Valeria, irresistibile per me (DUE)
di
La Recherche
genere
trio
La mia mente si è svegliata animata, nel silenzio dell’ultima parte della notte, dalle sensazioni e dalle emozioni stupende di ieri. Nell’incapacità di riprendere sonno, però, si sono fatti strada tanti altri pensieri.
Ripercorro nella testa ciò che ha seguito il pomeriggio. Giovanni, costernato, aveva avvertito che non avrebbe potuto raggiungerci per via di un probabile intervento. Valeria aveva preparato un ottimo minestrone tiepido col pesto, seguito da una torta di verdure e pinoli, rimasta però quasi intonsa perché pane, burro e alici ci avevano nutrito a dovere già durante l’aperitivo, innaffiato da un fresco vermentino della zona; una macedonia di pesche “con la menta del mio giardino”, Vale dixit, era il sapore dolce a chiusura.
La serata era trascorsa allegra con il suono delle cicale a fare da colonna sonora.
Valeria era particolarmente radiosa, ma anche luminosa nei suoi pantaloncini di lino azzurri abbinati con una camicia bianca da uomo, anch’essa di lino, sufficientemente aperta e leggera da farmi vedere che non indossava il reggiseno. Michele, richiesto se non addirittura “costretto”, ci aveva intrattenuto con una lunga carrellata di aneddoti divertenti esplicativa dell’evolvere del cameratismo maschile tra i tempi del liceo, dell’università, dei primi anni di lavoro, del calcetto da freschi quarantenni.
Realizzo ora, mentre dorme al mio fianco in un sonno che gli invidio, che era stato particolarmente affettuoso con me tutta la sera. Attenzioni, carezze, abbracci. Baci. Chissà se gli sguardi tra me e Valeria erano stati diversi dal solito, se il nostro scherzare, stare vicine, essere complici nel prenderlo in giro, aveva mostrato il segno di una maggiore intimità e lui si era sentito trascurato. Analizzo i momenti della serata, mentre insonne mi rigiro nel letto: non penso di avergliene dato motivo, anche se certamente più volte può avermi visto ammirare Valeria o guardarle le lunghe, magre, abbronzate cosce rannicchiate e i piedi affusolati adagiati sulla seduta della poltrona. Avrà pensato che il mio ammirarla era per via dell’invidia della sua altezza, sentimento che d’altro canto avevo anche reso esplicito e dichiarato in un momento di conversazione che aveva offerto il fianco a stereotipi vari. Ero così ricorsa al classico “Altezza è mezza bellezza”, cui Valeria aveva prontamente replicato con -ci ha poi spiegato- la citazione del titolo di un romanzo sudamericano, “Sin tetas no hay paraíso”, palpando sfacciatamente con una mano il suo e con l’altra il mio seno sopra il tessuto, a rimarcare la differenza (la quale, comunque, era già evidenziata dalla mia canottiera blu a coste, ben aderente. Molto aderente). Escludo che Michele possa aver dato un significato a quel gesto.
Eravamo andati a letto tardi, ciò che rende ancora più insopportabile l’essere già sveglia a quest’ora.
Pensieri, dubbi, sentimenti di colpa, domande disordinate si inseguono in me impedendo al sonno di riconquistarmi. Cosa succederà con Valeria? E’ stato solo un episodio e nulla si ripeterà o accadrà di nuovo? Saprò, anzi sapremo vivere l’attrazione reciproca senza creare casini con Michele e Giovanni? L’idea di desiderare anche Valeria nella sfera del mio piacere sessuale è un tradimento -che parola grave- di Michele? E poi, il desiderio di lei è segno di una mia insoddisfazione intima che non ho mai compreso? Mio marito mi appaga, ma allora cosa significa quel volerla? Vago, stanca, tra preoccupazioni e domande, approdando all’immaginare la frustrazione di Valeria in relazione a Giovanni: è certamente una condizione penosa quella di avere un compagno che ti nega il piacere.
Mentre intravedo il chiarore dell’alba cominciare timidamente ad affacciarsi, i pensieri iniziano a rallentare, perdono consistenza, diventano più fluidi, meno razionali, leggeri.
