L'Inconsapevole Risveglio 4 – il Ritorno
di
Jack Seven
genere
incesti
Giovanna si trovava a cenare con il marito, in una serata che sembrava perfetta. Era vestita con un abito da sera nero, elegante, che le aderiva perfettamente alle curve del corpo, mettendo in risalto il suo seno ben modellato e la vita sottile. Il trucco era impeccabile, con un rossetto rosso che dava un tocco di seduzione al suo aspetto, si era preparata a lungo per lui, per il suo ritorno. La cucina, illuminata da una luce calda, ospitava la tavola apparecchiata con cura, con piatti di porcellana delle grandi occasioni, appartenevano alla nonna di sua madre e le utilizzava solo per le grandi occasioni e ora era una di queste, bicchieri di cristallo che riflettevano la luce delle candele. La conversazione con il marito era piacevole, lui raccontava del suo viaggio di lavoro all'estero, quando improvvisamente, Giovanna sentì qualcosa di strano. Due mani le afferrarono le caviglie con decisione, allargandole le gambe sotto il tavolo. Il cuore le balzò in gola, ma cercò di mantenere la compostezza. Quelle mani, carezzevoli ma ferme, iniziarono a salire lungo le sue gambe, sfiorando la pelle sensibile dietro le ginocchia. Abbassò lo sguardo e ,con orrore e una strana eccitazione, vide Marco sotto il tavolo, il suo sorriso strano quasi predatorio che la fissava. Alzò lo sguardo verso il marito, ma lui sembrava completamente ignaro, continuando a parlare del suo lavoro come se nulla fosse.
Marco, senza esitazione, si avvicinò ulteriormente, le sue mani che ora erano sulle sue cosce, discostando lentamente il suo intimo di pizzo nero. Giovanna sentì il calore del suo respiro sulla sua fica, e poi la sensazione della sua bocca che si posava su di lei, iniziando a leccarla con abilità. Ogni tocco della sua lingua era un'onda di piacere che la faceva irrigidire, cercando di non farsi beccare dal marito.
Il marito, continuando la sua narrazione, parlava di contratti e incontri di lavoro, mentre sotto il tavolo, Marco intensificava il suo assalto. La lingua di Marco esplorava ogni piega della sua fica, il clitoride che si induriva sotto le sue attenzioni. Giovanna cercava di mantenere una conversazione normale, ma ogni parola era un'agonia di piacere represso.
"È stato un viaggio lungo, ma produttivo," disse il marito, mentre Marco passava dalla lingua alle dita, penetrandola con due dita mentre la sua bocca continuava a succhiare il suo clitoride. Giovanna si mordeva il labbro inferiore, cercando di non emettere gemiti, ma il piacere era troppo intenso.
"Non riesco a credere quanto sia noioso il traffico a Tokyo," continuava il marito, ignaro del fatto che sotto il tavolo, suo figlio stava portando sua moglie al limite dell'orgasmo. Giovanna sentiva le dita di Marco muoversi dentro di lei, il ritmo che si faceva più rapido, più rude, mentre la sua bocca non dava tregua.
"Ho incontrato dei clienti molto interessanti ,che avevano storie travolgenti, vive e appassionate e con molta sofferenza " proseguiva il marito, mentre Giovanna, con il volto arrossato dal piacere, cercava di rispondere con frasi spezzate. "Dav... davvero?" riuscì a dire, mentre le dita di Marco la facevano quasi urlare di piacere, il suo corpo che tremava leggermente sotto il tavolo.
