La vera storia della mia vita
di
Il viaggiatore
genere
dominazione
Mamma era rimasta vedova a 35 anni e da sola imparò a gestire l’attività che papà ci aveva lasciato in eredità.
Avevo 16 anni quando mio padre morì dopo una lunga e straziante malattia.
Fin da piccolo le ragazze non mi attiravano granchè, ma comunque avevo una bella comitiva di amici e amiche con cui passavo gran parte delle mie giornate.
Vivevo solo con la mamma, lei lavorava tutto il giorno e io mi occupavo quasi esclusivamente della casa quando non avevo scuola.
Dopo un anno che papà era morto, mamma cominciò a portare uomini in casa nostra, mi diceva che erano a casa per discutere di lavoro, ma io credo facesse sesso con loro, d’altronde era normale, era una bella donna, e aveva bisogno di sfogarsi.
La mia vita procedeva quasi normale, solo la scuola era un problema, non riuscivo proprio nello studio, odiavo la scuola. Raramente studiavo e raramente facevo i compiti e finì per essere bocciato. Mia madre non prese molto bene la cosa e mi diede una punizione esemplare: avrei passato l’estate chiuso in casa. Pensai che fosse una cosa passeggera, ma dopo qualche giorno mi resi conto che faceva sul serio.
La mia vita si può dire è cominciata quell’estate.
Ma veniamo ai fatti. Mamma era incazzata come una iena, mi fece una scenata da paura e mi diede dei sonori ceffoni per la bocciatura. Mi disse che voleva che rimanessi chiuso in casa per punizione. I primi giorni dell’estate rimasi a casa come previsto, lei usciva e io passavo le mie giornate a sistemare la nostra casa. Aspettavo mia mamma per cena, e per farla felice cercavo di fare sempre qualcosa di speciale per lei. Mi davo da fare come un matto sperando che per pietà mi togliesse la punizione ma questo non succedeva mai. I miei amici mi chiamavano tutti i giorni all’inizio ma poi visto che tanto rispondevo non posso uscire, smisero di cercarmi. Ero solo, annoiato, e privato della mia libertà: una situazione angosciosa per chiunque.
Mia madre lavorava veramente tanto per cercare di farmi vivere bene e quindi cercai di compiacerla in tutti i modi. Più il tempo passava, più ero diventato bravo a pulire, sistemare, cucinare. Tenevo la casa come un gioiello, tutto splendeva. Dopo un mese chiuso in casa, vedendo solo mia madre, una sera mi telefono che avremmo avuto un ospite per cena, una persona speciale. Alle 19.00 mamma rientrò sola a casa, andò a prepararsi per cena e verso le 20.30 arrivo l’invitato. Aveva 30 anni, più giovane della mamma, e direi anche un bell’uomo. Non era un uomo “giacca e cravatta” ma al contrario un tipo “popolare”, direi piuttosto grezzo, uno che vive alla giornata. Mi dava l’idea del tipo poco raccomandabile. Veniva dal sud della Tunisia, aveva occhi neri e capelli neri, carnagione scura e un fisico molto definito. Quella sera si era presentato a casa nostra con una camicia fucsia. Apparecchiai la tavola per tre, ma mamma mi disse, Luca stasera ceno sola con Hicham, perché dobbiamo parlare di affari, mangia in cucina tranquillo cosi non ti annoi. Proposi a mamma di servire io la cena a loro e cosi lei mi fece fare.
Feci il domestico quella sera, e lo feci molto bene senza sbagliare.
Mamma mi disse di preparare la camera degli ospiti che Hicham dormiva con noi. Alle 23.00 ero distrutto salutai e andai a dormire.
Il mattino seguente al mio risveglio, mamma era uscita e mentre controllavo la casa vidi che Hicham stava ancora dormendo. Cominciai a pulire la cucina, il soggiorno, rifeci la stanza a mamma e poi passai alla mia camera ai bagni delle stanze, passai quattro ore a pulire. Alle 13.00 stavo preparando il pranzo quando entra in cucina Hicham, completamente nudo che fumava una canna. Ero imbarazzato. Non sapevo dove guardare e lui mi fece notare che eravamo tra maschi e non c’era problema. Ma io non ero abituato a vedere uomini nudi, e quindi ero viola. Mi fece un sacco di complimenti per la cena e per come tenevo la casa. Si mise seduto a tavola nudo e mi disse che aveva fame. Allora cominciai a servirgli il pranzo. Io non avevo fame e servivo lui, come un domestico. Mi chiese se potevo cucire un bottone alla sua camicia che si era staccato e cosi feci anche questa cosa. Per tutto il giorno Hicham mi chiamava ed io correvo da lui a servirlo, volevo fare bella figura con l’ospite. La sera al ritorno di mamma, ricevetti tantissimi complimenti da parte di Hicham e anche di mamma. Dicevano che avrei potuto fare il maggiordomo, ero portato per quel lavoro. Erano due mesi che non uscivo di casa, e il mio unico sfogo era fare quelle cose. Mamma mi disse che se volevo potevo servirgli la cena come la sera prima e cosi feci; mi disse, Luca vai in macchina e prendi i vestiti che ho comprato oggi pomeriggio. Scesi in garage, convinto che mamma mi avesse comprato qualcosa, ma risalito con i pacchi a casa lei mi disse che erano per Hicham. Non ci volle molto per me a capire che Hicham sarebbe rimasto a casa con noi. Mamma alla fine della cena mi disse che sarebbe partita per una vacanza e che sarei rimasto a casa con Hicham.
