriere rimaste giacevano a terra, terrorizzate. Terrorizzato per il poco di coscienza rimastagli era pure il giovane. Ghermito dalla figura femminile dovette darle piacere per poi essere usato per il piacere della figura maschile. Non era solo piacere quello che i due ricevevano, lo sapeva, faceva parte del rito...e parte del rito era che di nuovo sodomizzasse la piccola ormai quasi priva di qualsiasi barlume di conoscenza. Doveva farlo, ne andava della vita di entrambi, della vita degli Anziani... prima di avvicinarla, sotto gli occhi attenti ed impietosi delle due divinità risorte osservò appena la stanza ridotta ad un campo di battaglia. La penetrò ancora nel retto con fredda determinazione, la montò a lungo senza provarne il minimo piacere e versò lo sperma gelato nelle viscere di lei, contento solo che tutto fosse così giunto a termine.
SIAMO STATI PARTORITI DI NUOVO. SIAMO RINATI. Non sprechiamo queste poche energie, Mio Principe. Molte altre difficoltà dovremo superare tra poco.
La ragazza si destò di colpo timorosa che non fosse stato solo un sogno. Ma la zanzariera che ricordava strappata era al solito ben chiusa a proteggerla dagli insetti ed il lenzuolo, i cuscini, il letto e la camera intera si presentava in ordine. Aveva solo sognato, aveva avuto un incubo. Di certo aveva danzato sino allo sfinimento e cantato insieme alle altre giovani. Sentiva però nelle sue carni, nel ventre anzi il...membro del gigante...Non osò farlo subito ma più tardi si esaminò ed anzi quasi si fece male. Solo allora si tranquillizzò del tutto. Quasi del tutto. Più tardi, quando il sole già troppo caldo aveva convinto come sempre la Signora a ritirarsi dalla spiaggia, rivide il giovane. Senza rendersene conto l'aveva atteso ed ora, sollevata dall'ansia o forse ancor più tesa per il suo arrivo si preparò per il bagno e lo seguì in acqua. Un brivido di piacere la pervase dopo il primo contatto con il mare. Piacere per il ristoro che il corpo ne ricevette dalla calura ma anche per la vicinanza di lui. Un piacere sottile e sconosciuto che cresceva mentre si avvicinava al galleggiante sul quale lui era già salito. Lo raggiunse e senza un cenno di saluto si stese al suo fianco. Non erano soli, un gruppo di ragazzi e ragazze facevano chiasso...si tuffavano, risalivano...Ciao. Lui anziché rispondere la fissò un attimo. Questa sera, alla stessa ora, come ieri. Solo più tardi si meravigliò, ma solo per un momento, per aver accettato così, immediatamente. Quella sera, timorosa quasi di aver di nuovo sognato, di essere vittima di una illusione o dei suoi desideri adolescenziali giunse al taxi ansiosa per il timore di non trovare nessuno ad attenderla. Avrebbe poi voluto che la vettura procedesse più spedita, che non ci fosse il sia pur breve tratto da percorrere a piedi tanto che allungò il passo fin quasi a correre. Solo quando fu nello spiazzo ed ebbe chinato il capo verso le due figure sulla pedana si accorse di quanto avesse atteso quel momento e...la musica? Perché non suonavano? Le altre donne nei loro abbigliamenti sgargianti? Sollevata ascoltò il primo rullare di tamburi e si unì subito alle prime compagne che andavano riunendosi davanti ai due Anziani. Ne riconobbe alcune ma non le salutò ne queste salutarono lei. Il piccolo gruppo variopinto iniziò a muoversi al ritmo degli strumenti, veloci, sempre più veloci attorno al bracieri ed ai loro effluvi profumati ed inebrianti. Senza ordine apparente questa o quella si liberava di una parte degli abiti finché furono tutte completamente nude, in cerchio attorno a lei, l'unica vestita. Non se ne meravigliò o forse si. Comunque a sua volta si denudò come se questo le fosse consueto e rimasta nuda offrì alla vista di tutti le giovani forme appena sbocciate, provando un sentimento di orgoglio nel sentirsi bella, desiderata ma sopratutto importante. Sentiva di essere desiderata e si offriva, felicemente priva di ogni pudore, alla vista di quanti, di chi, pervhè? Non importava, nulla importava se non la musica e le movenze del ballo. Di nuovo dovettero scostarla dai bracieri e bevve dalla solita tazza per saziare la sete crescente. Non si sottrasse quando mani maschili, solo maschili? Bocche solo maschili? Ma che importava? Non si sottrasse a quelle mani ed a quelle bocche, concedendo ed anzi offrendo il suo corpo. Gioiva nel ricevere nel retto con dolore il grosso pene di un giovane vigoroso, gioiva nel succhiare il membro di un vecchio che a stento le poteva donare qualche goccia del suo seme, si esaltava nel farsi penetrare il ventre da chiunque la volesse. La vollero in molti, molte volte. Poi fu tra le braccia di Lui. Non lo vide. Paralizzata dalla forza straordinaria di Lui che l'aveva abbracciata prendendola alle spalle, si chinò un poco per permettergli di penetrarla da dietro appunto. Immobile e tanto vicina da poterla toccare una figura femminile, incredibilmente bella la fissava, no non guardava lei ma chi stava per forzarle il sesso. Chi era? Chi erano. Poi, pur senza staccare lo sguardo dalla visione si abbandonò alle braccia che la cingevano trattenendola contro un corpo caldo ed incredibilmente forte, irresistibile. Non gli voleva resistere, non gli resistette, disponendosi anzi per rendersi più facilmente accessibile. Il glande strusciò appena trovando subito la via.