Il marito, finalmente, le chiese, "E tu, come stai?" proprio mentre Marco la portava all'apice, le sue dita che stimolavano il punto G, la sua lingua che non si fermava. Giovanna, con il respiro affannoso e gli occhi che brillavano di eccitazione, rispose tra i gemiti repressi, "Sto benissimo, non sono mai stata meglio di così," la voce che tradiva il piacere che cercava di nascondere. Marco, sentendo le sue parole, sembrava incitarsi a fare di più, la sua bocca che ora succhiava con più forza, la sua mano che si muoveva dentro di lei con una determinazione che la faceva sentire come se fosse sul punto di esplodere. La sensazione di essere scoperta, di essere presa in quel modo sotto gli occhi del marito, aggiungeva un livello di eccitazione che non aveva mai provato. Giovanna che raggiunge un orgasmo silenzioso ma potente, il suo corpo che si rilassava sotto il tavolo, mentre sopra di esso, la conversazione con il marito continuava come se nulla fosse successo, lasciandola con il cuore che batteva forte e una sensazione di liberazione mista a vergogna per il piacere che aveva provato.
Dopo averla portata al culmine del piacere sotto il tavolo, Marco emerse, il suo corpo nudo che contrastava con l'eleganza della stanza. Giovanna, con il cuore che batteva forte, alzò lo sguardo verso il marito, aspettandosi reazioni di shock o rabbia, ma lui rimaneva impassibile. Continuava a mangiare, a parlare del suo lavoro, come se vedere il figlio nudo, con la bocca e il mento lucidi dagli umori di sua moglie, fosse la cosa più naturale del mondo. L'atmosfera era irreale, quasi surreale. Marco, con un ghigno sul volto, iniziò a parlare con una volgarità che fece arrossire Giovanna. "Sei una vacca, mamma, la mia vacca," disse, la sua voce carica di un desiderio che la faceva sentire sia umiliata che eccitata. Con un gesto brusco, spazzò via le stoviglie dalla parte di Giovanna, facendole cadere con un fragore che non sembrava disturbare il marito, che continuava a parlare dei suoi incontri di lavoro, il tavolo ancora perfettamente apparecchiato dalla sua parte, a terra in pezzi buona parte dei piatti di famiglia, ma in quel momento nessun pensiero di Giovanna su di loro.
Marco, con una forza che non sembrava umana, afferrò il vestito elegante di Giovanna e lo strappò, rivelando il suo corpo. Il contrasto tra la sua pelle morbida e la violenza dell'atto la fece sussultare. La fece chinare sul tavolo, la sua schiena arcuata, il seno che premeva contro la tovaglia, ora sporca di briciole di pane che pungevano i suoi capezzoli sensibili. "Sei mia," dichiarò Marco, la sua mano che stringeva i fianchi di Giovanna, lasciando segni rossi sulla sua pelle.
Il grosso membro di Marco, duro e pulsante, si posizionò alla sua entrata, e senza preavviso, la penetrò con irruenza. Ogni spinta era un'onda di piacere e dolore che faceva tremare il tavolo, i bicchieri che tintinnavano mentre il marito continuava la sua cena e la sua conversazione sui contratti e le riunioni come se nulla di straordinario stesse accadendo. "Sei solo per me, vacca," ripeteva Marco, ogni parola un colpo, ogni spinta un'affermazione della sua dominazione. Giovanna, sentendo il piacere crescere dentro di lei, non riusciva a trattenersi. "Sono tua, Marco," sussurrò, le parole che uscivano tra gemiti repressi, il suo corpo che si piegava alla volontà di lui, offrendosi totalmente. Il corpo di Giovanna, con le curve accentuate dal vestito ora a brandelli, era un campo di battaglia tra l'eccitazione e la vergogna. Il suo seno, pieno e sodo, si muoveva con ogni spinta di Marco, i capezzoli che sfregavano contro la tovaglia, aumentando la sua sensazione di essere completamente esposta e posseduta. Le sue gambe, lunghe e ben modellate, tremavano sotto l'assalto del piacere, mentre il suo culo alto e sodo assorbiva ogni colpo del membro di Marco, che sembrava non avere fine. Marco continuava a umiliarla con parole crude, "La tua fica è mia, solo mia," diceva, mentre la scopava con una ferocia che la faceva sentire come se fosse il centro del suo universo oscuro. Giovanna era totalmente sottomessa, le