Mi sembrò molto strana la cosa. Quando andarono a dormire, andai da mia madre, e chiesi spiegazioni. Mi disse con tono severo, non crederai che la punizione è finità, io vado comunque in vacanza e tu resti a casa con lui che ti controlla, inoltre, Luca credo che una figura maschia ti serve per comprendere come si comporta un uomo, perché tu sei eccessivamente effeminato. Cercai di obiettare, ma lei mi diede un ceffone, e poi un altro e poi presa la cintura di mio padre che ancora era nel cassetto del comodino, mi diede un sacco di frustate. Piangevo come una femminuccia. Corsi a letto e mi misi a dormire. Dormi fino alle 11.00 e al mio risveglio mamma era partita, mi aveva lasciato una lettera con le classiche raccomandazioni e con in casa un perfetto sconosciuto. Capii dopo un’ora che persona era, si svegliò e pretese che gli servissi la colazione in camera. Mi fece l’elenco di cosa voleva per colazione: pane caldo, the alla menta, succo di frutto, caffe e latte, formaggio. Mi sentivo stranito e mi ribellai, gli dissi ma vai a cagare coglione di merda. Si alzo e mi picchiò, molto più forte di mia mamma. Mi fece diventare tutto rosso dai colpi che mi diede. Più urlavo e più picchiava.
Chiuse la porta di casa e dall’interno, non potevo uscire. Non potevo scappare.
Girava per casa nudo, mi ordinava cosa fare, ero uno schiavo, anzi il suo schiavo. Passai una settimana da incubo, quando sbagliavo mi picchiava, subito, senza storie. Non mi diceva mai grazie ma solo puoi andare. Dopo una settimana mi ero abituato a lui, alle sue angherie e avevo preso ad essere più veloce e più maniacale nelle pulizie. Un giorno mi chiamò nella sua camera e mi disse comincia a pulire. Lui come al solito era nudo intendo a guardare il suo computer, io pulii tutta la camera, molto bene. Fu alla fine di quel lavoro che mi disse ora devi imparare a pulire questo: prese il suo cazzo in mano e cominciò a massaggiarsi. Oddio che orrore, ma lui senza pietà si alzò di scatto dal letto e mi prese per il collo: “io quando voglio una cosa me la prendo” mi disse. Mi diede due schiaffi e mi ficcò il cazzo in bocca. Ora voi direte, potevi ribellarti, ma io non avevo il coraggio. Avevo 17 anni non avevo mai fatto l’amore con nessuno, e non sapevo niente della vita, ma Hicham con quel gesto mi fece capire che quello avrei dovuto fare, perché quello era il mio destino. Il primo pompino che gli feci non fu bellissimo, dovevo imparare a farlo, ma alla fine della giornata dopo che Hicham mi aveva abusato la bocca avevo imparato a fare tante cose nuove.
Passò una settimana da quella prima volta, Hicham mi aveva usato, abusato e sottomesso. Mi ero preso una cotta per lui. Una sera mentre guardava la tv e io preparavo la cena, mi chiamò e con fare assolutamente tranquillo, mi disse, vedi Luca sei nato per essere una donna e da oggi per me tu sei Monica. Io non sono gay, non mi sono mai sentito gay, e non ho mai voluto essere una donna. Non sapevo che cosa volessi, ma lui me lo disse, tu devi essere donna, tu devi essere Monica, tu devi fare la donna di casa.
Lo feci da quel giorno.
Quando dopo cena parlò con mia madre al telefono, gli vidi un sorriso stampato sul volto, andò nella sua camera e tornò con delle cose che avrei indossato per sempre. Cominciai quella notte a vestirmi da donna e da allora, vesto sempre da donna. Anzi oggi mi sento donna. Hicham, il tunisino, mi trasformò in una donna magnifica e sottomessa, una regina della casa. Mamma tornò a metà settembre, mi disse con tranquillità, Monica, non andrai più a scuola, ho parlato con Hicham, e mi ha spiegato che tu sei nata per essere una domestica. E questo è quello che sarai per il resto dei tuoi giorni. Volevo annunciarti che ho conosciuto un uomo, che amo e che ho intenzione di sposare. Monica devi farti una vita tua, perché io voglio ricominciare. Sono incinta di due mesi e tu sei un ostacolo per la mia vita. Hicham conosce un uomo buono a Dubai che ti aiuterà a vivere se tu sarai buona e gentile con lui. Non voglio che si perda tempo, e domani partirai. Ascoltami bene, mi disse, le cosse in azienda non sono andate bene, e quindi ho preso tanti soldi in prestito che verranno pagati dall’uomo dove andrai. Non farmi fare brutta figura e comportati bene come Hicham ti ha insegnato.