Il sonno sembra finalmente riprendere possesso di me.
Michele si gira nel letto e mi si avvicina: siamo entrambi sul fianco sinistro, paralleli, allineati. Dopo poco il suo respiro si fa meno profondo e una sua mano mi accarezza leggera la coscia. Aderisce a me e io sporgo il bacino verso di lui: sento la durezza del suo desiderio premere nel punto giusto. Mi piace, parecchio. Con delicatezza sta sollevando la mia già corta camicia da notte. Nessuno dei due dice nulla. Porto più avanti la gamba superiore e sento la sua virilità appoggiarsi bene dove sono presto umida di desiderio. Alzo la gamba, un minimo, per rendere più facile quel lento scivolare in me. Afferro dolcemente, con la mia, la sua mano destra che teneva il mio fianco e la porto sul mio seno pieno, velato dalla seta. Lo stringe, lo libera, ne stuzzica il capezzolo carnoso, torcendolo e pizzicandolo. Ma è da sotto che vengono le sensazioni più intense, dove oltre alla pienezza di lui e del suo spingere, accorre la mia mano a darmi il piacere che voglio subito: lui dentro, robusto, io sul mio tasto umido e scivoloso che stimolo progressivamente più forte, fino a farlo in maniera quasi frenetica. Ansimo muta. L’eccitazione cresce a una velocità equivalente alla forza del mio desiderio. Mentre con la mano, ora sotto la coscia, mi tiene sollevata la gamba, passa la sua lingua dietro il mio orecchio e ogni parte di me si tende ad aspettare l’orgasmo che, rapido quanto profondo, mi vince. Intenso.
Nessuno dei due ha proferito verso; io ho soffocato il volume del mio piacere.
Michele continua le sue spinte che, però, mi trovano ora meno partecipe. Lo faccio uscire da me e metter supino dopo essermi girata sul fianco destro, rivolta verso di lui.
“Mercì”, gli dico dolcemente. Già sa le mie prossime mosse: lo bacio, mi chino sul suo petto, lecco i suoi capezzoli; scendo con la lingua fino all’ombelico. Mi abbasso ancora: una linea tracciata da tre, quattro, cinque, sei baci leggeri prima scende, poi si arrampica fino in cima al suo vigore eretto. Bacio la punta gonfia, della quale si impossessa subito la mia lingua ad assaporare il gusto di me. Avvolgo tutto con la bocca e scendo con le mie labbra dando il via al su e giù per quell’asta. Senza mai staccarmi, mi sposto inginocchiandomi tra le sue gambe. Dopo un paio di minuti di appassionata concentrazione, nel chiarore pallido che abita la stanza, guardo sul suo volto l’effetto del mio alternare lingua, bocca, mani in un lavoro che non interrompo. Anche lui mi guarda, l’incontro dei nostri sguardi è intenso. “Quando fai quella faccia -afferma senza dire da cosa- mi ecciti ancora di più”. Lo so bene.
“Mi piace darti piacere così - rispondo- e mi piace da morire eccitarti.”
Riprendo con passione a giocare con il suo sesso che, vivo, reagisce a ogni mia sollecitazione.
“Ti ho visto ieri, dalla finestra del bagno”, afferma allora lui continuando a guardare i miei occhi, mentre sento la sua virilità irrobustirsi ancor di più proprio in quel mentre.
Caspita, non ero pronta a questa situazione, ma una scossa nel mio basso ventre è la prova che non la disdegno affatto. Impugno più forte e faccio scivolare la mano su e giù con maggior vigore. “E cos’hai visto?”, chiedo. Sono sempre fra le sue gambe, china verso ciò che riprendendo in bocca con passione prima che lui risponda.
“Vi baciavate. Nell’acqua. Nude.”
