Una storia romantica
di
Rebecca pallida
genere
sentimentali
Questo racconto è molto diverso dal precedente, ma necessario per poter arrivare ai successivi. Qui il disclaimer è che c’è pochissimo sesso, è sicuramente un racconto anomalo per un sito come questo, ma è la mia storia, e forse l’ho scritta più per me che per i lettori, ma va bene così, ogni tanto ci vuole qualcosa che sia semplicemente bello, anche se non ci si può masturbare sopra. Ovviamente anche qui tutto è accaduto realmente.
Per info e contatti rebeccapallida@libero.it
Non è stato facile decidere cosa scrivere dopo il racconto dell’altra volta.
Da un lato sarei voluta andare in ordine cronologico, dall’altro saltare agli eventi più salienti, forse la soluzione migliore è una via di mezzo tra le due cose.
Dopo quell’esperienza sono stata vittima di un misto di emozioni durate molto tempo, da un lato c’era una strana forma di esaltazione ed euforia, un sentirmi libera, come se fossi riuscita a superare una barriera invisibile che mi aveva tenuta prigioniera fino a quel momento. D’altra parte c’era anche una vergogna latente, un segreto inconfessabile che avrebbe potuto rovinarmi la vita. Inoltre c’era ancora un aspetto più nascosto, più sfocato, ovvero capire il confine tra fantasia, desiderio e realizzazione. A che punto di questi elementi volevo fermarmi?ci ho messo molti anni per arrivare a capirlo, ma questa è un’altra storia. All’epoca semplicemente ero troppo giovane per averne un’idea chiara, ma per diverso tempo non ho neppure più guardato porno su quel tema.
Restai in questo limbo per qualche anno, in quel periodo ho avuto qualche ragazzo e qualche storia ma senza mai toccare l’argomento, e in realtà senza mai sentirmi effettivamente appagata, avvertendo sempre un vuoto che non sapevo identificare. Mi è difficile fare ordine nel periodo successivo, tante emozioni tutte assieme, travolgenti e forti come sono nella giovinezza possono essere. Cercherò di raccontarvi gli avvenimenti nell’ordine corretto, e mi scuso se qualcosa non risulterà chiaro.
Avevo cominciato il primo anno di università, un mondo nuovo, diverso, certamente più aperto dal punto di vista delle idee e dei valori. Quello che studiavo mi piaceva, nella maggior parte dei casi mi piaceva la gente iniziavo a conoscere, e soprattutto mi piacevano le serata con gli amici nei locali, a parlare, a bere, a dire sciocchezze fino all’alba. Fu una di quelle serate a cambiare tutto, probabilmente la notte più bella della mia vita e di cui godo i frutti ancora oggi. Incontro le mie amiche dopo cena, per andare in un locale particolare del centro storico, un luogo di ritrovo di punk, goth e metallari, il tipo di locale che mi piaceva e che mi piace ancora oggi. Dalla descrizione che avevo fatto di me nel racconto precedente ero cresciuta e cambiata, mi ero sviluppata completamente, avevo lasciato crescere i capelli e li avevo tinti di rosso, tette e culo erano di marmo e sfidavano la gravità, la pelle era sempre chiara e candida, gli occhi azzurri intenso. Ero figa, devo essere sincera, noi donne non ce lo diciamo abbastanza e non me lo direi ora come non me lo sarei detta all’epoca, ma riguardando le foto di quei giorni devo dire che ero proprio figa. Avevo addosso una camicetta nera di pizzo e raso, dei pantaloni di pelle neri, anfibi fino alla caviglia con un discreto tacco, i capelli legati in una lunga treccia legata da un nastrino, sopra tutto questo un trench nero. Il locale era un piccino e affollato, ricavato nella pietra, diverse stanze collegate da scale alte e strette, come un po’ tutti i locali di quella zona, entriamo e ci sediamo al primo tavolo che troviamo libero, a ridosso del muro, rido per una battuta della mia amica, mi volto e lo vedo. Rasato, robusto, occhi verdi intensi, con un piccolo circolo dorato vicino alla pupilla, un pochino di barba chiara, alto circa 1,80, diversi piercing alle orecchio sinistro e al labbro. So che molti non credo in questa cosa, forse semplicemente non capita a tutti, ma in quel momento mi sono innamorata. Era ad un tavolo con i suoi amici, si era appena alzato per andare a prendere da bere, l’ho guardato girare attorno al tavolo, aveva un maglione nero con un ciondolo d’argento a forma di cigno stilizzato, jeans neri, anfibi, mi ha guardata, mi ha sorriso, ed è stata la cosa più bella che avessi mai visto, un sorriso dolce, caldo…ho sorriso anch’io, e sono arrossita da far schifo, le mie amiche mi prendono in giro ancora adesso.