Mi avevano venduto. Mi misi a piangere, io non volevo lasciare la mia casa, ma non avevo scelta, mamma doveva vivere come meglio credeva e cosi parti con Hicham per Dubai. Quel viaggio lo feci vestito da “uomo” in silenzio. Arrivai a Dubai e credevo di morire dal caldo, fui portato in un bellissimo palazzo dove conobbi Said. Said vestiva di bianco era un tipo piuttosto in carne con barba e baffi. Parlò con Hicham che mi riporto in un’altra zona della casa, qui, un gruppo di uomini, mi lavò, depilò, profumò e mi vesti come un’odalisca e mi condussero in una stanza bellissima, Hicham disse questo è il tuo appartamento privato, goditelo.
Passai tre giorni in totale solitudine, avevo tutto, vestiti, cibo fresco più volte al giorno, ogni diavoleria elettronica conosciuta, ma non potevo uscire dalle mie stanze, due guardie mi ostruivano il passaggio. La notte del terzo giorno arrivò Said nella mia stanza. Prima del suo ingresso tre uomini avevo riempito la stanza di essenze, un profumo dolce ed inebriante, non tardai a capire che mi avevano letteralmente “drogato”.
Said, arrivò alle due del mattino, a dispetto del suo candido vestito, fù brutale con me, Mi sfondò il culo con una violenza tale che urlai come un pazzo per tutta la notte. Credo di essere svenuto dal dolore. Mi svegliai vestito da ancella nel tardo pomeriggio. Seduto su una sedia c’era un ragazzo che aspettava il mio risveglio. Mi fece girare, mi sollevò i vestiti e mi mise una pomata nello sfintere, sarebbe più giusto dire, mi riempi di pomata il buco del culo. La sera mi venne a trovare Hicham, mi disse che a Said ero piaciuto tanto, mi portò una collana bellissima e me la fece indossare, era il regalo del mio nuovo padrone. I giorni seguenti feci amicizia con il ragazzo che mi medicava. Aveva 15 anni era marocchino di origine e lavorava a servizio nel palazzo. Era molto gentile e molto bravo a mettermi la crema. Mi massaggiava con delicatezza il culo. Non parlavo la sua lingua e lui non parlava la mia, ma non fu difficile parlare a gesti. Era il mio unico amico in quel palazzo e l’unica persona che vedevo. Aspettavo la sua venuta con ansia e speravo che il padrone non arrivasse mai. Dopo quattro giorni invece arrivò, mi fecero vestire da odalisca e anche quella volta, mi forzò il culo e lo sfintere con violenza. Non veniva mai e godeva nel farmi male, più urlavo e più si eccitava e più godeva. Mi regalò un anello bellissimo la seconda notte. Il culo mi doleva tanto, ma il mio domestico al mattino mi spalmava la crema e il bruciore un poco passava. Il piccolo marocchino si chiamava Abdelatif. Saranno state le sue mani delicate, sarà stato il suo aspetto maschio, sarà stata la solitudine, ma un giorno, mentre mi massaggiava, gli toccai il cazzo. Era duro come il marmo. Si ritrasse velocemente e scattò in piedi spaventatissimo. Io mi avvicinai a lui e cercai di tranquillizzarlo, ma aveva una paura indescrivibile, ci misi molto a tempo a persuaderlo, ma alla fine lo baciai, mi baciò, lo accarezzai e mi accarezzo, gli succhiai il cazzo, bello, duro e circonciso e per la prima volta ho bevuto il succo della vita. Ogni volta che entrava in camera, facevamo l’amore, con lui imparai l’arte amatoria. Con lui divenni una donna. Con lui ero un’ancella, con lui ero femmina. E lui era il mio maschio, lui era il mio padrone, lui era il maschio che con la donna diventa uno. Io e lui.
Due volte la settimana veniva Said, e tutte le volte abusava di me. Mi faceva schifo la sua pancia enorme, il suo corpo, ma ero sua. Fingevo amore che non provavo. Urlavo di dolore quando mi possedeva. Non so come successe, ma un giorno Abdelatif, scomparve dalla mia vita, fu sostituito da un vecchio. Provai a chiedere di Abdelatif, ma non ebbi risposta. Era andato via senza salutare, senza dirmi nulla e io mi struggevo dal dolore. Erano passati 10 mesi da quando vivevo in quel magnifico palazzo, in quella bellissima prigione,. Ero sola. Senza affetto e senza amore, circondata di ogni meraviglia, ma senza libertà. Il tempo passava velocemente , due volte la settimana mi raggiungeva Said e io lo accoglievo tra le mie cosce, avevo imparato come farlo godere, avevo imparato a leccargli bene il suo mostruoso e gigante uccello. Bevevo il suo latte e fingevo passione ma il mio cuore era arido.
Un mattino mentre mi lavavo, entrò nella stanza il mio servitore, mi disse che ero fortunata, Said mi aveva preparato un nuovo appartamento, con servi personali e vistiti e ogni altra gioia. Mi disse che ero fortunata ad essere la preferita di Said, che le altre potavano solo sognarlo un trattamento cosi. Compresi che in quel magnifico palazzo non ero sola. Che chissà dove, c’erano altri come me. Usci dopo un anno esatto da quel appartamento, ero ingrassata, soprattutto nei fianchi, come voleva Said. Entrai nel mio nuovo appartamento vestita come una regina, avevo 3 ragazzi sui 25 anni che si occupavano di me. Nel corso del tempo il vecchio servitore mi aveva insegnato a parlare l’arabo e oggi potevo tranquillamente discorrere con le persone, anche se in maniera semplice.