sue parole che confermavano la sua resa, "Scopami, Marco, sono tua," ripeteva, il suo corpo che si muoveva in sincronia con le sue spinte, cercando di accogliere ogni centimetro di lui. Il marito, dal suo lato del tavolo, continuava a parlare di strategie aziendali, il suono della sua voce che si mescolava con i gemiti di Giovanna, creando un bizzarro coro di normalità e depravazione. Il tavolo vibrava e raggiunse il suo culmine quando Marco, con un ultimo affondo profondo, venne dentro di lei, riempiendola, mentre Giovanna, piegata e sottomessa, sentiva un'ondata di piacere che la travolse, facendola gridare il nome di Marco in un misto di estasi e vergogna. Il marito, finalmente, alzò lo sguardo, non per la scena che si svolgeva davanti a lui, ma solo per chiedere se volesse altro vino, come se tutto fosse perfettamente normale in quella cena surreale. Alla richiesta del marito, Giovanna, tra un gemito e l'altro, riuscì a dire, "Ne voglio ancora, ancora." un doppio senso chiaro, il marito, senza mostrare alcun segno di sorpresa o disagio, afferrò la bottiglia di vino, ma invece di versarlo in un bicchiere, la avvicinò direttamente alle labbra di Giovanna. Era così premuroso, così attento, come se dissetarla fosse l'atto più normale in quella situazione . Giovanna cercava di bere, ma la maggior parte del vino rosso le usciva dalle labbra, sporcando la tovaglia immacolata, bagnando i suoi seni che sussultavano contro la tovaglia con ogni spinta di Marco. Le briciole di pane si attaccavano alla sua pelle umida, il vino che colava tra i suoi seni, rendendo il tutto ancora più erotico e disordinato. In quel momento, Marco, ancora dentro di lei, iniziò a parlare con una voce bassa e volgare, "Sei mia, solo mia, vacca." Con un movimento lento e deliberato, uscì dalla sua fica, lasciandola vuota solo per un istante. Poi, con una passione che rasentava la follia, infilò la lingua nell'orifizio anale di Giovanna, lubrificandola con una cura che contrastava con la rudezza delle sue parole. "Mi prendo tutto di te," disse, la sua lingua che esplorava profondamente, preparando il terreno per ciò che sarebbe venuto dopo. Con un ghigno, Marco si posizionò dietro di lei, il suo cazzo ancora duro e bagnato dai loro umori, e iniziò a penetrarla analmente. Mentre Marco la scopava in culo, il marito continuava a versare il vino, la bottiglia sembrava infinita, il vino rosso che ora cadeva a terra, formando una pozza scura che rifletteva la luce delle candele. Ogni spinta di Marco faceva sussultare il corpo di Giovanna, il vino che schizzava fuori dalla sua bocca, mescolandosi con i suoi gemiti di piacere e dolore. "Sei così stretta, mamma" gemeva Marco, ogni parola un insulto che la faceva sentire ancora più sua. La sensazione del suo cazzo che si muoveva dentro il suo ano era intensa, dolorosa ma eccitante, un'esperienza che Giovanna non aveva mai immaginato. La bottiglia di vino continuava a versare, il liquido che le cadeva sul petto, sui seni, rendendo tutto più scivoloso, più sporco, più erotico. "Ti piace, vero, puttana?" continuava Marco, ogni spinta più profonda della precedente, il suo corpo che si scontrava con quello di Giovanna, facendola sentire come se fosse solo un oggetto del suo piacere, qualcosa da possedere e dominare completamente. Giovanna, non cercava più di resistere, ogni goccia di vino che beveva era come un'ulteriore accettazione del suo ruolo, del suo desiderio di essere dominata, di essere totalmente di Marco. Le sue parole si mescolavano con i gemiti, "Sono tua, Marco, solo tua," mentre le energie di Marco sembravano inesauribili, ogni spinta un'affermazione della sua proprietà su di lei. Il marito, impassibile, osservava la scena con una sorta di distacco, come se fosse solo un testimone di un rito che non comprendeva ma accettava. La bottiglia continuava a versare, il vino che macchiava tutto, simbolo della perdita di controllo, della passione sfrenata che si consumava in quella cena che era diventata un'orgia di sensazioni proibite. Marco che non dava segni di voler fermarsi, ogni movimento dentro di lei un atto di possesso, ogni