So che tutto questo non è quello che ci si aspetta da un sito di racconti erotici, aggiungerò una nota nella premessa, ma non posso raccontarvi gli anni successivi senza tutto questo, inoltre la vedo come una specie di testimonianza, la vita può facilmente far schifo, ma ci sono anche cose belle, tenetevele strette quando le trovate.
Nel corso della serata ci guardiamo spesso, poi esco a fumare, esce anche lui, facciamo due parole, si chiama Stefano, viene spesso in quel locale con i suoi amici, in effetti conosce un sacco di gente, veniamo interrotti spesso da qualcuno che lo saluta, e a volte da qualcuna, il che mi dà irragionevolmente fastidio. La serata passa, quando stiamo per andarcene mi chiede se mi avrebbe ritrovata lì il venerdì successivo, rispondo di sì. Niente numeri di telefono, solo una promessa e la fiducia che entrambi l’avremmo mantenuta.
La settimana successiva è stata durissima, volevo arrivasse sabato, a tutti i costi, non facevo altro che stressare le mie amiche, parlare dell’accaduto, tornare sempre lì. Ero irritante e noiosa da morire, ora me ne rendo conto, ma non avevo mai passato un momento così. Ero anche preoccupata però…dalle mie singolari forme di divertimento. Se gli avessero fatto schifo?non dovevo proprio parlargliene?lo so, correvo troppo, ma avevo la testa che andava a mille.
Finalmente arriva quella sera. Per tutta la settimana avevo pensato a cosa mettermi, alla fine ho scelto un bustino di pelle che metteva in risalto le tette ma senza essere volgare, una lunga gonna nera a balze, stivali, capelli sciolti. Molto gotico, molto vittoriano, elegante ma a modo suo provocante. Ero soddisfatta, immaginavo gli sarebbe piaciuto. Mi incontro come sempre con le mie amiche, e andiamo verso il locale, non stavo nella pelle, ero euforica, paranoica, preoccupata e felice tutto assieme. Si, mi prendono in giro ancora adesso anche per questo. Arriviamo e lo vedo fuori dal locale con una birra in mano che parla con i suoi amici, ride…si avvicina una ragazza e gli da un bacio sulla guancia, provo il sincero istinto di andare a prenderla a sberle. Osservo un attimo…sembrano effettivamente intimi, ma in modo strano…lei è più giovane di lui, carina, spigliata, a suo agio anche con i suoi amici, mi avvicino, faccio la figa che fa finta di averlo appena visto…”ciao” “oh ciao, come va?” “Bene tu?già che sei qui ti prese to mia sorella”.
Ecco, lì da un lato avrei voluto sprofondare, dall’altro ho ringraziato il signore. Che stupida, e in tutto questo non avevo considerato la cosa più importante…era lì. Ci eravamo fatti una promessa e la avevamo mantenuta entrambi.
Beh, forse è il caso di smetterla di annoiarvi con le mie paturnie romantiche. Quella sera, dopo tante birre, risate, racconti, sguardi, c’è stato il primo bacio…bello, dolce, ero tra le sue braccia sentendomi piccina, protetta, al sicuro. Da quella sera abbiamo cominciarlo a stare assieme.