In un angolo del nuovo appartamento vidi Abdelatif. Era l’ombra di ciò che era qualche mese prima. Portava i capelli rasati e pesava almeno il doppio di quando l’avevo conosciuto. Cercai il momento più propizio per parlargli. La sera mentre mi preparavano il bagno chiesi di lui e lui venne a me, non mi guardava negli occhi e quando gli sollevai il viso, vidi che piangeva. Mi raccontò che un pomeriggio aveva raccontato della mia bellezza ad un altro ragazzo, una guardia lo aveva sentito parlare e lo disse a Said che lo aveva castrato personalmente. Ora era un eunuco. Urlai dal dolore, il mio primo vero amore ridotto ad un essere inutile, non buono come donna ne buono come uomo, ma lui mi tranquillizzò, mi disse che Said era stato buono lo aveva tenuto in vita e a servizio, e manteneva la sua numerosa famiglia in Marocco. Divenne il mio migliore amico e col tempo il mio amore per lui svani, in me qualcosa cambiò. Cresceva in me la voglia di sottomettere tutte le persone che mi giravano intorno. Said era più presente nella mia vita ora passava almeno 4 notti con me e questo mi gratificava. Lo facevo ansimare, gemere e godere. Lo vedevo venire. Leccavo tutti i suoi anfratti, tutti i suoi liquidi e bevevo con lussuria tutto quello che il corpo eliminava. Presi a farmi leccare i piedi dai miei servi, ci fu un solo rifiuto, ma feci eliminare il servo che non aveva obbedito. Abdelatif invece era l’unico che mi leccava il culo. Conservavo per lui lo sperma di Said dentro il mio ano, e lui lo ingoiava mentre usciva da me.
Lo faceva per me Abdelatif, senza protestare. Io lo nutrivo con il seme di Said.
Una notte confidai a Said che desideravo le tette che volevo essere femmina, perché cosi non ero completa. Mi ascoltò e mi fece il regalo più bello della mia vita, tre giorni dopo ero in clinica mi addormentai pensando alle tette mi svegliai che avevo tette e fica. Un bel lavoro. Per sei mesi, rimasi nella mia camera, tra medicazioni e visite di controllo. Quando usci ero una femmina vera, completa. Said mi fece entrare nel suo Harem.
Mi sverginò la terza notte dopo il mio rientro.
Non passava notte senza venire da me, mi disse che aveva una moglie morente e che io doveva aiutarla. Passai al servizio di sua moglie, la sua prima moglie. Era gentile e sincera, una dolce e molto malata, ignara che fossi stato un uomo in precedenza. Una notte la donna chiamò Said e gli strappò la promessa in nome di Dio di sposarmi. Mi sposò tre giorni dopo. Aisha la prima moglie morì quattro mesi dopo e io ora ero la regina del Harem, la prima moglie.
Said mi aveva battezzato Khadija. Tutti mi chiamavano con quel nome e a me era affidato il compito di allevare l’unico figlio di Said, Tariq.
Tariq aveva 5 anni quando entro nella mia vita e io lo allevai come se fosse il mio, ma in realtà non lo amavo per nulla. Ero cambiata, da timido ragazzo rapito sottomesso e accondiscendente oggi ero una donna completa, autoritaria, e dura. La mia bellezza era unica, e pochissimi non rimanevano affascinati dal mio modo di fare. Ero riuscita a sottomettere Said con giochi perversi e schifosi. Procuravo io i giovani ragazzini per dargli il piacere. Sfondava culi di giovani tunisini e marocchini strappati alla povertà della loro vita. Una notte Said mori. Un infarto. Lasciò a Tariq il suo titolo e il suo patrimonio. A me, una cospicua fortuna e mi affidò Tariq. Tariq aveva 8 anni quando suo padre ci lasciò. Lo allevai docile e sottomesso e indirizzai le sue voglie di giovanotto verso i maschietti attivi che sceglievo per lui. Non fu difficile mettermi in casa maschi ventenni col cazzo duro che esaudivano i miei desideri. Tariq era sottomesso a me e io lo trasformai in una piccola zoccola accondiscendente. A 18 anni mi donò il suo patrimonio. Feci le cose per bene davanti due Adul e numerosi testimoni. Qualche mese dopo lo feci castrare e oggi è il mio più fedele servitore. E’ il servo di quelle che erano state le guardie di suo padre. Non c’è uomo al nostro servizio che non l’ha inculato. Non c’è culo di maschio in casa che non è stato pulito dall’abile lingua di Tariq. Non c’è cazzo nel nostro palazzo che Tariq non abbia succhiato. Tariq vive per dare piacere. Io mi sposto in giro per il mondo. Sono una donna ricca e voglio divertirmi. Di tanto in Tanto mi faccio scopare da Hicham. L’unica persona che ho tenuto con me è Abdelatif, l’unico uomo a cui è permesso farmi il bidet con la lingua.
