La professionista III

di
genere
saffico

Il nuovo cliente è più lontano di quel che pensassi. Guardando le case sfilare fuori dal finestrino lascio che i pensieri vaghino in libertà.


Ricordo la mia prima volta. L’avevo rimediato ai giardinetti. Era un uomo di circa quarant’anni e se ne stava seduto su una panchina senza avere evidentemente nulla da fare. Io facevo finta di interessarmi alle piante del giardino ma intanto mi guardavo intorno. Così mi accorsi delle sue occhiate. Quando l’ho fissato io è stato lui a distogliere lo sguardo. In fondo aveva il doppio della mia età e non pensava che avrebbe potuto corteggiarmi. Ma io sono passata davanti alla sua panchina, mi sono girata verso di lui e gli ho fatto un breve sorrisetto. Poi ho proseguito andando verso casa mia. Lui ha cominciato a seguirmi. Io ho cominciato di nuovo a soffermarmi sulle piante. Mi ha raggiunto, e mi ha chiesto se ero sola. Era molto sospettoso. Non sapeva con chi aveva a che fare. Forse aveva intuito che fossi una di quelle, anche se tecnicamente, ancora non lo ero. Mi ricordo ancora che gli risposi:" io sono sempre sola" e gli sorrisi complice. Allora capi. Mi chiese se ero sola anche in casa. Io risposi di sì con un nuovo sorrisetto.
"Posso venirti a trovare? “
"Certo" risposi io. E cominciai ad avviarmi verso il mio appartamento. Lui mi tenne dietro a distanza. Io entrai dal portone e lo lasciai aperto, salii le scale e aprii la porta di casa. Entrai e lasciai aperto. Sentii la porta chiudersi alle mie spalle. Mi raggiunse in cucina.
"Vuoi un caffè?" gli chiesi
Lui rispose si grazie poi quasi timidamente con voce bassa mi ha chiesto quanto volevo. Avevo pensato molto a che cifra chiedere. Avevo deciso per cinquanta euro ma lì per lì sparai trenta. Tendevo a darmi poco valore. Lui accettò. Avevo appena messo sul fuoco la macchinetta che lui mi fu alle spalle e mi sfiorò le spalle con le mani.
"Andiamo di là"dissi.Di là era la camera da letto. Una volta lì mi slacciai il vestito di cotonina cotone e mi sdraiai sul letto, seni e pancia esposti, mutandine da togliere. Fu lui a farlo, dopo essersi spogliato. Me le sfilò maldestramente, quasi ruppe l’elastico. Per farla breve mi è venuto sopra e ha cominciato ad armeggiare col suo coso contro la mia vagina. In qualche modo è riuscito a entrare. Subito mi ha dato fastidio ma sopportabilmente. Mentre iniziava a stantuffare ha messo il testone sopra la mia spalla e ho sentito l’odore dei suoi capelli. Non durò molto. Lo facemmo appunto senza preservativo. Lui mi schizzò sulla pancia e sui peli della passerina. Quando ci alzammo e ci asciugammo con dei fazzoletti di carta e tornammo in cucina, dalla macchinetta cominciava a uscire il caffè. Il tutto era durato pochi minuti. Lui prese dal portafoglio i trenta euro e li mise sul tavolo. In seguito ho sentito dire che l’operazione del pagamento è particolarmente umiliante per la donna. Non ho mai capito il perchè. Io mi sono sentita potente e libera. Non mi è sembrato vero di aver guadagnato in tre minuti come in tre ore di pulizie delle scale. Lui è andato via senza prendere il caffè. Me lo sono bevuto tutto io.
Per quel giorno non sono andata con nessun’altro.
Il taxi continua ad andare, questo nuovo indirizzo non giunge mai.


Il secondo lo accalappiai due giorni dopo, sempre ai giardini. Sembra che gli uomini girino per strada pensando continuamente a quello. I più ti guardano e passano oltre, ma c’è quello che non va via, ed è quello giusto. Costui mi colpì perché aveva una camminata piena di energia, sembrava che dovesse andare chissà dove. Mi superò senza quasi guardarmi. Ho detto quasi. Dopo cinque minuti eccolo riapparire. Aveva fatto il giro dei giardinetti. Stavolta l’occhiata fu impercettibilmente più lunga. Ma lo stesso proseguì. La terza volta fu la decisiva. Io mi ero spostata perché varie donne sedute in una panchina a chiacchierare e a tenere sotto controllo i figlioletti cominciavano a notarmi. Ma lui mi trovò lo stesso. Venne verso di me. Io gli sorrisi. Stessa domanda:"sei sola?
Non volli rispondere come l’altra volta. Risposi semplicemente di sì.
"Andiamo?" risposi di si un’altra volta. Cominciai a camminare e lui mi venne al fianco. In seguito lo avrei evitato. Mantenere il riserbo è importante quasi come fare mettere il preservativo. Mi accompagnò in appartamento e anche questa volta gli offrii un caffè. Declinò l’offerta. Si guardava attorno per vedere dove era la camera. Ci andammo. Ci sedemmo entrambi sul letto, io da una sponda lui dall’altra. Quando mi girai lo trovai nudo dalla cintola in giù. Aveva tenuto la maglietta e i calzini. Io mi ero sfilata il vestito e le mutandine. Mi ricordo che la cosa non mi fece una grande impressione. Stavo nuda di fronte a quell’uomo e non sentivo niente, come dal dottore. Mi guardò interrogativo. Aveva già la coda protuberante. Così mi adagiai sul letto e attesi che lui mi mi imitasse. Si stese di fianco a me e passò una mano sul mio corpo finendo sulla foffa. Io dischiusi le gambe. Si issò su di me e mi prese. Dieci minuti dopo era già finita. Mi ricordo che durante il tempo fissai l’armadio di fronte al letto. Si muoveva su e giù nel mio campo visivo a seconda delle spinte che ricevevo. Venne piuttosto in fretta sulla mia pancia. Si reinfilò i vestiti sbrigativo, io rimanendo nuda. Mise le banconote sul comò, mi salutò e uscì di casa. In tutto avremmo scambiato dieci parole. Avrà avuto un nome no? Mi sono sempre chiesta quale fosse. Che strani pensieri che mi vengono. Oggi mi sussurrano nomi falsi al telefono per chiedere l’appuntamento. Come se servisse qualcosa dire Mario al posto di Giovanni o Lucio al posto di Gianmaria. Ma il nome di quel secondo cliente non lo saprò mai.