parola volgare un marchio sulla sua anima, mentre il vino continuava a scorrere, come il piacere e la vergogna che si mescolavano nel corpo e nella mente di Giovanna. Giovanna si svegliò nel cuore della notte, il corpo ancora caldo e vibrante per il sogno che aveva appena vissuto. Era insoddisfatta, un desiderio prepotente che non poteva ignorare. Si trovava sola nel suo letto, la stanza avvolta in un'oscurità che sembrava accentuare la sua solitudine. Senza pensarci due volte, si discostò l'intimo, sentendo il tessuto umido per l'eccitazione del sogno. Con una mano, iniziò a esplorare la sua fica, le dita che scivolavano con facilità tra le sue labbra bagnate, trovando il clitoride sensibile e gonfio. L'altra mano si mosse verso il suo seno, agguantandolo con desiderio, giocando con il capezzolo che si indurì sotto il tocco. Ogni movimento era un tentativo di replicare il piacere che aveva provato nel sogno, di raggiungere quell'appagamento che sembrava sfuggirle. Cercò di trattenere i gemiti, non volendo che Marco, dall'altra parte del corridoio, la sentisse. Ma il piacere era troppo intenso, ogni carezza delle sue dita dentro di lei, ogni pizzico al capezzolo, la portava più vicina all'orgasmo. Andò avanti fino allo sfinimento, il corpo che tremava sotto le sue attenzioni, il respiro affannoso che si mescolava con il silenzio della notte. Finalmente, arrivò all'orgasmo, un'ondata di piacere che la fece sussultare, il suo corpo che si rilassava, le dita ancora dentro di lei, mentre l'altra mano accarezzava dolcemente il seno. Cadde addormentata, un sonno senza incubi, senza sogni, solo il conforto del silenzio e dell'appagamento fisico. Al mattino, Giovanna si svegliò con una calma che non sentiva da tempo. Si preparò per andare al lavoro, scegliendo abiti che erano allo stesso tempo seducenti e professionali: una gonna aderente che metteva in risalto le sue gambe e una camicetta che accennava alla curva del suo seno senza essere troppo rivelatrice. Si truccò con cura, il rossetto che dava un tocco di sicurezza e seduzione al suo aspetto. Prima di uscire di casa, incontrò Marco in cucina, e con una serenità ritrovata, gli diede un bacio del buongiorno sulla guancia. "Buongiorno, Marco," disse, la voce priva della tensione che l'aveva caratterizzata ultimamente. Sembrava non avere più timore di lui, come se il sogno della notte precedente avesse sciolto qualche nodo interiore. Andò a lavoro con una leggerezza che la faceva sentire come se tutto andasse a gonfie vele. La giornata passò senza intoppi, ma con una strana sensazione di aspettativa, come se il sogno avesse aperto una porta in lei. La sera stessa, una bella sorpresa, suo marito era tornato a casa dopo il lungo viaggio di lavoro. La cena fu un momento di felicità, tutti e tre insieme, una famiglia che sembrava aver ritrovato la sua armonia. Ma mentre conversavano, ridendo e raccontando le novità, gli occhi di Giovanna si abbassarono un paio di volte, oltre i piatti di porcellana, più in basso, sotto il tavolo, un gesto quasi inconscio, come se aspettasse di vedere qualcuno emergere da lì, come nel suo sogno, teneva l gambe larghe, distanti tra loro come a lasciare la strada aperta per qualcuno. Il marito parlava del suo viaggio, di come fosse bello essere di nuovo a casa, mentre Marco raccontava delle sue avventure sportive e degli amici. Giovanna ascoltava, partecipava, ma ogni tanto il suo sguardo vagava, cercando qualcosa che non c'era, un'ombra del sogno che sembrava aver lasciato un segno indelebile nella sua psiche. Quella notte, il sonno la prese con più facilità, ma con un pensiero persistente: cosa aveva scatenato in lei quei sogni, e cosa significava per il suo futuro, per la sua vita familiare, per il suo rapporto con Marco e ora con il marito di nuovo presente? La domanda rimase sospesa nell'aria, come il ricordo di un piacere proibito che aveva scoperto solo nei suoi sogni più oscuri..e chiuse gli occhi, eccolo lì di nuovo Marco che nudo la stava attendendo e lei felice si avvicinò a lui, sognava mentre il marito Tommaso dormiva accanto a lei ignaro di tutto.