Avevo 16 anni quando mio padre morì dopo una lunga e straziante malattia.
Fin da piccolo le ragazze non mi attiravano granchè, ma comunque avevo una bella comitiva di amici e amiche con cui passavo gran parte delle mie giornate.
Vivevo solo con la mamma, lei lavorava tutto il giorno e io mi occupavo quasi esclusivamente della casa quando non avevo scuola.
Dopo un anno che papà era morto, mamma cominciò a portare uomini in casa nostra, mi diceva che erano a casa per discutere di lavoro, ma io credo facesse sesso con loro, d’altronde era normale, era una bella donna, e aveva bisogno di sfogarsi.
La mia vita procedeva quasi normale, solo la scuola era un problema, non riuscivo proprio nello studio, odiavo la scuola. Raramente studiavo e raramente facevo i compiti e finì per essere bocciato. Mia madre non prese molto bene la cosa e mi diede una punizione esemplare: avrei passato l’estate chiuso in casa. Pensai che fosse una cosa passeggera, ma dopo qualche giorno mi resi conto che faceva sul serio.
La mia vita si può dire è cominciata quell’estate.
Ma veniamo ai fatti. Mamma era incazzata come una iena, mi fece una scenata da paura e mi diede dei sonori ceffoni per la bocciatura. Mi disse che voleva che rimanessi chiuso in casa per punizione. I primi giorni dell’estate rimasi a casa come previsto, lei usciva e io passavo le mie giornate a sistemare la nostra casa. Aspettavo mia mamma per cena, e per farla felice cercavo di fare sempre qualcosa di speciale per lei. Mi davo da fare come un matto sperando che per pietà mi togliesse la punizione ma questo non succedeva mai. I miei amici mi chiamavano tutti i giorni all’inizio ma poi visto che tanto rispondevo non posso uscire, smisero di cercarmi. Ero solo, annoiato, e privato della mia libertà: una situazione angosciosa per chiunque.
Mia madre lavorava veramente tanto per cercare di farmi vivere bene e quindi cercai di compiacerla in tutti i modi. Più il tempo passava, più ero diventato bravo a pulire, sistemare, cucinare. Tenevo la casa come un gioiello, tutto splendeva. Dopo un mese chiuso in casa, vedendo solo mia madre, una sera mi telefono che avremmo avuto un ospite per cena, una persona speciale. Alle 19.00 mamma rientrò sola a casa, andò a prepararsi per cena e verso le 20.30 arrivo l’invitato. Aveva 30 anni, più giovane della mamma, e direi anche un bell’uomo. Non era un uomo “giacca e cravatta” ma al contrario un tipo “popolare”, direi piuttosto grezzo, uno che vive alla giornata. Mi dava l’idea del tipo poco raccomandabile. Veniva dal sud della Tunisia, aveva occhi neri e capelli neri, carnagione scura e un fisico molto definito. Quella sera si era presentato a casa nostra con una camicia fucsia. Apparecchiai la tavola per tre, ma mamma mi disse, Luca stasera ceno sola con Hicham, perché dobbiamo parlare di affari, mangia in cucina tranquillo cosi non ti annoi. Proposi a mamma di servire io la cena a loro e cosi lei mi fece fare.
Feci il domestico quella sera, e lo feci molto bene senza sbagliare.
Mamma mi disse di preparare la camera degli ospiti che Hicham dormiva con noi. Alle 23.00 ero distrutto salutai e andai a dormire.
Il mattino seguente al mio risveglio, mamma era uscita e mentre controllavo la casa vidi che Hicham stava ancora dormendo. Cominciai a pulire la cucina, il soggiorno, rifeci la stanza a mamma e poi passai alla mia camera ai bagni delle stanze, passai quattro ore a pulire. Alle 13.00 stavo preparando il pranzo quando entra in cucina Hicham, completamente nudo che fumava una canna. Ero imbarazzato. Non sapevo dove guardare e lui mi fece notare che eravamo tra maschi e non c’era problema. Ma io non ero abituato a vedere uomini nudi, e quindi ero viola. Mi fece un sacco di complimenti per la cena e per come tenevo la casa. Si mise seduto a tavola nudo e mi disse che aveva fame. Allora cominciai a servirgli il pranzo. Io non avevo fame e servivo lui, come un domestico. Mi chiese se potevo cucire un bottone alla sua camicia che si era staccato e cosi feci anche questa cosa. Per tutto il giorno Hicham mi chiamava ed io correvo da lui a servirlo, volevo fare bella figura con l’ospite. La sera al ritorno di mamma, ricevetti tantissimi complimenti da parte di Hicham e anche di mamma. Dicevano che avrei potuto fare il maggiordomo, ero portato per quel lavoro. Erano due mesi che non uscivo di casa, e il mio unico sfogo era fare quelle cose. Mamma mi disse che se volevo potevo servirgli la cena come la sera prima e cosi feci; mi disse, Luca vai in macchina e prendi i vestiti che ho comprato oggi pomeriggio. Scesi in garage, convinto che mamma mi avesse comprato qualcosa, ma risalito con i pacchi a casa lei mi disse che erano per Hicham. Non ci volle molto per me a capire che Hicham sarebbe rimasto a casa con noi. Mamma alla fine della cena mi disse che sarebbe partita per una vacanza e che sarei rimasto a casa con Hicham.
