Pisciona mora cap 3
di
Kyknox
genere
pissing
Peggio di così non poteva andare, pensò Eva mentre correva verso casa, sperando di evitare il disastro.
Aveva appena aperto la posta, acceso il computer e cancellato quel maledetto messaggio, che squillò il telefono.
Era suo marito che le diceva che avrebbe fatto tardi in ufficio.
Accidenti, se lo sapevo, me la prendevo comoda.
Il viaggio di ritorno verso la villa fu lungo e mesto, non aveva certo voglia di correre, anche perché gli stivali con il tacco alto che aveva messo non erano l’ideale per camminare sul terriccio della villa.
Aveva indossato una gonna larga e comoda ed una camicetta a maniche lunghe, sperando che andasse bene al ragazzo.
Accidenti, si era scordata di bere, così si fermò ad una fontanella e bevve a lungo. Non aveva sete, ma ormai era incastrata e doveva stare al gioco.
‘Ora sì che ci siamo’, le disse porgendole una bottiglietta.
‘No grazie, ho già bevuto.’
‘Un altro po’ ti farà bene.’
La fissò finché lei non gli restituì la bottiglietta vuota.
‘Questa volta il luogo del set sarà diverso.
Qui, con la fine dell’estate, si fermano spesso dei ragazzi a pomiciare, non vorrai mica disturbarli. Vero?’
Eva annuì tristemente, ripensando a lei ai tempi del liceo.
‘Faremo le riprese in fondo alla valletta, dove la gente porta i cani a passeggio.
Ti senti pronta?’
Lei fece cenno di sì e lo seguì.
Si sentiva strana: in parte umiliata e preoccupata, per quello che sarebbe stata costretta a fare tra poco, però doveva ammettere che provava anche una certa eccitazione.
‘Sta facendo buio, ma non ti preoccupare, la videocamera è molto sensibile e verrà bene.’
In fondo alla valletta non c’era nessuno, ma più lontano, sul vialetto che passava in alto, lungo il crinale, c’era gente.
‘Ma mi vedranno’, protestò lei.
‘Certo che ti vedranno, solo un po’ da lontano, ma capiranno certamente cosa stai facendo. Io lo trovo molto eccitante, e tu?’
Sentì come uno strizzone in mezzo alle gambe, un po’ era lo stimolo, che si stava facendo più forte, ma dovette ammettere che c’era dell’altro.
‘Allora, adesso tu ti guardi intorno, alla ricerca di un posto adatto, cammini con un po’ di difficoltà perché hai la vescica bella piena, ma questo sono sicuro che ti riesce bene, vero?’
Aveva ragione, la bottiglietta che le aveva fatto bere il ragazzo, le aveva dato il colpo di grazia, ed ora si sentiva veramente piena e gonfia.
La riprese sia da davanti che da dietro, facendola fermare ogni tanto e, ogni volta che ripartiva, Eva si sentiva più vicina al momento in cui sarebbe accaduto l’inevitabile.
‘Lì, vicino a quell’albero andrà benissimo’.
Eva ubbidì, rassegnata.
‘Questa volta, le mutandine non te le devi togliere, ma soltanto tirarle di lato, per scoprire la fica.’
‘Ma così rischio di bagnarmi.’
‘E’ quello che voglio, infatti.’
Eva si arrotolò la gonna fino alla vita, allargò le gambe e si piegò, cercando di non perdere l’equilibrio, poi, senza lasciare la presa sulla stoffa della gonna, tirò di lato lo slip e, proprio in quel momento, trattenuto da ormai troppo tempo, partì il primo zampillo.
Come aveva temuto, visto che le mutandine erano attillate, il tessuto leggero si era messo in mezzo e si era completamente bagnata una coscia ed il ventre.
Fu lì lì per cadere, e sarebbe stato veramente un disastro, pensò lei, ma riuscì a mantenere l’equilibrio, mentre con la mano tirava più forte di lato le mutandine.
Ora la pipì zampillava liberamente davanti a lei, senza più bagnarla, ma il guaio era stato fatto: aveva il ventre e le gambe inzuppate, mentre le mutandine gocciolavano abbondantemente.
Il getto diminuì d’intensità, atterrando più vicino al suo corpo, così lei, per non bagnarsi di nuovo, inarcò in avanti il ventre.
Quando le ultime gocce cessarono di cadere, Eva pensò di lasciar ricadere la gonna, ma il ragazzo la fermò.
‘Aspetta, piano, muoviti leggermente per sgrullarti, ‘ così ‘ brava.’