"Per qualsiasi dubbio, domanda, suggerimento o richiesta riguardante il racconto, non esitate a contattarmi all'indirizzo: jack_seven@virgilio.it."
Marco, senza esitazione, si avvicinò ulteriormente, le sue mani che ora erano sulle sue cosce, discostando lentamente il suo intimo di pizzo nero. Giovanna sentì il calore del suo respiro sulla sua fica, e poi la sensazione della sua bocca che si posava su di lei, iniziando a leccarla con abilità. Ogni tocco della sua lingua era un'onda di piacere che la faceva irrigidire, cercando di non farsi beccare dal marito.
Il marito, continuando la sua narrazione, parlava di contratti e incontri di lavoro, mentre sotto il tavolo, Marco intensificava il suo assalto. La lingua di Marco esplorava ogni piega della sua fica, il clitoride che si induriva sotto le sue attenzioni. Giovanna cercava di mantenere una conversazione normale, ma ogni parola era un'agonia di piacere represso.
"È stato un viaggio lungo, ma produttivo," disse il marito, mentre Marco passava dalla lingua alle dita, penetrandola con due dita mentre la sua bocca continuava a succhiare il suo clitoride. Giovanna si mordeva il labbro inferiore, cercando di non emettere gemiti, ma il piacere era troppo intenso.
"Non riesco a credere quanto sia noioso il traffico a Tokyo," continuava il marito, ignaro del fatto che sotto il tavolo, suo figlio stava portando sua moglie al limite dell'orgasmo. Giovanna sentiva le dita di Marco muoversi dentro di lei, il ritmo che si faceva più rapido, più rude, mentre la sua bocca non dava tregua.
"Ho incontrato dei clienti molto interessanti ,che avevano storie travolgenti, vive e appassionate e con molta sofferenza " proseguiva il marito, mentre Giovanna, con il volto arrossato dal piacere, cercava di rispondere con frasi spezzate. "Dav... davvero?" riuscì a dire, mentre le dita di Marco la facevano quasi urlare di piacere, il suo corpo che tremava leggermente sotto il tavolo.
Il marito, finalmente, le chiese, "E tu, come stai?" proprio mentre Marco la portava all'apice, le sue dita che stimolavano il punto G, la sua lingua che non si fermava. Giovanna, con il respiro affannoso e gli occhi che brillavano di eccitazione, rispose tra i gemiti repressi, "Sto benissimo, non sono mai stata meglio di così," la voce che tradiva il piacere che cercava di nascondere. Marco, sentendo le sue parole, sembrava incitarsi a fare di più, la sua bocca che ora succhiava con più forza, la sua mano che si muoveva dentro di lei con una determinazione che la faceva sentire come se fosse sul punto di esplodere. La sensazione di essere scoperta, di essere presa in quel modo sotto gli occhi del marito, aggiungeva un livello di eccitazione che non aveva mai provato. Giovanna che raggiunge un orgasmo silenzioso ma potente, il suo corpo che si rilassava sotto il tavolo, mentre sopra di esso, la conversazione con il marito continuava come se nulla fosse successo, lasciandola con il cuore che batteva forte e una sensazione di liberazione mista a vergogna per il piacere che aveva provato.