Mi sembrò molto strana la cosa. Quando andarono a dormire, andai da mia madre, e chiesi spiegazioni. Mi disse con tono severo, non crederai che la punizione è finità, io vado comunque in vacanza e tu resti a casa con lui che ti controlla, inoltre, Luca credo che una figura maschia ti serve per comprendere come si comporta un uomo, perché tu sei eccessivamente effeminato. Cercai di obiettare, ma lei mi diede un ceffone, e poi un altro e poi presa la cintura di mio padre che ancora era nel cassetto del comodino, mi diede un sacco di frustate. Piangevo come una femminuccia. Corsi a letto e mi misi a dormire. Dormi fino alle 11.00 e al mio risveglio mamma era partita, mi aveva lasciato una lettera con le classiche raccomandazioni e con in casa un perfetto sconosciuto. Capii dopo un’ora che persona era, si svegliò e pretese che gli servissi la colazione in camera. Mi fece l’elenco di cosa voleva per colazione: pane caldo, the alla menta, succo di frutto, caffe e latte, formaggio. Mi sentivo stranito e mi ribellai, gli dissi ma vai a cagare coglione di merda. Si alzo e mi picchiò, molto più forte di mia mamma. Mi fece diventare tutto rosso dai colpi che mi diede. Più urlavo e più picchiava.
Chiuse la porta di casa e dall’interno, non potevo uscire. Non potevo scappare.
Girava per casa nudo, mi ordinava cosa fare, ero uno schiavo, anzi il suo schiavo. Passai una settimana da incubo, quando sbagliavo mi picchiava, subito, senza storie. Non mi diceva mai grazie ma solo puoi andare. Dopo una settimana mi ero abituato a lui, alle sue angherie e avevo preso ad essere più veloce e più maniacale nelle pulizie. Un giorno mi chiamò nella sua camera e mi disse comincia a pulire. Lui come al solito era nudo intendo a guardare il suo computer, io pulii tutta la camera, molto bene. Fu alla fine di quel lavoro che mi disse ora devi imparare a pulire questo: prese il suo cazzo in mano e cominciò a massaggiarsi. Oddio che orrore, ma lui senza pietà si alzò di scatto dal letto e mi prese per il collo: “io quando voglio una cosa me la prendo” mi disse. Mi diede due schiaffi e mi ficcò il cazzo in bocca. Ora voi direte, potevi ribellarti, ma io non avevo il coraggio. Avevo 17 anni non avevo mai fatto l’amore con nessuno, e non sapevo niente della vita, ma Hicham con quel gesto mi fece capire che quello avrei dovuto fare, perché quello era il mio destino. Il primo pompino che gli feci non fu bellissimo, dovevo imparare a farlo, ma alla fine della giornata dopo che Hicham mi aveva abusato la bocca avevo imparato a fare tante cose nuove.
Passò una settimana da quella prima volta, Hicham mi aveva usato, abusato e sottomesso. Mi ero preso una cotta per lui. Una sera mentre guardava la tv e io preparavo la cena, mi chiamò e con fare assolutamente tranquillo, mi disse, vedi Luca sei nato per essere una donna e da oggi per me tu sei Monica. Io non sono gay, non mi sono mai sentito gay, e non ho mai voluto essere una donna. Non sapevo che cosa volessi, ma lui me lo disse, tu devi essere donna, tu devi essere Monica, tu devi fare la donna di casa.
Lo feci da quel giorno.
Quando dopo cena parlò con mia madre al telefono, gli vidi un sorriso stampato sul volto, andò nella sua camera e tornò con delle cose che avrei indossato per sempre. Cominciai quella notte a vestirmi da donna e da allora, vesto sempre da donna. Anzi oggi mi sento donna. Hicham, il tunisino, mi trasformò in una donna magnifica e sottomessa, una regina della casa. Mamma tornò a metà settembre, mi disse con tranquillità, Monica, non andrai più a scuola, ho parlato con Hicham, e mi ha spiegato che tu sei nata per essere una domestica. E questo è quello che sarai per il resto dei tuoi giorni. Volevo annunciarti che ho conosciuto un uomo, che amo e che ho intenzione di sposare. Monica devi farti una vita tua, perché io voglio ricominciare. Sono incinta di due mesi e tu sei un ostacolo per la mia vita. Hicham conosce un uomo buono a Dubai che ti aiuterà a vivere se tu sarai buona e gentile con lui. Non voglio che si perda tempo, e domani partirai. Ascoltami bene, mi disse, le cosse in azienda non sono andate bene, e quindi ho preso tanti soldi in prestito che verranno pagati dall’uomo dove andrai. Non farmi fare brutta figura e comportati bene come Hicham ti ha insegnato.
