Schiavo nel cinema a luci rosse

di
genere
dominazione

In un caldo pomeriggio estivo, non c’era ancora internet, mi era venuta voglia di un film porno e così avevo scelto un cinema dalle parti della stazione. Alla cassa c’era una cicciona truccata in modo volgare, con due tette enormi e una scollatura profonda che ne metteva in mostra buona parte. Entrai e andai a sedermi nell’ultima fila. La sala era quasi vuota, non più di sette, otto persone. Il film era già iniziato e una graziosa fanciulla stava ricevendo una doppia ano e fica da due neri muscolosi e molto ben dotati. Dopo qualche minuto, qualcuno venne a sedersi alla mia destra, due poltrone accanto. Non gli prestai attenzione e continuai a guardare il film, eccitato dalle scene. Poco dopo, il tipo scalò di una poltrona e venne a sedersi su quella accanto a me. Mi dissi che con tutto il posto che c’era proprio lì si doveva sedere! Ma subito mi venne il sospetto che volesse qualcosa da me. E infatti il suo ginocchio si appoggiò al mio. Mi ritrassi subito e sentii il cuore accelerare. Un attimo dopo, nella penombra, vidi che si stava toccando vicino al pube e mi accorsi che aveva tirato fuori il cazzo e se lo stava masturbando. Per quanto la cosa non mi interessasse, non potevo fare a meno di dare una sbirciatina di tanto in tanto. Tornò a toccarmi il piede con il suo e a quel punto stavo per alzarmi per cambiare posto, ma arrivò la sua mano. Ero paralizzato! Mi vergognavo tanto e non sapevo cosa fare, ma l’eccitazione dovuta al film mi creò confusione ed accettai che la sua mano si appoggiasse al mio cazzo già duro. Ero ipnotizzato dalla sua lenta masturbazione e non riuscivo più a distogliere lo sguardo. Un attimo dopo, prese la mia mano e se la portò sul cazzo. Irrigidii istintivamente il braccio, ma il contatto con il suo calore mi turbò e fece sì che rimanessi fermo. Me lo mise nel palmo e tenendo la sua mano sopra la mia, me la fece chiudere intorno al suo bastone e riprese il movimento su e giù. Non capivo più niente e una voce nella testa mi diceva “Sei impazzito? Cosa cazzo stai facendo?” Ma non riuscivo a fare null’altro, se non obbedire. Il suo cazzo era diventato di ferro e dopo un paio di minuti, percependo la mia totale incapacità di reagire, spostò la mano sinistra dietro la mia nuca e la afferrò tirandola a sé. Rapidamente condusse la mia testa verso il suo cazzo. Provai di nuovo a fare resistenza, ma quando sentii la cappella calda poggiarsi sulla guancia, capitolai e rilassai il collo. Tenendo il cazzo nell’altra mano, cominciò a strofinarmelo su tutto il viso, poi orizzontalmente sulle labbra e in quel momento aumentò la pressione su di esse e mi ritrovai la cappella in bocca. Sapeva di salato e mi riportò di colpo alle prime esperienze avute durante l’adolescenza. Una spinta con il bacino e mi ritrovai tutto il cazzo in bocca. A quel punto cambiò la presa e mi afferrò per i capelli, aumentando il mio senso di assoggettamento. Mi faceva male tirandomi avanti e indietro e cominciò a scoparmi la bocca con regolarità, con quel cazzo durissimo. Sentivo i mugolii dell’attrice porno che in quel momento stava succhiando uno dei due cazzi neri e mi chiedevo cosa ci facessi io con un cazzo in bocca. La forte presa sui capelli mi toglieva qualsiasi volontà e subivo passivamente quel bastone di carne che mi infilava fino in fondo alla gola. Dopo una decina di minuti lo sentii ansimare sempre più forte, accelerò il ritmo, la cappella pulsò tre o quattro volte, mi spinse la testa con più forza e tenendola bloccata, mi schizzò in gola tutto il suo sperma caldo. Si avvicinò