Più su, dal vialetto che costeggiava il crinale, si sentì un piccolo applauso, Eva alzò lo sguardo e rimase impietrita: cinque o sei persone si erano fermate e si stavano godendo lo spettacolo.
‘Aspetta, fai divertire ancora un po’ gli spettatori.’
‘Per favore, basta!’
Le veniva da piangere, per la rabbia, poi lui le fece un cenno e la gonna tornò finalmente a coprirle le gambe, decretando la fine dello spettacolo.
Lei ed il ragazzo si separarono ed Eva, mestamente, si incamminò verso casa, sperando di non incontrare qualcuno che avesse assistito alla sua performance.
Nel frattempo il sole era tramontato, l’aria si era fatta più fresca ed il bagnato che le avvolgeva ventre e gambe le dava una spiacevole sensazione di freddo e di umidità.
Accidenti, la gonna si era bagnata e le macchie si notavano nettamente, per non parlare delle mutandine, completamente inzuppate, che si erano arrotolate entrandole in mezzo allo spacco della vagina, umida e semiaperta.
Prima di uscire dalla villa, approfittando di un angolo buio, cercò di risistemarle, ma con scarsi risultati, così non le restò altro da fare che tornarsene a casa, bagnata, puzzolente e preocupata per gli sviluppi futuri.
Ma non c’era solo questo nella sua mente: passo dopo passo, mentre la gonna lentamente le si asciugava addosso, cominciò a sentire una strana sensazione, in parte era dovuta alle mutandine messe male, che sfregavano sul suo sesso, ma non era solo questo, c’era una strana eccitazione, dovuta a questa cosa nuova e proibita che si era trovata costretta a fare.
A casa buttò i panni sporchi in lavatrice e si infilò sotto la doccia.
Sperava che il getto d’acqua calda e pulita, oltre al suo corpo ripulisse anche la sua mente da certi pensieri, ma si sbagliava.
Quella eccitazione che non aveva mai provato e che l’aveva presa di sorpresa sulla via del ritorno, non accennava a passare, anzi.
Quando iniziò a strofinarsi in mezzo alle gambe le scappò un gemito, allora posò la spugna ed iniziò a masturbarsi.
Era una cosa che non faceva più da tempo, visto che con suo marito aveva dei rapporti frequenti e soddisfacenti.
Alla fine si ritrovò seduta in terra nel grande box doccia, ansimante ed in preda ad un orgasmo così violento, che non ricordava di aver mai avuto. Con il passare del tempo, le uscite di Eva con quel ragazzo erano continuate.
Ignorava tutto di lui, non sapeva neanche il nome, l’unico contatto era un numero di cellulare, che però lei non aveva mai chiamato, visto che era sempre lui a farsi vivo.
In compenso il ragazzo sapeva tutto di lei.
Dopo la prima ripresa con il cellulare, doveva averla seguita da lontano mentre rientrava a casa ed aveva preso le prime informazioni, poi internet ed i vari social forum avevano fatto il resto.
Le aveva spiegato che quel tipo di foto e filmati aveva degli estimatori, disposti a pagare per vedere delle donne fare cose simili.
Le aveva anche detto che le persone come lei erano ricercate perché difficilmente erano disposte a correre il rischio di essere riconosciute.
In genere si trattava di ragazzine incoscienti e desiderose di mettersi in mostra.
Le aveva mandato anche il link del sito a pagamento dove erano state pubblicate tutte le sue performance ed Eva ogni tanto se le riguardava.
La home page permetteva solo una preview in bassa risoluzione, con una sola posa per ogni protagonista. Per fortuna da lì nessuno l’avrebbe riconosciuta, quindi le possibilità che qualcuno che la conosceva, girando su internet la potesse scoprire, erano scarse.
Facendo invece la registrazione e pagando la quota, c’era tanto di quel materiale, tra foto e filmati in HD, da seppellire lei e la sua carriera universitaria, sotto una montagna di vergogna.
Il ragazzo aveva scelto per lei proprio il nome di topona mora e, con il passare del tempo, aveva aggiunto dei dettagli al suo aspetto, per migliorare l’apprezzamento da parte degli appassionati, diceva lui.
Per esempio Eva si era sempre depilata il pube, ma lui sosteneva che una topona mora e stagionata non può essere liscia e glabra come un’adolescente scandinava, così lei era stata costretta a far ricrescere i peli, ed ora esibiva un bel ciuffetto, folto, riccio e scuro proprio lì.