Il suo sguardo, la sua voce, le sue parole, il turgore che impugno, che lecco: tutto mi sta coinvolgendo sempre di più. Lo voglio di nuovo in me. “Allora ti sei perso il meglio”, dico stringendo la presa solida e facendo una pausa prima di ripetere “il meglio”. Poi mollo tutto e mi sposto: esco dalle sue gambe, vado al suo fianco, mi giro e salgo a cavallo di lui dandogli la schiena. Appoggiata sulle ginocchia, ma con il busto semi eretto mi calo facendo scivolare con facilità in me ciò che è reso viscido da quanto la mia bocca ha appena smesso di fare. Sfilo la camicia da notte liberando il seno. Muovo i fianchi: prima alzandomi e abbassandomi su di lui, poi avanti e indietro, quindi facendo una specie di otto con il bacino. Ripeto i movimenti con disordine mentre sento il piacere crescere nuovamente: veloce come prima. Ansimo, gemo mentre con un “Shhh!” mi ricorda che c’è un’altra presenza nella stanza vicina. Fermo tutto e rovescio la mia schiena su di lui liberando le gambe: alzo le ginocchia, punto i piedi; nel movimento perdo ciò che mi dava pienezza, rialzo la schiena reggendomi sulle braccia rivolte dietro di me. Muovendo il bacino vado a caccia di ciò che era uscito: lo ritrovo, lo riprendo.
Michele mi sorregge per i fianchi, assecondando i miei movimenti; è come se io non avessi peso, ma sento invece che in quella posizione lui è tutto in me. Il mio respiro si fa più affannoso, colgo e manifesto l’energia del piacere la cui esplosione è imminente. “Shhh! Piano!” ripete.
Realizzo di non essermi controllata e il mio sguardo si rivolge subito alla porta: è semi chiusa. O semi aperta. Negli specchi del corridoio intravedo Valeria illuminata dai riflessi della luce dell'alba. E’ lì, subito fuori dalla porta: ci guarda attraverso quegli specchi. I nostri sguardi si incrociano e si fissano con continuità. Mi sorride.
Giovanni, con me sopra, non può vedere la porta; continuo a muovermi, porto la mano sinistra nel punto in cui lui entra in me. Gli occhi di Valeria ora sono puntati lì; con le dita divarico anche la parte superiore delle mie labbra, voglio che veda. Lei guarda. Porto quelle stesse dita umide alla mia bocca, poi le tendo la mano. Si, è una pazzia, ma la sto invitando a entrare, a unirsi a me. Voglio sentire i suoi baci, le sue mani. Ma soprattutto voglio vederla nuovamente godere.
Ora è sulla porta con la sua camicia da notte lunga di seta nera dalle spalline sottili, con i suoi capelli lunghi. Che bella!
I suoi occhi sono piantati nei miei, sembra in punta dei piedi in quei pochi passi, determinati e incerti allo stesso tempo, con i quali si avvicina.
E’ stupenda! Le sue gambe appaiono attraverso gli alti spacchi laterali. Conturbante, muove il suo sguardo dove Giovanni entra in me. Mi sposto proprio quando le sue ginocchia toccano il letto. Giovanni di colpo è immobile, mentre mi sposto di lato guardando lei. Valeria è come rapita da ciò che di lui è appena uscito da me e che è li: svettante e umido. Il suo ginocchio destro, per primo, attraverso lo spacco scivola sul letto. Poi l’altro. Lei si china, con la mano sinistra sposta da sopra i lunghi capelli facendoli passare dietro l’orecchio destro, poi alla nuca a giù tra il collo e la spalla opposta. Avvicina le sue labbra piene a ciò che vuole e lo prende: prima con la mano destra, poi in bocca. E’ dolce e famelica. Ed è stupenda.
Mi volto verso Michele: ha gli occhi spalancati che mi guardano, interroganti. Vado a rassicurarlo con un lungo e profondo bacio sulla bocca mentre con il palmo della destra gli tengo la guancia e il mento. Poi torno ad ammirare l’abnegazione di Valeria, a lungo. Le appoggio una mano sulla testa: non per costringerla nel movimento, ma per un mio bisogno di partecipare. Mi guarda e si sposta un pochettino come per darmi modo di andare a condividere quel gesto di piacere. “E’ tutto tuo”, le dico. “E’ solo per te”, specifico.