al mio orecchio e bisbigliò “ingoia tutto, troia o ti taglio la gola!” Mandai giù tutto, mentre succhiavo le ultime gocce che continuavano a uscire dall’uretra e finalmente mi lasciò andare. Non feci in tempo a ritornare su, che qualcuno mi afferrò di nuovo i capelli e mi tirò dal lato opposto. Faceva davvero molto male e l’odore della cappella che appoggiò alle mie labbra era nauseante, un misto di orina e smegma. Era molto più violento dell’altro e mi infilò subito tutto il cazzo in bocca. Mi scopava la gola e ogni tanto si avvicinava al mio orecchio per sussurrarmi “Troia pompinara, succhiami bene il cazzo che poi ti riempio la bocca di sborra.” Durò tantissimo, fino a una sborrata multipla che non finiva più e infatti mi spruzzò gli ultimi schizzi sul viso e mi spalmò la sborra su tutta la faccia. Si alzò e andò via. Ero totalmente confuso da ciò che avevo accettato di fare ed ero paralizzato sulla poltrona per paura che qualcun altro si fosse accorto dell’accaduto. Mi calmai un po’ e decisi di andare in bagno a lavarmi il viso. Raggiunsi il bagno con le gambe che mi tremavano. L’odore di piscia e disinfettante del locale era molto forte e mentre ero intento a lavarmi il viso, si aprì la porta ed entrarono due tipi. Dopo avermi squadrato, mi dissero che avevano visto tutto quello che avevo fatto e tirando fuori un coltello, uno dei due mi si avvicinò e me lo piantò alla gola. “Se fai un solo fiato ti buco. Visto che sei una troia bocchinara, ora farai divertire anche noi!” Le gambe ripresero a tremare fortemente e ci mancò poco che mi pisciassi addosso. Aprirono la porta di uno dei cessi e uno di loro mi trascinò dentro, mentre l’altro restò sulla soglia a guardare. “In ginocchio puttana e succhiami il cazzo” “No ti prego, non voglio -risposi io- e poi è pieno di piscia per terra!” Ne guadagnai un ceffone e una spinta che mi obbligò a inginocchiarmi nell’urina. Provai una forte rabbia per lo schiaffo, ma prevalse di nuovo il senso di sottomissione. Mentre la guancia pulsava e diventava bollente, mi schiaffò il cazzo in bocca e me la scopò tenendomi per le orecchie, fino a riempirmela di sborra. Mentre mi schizzava dentro, mi ordinò di non ingoiarla e me la fece sputare nella bustina di plastica che aveva tolto dal pacchetto di sigarette. Prima di sedersi sulla tazza, mi obbligò a pulirne il bordo con la manica della camicia e poi si sedette, mi fece inginocchiare di nuovo, abbracciato alla tazza, a spompinarlo fino a che non fu di nuovo bello duro. Allora, sempre minacciandomi col coltello, mi fece togliere pantaloni e mutande. Mi ordinò di girarmi e pescando la sborra dalla bustina, mi penetrò il culo con due dita e cominciò a rigirarle dentro, forzandolo per allargarlo il più possibile e mettendoci dentro tutta la sborra come lubrificante. Poi mi fece sedere su di lui, appoggiò la cappella all’ano e mi penetrò, causandomi un forte dolore. Sentii la cappella superare lo sfintere interno e poi scivolare dentro liberamente, fino a che il cazzo non entrò tutto nel culo. Mi diceva che ero una puttana rotta in culo e che ero stato fortunato, perché mi stava preparando al bastone dell’amico, di ben più grandi dimensioni. “Dopo che ti avrà rotto il culo lui, sarà sempre una passeggiata quando ti inculeranno. E se vieni il venerdì a quest’ora ci trovi sempre qui con i nostri bei cazzi pronti per te!” Mi sborrò dentro dopo qualche minuto e poi invitò il suo amico a prendere il suo posto. “Ti ho preparato la zoccola, ora è ben dilatata!” L’amico si sedette sulla tazza e mi fece inginocchiare davanti a lui. Il suo cazzo era mostruoso e quasi