Marina schiava sessuale. Parte quarta

di
genere
dominazione

Quando tornarono in città, fu restituita ai legittimi proprietari. Ogni tanto Marina aveva la possibilità di rimanere a casa, ma spesso, anche in quelle occasioni, di sera, il padrone passava a prenderla, se la portava nei parcheggi isolati o in qualche parco, dove si potevano incontrare i guardoni, spacciandola per la moglie e la riprendeva col telefono mentre lei spompinava tutti quelli che arrivavano. Era stata addestrata a dire ad ognuno a cui succhiava il cazzo “vuoi donarmi la tua sborra calda? Giuro che la berrò tutta!” La riportava tre o quattro ore dopo piena di sperma essiccato sul viso, sui capelli e sulle tette. Anche i vestiti erano tutti bagnati di sperma. La maglietta a volte era talmente inzuppata da diventare trasparente e così metteva in risalto i capezzoli ancora turgidi per l’eccitazione. In queste uscite era costretta ad indossare una minigonna, niente slip e delle magliettine attillate, sottilissime e molto scollate, senza reggiseno. Oppure rigorosamente camicette bianche. I video andavano tutti su internet, dove aveva molti fan che spesso si informavano dove trovarla e a che ora. Il sito si chiamava: Marina, moglie troia, il vostro sborratoio. Questo faceva si che non le mancasse mai abbondante sborra. Quando, tornata a casa, si andava a fare la doccia, potevo vedere sul suo corpo le scritte che il padrone le aveva fatto usando il suo rossetto, allo scopo di mortificare Marina ed aumentare l’eccitazione di quelli che arrivavano. Le scritte, fatte sul culo, sulla schiena e sulle tette andavano da troia, a zoccola, sborratoio, puttanella, pompinara. Un giorno aveva fatto una diretta che in seguito aveva pubblicato sul sito. Mi aveva avvisato che se avessi voluto godermi lo spettacolo, avrei potuto collegarmi mezz’ora dopo. Così feci: si trovavano in un parco, Marina era stata appesa a un grosso ramo di un albero, con i polsi e le caviglie in alto, in modo che la fica e l’ano fossero completamente esposti e ad altezza di cazzo e su un cartello appeso al collo aveva scritto col rossetto “fica e culo per 10 euro”. Si era creata una fila di almeno una dozzina di uomini ed altri continuavano ad arrivare. Sicuramente avvisavano gli amici per telefono o seguivano la diretta. Marina, obbedendo agli ordini del padrone, li invitava a scoparla e data la posizione comoda molti se la facevano assieme in culo e nella fica. Dopo un paio d’ore il padrone avvicinò la videocamera e riprese in primo piano l’enorme quantità di sborra che colava fuori dalla fica e dal culo, invitando tutti i fan a presentarsi poche sere dopo per godersi di nuovo la troietta.
Ma anche la padrona si stava impossessando sempre di più della mente e del corpo di Marina. Mentre i primi tempi lei si assoggettava a leccare la fica della padrona solo per il piacere di essere usata, un po’ alla volta aveva scoperto in sé il piacere di quelle lunghe leccate e spesso lei stessa provocava la padrona o le chiedeva esplicitamente di sedersi sul suo viso. Aveva chiesto di poter essere sotto il tavolo quando la padrona e le sue amiche giocavano a burraco, per poterle leccare durante tutto il tempo della partita e non era raro che venisse consegnata alla coppia vincitrice per l’intera serata. Man mano che passava il tempo, la mente perversa della padrona escogitava sempre qualcosa di nuovo per umiliare e sottomettere Marina e impossessarsi sempre più di lei. Prima di farsi leccare spesso la frustava e la possedeva con uno strap on. Oppure le torturava i capezzoli, stringendoli in piccole morse che, a detta di Marina, le toglievano qualsiasi volontà e le facevano piegare le gambe. In quei momenti non desiderava altro che di essere usata. La padrona spesso obbligava Marina a leccarle l’ano e poi entrarvi dentro con la lingua, cosa che la schiava non si sarebbe mai sognata di fare fino a pochi mesi prima, ma che ora faceva con piacere ed era persino capace di far venire la padrona grazie a questo leccare profondo. La padrona oramai si eccitava moltissimo nell’esercitare queste piccole violenze su Marina e rincarò la dose, organizzando dei pomeriggi veramente duri per lei che, legata sul pavimento in ginocchio alla pecorina, dopo aver fatto un clistere, doveva subire gli assalti nel culo di tutti i neri, che era riuscita a reclutare davanti ai supermercati. La padrona li faceva mettere tutti in fila davanti a lei, che mentre ne preparava uno con la bocca, veniva scopata nel culo, dove i ragazzi dovevano sborrare. Marina non aveva il tempo di respirare e come un cazzo usciva, un altro entrava, senza dar modo alla sborra di defluire. Alla fine di questa giostra lasciava colare tutto lo sperma in una ciotola e poi era costretta a spalmarselo su tutto il corpo.