Dopo averla portata al culmine del piacere sotto il tavolo, Marco emerse, il suo corpo nudo che contrastava con l'eleganza della stanza. Giovanna, con il cuore che batteva forte, alzò lo sguardo verso il marito, aspettandosi reazioni di shock o rabbia, ma lui rimaneva impassibile. Continuava a mangiare, a parlare del suo lavoro, come se vedere il figlio nudo, con la bocca e il mento lucidi dagli umori di sua moglie, fosse la cosa più naturale del mondo. L'atmosfera era irreale, quasi surreale. Marco, con un ghigno sul volto, iniziò a parlare con una volgarità che fece arrossire Giovanna. "Sei una vacca, mamma, la mia vacca," disse, la sua voce carica di un desiderio che la faceva sentire sia umiliata che eccitata. Con un gesto brusco, spazzò via le stoviglie dalla parte di Giovanna, facendole cadere con un fragore che non sembrava disturbare il marito, che continuava a parlare dei suoi incontri di lavoro, il tavolo ancora perfettamente apparecchiato dalla sua parte, a terra in pezzi buona parte dei piatti di famiglia, ma in quel momento nessun pensiero di Giovanna su di loro.
Marco, con una forza che non sembrava umana, afferrò il vestito elegante di Giovanna e lo strappò, rivelando il suo corpo. Il contrasto tra la sua pelle morbida e la violenza dell'atto la fece sussultare. La fece chinare sul tavolo, la sua schiena arcuata, il seno che premeva contro la tovaglia, ora sporca di briciole di pane che pungevano i suoi capezzoli sensibili. "Sei mia," dichiarò Marco, la sua mano che stringeva i fianchi di Giovanna, lasciando segni rossi sulla sua pelle.
Il grosso membro di Marco, duro e pulsante, si posizionò alla sua entrata, e senza preavviso, la penetrò con irruenza. Ogni spinta era un'onda di piacere e dolore che faceva tremare il tavolo, i bicchieri che tintinnavano mentre il marito continuava la sua cena e la sua conversazione sui contratti e le riunioni come se nulla di straordinario stesse accadendo. "Sei solo per me, vacca," ripeteva Marco, ogni parola un colpo, ogni spinta un'affermazione della sua dominazione. Giovanna, sentendo il piacere crescere dentro di lei, non riusciva a trattenersi. "Sono tua, Marco," sussurrò, le parole che uscivano tra gemiti repressi, il suo corpo che si piegava alla volontà di lui, offrendosi totalmente. Il corpo di Giovanna, con le curve accentuate dal vestito ora a brandelli, era un campo di battaglia tra l'eccitazione e la vergogna. Il suo seno, pieno e sodo, si muoveva con ogni spinta di Marco, i capezzoli che sfregavano contro la tovaglia, aumentando la sua sensazione di essere completamente esposta e posseduta. Le sue gambe, lunghe e ben modellate, tremavano sotto l'assalto del piacere, mentre il suo culo alto e sodo assorbiva ogni colpo del membro di Marco, che sembrava non avere fine. Marco continuava a umiliarla con parole crude, "La tua fica è mia, solo mia," diceva, mentre la scopava con una ferocia che la faceva sentire come se fosse il centro del suo universo oscuro. Giovanna era totalmente sottomessa, le sue parole che confermavano la sua resa, "Scopami, Marco, sono tua," ripeteva, il suo corpo che si muoveva in sincronia con le sue spinte, cercando di accogliere ogni centimetro di lui. Il marito, dal suo lato del tavolo, continuava a parlare di strategie aziendali, il suono della sua voce che si mescolava con i gemiti di Giovanna, creando un bizzarro coro di normalità e depravazione. Il tavolo vibrava e raggiunse il suo culmine quando Marco, con un ultimo affondo profondo, venne dentro di lei, riempiendola, mentre Giovanna, piegata e sottomessa, sentiva un'ondata di piacere che la travolse, facendola gridare il nome di Marco in un misto di estasi e vergogna. Il marito, finalmente, alzò lo sguardo, non per la scena che si svolgeva davanti a lui, ma solo per chiedere se volesse altro vino, come se tutto fosse