quasi non riuscivo nemmeno a prendere in bocca la cappella. Si fece sbocchinare per qualche minuto, mentre si divertiva a prendermi a ceffoni sul viso e a sputarci sopra, poi senza venire, mi fece girare e prendendomi per i fianchi mi attirò a sé. Sentii l’enorme cappella bollente appoggiarsi all’ano già slabbrato dal cazzo del suo amico. Nel retto c’era ancora parecchia sborra ma non bastava a lubrificarlo del tutto. Il dolore fu lancinante! Mi muoveva come una bambola di stoffa, con un movimento lento ma inesorabile. Ad ogni affondo, sentivo la cappella entrare sempre più dentro. Avevo perso completamente le forze ed ero completamente molle e alla sua mercè. Una nuova sensazione mai provata, fortissima, si impossessò di me. Mi girava la testa come se fossi ubriaco e mi sentivo carne da sesso. Non desideravo altro che di essere usato. In quel momento l’amico che si godeva lo spettacolo davanti alla porta, venne spinto di lato da qualcuno e si parò davanti a me un omone con una pancia enorme, che indossava una canottiera lercia, piena di macchie gialle. Disse urlando “che cazzo succede nel mio cinema?” “Niente Benito, abbiamo trovato questa troia succhiacazzi e ce la stiamo godendo!” rispose quello che mi stava inculando. “Anzi, perché non favorisci anche tu?” Un ghigno di piacere contorse la sua bocca già impegnata da una sigaretta. “Certo che me la scopo pure io questa zoccola! Fammi un bel pompino!” E si abbassò i pantaloni. Mi prese per la nuca e mi spiaccicò il cazzo sulle labbra. L’odore di piscia era nauseante e intravidi che la cappella era ricoperta da uno spesso strato di formaggio bianco, una parte del quale mi si spalmò sulle labbra. Mi tirai istintivamente indietro, sputando e allora con uno strattone mi aprì la camicia, facendo saltare i bottoni e spense la sigaretta su un capezzolo, facendomi urlare di dolore. Subito dopo un ceffone. “Troia, hai capito che devi obbedire, si?” Non so come feci a non vomitare quando si impossessò della mia bocca. “Gira la lingua intorno alla cappella, troia, puliscimi l’uccello. È una settimana che non lo lavo. Se non esce lucido ti prendo a legnate!”
Il culo si era dilatato all’inverosimile e il mio aguzzino mi faceva salire fino a che la cappella sgusciava fuori per un attimo con un “flop”, per poi rientrare. Quello era il momento più doloroso perché l’enorme cappella ad ogni passaggio mi lacerava lo sfintere. Infine, dopo alcuni minuti accelerò e dopo una decina di colpi più veloci e intensi, sentii le pulsazioni della cappella seguiti da una serie di fiotti bollenti che mi invasero le viscere, accompagnati da forti ceffoni sui glutei. Poco dopo il signor Benito, con una forte spinta sulla nuca, mi fece toccare il suo ventre con le labbra e mi schizzò direttamente in gola tutto il suo seme. Quello che mi aveva inculato, mi trascinò davanti al lavandino dicendomi di lavargli il cazzo. Poi se ne andarono via sghignazzando, lasciandomi lì pieno di sperma che gocciolava dal culo. Raccolsi da terra pantaloni e mutande e mi rivestii, ma i pantaloni erano inzuppati di piscia. Ero disperato e non sapevo come fare ad uscire da lì in quelle condizioni, quando si ripresentò Benito e mi disse “ecco, prendi questa tuta” e poi mi condusse nel suo appartamento a cui si accedeva da una porta laterale. “Ecco, così almeno puoi uscire per strada” disse“ riportamela quando vuoi, tanto lo so che tornerai. Dopo certe esperienze, una volta che ci sei stato, diventi una troia e non riesci più a farne a meno. Certo che ti ha sfondato bene quello stronzo. Non avevo mai visto un cazzo così largo nemmeno nei film