Accarezzo il collo e la testa della mia amica. E’ come se Michele fosse solo il sesso che lei sta usando per il piacere proprio. Non guarda altro di lui. Scendo dal letto, vado dietro Valeria. Le sollevo bene la seta fino ai fianchi. Lei li alza e mi chino per passare la lingua nella sua fessura che mi espone: è pregna di umori. Risalgo con la lingua e mi soffermo sulla sua rosellina. Sento che, pur avendo la bocca impegnata, emette un verso di piacere. Le bacio i glutei rotondi e sodi. Salgo come per abbracciarla da dietro e con le mani cerco di raggiungere i suoi seni dandole baci sulle spalle. Alza un minimo il tronco per rendermi più agevole l’abbraccio, poi lo torce lateralmente per baciarmi. Le nostre lingue si accarezzano con voluttà. La aiuto ad alzarsi e passa le ginocchia all’esterno delle gambe di Michele. Sono alle spalle di Valeria: sta per ricevere mio marito del quale è a cavalcioni e il cui pene guido con una mano per farlo scivolare in lei. Geme all’accoglierlo. Passo di lato, la guardo. Le abbasso le strette spalline: la seta della camicia da notte è ora un drappo morbido sui fianchi che si muovono lentamente. E’ di una bellezza indescrivibile. Le bacio il seno, lecco il capezzolo più vicino a me. Voglio godere con lei. Scavalco con una gamba il volto di Michele e mi pongo di fronte a Valeria. Scendo per trovare la bocca di mio marito e permettere alla sua lingua di sguizzare nella mia fessura. Lo fa disordinatamente e con colpi rapidi, ma efficaci. Valeria alza le braccia sopra la testa, afferra i capelli e li solleva: il suo volto indica presto l’imminenza del piacere, il respiro scandisce il ritmo del godere che avanza. Faccio per avvicinare il mio viso al suo; anche lei mi viene incontro mentre le nostre mani prendono i seni l’una dell’altra. Le nostre bocche si uniscono. Sento che sta per venire e la bacio con ancor più passione, avvicinandomi anch’io a un piacere che esplode assieme al suo con gemiti che liberiamo potenti.
Michele è immobile e muto, come un oggetto di scena, mentre Valeria si adagia di lato, facendolo uscire. In estasi, lei si abbandona poi sul bordo del letto. Appagata, lascio la mia posizione e mi sdraio vicino a lei. Nessuno dice nulla. Poi mi sorride, mi bacia sulle labbra con delicatezza, si alza, prende la sua camicia da notte, esce dalla stanza.
Chiudo gli occhi, poi con un braccio cerco Michele dietro di me: non lo trovo. Con la mano tasto una porzione ampia della superfice del letto. Nulla. Lo sento però chiamarmi dolcemente: è come se fosse sopra di me. Apro gli occhi: la luce del sole illumina forte la stanza e ci metto qualche secondo a mettere a fuoco. Lui non è nel letto, ma è chinato e il suo volto gravita a una spanna dal mio. Indossa quegli orribili pantaloncini da bici con le bretelle e le sue mani calzano i guanti senza dita.
Tutto è straniante.
“Ti ho lasciato dormire questa mattina -dice- e sono andato presto a fare un giretto in bici. Ho incontrato Valeria sulla strada ora, rientrando: ha detto che doveva andare in un vivaio, ma di chiamarla quando ti svegli che ti dice dove raggiungerla per andare a un mercato.” Poi mi da un bacio fugace sulle labbra e mi annuncia che va a fare la doccia.
Sono incredula.
Sento l’acqua scorrere nella stanza da bagno adiacente. Non è possibile...., dico ridendo in me stessa.
Mi alzo, vado verso il corridoio tappezzato di specchi. Mi sfilo la camicia da notte, apro la porta del bagno. Michele è sotto il getto dell’acqua, lo sorprendo alle spalle entrando nel box.
“Ti ho sognato”, gli dico. Mi chino e bagnata dagli schizzi dell’acqua impugno il suo sesso, subito reattivo. Lo bacio, lo lecco, lo faccio scomparire tra le mie labbra. Poi inizio a muovermi con la testa. Dopo qualche decina di secondi di impegno, alzo gli occhi cercando il suo sguardo.
“Quando fai quella faccia -afferma dall’alto, con le gambe lievemente divaricate e piegate, portando una sua mano a impugnare in una coda i miei capelli biondi- mi ecciti ancora di più”.