Mi avevano venduto. Mi misi a piangere, io non volevo lasciare la mia casa, ma non avevo scelta, mamma doveva vivere come meglio credeva e cosi parti con Hicham per Dubai. Quel viaggio lo feci vestito da “uomo” in silenzio. Arrivai a Dubai e credevo di morire dal caldo, fui portato in un bellissimo palazzo dove conobbi Said. Said vestiva di bianco era un tipo piuttosto in carne con barba e baffi. Parlò con Hicham che mi riporto in un’altra zona della casa, qui, un gruppo di uomini, mi lavò, depilò, profumò e mi vesti come un’odalisca e mi condussero in una stanza bellissima, Hicham disse questo è il tuo appartamento privato, goditelo.
Passai tre giorni in totale solitudine, avevo tutto, vestiti, cibo fresco più volte al giorno, ogni diavoleria elettronica conosciuta, ma non potevo uscire dalle mie stanze, due guardie mi ostruivano il passaggio. La notte del terzo giorno arrivò Said nella mia stanza. Prima del suo ingresso tre uomini avevo riempito la stanza di essenze, un profumo dolce ed inebriante, non tardai a capire che mi avevano letteralmente “drogato”.
Said, arrivò alle due del mattino, a dispetto del suo candido vestito, fù brutale con me, Mi sfondò il culo con una violenza tale che urlai come un pazzo per tutta la notte. Credo di essere svenuto dal dolore. Mi svegliai vestito da ancella nel tardo pomeriggio. Seduto su una sedia c’era un ragazzo che aspettava il mio risveglio. Mi fece girare, mi sollevò i vestiti e mi mise una pomata nello sfintere, sarebbe più giusto dire, mi riempi di pomata il buco del culo. La sera mi venne a trovare Hicham, mi disse che a Said ero piaciuto tanto, mi portò una collana bellissima e me la fece indossare, era il regalo del mio nuovo padrone. I giorni seguenti feci amicizia con il ragazzo che mi medicava. Aveva 15 anni era marocchino di origine e lavorava a servizio nel palazzo. Era molto gentile e molto bravo a mettermi la crema. Mi massaggiava con delicatezza il culo. Non parlavo la sua lingua e lui non parlava la mia, ma non fu difficile parlare a gesti. Era il mio unico amico in quel palazzo e l’unica persona che vedevo. Aspettavo la sua venuta con ansia e speravo che il padrone non arrivasse mai. Dopo quattro giorni invece arrivò, mi fecero vestire da odalisca e anche quella volta, mi forzò il culo e lo sfintere con violenza. Non veniva mai e godeva nel farmi male, più urlavo e più si eccitava e più godeva. Mi regalò un anello bellissimo la seconda notte. Il culo mi doleva tanto, ma il mio domestico al mattino mi spalmava la crema e il bruciore un poco passava. Il piccolo marocchino si chiamava Abdelatif. Saranno state le sue mani delicate, sarà stato il suo aspetto maschio, sarà stata la solitudine, ma un giorno, mentre mi massaggiava, gli toccai il cazzo. Era duro come il marmo. Si ritrasse velocemente e scattò in piedi spaventatissimo. Io mi avvicinai a lui e cercai di tranquillizzarlo, ma aveva una paura indescrivibile, ci misi molto a tempo a persuaderlo, ma alla fine lo baciai, mi baciò, lo accarezzai e mi accarezzo, gli succhiai il cazzo, bello, duro e circonciso e per la prima volta ho bevuto il succo della vita. Ogni volta che entrava in camera, facevamo l’amore, con lui imparai l’arte amatoria. Con lui divenni una donna. Con lui ero un’ancella, con lui ero femmina. E lui era il mio maschio, lui era il mio padrone, lui era il maschio che con la donna diventa uno. Io e lui.
Due volte la settimana veniva Said, e tutte le volte abusava di me. Mi faceva schifo la sua pancia enorme, il suo corpo, ma ero sua. Fingevo amore che non provavo. Urlavo di dolore quando mi possedeva. Non so come successe, ma un giorno Abdelatif, scomparve dalla mia vita, fu sostituito da un vecchio. Provai a chiedere di Abdelatif, ma non ebbi risposta. Era andato via senza salutare, senza dirmi nulla e io mi struggevo dal dolore. Erano passati 10 mesi da quando vivevo in quel magnifico palazzo, in quella bellissima prigione,. Ero sola. Senza affetto e senza amore, circondata di ogni meraviglia, ma senza libertà. Il tempo passava velocemente , due volte la settimana mi raggiungeva Said e io lo accoglievo tra le mie cosce, avevo imparato come farlo godere, avevo imparato a leccargli bene il suo mostruoso e gigante uccello. Bevevo il suo latte e fingevo passione ma il mio cuore era arido.
Un mattino mentre mi lavavo, entrò nella stanza il mio servitore, mi disse che ero fortunata, Said mi aveva preparato un nuovo appartamento, con servi personali e vistiti e ogni altra gioia. Mi disse che ero fortunata ad essere la preferita di Said, che le altre potavano solo sognarlo un trattamento cosi. Compresi che in quel magnifico palazzo non ero sola. Che chissà dove, c’erano altri come me. Usci dopo un anno esatto da quel appartamento, ero ingrassata, soprattutto nei fianchi, come voleva Said. Entrai nel mio nuovo appartamento vestita come una regina, avevo 3 ragazzi sui 25 anni che si occupavano di me. Nel corso del tempo il vecchio servitore mi aveva insegnato a parlare l’arabo e oggi potevo tranquillamente discorrere con le persone, anche se in maniera semplice.