Ecco, la prima marchetta della giornata è fatta. Ora sono di nuovo in taxi. Questo cliente ha voluto che gli facessi lo spogliarello mentre lui si masturbava. Non sono una spogliarellista. Ho fatto del mio meglio per ancheggiare e sfilarmi la biancheria in modo sexy, guardandolo invitante e sorridendogli. Credo di essere riuscita bene perché mi ha voluto accanto a lui sul letto. Mi ha baciato i seni a lungo poi è passato alla pancia e quindi alla vagina. Aspirava dal naso come se odorasse un fiore. Che bella gnocca che sei, che bella gnocca, ripeteva. lo so, avrei voluto rispondere, è per quello che paghi tanto. Poi ha voluto che glielo prendessi in bocca. Preservativo alla fragola, e via andare. Sentivo che si faceva sempre più duro. Che bel cazzo che hai, come è grosso, gli ho detto. Non era vero ovviamente ma lui è parso gradisse. Poi mi sono infilata a smorzacandela. Mentre ansimava per il piacere io gli accarezzavo il torace, giocavo con i peli del petto. Bella gnocca, bella gnocca mi ha ripetuto. Io gli lasciavo cadere i miei capelli profumati sul viso, sfiorandoglielo. Gli ho chiesto se voleva cambiare posizione. Ha fatto no con la testa, gli occhi chiusi, concentrato sulle sue sensazioni. Alla fine è venuto. Fossero così tutti i clienti. Quando l’ho lasciato gli ho lanciato una delle mie occhiate languide come a dire che quell’incontro mi era particolarmente piaciuto, che era un dolce segreto tra me e lui e che sarei stata felice di reincontrarlo. Non so se il mio sguardo vuole dire tutte queste cose. Ci provo, ecco tutto. Il taxi procede verso a casa dove rifarò una doccia. Ho ancora qualche chilometro da fare.

Dopo dieci mesi cominciarono i primi problemi col vicinato. Le donne al parco avevano cominciato a sgamarmi, i condomini cominciavano a guardarmi strano. Parallelamente erano aumentati anche i clienti. Il passaparola funzionava non solo a mio sfavore. Le donne o non mi salutavano o mi rivolgevano un sorriso sbrigativo, e pur conoscendomi non si fermavano a parlare. Potenziali cornute. Presto avrei conosciuto i loro mariti, e gli avrei dato quel piacere diverso, che loro non potevano più regalare. Un giorno mi sono trovata davanti alla porta i carabinieri. Avevano ricevuto una chiamata per schiamazzi notturni che, a sentir loro , provenivano dal mio appartamento. Probabilmente erano gli studenti al piano di sopra a fare baccano. Ma avevano segnalato me. Qualche giorno dopo ci fu un diverbio tra marito e moglie. Lo sentirono in tutto il condominio. Lei strillava come una pazza. Non ti voglio più vedere, mi fai schifo urlava. Lui era stato con me due giorni prima ed era uno dei miei clienti più assidui. Ricordo che voleva essere lui a infilarsi il preservativo. Non gli piacevano le mie unghie lunghe sulla pelle, diceva. Poi mi voleva chiamare Giada. Lo ripeteva in continuazione e sono sicura che non fosse il nome di sua moglie. Ma insomma le cose nel quartiere stavano girando male. Prima di venire linciata
decisi appunto di cambiare appartamento. Allora avevo già raggiunto un buon guadagno mensile. Fino a quel momento avevo ricevuto gli uomini in vestaglia (ormai non dovevo più procacciarmeli dalla strada) e portavo un intimo molto semplice, da grandi magazzini. Mi sarei accorta poi che agli uomini non interessa solo la patatina, ma vogliono il contorno. In quei giorni decisi che una volta cambiato appartamento avrei iniziato a portare indumenti più ammiccanti. Sembrano sciocchezze ma in un percorso professionale sono le scelte che contano.


scritto il
2024-08-13
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