“Mi piace darti piacere così e mi piace da morire eccitarti”, rispondo pensando ai progetti che ho per me, per lui. Per noi tre.
larecherche@tutamail.com
Ripercorro nella testa ciò che ha seguito il pomeriggio. Giovanni, costernato, aveva avvertito che non avrebbe potuto raggiungerci per via di un probabile intervento. Valeria aveva preparato un ottimo minestrone tiepido col pesto, seguito da una torta di verdure e pinoli, rimasta però quasi intonsa perché pane, burro e alici ci avevano nutrito a dovere già durante l’aperitivo, innaffiato da un fresco vermentino della zona; una macedonia di pesche “con la menta del mio giardino”, Vale dixit, era il sapore dolce a chiusura.
La serata era trascorsa allegra con il suono delle cicale a fare da colonna sonora.
Valeria era particolarmente radiosa, ma anche luminosa nei suoi pantaloncini di lino azzurri abbinati con una camicia bianca da uomo, anch’essa di lino, sufficientemente aperta e leggera da farmi vedere che non indossava il reggiseno. Michele, richiesto se non addirittura “costretto”, ci aveva intrattenuto con una lunga carrellata di aneddoti divertenti esplicativa dell’evolvere del cameratismo maschile tra i tempi del liceo, dell’università, dei primi anni di lavoro, del calcetto da freschi quarantenni.
Realizzo ora, mentre dorme al mio fianco in un sonno che gli invidio, che era stato particolarmente affettuoso con me tutta la sera. Attenzioni, carezze, abbracci. Baci. Chissà se gli sguardi tra me e Valeria erano stati diversi dal solito, se il nostro scherzare, stare vicine, essere complici nel prenderlo in giro, aveva mostrato il segno di una maggiore intimità e lui si era sentito trascurato. Analizzo i momenti della serata, mentre insonne mi rigiro nel letto: non penso di avergliene dato motivo, anche se certamente più volte può avermi visto ammirare Valeria o guardarle le lunghe, magre, abbronzate cosce rannicchiate e i piedi affusolati adagiati sulla seduta della poltrona. Avrà pensato che il mio ammirarla era per via dell’invidia della sua altezza, sentimento che d’altro canto avevo anche reso esplicito e dichiarato in un momento di conversazione che aveva offerto il fianco a stereotipi vari. Ero così ricorsa al classico “Altezza è mezza bellezza”, cui Valeria aveva prontamente replicato con -ci ha poi spiegato- la citazione del titolo di un romanzo sudamericano, “Sin tetas no hay paraíso”, palpando sfacciatamente con una mano il suo e con l’altra il mio seno sopra il tessuto, a rimarcare la differenza (la quale, comunque, era già evidenziata dalla mia canottiera blu a coste, ben aderente. Molto aderente). Escludo che Michele possa aver dato un significato a quel gesto.
Eravamo andati a letto tardi, ciò che rende ancora più insopportabile l’essere già sveglia a quest’ora.
Pensieri, dubbi, sentimenti di colpa, domande disordinate si inseguono in me impedendo al sonno di riconquistarmi. Cosa succederà con Valeria? E’ stato solo un episodio e nulla si ripeterà o accadrà di nuovo? Saprò, anzi sapremo vivere l’attrazione reciproca senza creare casini con Michele e Giovanni? L’idea di desiderare anche Valeria nella sfera del mio piacere sessuale è un tradimento -che parola grave- di Michele? E poi, il desiderio di lei è segno di una mia insoddisfazione intima che non ho mai compreso? Mio marito mi appaga, ma allora cosa significa quel volerla? Vago, stanca, tra preoccupazioni e domande, approdando all’immaginare la frustrazione di Valeria in relazione a Giovanni: è certamente una condizione penosa quella di avere un compagno che ti nega il piacere.
Mentre intravedo il chiarore dell’alba cominciare timidamente ad affacciarsi, i pensieri iniziano a rallentare, perdono consistenza, diventano più fluidi, meno razionali, leggeri.
Il sonno sembra finalmente riprendere possesso di me.