porno!” Infatti, riuscivo a malapena a camminare e il retto mi bruciava da morire, mentre rivoli di sperma continuavano a colare lungo le cosce. Lo ringraziai per la tuta e me ne andai. Raggiunsi casa e mi feci una doccia per togliermi tutta quella puzza di sudore di dosso. Ero sconvolto e giurai a me stesso che mai più mi sarei avvicinato a quel cinema. Ma col passare dei giorni la promessa si indebolì e mi ritrovai ad eccitarmi e a segarmi nel ricordare quell’esperienza. Il buco del culo si era allargato davvero tanto e i primi tre giorni facevo fatica a trattenere le feci. Ero fortemente in conflitto con me stesso: una parte di me si chiedeva se per caso fossi impazzito ad eccitarmi all’idea di avere a che fare con dei cazzi, l’altra non ne voleva sapere nulla e desiderava sesso e sottomissione ad ogni costo. Stava emergendo una parte di me totalmente sconosciuta, dato che fino a quell’esperienza mi ero sempre considerato etero. Ma non era tanto e solo quello a eccitarmi, quanto il fatto di essere reso schiavo sessuale. Cominciai a scoparmi il culo con dei cetrioli tutti i giorni e bevevo tutta la sborra che producevo segandomi, rivedendo ad occhi chiusi le scene della settimana prima. Alcuni giorni dopo mi sentivo impazzire dalla voglia. Il ciccione aveva ragione, una volta che hai ceduto non torni più indietro. Così uscii di casa in preda a un desiderio fortissimo. Girai come un pazzo per mezz’ora dalle parti del cinema, senza trovare il coraggio per entraci. Poi mi affidai al lancio di una moneta. Testa entro, croce me ne vado. Uscì testa! Senza pensarci due volte, entrai e diedi alla cassiera una busta con la tuta, dicendo che me l’aveva prestata Benito e che gliel’avevo riportata lavata. Lei fece un sogghigno e la prese. Evidentemente le aveva raccontato tutto. Andai a sedermi verso il centro del cinema. Dietro di me c’erano una ventina di spettatori sparsi qua e là. Dopo nemmeno cinque minuti arrivò il primo. “Sei tornata, troia? Brava, si vede che avevi tanta voglia di cazzi!” Credo fosse il primo che mi aveva scopato la bocca la settimana precedente. Stavolta l’approccio fu diretto, mi prese la nuca e mi tirò a sé, mi mise il cazzo in bocca e dopo una decina di minuti mi fece bere la sua enorme sborrata. Arrivò il secondo e poi il terzo, tutti a sborrarmi in bocca. Alla fine del film probabilmente avevo sbocchinato tutti, perché non arrivava più nessuno. Sentivo la sborra galleggiare nello stomaco e avevo un leggero senso di nausea. Mi avviai verso l’uscita, ma venni intercettato dalla cassiera. “Benito ti vuole parlare, seguimi” e mi condusse nell’appartamento. Benito era sdraiato sul letto, con la solita canottiera sporca, la sigaretta in bocca, ma era senza mutande. “Vieni, avvicinati. Hai visto che sei tornato? Che ti avevo detto? Ormai non ne puoi fare più a meno. Vedo che ti piace fare lo schiavo sessuale e a me e alla signora piace avere uno schiavo” Hai tempo libero?” “Si, risposi, per tutta l’estate non ho impegni, ma che volete da me?” “Lo scoprirai un po’ alla volta. Adesso devi darmi qualcosa in cambio della tuta che ti ho prestato, vieni qua e fammi un bel pompino! Anzi spogliati nudo, prima! “ Ero totalmente soggiogato da quella situazione e così mi spogliai e mi inginocchiai accanto al letto. Lui si girò sul fianco, mi afferrò per i capelli e mi schiaffò il cazzo in bocca. La sua zona inguinale emanava il solito odore nauseante, di piscia e sudore, ma questo mi rese ancora più arrendevole e mi affidai alla sua mano che conducendo la mia testa, manteneva il ritmo per un lento bocchino. Oramai non desideravo