A volte, quando per esigenze sceniche doveva indirizzare lo zampillo, afferrava il ciuffetto con una mano e tirava un po’ in alto. Aveva faticato a prenderci pratica, ma ora era diventava brava, almeno a sentire il ragazzo che la riempiva di complimenti.
Anche l’abbigliamento aveva subito, per necessità, dei cambiamenti: banditi assolutamente i pantaloni e sotto, nella stagione più fredda, autoreggenti o calze con il reggicalze.
l’aveva fatto in molti posti, lui sceglieva sempre un location diversa, ma facendo in modo che qualcuno la vedesse, però non troppo da vicino.
La vergogna, che l’attanagliava le prime volte, era scomparsa, anzi, ora si eccitava così tanto che, tornata a casa, non mancava di masturbarsi.
Se ne doveva essere accorto anche lui, infatti un giorno, che l’aveva portata su un cavalcavia pedonale che passava sopra uno stradone largo che portava ad un quartiere ancora in costruzione, gli l’aveva chiesto.
Lei stava in mezzo al ponte che aveva solo una balaustra leggera, in sottili tubi di metallo, con la gonna sollevata, a cosce larghe, mentre lui, piazzato a bordo strada con la videocamera sistemata su un treppiede la riprendeva.
Le poche macchine che passavano rallentavano, un paio si erano pure fermate.
In quei momenti Eva non pensava alla possibilità che potesse passare qualcuno che la conosceva, le veniva sempre in mente dopo, a casa, ma poi si diceva che la città era grande, statisticamente era un evento che aveva scarse possibilità di avverarsi, e si tranquillizzava.
Aveva appena finito e si toccò un paio di volte, prima di rimettere a posto mutandine e gonna.
‘Dai, continua’, gridò lui dal basso.
E lei continuò.
Un motociclista si era fermato a bordo strada per godersi lo spettacolo, mentre Eva, con una mano poggiata alla balaustra e l’altra in mezzo alle gambe, si muoveva e gemeva senza ritegno.
Ripensò a lungo al rischio corso: se fosse passata una volante l’avrebbero arrestata, e avrebbe dovuto dire addio al matrimonio ed alla sua brillante carriera universitaria.
Invece dopo quella prima volta lo rifece, perché era troppo eccitante, e poi non riusciva a dire di no a quel ragazzo.
Aveva appena aperto la posta, acceso il computer e cancellato quel maledetto messaggio, che squillò il telefono.
Era suo marito che le diceva che avrebbe fatto tardi in ufficio.
Accidenti, se lo sapevo, me la prendevo comoda.
Il viaggio di ritorno verso la villa fu lungo e mesto, non aveva certo voglia di correre, anche perché gli stivali con il tacco alto che aveva messo non erano l’ideale per camminare sul terriccio della villa.
Aveva indossato una gonna larga e comoda ed una camicetta a maniche lunghe, sperando che andasse bene al ragazzo.
Accidenti, si era scordata di bere, così si fermò ad una fontanella e bevve a lungo. Non aveva sete, ma ormai era incastrata e doveva stare al gioco.
‘Ora sì che ci siamo’, le disse porgendole una bottiglietta.
‘No grazie, ho già bevuto.’
‘Un altro po’ ti farà bene.’
La fissò finché lei non gli restituì la bottiglietta vuota.
‘Questa volta il luogo del set sarà diverso.
Qui, con la fine dell’estate, si fermano spesso dei ragazzi a pomiciare, non vorrai mica disturbarli. Vero?’
Eva annuì tristemente, ripensando a lei ai tempi del liceo.
‘Faremo le riprese in fondo alla valletta, dove la gente porta i cani a passeggio.
Ti senti pronta?’
Lei fece cenno di sì e lo seguì.
Si sentiva strana: in parte umiliata e preoccupata, per quello che sarebbe stata costretta a fare tra poco, però doveva ammettere che provava anche una certa eccitazione.
‘Sta facendo buio, ma non ti preoccupare, la videocamera è molto sensibile e verrà bene.’
In fondo alla valletta non c’era nessuno, ma più lontano, sul vialetto che passava in alto, lungo il crinale, c’era gente.
‘Ma mi vedranno’, protestò lei.
‘Certo che ti vedranno, solo un po’ da lontano, ma capiranno certamente cosa stai facendo. Io lo trovo molto eccitante, e tu?’
Sentì come uno strizzone in mezzo alle gambe, un po’ era lo stimolo, che si stava facendo più forte, ma dovette ammettere che c’era dell’altro.