Michele si gira nel letto e mi si avvicina: siamo entrambi sul fianco sinistro, paralleli, allineati. Dopo poco il suo respiro si fa meno profondo e una sua mano mi accarezza leggera la coscia. Aderisce a me e io sporgo il bacino verso di lui: sento la durezza del suo desiderio premere nel punto giusto. Mi piace, parecchio. Con delicatezza sta sollevando la mia già corta camicia da notte. Nessuno dei due dice nulla. Porto più avanti la gamba superiore e sento la sua virilità appoggiarsi bene dove sono presto umida di desiderio. Alzo la gamba, un minimo, per rendere più facile quel lento scivolare in me. Afferro dolcemente, con la mia, la sua mano destra che teneva il mio fianco e la porto sul mio seno pieno, velato dalla seta. Lo stringe, lo libera, ne stuzzica il capezzolo carnoso, torcendolo e pizzicandolo. Ma è da sotto che vengono le sensazioni più intense, dove oltre alla pienezza di lui e del suo spingere, accorre la mia mano a darmi il piacere che voglio subito: lui dentro, robusto, io sul mio tasto umido e scivoloso che stimolo progressivamente più forte, fino a farlo in maniera quasi frenetica. Ansimo muta. L’eccitazione cresce a una velocità equivalente alla forza del mio desiderio. Mentre con la mano, ora sotto la coscia, mi tiene sollevata la gamba, passa la sua lingua dietro il mio orecchio e ogni parte di me si tende ad aspettare l’orgasmo che, rapido quanto profondo, mi vince. Intenso.
Nessuno dei due ha proferito verso; io ho soffocato il volume del mio piacere.
Michele continua le sue spinte che, però, mi trovano ora meno partecipe. Lo faccio uscire da me e metter supino dopo essermi girata sul fianco destro, rivolta verso di lui.
“Mercì”, gli dico dolcemente. Già sa le mie prossime mosse: lo bacio, mi chino sul suo petto, lecco i suoi capezzoli; scendo con la lingua fino all’ombelico. Mi abbasso ancora: una linea tracciata da tre, quattro, cinque, sei baci leggeri prima scende, poi si arrampica fino in cima al suo vigore eretto. Bacio la punta gonfia, della quale si impossessa subito la mia lingua ad assaporare il gusto di me. Avvolgo tutto con la bocca e scendo con le mie labbra dando il via al su e giù per quell’asta. Senza mai staccarmi, mi sposto inginocchiandomi tra le sue gambe. Dopo un paio di minuti di appassionata concentrazione, nel chiarore pallido che abita la stanza, guardo sul suo volto l’effetto del mio alternare lingua, bocca, mani in un lavoro che non interrompo. Anche lui mi guarda, l’incontro dei nostri sguardi è intenso. “Quando fai quella faccia -afferma senza dire da cosa- mi ecciti ancora di più”. Lo so bene.
“Mi piace darti piacere così - rispondo- e mi piace da morire eccitarti.”
Riprendo con passione a giocare con il suo sesso che, vivo, reagisce a ogni mia sollecitazione.
“Ti ho visto ieri, dalla finestra del bagno”, afferma allora lui continuando a guardare i miei occhi, mentre sento la sua virilità irrobustirsi ancor di più proprio in quel mentre.
Caspita, non ero pronta a questa situazione, ma una scossa nel mio basso ventre è la prova che non la disdegno affatto. Impugno più forte e faccio scivolare la mano su e giù con maggior vigore. “E cos’hai visto?”, chiedo. Sono sempre fra le sue gambe, china verso ciò che riprendendo in bocca con passione prima che lui risponda.
“Vi baciavate. Nell’acqua. Nude.”