Una delle rare sere che trascorreva con me, Marina finalmente si decise a raccontarmi tutta la verità su come erano andate le cose all’inizio, quando era stata assunta dai padroni, per le pulizie di casa. Un giorno, mentre stava lavando il pavimento, si avvicinò a lei la signora e le disse che voleva regalare un paio di manette a una amica un po’ pervertita, ma non era sicura di aver scelto la misura giusta. Così le chiese di provarle su di lei, perché la sua amica aveva le stesse proporzioni. Marina, ignara, offrì i polsi e la signora fu ben felice di constatare che la misura era perfetta. Con un gesto rapido la sbilanciò e la fece sdraiare per terra. Marina era stupita di ciò che accadeva e pensava che fosse un gioco un po’ strano, ma subito dopo la signora le applicò un pezzo di nastro adesivo sulla bocca e in quel momento Marina capì che non si trattava di un gioco. La signora la fece rialzare e tirandola per i capelli la costrinse a seguirla. La portò davanti a una porta chiusa a chiave, a cui Marina non aveva mai avuto l’accesso, aprì la porta e Marina stava per perdere i sensi quando vide che si trattava di un dungeon attrezzatissimo. C’era di tutto: catene che pendevano dal soffitto ed altre appese ai muri, croci ad X con cinghie dove poter bloccare una persona, divanetti senza schienale in pelle nera, una gogna, decine di frustini di vario genere, falli artificiali di tutte le forme e dimensioni, fari per la fotografia, una fotocamera e una video camera professionali sul loro cavalletto. Tutta la stanza, infine, aveva una imbottitura di colore rosso scuro per insonorizzarla. La prima cosa che fece la signora fu di strappare i vestiti di dosso a Marina e dove non riusciva si aiutò con le forbici, lasciandola completamente nuda. Mentre lei tentava di urlare e piangeva, la fece sdraiare su un divanetto ed assicurò le caviglie e le ginocchia in modo che dovesse tenere le cosce spalancate. In un armadietto prese della ceretta a freddo e in men che non si dica le strappò tutti i peli della zona genitale, mentre Marina singhiozzava. Poi accese una candela e si divertì a farle colare la cera bollente sulla fica già resa molto sensibile dalla ceretta. A quel punto le tolse il nastro adesivo dalla bocca e le chiese se era disposta a diventare la sua schiava totale. Marina le urlò che era pazza e che l’avrebbe denunciata. “Ah, si? Ne ho ammorbidite tante prima di te, vedrai che sarai tu a chiedermelo” e condottala alla gogna, le bloccò testa e polsi e prese a frustarla con forza. Marina continuò a urlare, ma ad un certo punto le disse che accettava di essere la sua schiava. “Questa è una finta, mia cara, per non essere frustata ancora. Però ti voglio mettere alla prova, vediamo come ti comporti” e si sedette su uno sgabello alto, mettendo i piedi davanti alla bocca di Marina. “Lecca lurida schiava, vediamo se mi convinci!” E Marina prese quelle dita in bocca e cominciò a succhiarle e leccarle, sentendo il sapore salato delle sue lacrime che si mescolava alla saliva. Poi la padrona si mise a cosce spalancate e le offrì da leccare la fica. Marina ebbe qualche secondo di incertezza e si beccò subito quattro frustate sulla schiena. Così, per la prima volta nella sua vita, si trovò a leccare una fica. Poi la padrona sollevò ancora il bacino e le offrì l’ano. Marina capì che non poteva far altro che obbedire e velocemente infilò la lingua nell’ano della signora.” Vedo che cominci a capire, ma non crederai di avermi convinta!” Andò via lasciando Marina alla gogna e si ripresentò mezz’ora più tardi con il marito e un altro uomo. Marina si vergognò profondamente della situazione in cui si trovava e li implorò di liberarla. I due scoppiarono a ridere, si abbassarono i pantaloni e tirarono fuori