Rapito e fatto schiavo (parte 1) l’iniziazione
di
DolceStaffile
genere
sadomaso
Mi svegliai sopra un letto, in una stanza con la finestra luminosa che dava in una foresta quanto bella tanto desolata, ma non sapevo chi ero e cosa fosse successo fino a poco tempo fa .
Rimasi a far mente locale e i ricordi man mano riaffioravano, realizzavo che mi chiamo Federico, 18 anni, studente al liceo linguistico, che come ogni estate, da qualche anno a questa parte facevo vacanza-studio di lingua inglese in un paese estero. Realizzai di trovarmi in America, Pennsylvania. Ma la stanza in cui mi trovavo non era quella in cui ero ospite.
Infine ricordo che alcuni giorni fa uscii da una discoteca di Filadelfia e volli passeggiare solitario nelle vie adiacenti. Da un’auto un tipo uscì con un taser, arma facilmente reperibile in quel Paese. Dopo avermi che i il tale mi colpi con l’arma a scarica elettrica, caddi a terra, al che l’uomo mi iniettò una sostanza al braccio e io persi conoscenza fino al mio risveglio in questo posto sconosciuto.
Sentì un peso sulla caviglia e notai che di avere agganciato intorno a essa un braccialetto elettronico.
Mentre mi resi conto di essere stato rapito, senti la porta aprire. Un uomo sulla cinquantina, alto, piacente e distinto mi si presentò davanti.
Era di lingua anglo-americana per cui i nostri dialoghi furono in inglese dal principio.
Mi diede il benvenuto portandomi dei biscotti e un the, disse di chiamarsi Taylor di nome e che finalmente oggi si realizzava il sogno della sua vita, possedere un vero schiavo. “Caro Federico,” mi disse “ho atteso tanti anni. Prima faticai per ottenere sufficienti finanze per acquisire questo cottage sperduto nel nulla. E poi ho continuato a lavorare per assicurarmi una rendita signorile a vita. Infine ho pagato tanto per la tua cattura. Ti ho selezionato dopo una lunga scrematura, ti ho stalkerato silenziosamente in vari posti di Filadelfia ma te lo racconterò in un altro momento. Ora è necessario farti capire chi sono io. E chi sei tu da questo momento fino al resto della tua vita”.
Negai a me stesso di essere finito nelle mani di un maniaco sessuale, pensai piuttosto ad uomo che voleva provarci con me e che mi sarei divincolato in giornata da questa cazzo di esperienza.
“Io sono Taylor e da questo momento sono il tuo padrone. Intendo dire che sei di mia proprietà assoluta, posso disporre di te come meglio mi aggrada. Su di te esercito qualsiasi potere, da quello di vita a quello di morte e sfumature intermedie.” I miei poteri sono supportati dalla forza fisica, dal tuo braccialetto elettronico che se provi a scappare da un determinato perimetro ti somministra 200 volt, dalle armi che posseggo, dal fatto che viviamo in un luogo circondato da una sterminata area disabitata e dal mio carisma che un giorno, vedrai, ti plagerà, disse lui.
La mia negazione al dramma che stava per venire alla luce mi fece pensare che il tipo poteva essere al massimo un imbonitore di qualche setta da cui era facile scappare.
Ma Taylor inveì con tono sempre più cupo: “Ti voglio comunicare qual è il nuovo status in modo non verbale, in modo da essere sufficientemente convincente”.
Premette un tasto di un micro dispositivo, incastonato a un braccialetto che teneva al polso. Una volta premuto una scarica elettrica dal mio braccialetto si scagliò su di me fortissima, tanto da paralizzarmi per molti minuti i muscoli e mi annientò dal dolore. Capii che portavo un taser fisso, attivabile da remoto, nel mio corpo in quanto incorporato al braccialetto, dotato pure di un GPS. Capace,di,somministrare automaticamente scariche di corrente, se avessi sconfinato da una certa area.
Ma torniamo al messaggio che Taylor mi voleva profondere su chi ero ora io. Lui, uomo palestrato, forte e alto non trovò difficoltà a prendermi sopra le sue spalle e portarmi in una camera segreta.
Trasferiti nella sua dark room, mi lego i polsi al soffitto. Vidi che la stanza era colma di mezzi di tortura.
“Ti infliggerò pena e dolore fin quando non avrai tu stesso realizzato di essere il mio schiavo e lo urlerai con pieno convincimento.” Disse Taylor.
Mi flagellò con un tipo particolare di sferza e poi con molti altri tipi, fui letteralmente massacrato. Mi levò via la pelle a frustate.
Finì tutto quando mi decisi ad urlare che ero il suo schiavo.
Mi riportò nella mia camera, si fece notte e lui si ritirò.
La mattina seguente, reduce da una notte in bianco per il dolore delle carni, fui così ammorbidito dalla recente fustigazione da rendermi conto che dalla mia fase di negazione iniziai a contemplare quella di accettazione circa mio nuovo status. Senza però abbandonare l’idea di fuggire.