Se siete arrivati a leggere fin qui avete avuto tanta pazienza, e probabilmente vi meritate un piccolo premio. La prima volta che abbiamo avuto occasione di un po di intimità eravamo a casa di lui (lui aveva un anno più di me, studiava e lavorava e abitava da solo, non era facile ma accontentandosi e adattandosi come si fa solo a 20 anni riusciva). Ovviamente, guarda un po’, avevo le mestruazione, ed ero nei giorni in cui i dolori erano molto forti, quindi niente sesso ma…insomma ero troppo ansiosa. Ricordo molto bene la scena, anzi ogni tanto al ricordiamo assieme, lui era in piedi, io in ginocchio davanti a lui, gli avevo tirato fuori il cazzo, era la prima volta che lo vedevo…massiccio, magari non lunghissimo ma largo, solido, la mia manina bianca faceva fatica ad avvolgerlo, ricordo come me la riempiva, come lo segavo su e giù, lo guardavo adorante, felice, vedevo la cappella che si bagnava, ci passavo un dito, quasi per gioco…ed era così, volevo giocarci, volevo coccolarlo, volevo amarlo. L’ho guardato in quegli occhi verdi profondi e rassicuranti, ho tirato fuori la lingua e ho passato la punta lungo l’asta, sulla cappella, giocando con il buchino, assaporando il liquido pre spermatico come se fosse stato la cosa più inebriante del mondo. Poi ho avvolto le labbra sul glande e l’ho preso in bocca, massaggiandolo con la lingua, andando su e giù, accarezzando le palle, adorando quel cazzo maestoso come la cosa più bella che avessi mai toccato. Sono andata avanti così per un bel po, non so quanto, era come se il tempo non contasse. Da una parte avrei voluto che mi scopasse, avrei voluto fargli provare tutti quei giochi perversi e sporchi che avevo scoperto anni prima, ma assolutamente non avrei voluto interrompere quel momento se non in un modo. E quel modo arrivò, copioso, forte, violento, riempiendomi la bocca, facendomene ingoiare una parte e assaporare l’altra, fino a non riuscire più a tenerlo in bocca e lasciandolo colare sulla maglietta, ed ero felice, piena di sborra, con lui, in quel momento avevo finalmente riempito il vuoto che provavo.
Per info e contatti rebeccapallida@libero.it
Non è stato facile decidere cosa scrivere dopo il racconto dell’altra volta.
Da un lato sarei voluta andare in ordine cronologico, dall’altro saltare agli eventi più salienti, forse la soluzione migliore è una via di mezzo tra le due cose.
Dopo quell’esperienza sono stata vittima di un misto di emozioni durate molto tempo, da un lato c’era una strana forma di esaltazione ed euforia, un sentirmi libera, come se fossi riuscita a superare una barriera invisibile che mi aveva tenuta prigioniera fino a quel momento. D’altra parte c’era anche una vergogna latente, un segreto inconfessabile che avrebbe potuto rovinarmi la vita. Inoltre c’era ancora un aspetto più nascosto, più sfocato, ovvero capire il confine tra fantasia, desiderio e realizzazione. A che punto di questi elementi volevo fermarmi?ci ho messo molti anni per arrivare a capirlo, ma questa è un’altra storia. All’epoca semplicemente ero troppo giovane per averne un’idea chiara, ma per diverso tempo non ho neppure più guardato porno su quel tema.
Restai in questo limbo per qualche anno, in quel periodo ho avuto qualche ragazzo e qualche storia ma senza mai toccare l’argomento, e in realtà senza mai sentirmi effettivamente appagata, avvertendo sempre un vuoto che non sapevo identificare. Mi è difficile fare ordine nel periodo successivo, tante emozioni tutte assieme, travolgenti e forti come sono nella giovinezza possono essere. Cercherò di raccontarvi gli avvenimenti nell’ordine corretto, e mi scuso se qualcosa non risulterà chiaro.
