La vacanza in montagna #1

di
genere
etero

Non ci eravamo visti per molti mesi, io e Sergio, i rispettivi impegni di lavoro ci avevano risucchiato un vortice che ci aveva permesso di sentirci solo al telefono per un tempo infinitamente più lungo del solito. Per questo riuscire ad organizzare quei quattro giorni in montagna ci sembrò una conquista epica. Quattro giorni solo per noi, a fine gennaio, in un piccolo albergo sulla neve, pensione completa, in mezzo a boschi e nient'altro. Non ce ne fregava un fico secco di sciare, volevamo solo staccare dal lavoro e goderci quell'intimità che ci era mancata per così tanto tempo.

Arrivammo in albergo sfiniti nel primo pomeriggio, il viaggio era durato più del previsto perché a causa della neve diverse strade erano bloccate. Salimmo in camera a sistemarci desiderando con ansia una bella doccia calda e una bevanda bollente per ristorarci. Dopo la doccia ci sdraiammo con l'intenzione di riposarci un po' e poi scendere nella sala comune per uno snack. In realtà ci abbracciammo, ci eravamo mancati così tanto che quell'abbraccio sembrò la cosa più bella del mondo. Ci baciammo a lungo, ci stringemmmo, avevamo bisogno di ritrovare i nostri corpi. Ci accarezzavamo come se fosse la prima volta. Le mani tra i capelli o lungo i fianchi e sussurravamo, sorridevamo, ridacchiavamo... Quanta nostalgia di parole dette piano all'orecchio per poi scoppiare a ridere, l'uno affondando la faccia sul petto dell'altra. Un'eccitazione leggera sembrava scorrere sotto i polpastrelli che accarezzavano ora il mio seno, ora il suo ombelico, poi il suo membro. Gli piaceva giocare con i miei peli pubici mentre io per ripicca gli mordicchiavo i capezzoli. Ma la stanchezza prevalse e senza rendercene conto quelle carezze diventarono balsamo per le nostre menti affaticate dallo stress accomulato per mesi, i respiri si fecero lenti e profondi e ci addormentammo l'una tra le braccia dell'altro.

Quando mi svegliai lui non c'era, vidi che era in bagno, nudo davanti allo specchio a sistemarsi la barba con le forbicine. Mi infilai la sua camicia, enorme per me, e lo raggiunsi. Quella dormita ci aveva fatti rinascere. "Ho una fame!", mi disse. Lo trovai bellissimo, statuario. "Anch'io", risposi e lo abbracciai baciandogli la schiena. Ci guardammo negli occhi riflessi sullo specchio. Si giò e ci baciammo. Fu un attimo a riaccendersi la voglia di noi, solo stringendomi a sè gli venne un'erezione magnifica. Mi appoggiai al lavandino, aprii le gambe e lo tirai verso di me. Lo volevo tanto quanto lui voleva me. Iniziammo a scopare lì in piedi in bagno, poi mi spinse contro la porta per poi prendermi in braccio e buttarmi sul letto.

Rimase in piedi, mi disse di girarmi, così mi misi carponi e gli riposi che poteva fare di me quello che voleva. Mi prese da dietro senza indugio. Di solito cominciava piano, ma quella volta invece fu subito martellante, tanta era la voglia di montarmi. Spingeva forte, a ritmo veloce, e ansimava, grugniva, ogni tanto mi sculacciava per farmi contrarre e sentire meglio il mio culo. Io godevo, mi piaceva da impazzire quando si prendeva il suo piacere; adoravo sentirlo gemere, mi faceva bagnare tantissimo. E andava avanti così senza problemi, le sue mani mi tenevano i fianchi e mi muovevano verso il suo cazzo mentre allo stesso tempo si muoveva lui spingendo col bacino. Gemevo anche io sotto i suoi colpi inarrestabili, gli dicevo di non smettere, di spingere sempre di più, e ancora e ancora. Sergio andava come un treno, un toro scatenato, si sentiva che gli ero mancata. Il letto scricchiolava rumorosamente, ma non ci importava...

Accelerò ulteriormente le spinte, quasi gridando in uno spasmo finale liberatorio. Si accasciò accanto a me, sudato e ansimante, appagato. Quanto mi sei mancato, Sergio mio.

Riposammo ancora per poi prepararci per scendere, si era fatta l'ora dell'aperitivo ed eravamo affamati.
scritto il
2024-03-03
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