i cazzi. “E adesso si parte di telecamera “esclamò la signora e mise in azione la videocamera. “Ora stai molto attenta alle risposte che dai, zoccoletta, te lo chiedo una volta sola! Cosa vuoi che ti facciano questi due bei cazzoni?” “Niente, vi prego liberatemi!” “Risposta sbagliata e pagherai per averla data” e la signora cominciò a far schioccare la frusta sulle cosce, sul culo e sulla schiena, che si riempivano di strie rosse, mentre Marina piangeva e urlava. A un certo punto parve calmarsi e disse” …ti prego padrona non frustarmi più, voglio che questi due cazzi mi scopino dappertutto e mi sborrino dentro!” “Brava troietta, queste sono le parole giuste, ma le hai dette in ritardo e i cazzi diventeranno un po’ di più. Faccio una telefonata ad Amal e Bursa. Intanto voi cominciate. I due si posizionarono davanti e dietro e cominciarono a scopare Marina. Si alternarono diverse volte, prima di inondarla di sperma che dovette in parte ingoiare. Dopo un po’ si aprì la porta e si presentò di nuovo la padrona con cinque bestioni neri. Palparono Marina in tutto il corpo e presero a strofinarle i cazzi dappertutto, poi due per volta iniziarono a scoparla. Al terzo giro, dopo aver ricevuto dieci sborrate, Marina implorò di liberarla, ma la padrona riprese a frustarla violentemente, fino a che lei cominciò a urlare “sono la vostra troia, la vostra schiava e voglio esserlo per sempre. Il mio corpo vi appartiene, usatelo come volete tutti i giorni. Padrona fammi scopare ancora da questi tori, donami loro tutti i giorni! Voglio bere la loro sborra all’infinito. Padrona voglio leccare la tua fica e il tuo culo tutte le volte che lo vorrai!”. “Lo sapevo che prima o poi cedeva la troietta. Forza ragazzi per il terzo giro, tutti e sette. Riempitela bene questa zoccoletta!” Si abbandonò completamente a questi sette cazzi, che si impossessarono di nuovo del suo corpo per il resto del pomeriggio. La signora le ordinò di comportarsi come la troia più disponibile del mondo e lei obbedì, cercando di stupire la sua padrona con un atteggiamento talmente disinibito e da porca che portò i sette uomini a riempirla di sborra dappertutto. Mi disse che dopo questa esperienza si era sentita completamente trasformata, qualcosa era scattato nel suo cervello e si sentiva completamente cambiata. Ogni resistenza era abbandonata, ogni vergogna scomparsa nel nulla. Non desiderava altro che di essere dominata e l’idea di essere una schiava sessuale aveva invaso la sua mente. Da quel momento era diventata talmente devota verso la sua padrona da essere felice che lei si impossessasse, ogni volta che lo desiderava, del suo corpo e della sua mente. Chiunque entrasse in quella casa era probabilmente destinato ad essere leccato da Marina. Bastava un cenno della padrona, come quello di indicare la lingua e lei si metteva in ginocchio e con la lingua di fuori davanti al postino, al ragazzo delle consegne, aspettando che tirassero fuori il cazzo per farselo succhiare. Oppure la padrona si toccava davanti o dietro e lei si metteva a pecorina dicendo “la mia fica è tua, mia padrona assoluta o il mio culo è tuo, possiedimi!” E durante la scopata con strapon sempre più grossi, quando era di fronte, non perdeva mai il contatto con gli occhi della padrona per coglierne segni di soddisfazione ed essere certa di compiacerla. In quei giorni si era creata in lei una lacerazione, perché nonostante l’amore che aveva per me, si accorgeva di non fare altro che pensare alla padrona, quando era a casa con me e di desiderare invece di essere sempre con lei. Ogni minuto di sua assenza era diventato fonte di sofferenza. Oramai era diventata la schiava perfetta.
MisterM
scritto il
2022-12-03
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