In un angolo del nuovo appartamento vidi Abdelatif. Era l’ombra di ciò che era qualche mese prima. Portava i capelli rasati e pesava almeno il doppio di quando l’avevo conosciuto. Cercai il momento più propizio per parlargli. La sera mentre mi preparavano il bagno chiesi di lui e lui venne a me, non mi guardava negli occhi e quando gli sollevai il viso, vidi che piangeva. Mi raccontò che un pomeriggio aveva raccontato della mia bellezza ad un altro ragazzo, una guardia lo aveva sentito parlare e lo disse a Said che lo aveva castrato personalmente. Ora era un eunuco. Urlai dal dolore, il mio primo vero amore ridotto ad un essere inutile, non buono come donna ne buono come uomo, ma lui mi tranquillizzò, mi disse che Said era stato buono lo aveva tenuto in vita e a servizio, e manteneva la sua numerosa famiglia in Marocco. Divenne il mio migliore amico e col tempo il mio amore per lui svani, in me qualcosa cambiò. Cresceva in me la voglia di sottomettere tutte le persone che mi giravano intorno. Said era più presente nella mia vita ora passava almeno 4 notti con me e questo mi gratificava. Lo facevo ansimare, gemere e godere. Lo vedevo venire. Leccavo tutti i suoi anfratti, tutti i suoi liquidi e bevevo con lussuria tutto quello che il corpo eliminava. Presi a farmi leccare i piedi dai miei servi, ci fu un solo rifiuto, ma feci eliminare il servo che non aveva obbedito. Abdelatif invece era l’unico che mi leccava il culo. Conservavo per lui lo sperma di Said dentro il mio ano, e lui lo ingoiava mentre usciva da me.
Lo faceva per me Abdelatif, senza protestare. Io lo nutrivo con il seme di Said.
Una notte confidai a Said che desideravo le tette che volevo essere femmina, perché cosi non ero completa. Mi ascoltò e mi fece il regalo più bello della mia vita, tre giorni dopo ero in clinica mi addormentai pensando alle tette mi svegliai che avevo tette e fica. Un bel lavoro. Per sei mesi, rimasi nella mia camera, tra medicazioni e visite di controllo. Quando usci ero una femmina vera, completa. Said mi fece entrare nel suo Harem.
Mi sverginò la terza notte dopo il mio rientro.
Non passava notte senza venire da me, mi disse che aveva una moglie morente e che io doveva aiutarla. Passai al servizio di sua moglie, la sua prima moglie. Era gentile e sincera, una dolce e molto malata, ignara che fossi stato un uomo in precedenza. Una notte la donna chiamò Said e gli strappò la promessa in nome di Dio di sposarmi. Mi sposò tre giorni dopo. Aisha la prima moglie morì quattro mesi dopo e io ora ero la regina del Harem, la prima moglie.
Said mi aveva battezzato Khadija. Tutti mi chiamavano con quel nome e a me era affidato il compito di allevare l’unico figlio di Said, Tariq.
Tariq aveva 5 anni quando entro nella mia vita e io lo allevai come se fosse il mio, ma in realtà non lo amavo per nulla. Ero cambiata, da timido ragazzo rapito sottomesso e accondiscendente oggi ero una donna completa, autoritaria, e dura. La mia bellezza era unica, e pochissimi non rimanevano affascinati dal mio modo di fare. Ero riuscita a sottomettere Said con giochi perversi e schifosi. Procuravo io i giovani ragazzini per dargli il piacere. Sfondava culi di giovani tunisini e marocchini strappati alla povertà della loro vita. Una notte Said mori. Un infarto. Lasciò a Tariq il suo titolo e il suo patrimonio. A me, una cospicua fortuna e mi affidò Tariq. Tariq aveva 8 anni quando suo padre ci lasciò. Lo allevai docile e sottomesso e indirizzai le sue voglie di giovanotto verso i maschietti attivi che sceglievo per lui. Non fu difficile mettermi in casa maschi ventenni col cazzo duro che esaudivano i miei desideri. Tariq era sottomesso a me e io lo trasformai in una piccola zoccola accondiscendente. A 18 anni mi donò il suo patrimonio. Feci le cose per bene davanti due Adul e numerosi testimoni. Qualche mese dopo lo feci castrare e oggi è il mio più fedele servitore. E’ il servo di quelle che erano state le guardie di suo padre. Non c’è uomo al nostro servizio che non l’ha inculato. Non c’è culo di maschio in casa che non è stato pulito dall’abile lingua di Tariq. Non c’è cazzo nel nostro palazzo che Tariq non abbia succhiato. Tariq vive per dare piacere. Io mi sposto in giro per il mondo. Sono una donna ricca e voglio divertirmi. Di tanto in Tanto mi faccio scopare da Hicham. L’unica persona che ho tenuto con me è Abdelatif, l’unico uomo a cui è permesso farmi il bidet con la lingua.
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