Erano le 9 del mattino, Taylor entrò in stanza per darmi la colazione. Dopo mi disse che era molto soddisfatto di come il giorno prima andò la mia iniziazione corporale. Mi disse che gli piaceva molto frustare ma taglio corto e non mi anticipò altro sulle sue preferenze sessuali perché in mattinata sarebbe doveva annunciarmi cos’ero diventato, questa volta comunicandomelo a parole.
Nel frattempo ebbi il tempo di pensare al capovolgimento di fronte che si prospettava nella mia vita. Da un tenore agiato, gli amici amici, la fidanzata, buona famiglia e libertà contro una vita da schiavo, privo di diritti, con totale obbedienza pena schiaffoni, taser, nerbate, cinghia, aghi, spilloni e quant’altro Il tutto per la soddisfazione dei sensi di un’altra persona.
Passò un’oretta e arrivò Taylor.
Dopo avermi dato il buongiorno e vari altri convenevoli passò al nocciolo della questione, così mi disse: “Tu da ora sei uno schiavo, il mio schiavo, sei un essere privo di diritti e carico di doveri. Non sarai mai più un uomo libero. Se proverai a scappare sarò capace di inseguirti in tutto il mondo, trovarti e ucciderti. Proseguì: “Alla mia eventuale futura dipartita verrai affidato a un nuovo padrone. Quando sarai in vecchiaia non verrai abbandonato pur restando uno schiavo, ricordati però che dovrai servire fino a che avrai le forze per farlo.
Da ora in poi mi chiamerai Padrone. Passerai tre anni in un misero capanno sotto chiave, adiacente al mio cottage, e rimarrai in isolamento. Solo se non acquisirai demeriti, verrai a vivere nei tempi prefissati, insieme al tuo padrone per servirlo, al cottage. Nel capanno verrò quotidianamente a trovarti per trombarti e soddisfare tutte le mie voglie sessuali oltre che portarti del cibo. Uscirai solo per effettuare col Padrone pratiche sessuali che lo impongono.”
Io replicai: “Ma non ho fatto niente di male Padrone, perché mi lascia imprigionato per così tanti anni in isolamento?”
Il Padrone: “Per soddisfare la mia lussuria, ricordati che sei un oggetto, e ora mi va di farti provare la frusta di spine”.
Mi trafisse le carni ed eccitato mi trombò con veemenza. Spesso aveva bisogno di usare la frusta per raggiungere l’erezione e riuscire a sodomizzarmi.
Rimasi a far mente locale e i ricordi man mano riaffioravano, realizzavo che mi chiamo Federico, 18 anni, studente al liceo linguistico, che come ogni estate, da qualche anno a questa parte facevo vacanza-studio di lingua inglese in un paese estero. Realizzai di trovarmi in America, Pennsylvania. Ma la stanza in cui mi trovavo non era quella in cui ero ospite.
Infine ricordo che alcuni giorni fa uscii da una discoteca di Filadelfia e volli passeggiare solitario nelle vie adiacenti. Da un’auto un tipo uscì con un taser, arma facilmente reperibile in quel Paese. Dopo avermi che i il tale mi colpi con l’arma a scarica elettrica, caddi a terra, al che l’uomo mi iniettò una sostanza al braccio e io persi conoscenza fino al mio risveglio in questo posto sconosciuto.
Sentì un peso sulla caviglia e notai che di avere agganciato intorno a essa un braccialetto elettronico.
Mentre mi resi conto di essere stato rapito, senti la porta aprire. Un uomo sulla cinquantina, alto, piacente e distinto mi si presentò davanti.
Era di lingua anglo-americana per cui i nostri dialoghi furono in inglese dal principio.
Mi diede il benvenuto portandomi dei biscotti e un the, disse di chiamarsi Taylor di nome e che finalmente oggi si realizzava il sogno della sua vita, possedere un vero schiavo. “Caro Federico,” mi disse “ho atteso tanti anni. Prima faticai per ottenere sufficienti finanze per acquisire questo cottage sperduto nel nulla. E poi ho continuato a lavorare per assicurarmi una rendita signorile a vita. Infine ho pagato tanto per la tua cattura. Ti ho selezionato dopo una lunga scrematura, ti ho stalkerato silenziosamente in vari posti di Filadelfia ma te lo racconterò in un altro momento. Ora è necessario farti capire chi sono io. E chi sei tu da questo momento fino al resto della tua vita”.
Negai a me stesso di essere finito nelle mani di un maniaco sessuale, pensai piuttosto ad uomo che voleva provarci con me e che mi sarei divincolato in giornata da questa cazzo di esperienza.