Avevo cominciato il primo anno di università, un mondo nuovo, diverso, certamente più aperto dal punto di vista delle idee e dei valori. Quello che studiavo mi piaceva, nella maggior parte dei casi mi piaceva la gente iniziavo a conoscere, e soprattutto mi piacevano le serata con gli amici nei locali, a parlare, a bere, a dire sciocchezze fino all’alba. Fu una di quelle serate a cambiare tutto, probabilmente la notte più bella della mia vita e di cui godo i frutti ancora oggi. Incontro le mie amiche dopo cena, per andare in un locale particolare del centro storico, un luogo di ritrovo di punk, goth e metallari, il tipo di locale che mi piaceva e che mi piace ancora oggi. Dalla descrizione che avevo fatto di me nel racconto precedente ero cresciuta e cambiata, mi ero sviluppata completamente, avevo lasciato crescere i capelli e li avevo tinti di rosso, tette e culo erano di marmo e sfidavano la gravità, la pelle era sempre chiara e candida, gli occhi azzurri intenso. Ero figa, devo essere sincera, noi donne non ce lo diciamo abbastanza e non me lo direi ora come non me lo sarei detta all’epoca, ma riguardando le foto di quei giorni devo dire che ero proprio figa. Avevo addosso una camicetta nera di pizzo e raso, dei pantaloni di pelle neri, anfibi fino alla caviglia con un discreto tacco, i capelli legati in una lunga treccia legata da un nastrino, sopra tutto questo un trench nero. Il locale era un piccino e affollato, ricavato nella pietra, diverse stanze collegate da scale alte e strette, come un po’ tutti i locali di quella zona, entriamo e ci sediamo al primo tavolo che troviamo libero, a ridosso del muro, rido per una battuta della mia amica, mi volto e lo vedo. Rasato, robusto, occhi verdi intensi, con un piccolo circolo dorato vicino alla pupilla, un pochino di barba chiara, alto circa 1,80, diversi piercing alle orecchio sinistro e al labbro. So che molti non credo in questa cosa, forse semplicemente non capita a tutti, ma in quel momento mi sono innamorata. Era ad un tavolo con i suoi amici, si era appena alzato per andare a prendere da bere, l’ho guardato girare attorno al tavolo, aveva un maglione nero con un ciondolo d’argento a forma di cigno stilizzato, jeans neri, anfibi, mi ha guardata, mi ha sorriso, ed è stata la cosa più bella che avessi mai visto, un sorriso dolce, caldo…ho sorriso anch’io, e sono arrossita da far schifo, le mie amiche mi prendono in giro ancora adesso.
So che tutto questo non è quello che ci si aspetta da un sito di racconti erotici, aggiungerò una nota nella premessa, ma non posso raccontarvi gli anni successivi senza tutto questo, inoltre la vedo come una specie di testimonianza, la vita può facilmente far schifo, ma ci sono anche cose belle, tenetevele strette quando le trovate.
Nel corso della serata ci guardiamo spesso, poi esco a fumare, esce anche lui, facciamo due parole, si chiama Stefano, viene spesso in quel locale con i suoi amici, in effetti conosce un sacco di gente, veniamo interrotti spesso da qualcuno che lo saluta, e a volte da qualcuna, il che mi dà irragionevolmente fastidio. La serata passa, quando stiamo per andarcene mi chiede se mi avrebbe ritrovata lì il venerdì successivo, rispondo di sì. Niente numeri di telefono, solo una promessa e la fiducia che entrambi l’avremmo mantenuta.
La settimana successiva è stata durissima, volevo arrivasse sabato, a tutti i costi, non facevo altro che stressare le mie amiche, parlare dell’accaduto, tornare sempre lì. Ero irritante e noiosa da morire, ora me ne rendo conto, ma non avevo mai passato un momento così. Ero anche preoccupata però…dalle mie singolari forme di divertimento. Se gli avessero fatto schifo?non dovevo proprio parlargliene?lo so, correvo troppo, ma avevo la testa che andava a mille.