Il suo sguardo, la sua voce, le sue parole, il turgore che impugno, che lecco: tutto mi sta coinvolgendo sempre di più. Lo voglio di nuovo in me. “Allora ti sei perso il meglio”, dico stringendo la presa solida e facendo una pausa prima di ripetere “il meglio”. Poi mollo tutto e mi sposto: esco dalle sue gambe, vado al suo fianco, mi giro e salgo a cavallo di lui dandogli la schiena. Appoggiata sulle ginocchia, ma con il busto semi eretto mi calo facendo scivolare con facilità in me ciò che è reso viscido da quanto la mia bocca ha appena smesso di fare. Sfilo la camicia da notte liberando il seno. Muovo i fianchi: prima alzandomi e abbassandomi su di lui, poi avanti e indietro, quindi facendo una specie di otto con il bacino. Ripeto i movimenti con disordine mentre sento il piacere crescere nuovamente: veloce come prima. Ansimo, gemo mentre con un “Shhh!” mi ricorda che c’è un’altra presenza nella stanza vicina. Fermo tutto e rovescio la mia schiena su di lui liberando le gambe: alzo le ginocchia, punto i piedi; nel movimento perdo ciò che mi dava pienezza, rialzo la schiena reggendomi sulle braccia rivolte dietro di me. Muovendo il bacino vado a caccia di ciò che era uscito: lo ritrovo, lo riprendo.
Michele mi sorregge per i fianchi, assecondando i miei movimenti; è come se io non avessi peso, ma sento invece che in quella posizione lui è tutto in me. Il mio respiro si fa più affannoso, colgo e manifesto l’energia del piacere la cui esplosione è imminente. “Shhh! Piano!” ripete.
Realizzo di non essermi controllata e il mio sguardo si rivolge subito alla porta: è semi chiusa. O semi aperta. Negli specchi del corridoio intravedo Valeria illuminata dai riflessi della luce dell'alba. E’ lì, subito fuori dalla porta: ci guarda attraverso quegli specchi. I nostri sguardi si incrociano e si fissano con continuità. Mi sorride.
Giovanni, con me sopra, non può vedere la porta; continuo a muovermi, porto la mano sinistra nel punto in cui lui entra in me. Gli occhi di Valeria ora sono puntati lì; con le dita divarico anche la parte superiore delle mie labbra, voglio che veda. Lei guarda. Porto quelle stesse dita umide alla mia bocca, poi le tendo la mano. Si, è una pazzia, ma la sto invitando a entrare, a unirsi a me. Voglio sentire i suoi baci, le sue mani. Ma soprattutto voglio vederla nuovamente godere.
Ora è sulla porta con la sua camicia da notte lunga di seta nera dalle spalline sottili, con i suoi capelli lunghi. Che bella!
I suoi occhi sono piantati nei miei, sembra in punta dei piedi in quei pochi passi, determinati e incerti allo stesso tempo, con i quali si avvicina.
E’ stupenda! Le sue gambe appaiono attraverso gli alti spacchi laterali. Conturbante, muove il suo sguardo dove Giovanni entra in me. Mi sposto proprio quando le sue ginocchia toccano il letto. Giovanni di colpo è immobile, mentre mi sposto di lato guardando lei. Valeria è come rapita da ciò che di lui è appena uscito da me e che è li: svettante e umido. Il suo ginocchio destro, per primo, attraverso lo spacco scivola sul letto. Poi l’altro. Lei si china, con la mano sinistra sposta da sopra i lunghi capelli facendoli passare dietro l’orecchio destro, poi alla nuca a giù tra il collo e la spalla opposta. Avvicina le sue labbra piene a ciò che vuole e lo prende: prima con la mano destra, poi in bocca. E’ dolce e famelica. Ed è stupenda.
Mi volto verso Michele: ha gli occhi spalancati che mi guardano, interroganti. Vado a rassicurarlo con un lungo e profondo bacio sulla bocca mentre con il palmo della destra gli tengo la guancia e il mento. Poi torno ad ammirare l’abnegazione di Valeria, a lungo. Le appoggio una mano sulla testa: non per costringerla nel movimento, ma per un mio bisogno di partecipare. Mi guarda e si sposta un pochettino come per darmi modo di andare a condividere quel gesto di piacere. “E’ tutto tuo”, le dico. “E’ solo per te”, specifico.