“Io sono Taylor e da questo momento sono il tuo padrone. Intendo dire che sei di mia proprietà assoluta, posso disporre di te come meglio mi aggrada. Su di te esercito qualsiasi potere, da quello di vita a quello di morte e sfumature intermedie.” I miei poteri sono supportati dalla forza fisica, dal tuo braccialetto elettronico che se provi a scappare da un determinato perimetro ti somministra 200 volt, dalle armi che posseggo, dal fatto che viviamo in un luogo circondato da una sterminata area disabitata e dal mio carisma che un giorno, vedrai, ti plagerà, disse lui.
La mia negazione al dramma che stava per venire alla luce mi fece pensare che il tipo poteva essere al massimo un imbonitore di qualche setta da cui era facile scappare.
Ma Taylor inveì con tono sempre più cupo: “Ti voglio comunicare qual è il nuovo status in modo non verbale, in modo da essere sufficientemente convincente”.
Premette un tasto di un micro dispositivo, incastonato a un braccialetto che teneva al polso. Una volta premuto una scarica elettrica dal mio braccialetto si scagliò su di me fortissima, tanto da paralizzarmi per molti minuti i muscoli e mi annientò dal dolore. Capii che portavo un taser fisso, attivabile da remoto, nel mio corpo in quanto incorporato al braccialetto, dotato pure di un GPS. Capace,di,somministrare automaticamente scariche di corrente, se avessi sconfinato da una certa area.
Ma torniamo al messaggio che Taylor mi voleva profondere su chi ero ora io. Lui, uomo palestrato, forte e alto non trovò difficoltà a prendermi sopra le sue spalle e portarmi in una camera segreta.
Trasferiti nella sua dark room, mi lego i polsi al soffitto. Vidi che la stanza era colma di mezzi di tortura.
“Ti infliggerò pena e dolore fin quando non avrai tu stesso realizzato di essere il mio schiavo e lo urlerai con pieno convincimento.” Disse Taylor.
Mi flagellò con un tipo particolare di sferza e poi con molti altri tipi, fui letteralmente massacrato. Mi levò via la pelle a frustate.
Finì tutto quando mi decisi ad urlare che ero il suo schiavo.
Mi riportò nella mia camera, si fece notte e lui si ritirò.
La mattina seguente, reduce da una notte in bianco per il dolore delle carni, fui così ammorbidito dalla recente fustigazione da rendermi conto che dalla mia fase di negazione iniziai a contemplare quella di accettazione circa mio nuovo status. Senza però abbandonare l’idea di fuggire.
Erano le 9 del mattino, Taylor entrò in stanza per darmi la colazione. Dopo mi disse che era molto soddisfatto di come il giorno prima andò la mia iniziazione corporale. Mi disse che gli piaceva molto frustare ma taglio corto e non mi anticipò altro sulle sue preferenze sessuali perché in mattinata sarebbe doveva annunciarmi cos’ero diventato, questa volta comunicandomelo a parole.
Nel frattempo ebbi il tempo di pensare al capovolgimento di fronte che si prospettava nella mia vita. Da un tenore agiato, gli amici amici, la fidanzata, buona famiglia e libertà contro una vita da schiavo, privo di diritti, con totale obbedienza pena schiaffoni, taser, nerbate, cinghia, aghi, spilloni e quant’altro Il tutto per la soddisfazione dei sensi di un’altra persona.
Passò un’oretta e arrivò Taylor.
Dopo avermi dato il buongiorno e vari altri convenevoli passò al nocciolo della questione, così mi disse: “Tu da ora sei uno schiavo, il mio schiavo, sei un essere privo di diritti e carico di doveri. Non sarai mai più un uomo libero. Se proverai a scappare sarò capace di inseguirti in tutto il mondo, trovarti e ucciderti. Proseguì: “Alla mia eventuale futura dipartita verrai affidato a un nuovo padrone. Quando sarai in vecchiaia non verrai abbandonato pur restando uno schiavo, ricordati però che dovrai servire fino a che avrai le forze per farlo.
Da ora in poi mi chiamerai Padrone. Passerai tre anni in un misero capanno sotto chiave, adiacente al mio cottage, e rimarrai in isolamento. Solo se non acquisirai demeriti, verrai a vivere nei tempi prefissati, insieme al tuo padrone per servirlo, al cottage. Nel capanno verrò quotidianamente a trovarti per trombarti e soddisfare tutte le mie voglie sessuali oltre che portarti del cibo. Uscirai solo per effettuare col Padrone pratiche sessuali che lo impongono.”
Io replicai: “Ma non ho fatto niente di male Padrone, perché mi lascia imprigionato per così tanti anni in isolamento?”
Il Padrone: “Per soddisfare la mia lussuria, ricordati che sei un oggetto, e ora mi va di farti provare la frusta di spine”.
Mi trafisse le carni ed eccitato mi trombò con veemenza. Spesso aveva bisogno di usare la frusta per raggiungere l’erezione e riuscire a sodomizzarmi.
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