Finalmente arriva quella sera. Per tutta la settimana avevo pensato a cosa mettermi, alla fine ho scelto un bustino di pelle che metteva in risalto le tette ma senza essere volgare, una lunga gonna nera a balze, stivali, capelli sciolti. Molto gotico, molto vittoriano, elegante ma a modo suo provocante. Ero soddisfatta, immaginavo gli sarebbe piaciuto. Mi incontro come sempre con le mie amiche, e andiamo verso il locale, non stavo nella pelle, ero euforica, paranoica, preoccupata e felice tutto assieme. Si, mi prendono in giro ancora adesso anche per questo. Arriviamo e lo vedo fuori dal locale con una birra in mano che parla con i suoi amici, ride…si avvicina una ragazza e gli da un bacio sulla guancia, provo il sincero istinto di andare a prenderla a sberle. Osservo un attimo…sembrano effettivamente intimi, ma in modo strano…lei è più giovane di lui, carina, spigliata, a suo agio anche con i suoi amici, mi avvicino, faccio la figa che fa finta di averlo appena visto…”ciao” “oh ciao, come va?” “Bene tu?già che sei qui ti prese to mia sorella”.
Ecco, lì da un lato avrei voluto sprofondare, dall’altro ho ringraziato il signore. Che stupida, e in tutto questo non avevo considerato la cosa più importante…era lì. Ci eravamo fatti una promessa e la avevamo mantenuta entrambi.
Beh, forse è il caso di smetterla di annoiarvi con le mie paturnie romantiche. Quella sera, dopo tante birre, risate, racconti, sguardi, c’è stato il primo bacio…bello, dolce, ero tra le sue braccia sentendomi piccina, protetta, al sicuro. Da quella sera abbiamo cominciarlo a stare assieme.
Se siete arrivati a leggere fin qui avete avuto tanta pazienza, e probabilmente vi meritate un piccolo premio. La prima volta che abbiamo avuto occasione di un po di intimità eravamo a casa di lui (lui aveva un anno più di me, studiava e lavorava e abitava da solo, non era facile ma accontentandosi e adattandosi come si fa solo a 20 anni riusciva). Ovviamente, guarda un po’, avevo le mestruazione, ed ero nei giorni in cui i dolori erano molto forti, quindi niente sesso ma…insomma ero troppo ansiosa. Ricordo molto bene la scena, anzi ogni tanto al ricordiamo assieme, lui era in piedi, io in ginocchio davanti a lui, gli avevo tirato fuori il cazzo, era la prima volta che lo vedevo…massiccio, magari non lunghissimo ma largo, solido, la mia manina bianca faceva fatica ad avvolgerlo, ricordo come me la riempiva, come lo segavo su e giù, lo guardavo adorante, felice, vedevo la cappella che si bagnava, ci passavo un dito, quasi per gioco…ed era così, volevo giocarci, volevo coccolarlo, volevo amarlo. L’ho guardato in quegli occhi verdi profondi e rassicuranti, ho tirato fuori la lingua e ho passato la punta lungo l’asta, sulla cappella, giocando con il buchino, assaporando il liquido pre spermatico come se fosse stato la cosa più inebriante del mondo. Poi ho avvolto le labbra sul glande e l’ho preso in bocca, massaggiandolo con la lingua, andando su e giù, accarezzando le palle, adorando quel cazzo maestoso come la cosa più bella che avessi mai toccato. Sono andata avanti così per un bel po, non so quanto, era come se il tempo non contasse. Da una parte avrei voluto che mi scopasse, avrei voluto fargli provare tutti quei giochi perversi e sporchi che avevo scoperto anni prima, ma assolutamente non avrei voluto interrompere quel momento se non in un modo. E quel modo arrivò, copioso, forte, violento, riempiendomi la bocca, facendomene ingoiare una parte e assaporare l’altra, fino a non riuscire più a tenerlo in bocca e lasciandolo colare sulla maglietta, ed ero felice, piena di sborra, con lui, in quel momento avevo finalmente riempito il vuoto che provavo.
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