Ma non era stata presa più volte quella sera stessa? Ne era convinta ma forse non era così. Letteralmente sentì il membro penetrarla sino ad incontrare l'imene, lacerarlo senza difficoltà e procedere dentro il suo giovane corpo di giovane vergine. Era sua, sarebbe stata sua e solo sua per sempre, per tutta la vita. La dea, che di una dea certo doveva trattarsi, continuò a fissarla mentre la giovane si inarcava per concedersi meglio, per essere presa meglio. Dalla gola le uscì un gorgoglio poi un gemito lieve poi un grido, un grido di piacere quasi inumano. Solo ora la dea sorrise, al grido che lesse correttamente: il grido di piacere della donna che ha trovato il suo maschio, il maschio ideale e ne è soggiogata. E lei ne fu soggiogata ed appagata. Immobile si sottomise al maschio che la usava violentemente per il proprio piacere e fu lieta ed orgogliosa che avvenisse in quel modo. Ne godette a lungo, ripetutamente. Accolse con gioia persino il getto di sperma gelido e terrificante che concluse l'amplesso. Certamente l'amplesso di un dio, ne fu certa e tale certezza l'avrebbe confortata e seguita per tutta la vita
La notte e le vacanze non erano finite. Quella notte tutti i maschi la vollero e lei accondiscese. Non chiesero il suo ventre, né lei lo avrebbe concesso, mai a nessun mortale. Apparteneva ad un dio. La vollero anche tutte le donne e tutte la ebbero. Quella notte e solo quella notte poiché le notti seguenti, pur presente ai riti si appartava ed attendeva, invano, il suo uomo, il suo dio. All'alba, nella sua camera piangeva tra le braccia del caro giovane, gli dava piacere nei modi che lui chiedeva e che lei sapeva convenienti.
Finite le vacanze tornò a casa senza far parola di quanto...non rivide più il simpatico giovane...col tempo smise di pensarci, conobbe un uomo che sposò e gli partorì due figlie. Quando fu ingravidata lo seppe immediatamente, ne fu intimamente certa tutte e due le volte. Tutte e due le volte seppe che avrebbe partorito una femmina. Così doveva essere. A maggior gloria e secondo la volontà dei due Dei Viventi. Il marito scomparve dopo il secondo parto.
Il sole ora scottava, aveva fatto bene il Guardiano a farle lavorare di mattina all'aperto. Adesso pulivano e riordinavano la casa. Lo sguardo fissamente vuoto le accomunava, merito anche del fungo secco che giornalmente la donna assumeva e faceva assumere alle figlie. Vi si abbandonavano però solo quando nessuno poteva vederle ed insospettirsi. Coprì gli occhi alla più piccola ricevendone le immagini e le sensazioni che si aspettava. La presenza della bestia, una bestia già feroce e disponibile ma anche un fuoco...giovane ed in un certo senso pudibondo. Vergine, timorosa del maschio, non ancora pronta a darsi nonostante il suo orologio già ticchettasse chiamandola a sacrificare alla luna ogni 28 giorni. La palpo e le fece anzi male. Così andava fatto. La belva ruggì, ma non convinta appieno. Sarebbe saltata fuori ed avrebbe fatto la sua parte se le fosse stato ordinato. Guardò l'altra, la sorella maggiore era pronta, matura e desiderabile. Gli avrebbe dato piacere e l'avrebbe nutrito di quel nutrimento che da decenni gli era indispensabile, indispensabile per vivere e servire Gli Anziani che servivano...Gli Dei? Che Dei?
Non gli importava, non ora, Lo stomaco era sazio ma ben altro gli serviva. La donna percepì l'ordine e si recò oltre la tenda. Si fece trovare già pronta. Da oltre la tenda giungeva il canto delle ragazze. Li spiavano da sempre. Lo succhiò fin quasi a farlo eiaculare poi gli offrì le natiche ancora sode e piacevoli. Molti le trovavano piacevoli e pagavano per averla in quel modo o per godere della sua bocca magistrale. Nessuno, neppure il marito che pure ufficialmente per due volte la aveva ingravidata, era penetrato nel suo sesso, tanto meno il Guardiano. Quel sesso non gli apparteneva, non apparteneva neppure a lei. Apparteneva agli Dei. Si svuotò nel retto e se pur fosse lui a dare all'altra qualcosa, ne ricevette ciò che aspettava. La forza, quella forza che gli era ormai indispensabile e lo teneva in vita.
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