‘Allora, adesso tu ti guardi intorno, alla ricerca di un posto adatto, cammini con un po’ di difficoltà perché hai la vescica bella piena, ma questo sono sicuro che ti riesce bene, vero?’
Aveva ragione, la bottiglietta che le aveva fatto bere il ragazzo, le aveva dato il colpo di grazia, ed ora si sentiva veramente piena e gonfia.
La riprese sia da davanti che da dietro, facendola fermare ogni tanto e, ogni volta che ripartiva, Eva si sentiva più vicina al momento in cui sarebbe accaduto l’inevitabile.
‘Lì, vicino a quell’albero andrà benissimo’.
Eva ubbidì, rassegnata.
‘Questa volta, le mutandine non te le devi togliere, ma soltanto tirarle di lato, per scoprire la fica.’
‘Ma così rischio di bagnarmi.’
‘E’ quello che voglio, infatti.’
Eva si arrotolò la gonna fino alla vita, allargò le gambe e si piegò, cercando di non perdere l’equilibrio, poi, senza lasciare la presa sulla stoffa della gonna, tirò di lato lo slip e, proprio in quel momento, trattenuto da ormai troppo tempo, partì il primo zampillo.
Come aveva temuto, visto che le mutandine erano attillate, il tessuto leggero si era messo in mezzo e si era completamente bagnata una coscia ed il ventre.
Fu lì lì per cadere, e sarebbe stato veramente un disastro, pensò lei, ma riuscì a mantenere l’equilibrio, mentre con la mano tirava più forte di lato le mutandine.
Ora la pipì zampillava liberamente davanti a lei, senza più bagnarla, ma il guaio era stato fatto: aveva il ventre e le gambe inzuppate, mentre le mutandine gocciolavano abbondantemente.
Il getto diminuì d’intensità, atterrando più vicino al suo corpo, così lei, per non bagnarsi di nuovo, inarcò in avanti il ventre.
Quando le ultime gocce cessarono di cadere, Eva pensò di lasciar ricadere la gonna, ma il ragazzo la fermò.
‘Aspetta, piano, muoviti leggermente per sgrullarti, ‘ così ‘ brava.’
Più su, dal vialetto che costeggiava il crinale, si sentì un piccolo applauso, Eva alzò lo sguardo e rimase impietrita: cinque o sei persone si erano fermate e si stavano godendo lo spettacolo.
‘Aspetta, fai divertire ancora un po’ gli spettatori.’
‘Per favore, basta!’
Le veniva da piangere, per la rabbia, poi lui le fece un cenno e la gonna tornò finalmente a coprirle le gambe, decretando la fine dello spettacolo.
Lei ed il ragazzo si separarono ed Eva, mestamente, si incamminò verso casa, sperando di non incontrare qualcuno che avesse assistito alla sua performance.
Nel frattempo il sole era tramontato, l’aria si era fatta più fresca ed il bagnato che le avvolgeva ventre e gambe le dava una spiacevole sensazione di freddo e di umidità.
Accidenti, la gonna si era bagnata e le macchie si notavano nettamente, per non parlare delle mutandine, completamente inzuppate, che si erano arrotolate entrandole in mezzo allo spacco della vagina, umida e semiaperta.
Prima di uscire dalla villa, approfittando di un angolo buio, cercò di risistemarle, ma con scarsi risultati, così non le restò altro da fare che tornarsene a casa, bagnata, puzzolente e preocupata per gli sviluppi futuri.
Ma non c’era solo questo nella sua mente: passo dopo passo, mentre la gonna lentamente le si asciugava addosso, cominciò a sentire una strana sensazione, in parte era dovuta alle mutandine messe male, che sfregavano sul suo sesso, ma non era solo questo, c’era una strana eccitazione, dovuta a questa cosa nuova e proibita che si era trovata costretta a fare.
A casa buttò i panni sporchi in lavatrice e si infilò sotto la doccia.
Sperava che il getto d’acqua calda e pulita, oltre al suo corpo ripulisse anche la sua mente da certi pensieri, ma si sbagliava.
Quella eccitazione che non aveva mai provato e che l’aveva presa di sorpresa sulla via del ritorno, non accennava a passare, anzi.
Quando iniziò a strofinarsi in mezzo alle gambe le scappò un gemito, allora posò la spugna ed iniziò a masturbarsi.
Era una cosa che non faceva più da tempo, visto che con suo marito aveva dei rapporti frequenti e soddisfacenti.