perfettamente normale in quella cena surreale. Alla richiesta del marito, Giovanna, tra un gemito e l'altro, riuscì a dire, "Ne voglio ancora, ancora." un doppio senso chiaro, il marito, senza mostrare alcun segno di sorpresa o disagio, afferrò la bottiglia di vino, ma invece di versarlo in un bicchiere, la avvicinò direttamente alle labbra di Giovanna. Era così premuroso, così attento, come se dissetarla fosse l'atto più normale in quella situazione . Giovanna cercava di bere, ma la maggior parte del vino rosso le usciva dalle labbra, sporcando la tovaglia immacolata, bagnando i suoi seni che sussultavano contro la tovaglia con ogni spinta di Marco. Le briciole di pane si attaccavano alla sua pelle umida, il vino che colava tra i suoi seni, rendendo il tutto ancora più erotico e disordinato. In quel momento, Marco, ancora dentro di lei, iniziò a parlare con una voce bassa e volgare, "Sei mia, solo mia, vacca." Con un movimento lento e deliberato, uscì dalla sua fica, lasciandola vuota solo per un istante. Poi, con una passione che rasentava la follia, infilò la lingua nell'orifizio anale di Giovanna, lubrificandola con una cura che contrastava con la rudezza delle sue parole. "Mi prendo tutto di te," disse, la sua lingua che esplorava profondamente, preparando il terreno per ciò che sarebbe venuto dopo. Con un ghigno, Marco si posizionò dietro di lei, il suo cazzo ancora duro e bagnato dai loro umori, e iniziò a penetrarla analmente. Mentre Marco la scopava in culo, il marito continuava a versare il vino, la bottiglia sembrava infinita, il vino rosso che ora cadeva a terra, formando una pozza scura che rifletteva la luce delle candele. Ogni spinta di Marco faceva sussultare il corpo di Giovanna, il vino che schizzava fuori dalla sua bocca, mescolandosi con i suoi gemiti di piacere e dolore. "Sei così stretta, mamma" gemeva Marco, ogni parola un insulto che la faceva sentire ancora più sua. La sensazione del suo cazzo che si muoveva dentro il suo ano era intensa, dolorosa ma eccitante, un'esperienza che Giovanna non aveva mai immaginato. La bottiglia di vino continuava a versare, il liquido che le cadeva sul petto, sui seni, rendendo tutto più scivoloso, più sporco, più erotico. "Ti piace, vero, puttana?" continuava Marco, ogni spinta più profonda della precedente, il suo corpo che si scontrava con quello di Giovanna, facendola sentire come se fosse solo un oggetto del suo piacere, qualcosa da possedere e dominare completamente. Giovanna, non cercava più di resistere, ogni goccia di vino che beveva era come un'ulteriore accettazione del suo ruolo, del suo desiderio di essere dominata, di essere totalmente di Marco. Le sue parole si mescolavano con i gemiti, "Sono tua, Marco, solo tua," mentre le energie di Marco sembravano inesauribili, ogni spinta un'affermazione della sua proprietà su di lei. Il marito, impassibile, osservava la scena con una sorta di distacco, come se fosse solo un testimone di un rito che non comprendeva ma accettava. La bottiglia continuava a versare, il vino che macchiava tutto, simbolo della perdita di controllo, della passione sfrenata che si consumava in quella cena che era diventata un'orgia di sensazioni proibite. Marco che non dava segni di voler fermarsi, ogni movimento dentro di lei un atto di possesso, ogni parola volgare un marchio sulla sua anima, mentre il vino continuava a scorrere, come il piacere e la vergogna che si mescolavano nel corpo e nella mente di Giovanna. Giovanna si svegliò nel cuore della notte, il corpo ancora caldo e vibrante per il sogno che aveva appena vissuto. Era insoddisfatta, un desiderio prepotente che non poteva ignorare. Si trovava sola nel suo letto, la stanza avvolta in un'oscurità che sembrava accentuare la sua solitudine. Senza pensarci due volte, si discostò l'intimo, sentendo il tessuto umido per