altro che di essere reso schiavo. E lui a gran voce “ Ines vieni a vedere come lavora bene questa puttanella! “ È proprio una gran troia-rispose lei- in sala ne ha sbocchinati venticinque. Se si sparge la voce, sai quanti ne arrivano? Possiamo fare un sacco di soldi con questa puttana!” “Dai frustalo mentre me lo succhia, vedrai che gli piace!” aggiunse lui e in un attimo cominciarono a piovere frustate sul culo e sulla schiena. “Siiii mi piace quando geme col mio cazzo in bocca” e me lo spingeva sempre più a fondo. “Ora ti do il mio latte caldo, mi raccomando non ne perdere nemmeno una goccia, se no Ines ti scortica vivo” e poco dopo pulsando, il suo cazzo mi inondò la bocca. Mi tenne col viso schiacciato sul cazzo ancora un po’ fino a che fu sicuro che avessi ingoiato fino all’ultima goccia e finalmente mi lasciò andare. “Adesso tocca alla padrona, datti da fare!” Ines era già pronta a cosce larghe accanto al marito. Anche la sua fica emanava un forte odore di piscia e sudore. Mi attaccai con la bocca a lei e cominciai a leccare dentro. Produceva una quantità enorme di secrezioni che dovevo continuamente ingoiare, mentre lei continuava a frustarmi la schiena. Poi sollevò il bacino mettendoci sotto un cuscino e mi ordinò di dedicarmi all’ano. Di tanto in tanto uno schizzetto di pipì mi arrivava in faccia o in bocca. Finì con un orgasmo seguito da una pisciata vera e propria che dovetti ingoiare per intero. Mi dissero che avrei dovuto sempre chiamarli padroni e che mi aspettavano tutti i pomeriggi per fare pompini in sala e poi dedicarmi a loro. Nonostante fosse estate, i clienti aumentavano giorno dopo giorno e così venivo usato per tutta la durata dei tre spettacoli. Non era raro che venissi messo con la pancia appoggiata allo schienale di una poltrona dell’ultima fila e lì inculato a ripetizione, senza poter vedere chi mi prendeva. Uno usciva e l’altro entrava. Nel buio della sala non distinguevo bene i clienti del cinema, ma la maggior parte di loro mi sembravano nordafricani e avevano dei cazzi durissimi. Ogni giorno, quando arrivavo, mi dovevo sempre fermare dietro la cassa a leccare i piedi della padrona Ines. Si sfilava le scarpe e mi offriva i suoi piedi sudati da pulire con la lingua. Dopo qualche giorno, cominciarono a prendere l’abitudine di tenermi lì durante la notte. Ero il loro orinatoio e quando si svegliavano per un bisogno, almeno una volta a notte, dovevo prontamente prendere il cazzo di lui o attaccarmi alla fica di lei e bere tutta la loro pipì e ringraziarli per avermi dissetato. Trascorrevo le mattinate a casa nel perpetuo desiderio di essere usato da quei due e il sapore della sborra era diventato per me qualcosa di irrinunciabile. Quando scopavano, dovevo sempre stare sotto di loro a leccare cazzo e fica e dopo che Benito aveva sborrato, mi attaccavo alla fica o al culo di Ines e leccavo tutto.
Il cinema era sempre più affollato e ormai per tutti e tre gli spettacoli non avevo più tregua tra il culo e la bocca. Ma una sera successe un guaio. Ero molto stanco e avrei voluto tornare a casa, ma i due non volevano darmi tregua e si volevano godere uno spettacolo speciale. Due marocchini che avevano una frutteria lì accanto, mi avevano già scopato nel cinema, però adesso avevano voglia di farlo assieme con una doppia anale. Mi rifiutai e dissi che la doppia la poteva fare Ines. Benito andò su tutte le furie e preso lo scudiscio, mi colpì alcune volte. Mi venne un moto di rabbia e li mandai a fare in culo, uscendo velocemente dalla loro casa.
scritto il
2024-07-07
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