Accarezzo il collo e la testa della mia amica. E’ come se Michele fosse solo il sesso che lei sta usando per il piacere proprio. Non guarda altro di lui. Scendo dal letto, vado dietro Valeria. Le sollevo bene la seta fino ai fianchi. Lei li alza e mi chino per passare la lingua nella sua fessura che mi espone: è pregna di umori. Risalgo con la lingua e mi soffermo sulla sua rosellina. Sento che, pur avendo la bocca impegnata, emette un verso di piacere. Le bacio i glutei rotondi e sodi. Salgo come per abbracciarla da dietro e con le mani cerco di raggiungere i suoi seni dandole baci sulle spalle. Alza un minimo il tronco per rendermi più agevole l’abbraccio, poi lo torce lateralmente per baciarmi. Le nostre lingue si accarezzano con voluttà. La aiuto ad alzarsi e passa le ginocchia all’esterno delle gambe di Michele. Sono alle spalle di Valeria: sta per ricevere mio marito del quale è a cavalcioni e il cui pene guido con una mano per farlo scivolare in lei. Geme all’accoglierlo. Passo di lato, la guardo. Le abbasso le strette spalline: la seta della camicia da notte è ora un drappo morbido sui fianchi che si muovono lentamente. E’ di una bellezza indescrivibile. Le bacio il seno, lecco il capezzolo più vicino a me. Voglio godere con lei. Scavalco con una gamba il volto di Michele e mi pongo di fronte a Valeria. Scendo per trovare la bocca di mio marito e permettere alla sua lingua di sguizzare nella mia fessura. Lo fa disordinatamente e con colpi rapidi, ma efficaci. Valeria alza le braccia sopra la testa, afferra i capelli e li solleva: il suo volto indica presto l’imminenza del piacere, il respiro scandisce il ritmo del godere che avanza. Faccio per avvicinare il mio viso al suo; anche lei mi viene incontro mentre le nostre mani prendono i seni l’una dell’altra. Le nostre bocche si uniscono. Sento che sta per venire e la bacio con ancor più passione, avvicinandomi anch’io a un piacere che esplode assieme al suo con gemiti che liberiamo potenti.
Michele è immobile e muto, come un oggetto di scena, mentre Valeria si adagia di lato, facendolo uscire. In estasi, lei si abbandona poi sul bordo del letto. Appagata, lascio la mia posizione e mi sdraio vicino a lei. Nessuno dice nulla. Poi mi sorride, mi bacia sulle labbra con delicatezza, si alza, prende la sua camicia da notte, esce dalla stanza.
Chiudo gli occhi, poi con un braccio cerco Michele dietro di me: non lo trovo. Con la mano tasto una porzione ampia della superfice del letto. Nulla. Lo sento però chiamarmi dolcemente: è come se fosse sopra di me. Apro gli occhi: la luce del sole illumina forte la stanza e ci metto qualche secondo a mettere a fuoco. Lui non è nel letto, ma è chinato e il suo volto gravita a una spanna dal mio. Indossa quegli orribili pantaloncini da bici con le bretelle e le sue mani calzano i guanti senza dita.
Tutto è straniante.
“Ti ho lasciato dormire questa mattina -dice- e sono andato presto a fare un giretto in bici. Ho incontrato Valeria sulla strada ora, rientrando: ha detto che doveva andare in un vivaio, ma di chiamarla quando ti svegli che ti dice dove raggiungerla per andare a un mercato.” Poi mi da un bacio fugace sulle labbra e mi annuncia che va a fare la doccia.
Sono incredula.
Sento l’acqua scorrere nella stanza da bagno adiacente. Non è possibile...., dico ridendo in me stessa.
Mi alzo, vado verso il corridoio tappezzato di specchi. Mi sfilo la camicia da notte, apro la porta del bagno. Michele è sotto il getto dell’acqua, lo sorprendo alle spalle entrando nel box.
“Ti ho sognato”, gli dico. Mi chino e bagnata dagli schizzi dell’acqua impugno il suo sesso, subito reattivo. Lo bacio, lo lecco, lo faccio scomparire tra le mie labbra. Poi inizio a muovermi con la testa. Dopo qualche decina di secondi di impegno, alzo gli occhi cercando il suo sguardo.
“Quando fai quella faccia -afferma dall’alto, con le gambe lievemente divaricate e piegate, portando una sua mano a impugnare in una coda i miei capelli biondi- mi ecciti ancora di più”.
“Mi piace darti piacere così e mi piace da morire eccitarti”, rispondo pensando ai progetti che ho per me, per lui. Per noi tre.
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