l'eccitazione del sogno. Con una mano, iniziò a esplorare la sua fica, le dita che scivolavano con facilità tra le sue labbra bagnate, trovando il clitoride sensibile e gonfio. L'altra mano si mosse verso il suo seno, agguantandolo con desiderio, giocando con il capezzolo che si indurì sotto il tocco. Ogni movimento era un tentativo di replicare il piacere che aveva provato nel sogno, di raggiungere quell'appagamento che sembrava sfuggirle. Cercò di trattenere i gemiti, non volendo che Marco, dall'altra parte del corridoio, la sentisse. Ma il piacere era troppo intenso, ogni carezza delle sue dita dentro di lei, ogni pizzico al capezzolo, la portava più vicina all'orgasmo. Andò avanti fino allo sfinimento, il corpo che tremava sotto le sue attenzioni, il respiro affannoso che si mescolava con il silenzio della notte. Finalmente, arrivò all'orgasmo, un'ondata di piacere che la fece sussultare, il suo corpo che si rilassava, le dita ancora dentro di lei, mentre l'altra mano accarezzava dolcemente il seno. Cadde addormentata, un sonno senza incubi, senza sogni, solo il conforto del silenzio e dell'appagamento fisico. Al mattino, Giovanna si svegliò con una calma che non sentiva da tempo. Si preparò per andare al lavoro, scegliendo abiti che erano allo stesso tempo seducenti e professionali: una gonna aderente che metteva in risalto le sue gambe e una camicetta che accennava alla curva del suo seno senza essere troppo rivelatrice. Si truccò con cura, il rossetto che dava un tocco di sicurezza e seduzione al suo aspetto. Prima di uscire di casa, incontrò Marco in cucina, e con una serenità ritrovata, gli diede un bacio del buongiorno sulla guancia. "Buongiorno, Marco," disse, la voce priva della tensione che l'aveva caratterizzata ultimamente. Sembrava non avere più timore di lui, come se il sogno della notte precedente avesse sciolto qualche nodo interiore. Andò a lavoro con una leggerezza che la faceva sentire come se tutto andasse a gonfie vele. La giornata passò senza intoppi, ma con una strana sensazione di aspettativa, come se il sogno avesse aperto una porta in lei. La sera stessa, una bella sorpresa, suo marito era tornato a casa dopo il lungo viaggio di lavoro. La cena fu un momento di felicità, tutti e tre insieme, una famiglia che sembrava aver ritrovato la sua armonia. Ma mentre conversavano, ridendo e raccontando le novità, gli occhi di Giovanna si abbassarono un paio di volte, oltre i piatti di porcellana, più in basso, sotto il tavolo, un gesto quasi inconscio, come se aspettasse di vedere qualcuno emergere da lì, come nel suo sogno, teneva l gambe larghe, distanti tra loro come a lasciare la strada aperta per qualcuno. Il marito parlava del suo viaggio, di come fosse bello essere di nuovo a casa, mentre Marco raccontava delle sue avventure sportive e degli amici. Giovanna ascoltava, partecipava, ma ogni tanto il suo sguardo vagava, cercando qualcosa che non c'era, un'ombra del sogno che sembrava aver lasciato un segno indelebile nella sua psiche. Quella notte, il sonno la prese con più facilità, ma con un pensiero persistente: cosa aveva scatenato in lei quei sogni, e cosa significava per il suo futuro, per la sua vita familiare, per il suo rapporto con Marco e ora con il marito di nuovo presente? La domanda rimase sospesa nell'aria, come il ricordo di un piacere proibito che aveva scoperto solo nei suoi sogni più oscuri..e chiuse gli occhi, eccolo lì di nuovo Marco che nudo la stava attendendo e lei felice si avvicinò a lui, sognava mentre il marito Tommaso dormiva accanto a lei ignaro di tutto.
"Per qualsiasi dubbio, domanda, suggerimento o richiesta riguardante il racconto, non esitate a contattarmi all'indirizzo: jack_seven@virgilio.it."
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6.5
6.5
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