Senza freni per un istante

di
genere
tradimenti

Andrea e Viola camminano lungo il corridoio, accompagnati da due file di porte chiuse su ambo i lati. Dietro le pareti un vociare flebile di insegnanti intenti nelle rispettive lezioni. Fuori piove, le finestre sono appannate, dicembre è alle porte.

I due parlano, sorridono complici. Arrivano alla rampa di scale che collega i vari piani della palazzina. Salgono al terzo piano, svoltano a sinistra fino all’ultima porta in legno dipinto di bianco. Andrea sgancia dai pantaloni una piccola chiave attaccata ad un moschettone, la infila nella toppa e gira, lasciando entrare prima Viola nel suo ufficio.

Da mesi Viola era diventata docente nell’Università dove aveva studiato.
Assistente. Pubblicazioni. Concorso e infine cattedra, sostituendo quella che era stata la sua relatrice. Aveva ritrovato una sua vecchia conoscenza, un amico dei tempi degli studi, che aveva condiviso parte del percorso con lei, ironia della sorte ora anche quello lavorativo.

Era stata proprio Viola a presentarlo a Lucrezia, una delle sue migliori amiche, rendendosi un Cupido di quello che era sfociato in un inaspettato innamoramento.
Non c’era mai stato imbarazzo tra loro, sebbene il primo approccio tentato da Andrea verso Viola era stato più intimo di un’amicizia, cosa che lei non non si sentì di contraccambiare nonostante la crisi con il suo ragazzo.

Lucrezia aveva deciso di fare una sorpresa ad Andrea poche sere prima, passandolo a trovare in ufficio all’ora di fine lezioni.
Viola era andata a prendere un caffè nell’ufficio di Andrea, aveva bisogno di parlare della rottura imminente col suo compagno con cui conviveva da due anni.
Si era alzata per andare a lezione quando Andrea le aveva detto delle parole di conforto vere, genuine, che le erano entrate nel cuore. Le venne spontaneo sedersi sulle gambe del suo amico e abbracciarlo. La porta si aprì e Lucrezia si ritrovò davanti questa scena ambigua. La sua espressione diceva tutto. In quel momento caló un palpabile imbarazzo.

Andrea impiegò una notte intera per convincere la sua fidanzata che non era stato niente, che aveva frainteso, combattendo con una gelosia nei confronti dell’amica che Lucrezia aveva sempre dovuto provare a tenere a bada.
Nei giorni successivi evitó Viola, evitó di chiedere a Lucrezia se aveva chiarito con lei, preferì stare per conto suo senza immischiarsi.

Fu Viola a cercarlo. Si videro al bar fuori l’università prima dell’inizio delle lezioni. Accompagnarono il chiarimento ad un caffè. Tutto tornó leggero in un attimo, la loro intesa era forte. Non rimasero molto seduti a quel tavolino, la giornata lavorativa li inghiottì. Si promisero di riprendere il discorso nel pomeriggio.

Così torniamo ai due che entrano nell’ufficio di Andrea. Lui si siede al suo posto, Viola inserisce le cialde nella macchinetta del caffè. Un forte aroma di cacao tostato si diffonde per la stanza.
Viola decide di bere restando in piedi, appoggiata alla scrivania di lui.

- Mi stavi dicendo stamattina…cos’hai detto a Lucrezia?

Viola se ne esce come se avesse premuto il pulsante di riavvio sulla conversazione lasciate in sospeso la mattina.

- Che non è stato niente. Ha frainteso. Che ti eri sfogata, ti avevo detto cosa pensavo e tu ti eri seduta su di me, abbracciandomi. E niente, questo.

Viola lo guarda come chi si aspetta altro, perché sa qualcosa, o almeno è convinta di saperlo.

- Tutto qui? Sicuro?

- Cosa intendi ?

- Non hai tante volte detto, per pararti il culo, che io ho fatto tutto contro la tua volontà, mettendoti in imbarazzo?

Matteo riceve il pugno in faccia. È alle corde. Non sa come controbattere, è in torto, è evidente. Viola poggia la tazzina sulla scrivania.

- Sono curiosa: lo hai detto perché era quello che pensavi, o davvero per pararti il culo?

- Che ti cambia saperlo?

-Mi cambia sapere se questo ti da fastidio.

Nel dirlo Viola si siede sulle gambe di Andrea. I due si guardano negli occhi. Silenzio, poi il gesto va d’istinto. Le mette una mano dietro la nuca, le afferra i capelli e la spinge verso di sé. Prendono a baciarsi con una fame vorace. I boccoli biondi di lei coprono i loro volti come in una capanna.
Un mostro tenuto sepolto chissà dove dentro di loro esce fuori.

Matteo la solleva da sotto le ascelle e la mette seduta sulla sua scrivania, tirandosi su a sua volta.
Si sfilano i pantaloni a vicenda con frenesia, qualcuno potrebbe entrare in qualsiasi momento, non hanno molto tempo e lo sanno.
I monitor del computer, fogli sparsi, finiscono a terra, Viola si lascia andare sdraiata sulla scrivania, si scosta le mutande rosse di pizzo e anni a ripetere che era un amico prezioso in un istante si trasformano in una naturale voglia di farsi scopare da lui, farsi spalancare le cosce con quella forza e farselo sbattere dentro con quella foga.

Viola si alza. Vuole cambiare i ruoli. Fa sdraiare Andrea dov’era lei fino a un istante prima. Vuole vendetta. Vuole dominare. Vuole cavalcarlo. Vuole dominarlo. Si sfila la giacca, la lascia cadere a terra. Non percepisce la vibrazione del cellulare. Si mette a cavalcioni su Andrea, lui la spinge verso se. La penetra ancora. Viola comincia a dominarlo e a gemere a ogni affondo.

“Scusami per questi giorni. Riconosco di aver esagerato. Chiamiami quando puoi.”
Questo era il messaggio che Lucrezia aveva mandato alla sua migliore amica. Questo c’era dietro la vibrazione nella giacca di Viola.
Viola però non avrebbe risposto né richiamato in quel momento, le sue mani erano troppo occupate, afferrate a quelle di Andrea, che stava affondando le sue nelle grosse chiappe carnose della sua collega, della sua amica.

I ruoli cambiano ancora. Andrea la spinge via con un colpo di bacino. Viola si alza e lui con lei.
Si guardano ancora prima che Andrea la afferri e la spinga voltata addosso alla sua scrivania.
Si sporge dietro di lei. La sua bocca vicina all’orecchio destro di Viola.

- Il tuo culo cazzo, il tuo culo…

Lo ringhia due volte.
Viola si volta e risponde, mentre lecca ogni centimetro della faccia di lui che riesce a raggiungere.

- Distruggimelo

Glielo geme con un filo filo di voce. La sculacciata parte in automatico. Le mutande cadono fino allo caviglie. La penetrazione una diretta conseguenza. Il ritmo è sfrenato. La tiene per i fianchi. Niente più parole. Solo versi di piacere e il rumore della vita di lui che sbatte sulle chiappe di lei. Le viene dentro con un’irruenza tale da spostare in avanti tutta la scrivania.

Hanno finito. Iniziano a rendersi conto. Sono affannati. Non sanno cosa dirsi. Sì guardano con occhi sorpresi, quasi terrorizzati. Si rivestono. Viola infila una mano nella giacca, prende il telefono, legge sullo schermo il messaggio di Lucrezia. Guarda di nuovo Andre. Una lacrima le scende in automatico. Apre la porta e corre via dall’ufficio.


scritto il
2024-12-02
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