Alla fine si ritrovò seduta in terra nel grande box doccia, ansimante ed in preda ad un orgasmo così violento, che non ricordava di aver mai avuto. Con il passare del tempo, le uscite di Eva con quel ragazzo erano continuate.
Ignorava tutto di lui, non sapeva neanche il nome, l’unico contatto era un numero di cellulare, che però lei non aveva mai chiamato, visto che era sempre lui a farsi vivo.
In compenso il ragazzo sapeva tutto di lei.
Dopo la prima ripresa con il cellulare, doveva averla seguita da lontano mentre rientrava a casa ed aveva preso le prime informazioni, poi internet ed i vari social forum avevano fatto il resto.
Le aveva spiegato che quel tipo di foto e filmati aveva degli estimatori, disposti a pagare per vedere delle donne fare cose simili.
Le aveva anche detto che le persone come lei erano ricercate perché difficilmente erano disposte a correre il rischio di essere riconosciute.
In genere si trattava di ragazzine incoscienti e desiderose di mettersi in mostra.
Le aveva mandato anche il link del sito a pagamento dove erano state pubblicate tutte le sue performance ed Eva ogni tanto se le riguardava.
La home page permetteva solo una preview in bassa risoluzione, con una sola posa per ogni protagonista. Per fortuna da lì nessuno l’avrebbe riconosciuta, quindi le possibilità che qualcuno che la conosceva, girando su internet la potesse scoprire, erano scarse.
Facendo invece la registrazione e pagando la quota, c’era tanto di quel materiale, tra foto e filmati in HD, da seppellire lei e la sua carriera universitaria, sotto una montagna di vergogna.
Il ragazzo aveva scelto per lei proprio il nome di topona mora e, con il passare del tempo, aveva aggiunto dei dettagli al suo aspetto, per migliorare l’apprezzamento da parte degli appassionati, diceva lui.
Per esempio Eva si era sempre depilata il pube, ma lui sosteneva che una topona mora e stagionata non può essere liscia e glabra come un’adolescente scandinava, così lei era stata costretta a far ricrescere i peli, ed ora esibiva un bel ciuffetto, folto, riccio e scuro proprio lì.
A volte, quando per esigenze sceniche doveva indirizzare lo zampillo, afferrava il ciuffetto con una mano e tirava un po’ in alto. Aveva faticato a prenderci pratica, ma ora era diventava brava, almeno a sentire il ragazzo che la riempiva di complimenti.
Anche l’abbigliamento aveva subito, per necessità, dei cambiamenti: banditi assolutamente i pantaloni e sotto, nella stagione più fredda, autoreggenti o calze con il reggicalze.
l’aveva fatto in molti posti, lui sceglieva sempre un location diversa, ma facendo in modo che qualcuno la vedesse, però non troppo da vicino.
La vergogna, che l’attanagliava le prime volte, era scomparsa, anzi, ora si eccitava così tanto che, tornata a casa, non mancava di masturbarsi.
Se ne doveva essere accorto anche lui, infatti un giorno, che l’aveva portata su un cavalcavia pedonale che passava sopra uno stradone largo che portava ad un quartiere ancora in costruzione, gli l’aveva chiesto.
Lei stava in mezzo al ponte che aveva solo una balaustra leggera, in sottili tubi di metallo, con la gonna sollevata, a cosce larghe, mentre lui, piazzato a bordo strada con la videocamera sistemata su un treppiede la riprendeva.
Le poche macchine che passavano rallentavano, un paio si erano pure fermate.
In quei momenti Eva non pensava alla possibilità che potesse passare qualcuno che la conosceva, le veniva sempre in mente dopo, a casa, ma poi si diceva che la città era grande, statisticamente era un evento che aveva scarse possibilità di avverarsi, e si tranquillizzava.
Aveva appena finito e si toccò un paio di volte, prima di rimettere a posto mutandine e gonna.
‘Dai, continua’, gridò lui dal basso.
E lei continuò.
Un motociclista si era fermato a bordo strada per godersi lo spettacolo, mentre Eva, con una mano poggiata alla balaustra e l’altra in mezzo alle gambe, si muoveva e gemeva senza ritegno.
Ripensò a lungo al rischio corso: se fosse passata una volante l’avrebbero arrestata, e avrebbe dovuto dire addio al matrimonio ed alla sua brillante carriera universitaria.
Invece dopo quella prima volta lo rifece, perché era troppo eccitante, e poi non riusciva a dire di no a quel ragazzo.
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