Schiavitù - cap 2

di
genere
dominazione

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Ogni riferimento a fatti e persone esistenti è puramente casuale

Ricordo bene quando è arrivata (o è stata consegnata, come dicono loro e come ho imparato poi a pensare anch’io). Era un pomeriggio grigio, lento, saranno state le 16, vedo arrivare una macchina al cancello, apro, l’auto percorre il vialetto, gira attorno alla fontana e si ferma davanti alle scale che conducono alla porta di casa. Scende un uomo dall’età indefinibile, con un completo antracite e i capelli corti, brizzolati. Gira attorno all’auto scura, apre il bagagliaio e appoggia a terra una valigia rossa. Poi apre la portiera, fa scendere la ragazza, e torna verso il posto del guidatore. Mi da solo uno sguardo, imperscrutabile, un secondo al massimo, risale e se ne va. La ragazza rimane lì in piedi, guarda a terra, imbarazzata, spaventata. La osservò un attimo, è davvero piccola, sarà un metro e mezzo, capelli scuri fino a metà schiena, pelle olivastra. Ha addosso un paio di jeans blu e una felpa grigia. Mi avvicino per accoglierla, non so bene cosa dovrei fare in una situazione così, quando sono a circa un metro e mezzo da lei si inginocchia a terra. Non me lo aspettavo, resto un attimo interdetto. Ora che ci penso non so nemmeno se parla la mia lingua. La saluto in italiano, non reagisce, provo in inglese, sussurra un ciao debolissimo, ma almeno mi capisce. La prendo per mano facendole cenno di alzarsi, è spaventata, non dalla situazione, ma a quel capisco dalla paura di sbagliare qualcosa. Prendo la valigia e mi faccio seguire dentro. Avevo preparato una stanza per lei, nell’ala normalmente adibita agli ospiti, le indico il bagno dove potersi rinfrescare e le dico di mettersi a suo agio.
Cazzo, non so cosa dovrei fare. Mi siedo un attimo su una poltrona e apro distrattamente il tablet, vedo una mail. L’oggetto è istruzioni. Si congratulano per l’acquisto, bla bla bla, è persino in garanzia…incredibile. Arrivo infine alle righe importanti “anche se vede una ragazza, ricordi che è un oggetto. Non è abituata ad essere trattata come una persona, non sa comportarsi in quelle circostanze, è progettata per servire, obbedire e subire. Non ha nessuna autonomia decisionale oltre le funzioni fisiologiche di base, qualsiasi richiesta le sia rivolta deve essere formulata esplicitamente”.
Ok, non so se a questo punto la cosa è più facile o meno, facciamo una prova. Torno verso la sua stanza, senza entrare busso e le dico di prepararsi e raggiungermi in salotto. Ottengo un debole ok padrone. Padrone. Cazzo, allora è tutto vero…immagini che lo scoprirò tra poco.
Resto qualche minuto sul divano del salotto cazzeggiando nervosamente con il tablet, poi arriva. Ha addosso solo delle autoreggenti nere di pizzo, mutandine e reggiseno neri, molto lavorati, non so se hanno un nome specifico ma di quelle cose piene di laccetti che si intrecciano. Ha un culo davvero favoloso, così piccino da starmi in una mano ma davvero bello, tondo e sodo, il portamento è elegante, perfettamente dritta, e la vedo bene in faccia per la prima volta. Grandi occhi neri con il taglio tipico delle ragazze asiatiche, perfettamente truccata, bocca piccola e labbra morbide. Sta lì e mi guarda, capisco che aspetta ordini.
Con il senno di poi so che in quel momento, per lei, sarebbe potuta succedere qualsiasi cosa, avrei potuto scoparla, frustarla, ucciderla o chiederle di fare un caffè, avrebbe semplicemente accettato quello che avrei deciso. Avrei scoperto che queste ragazze, riducendo la cosa all’osso, non sono consapevoli di loro stesse, non hanno più istinto di autoconservazione. Ma in quel momento niente di tutto questo mi interessava, avevo solo il cazzo di pietra che premeva nei pantaloni.
Quanti anni aveva?non ci avevo mai pensato…difficile darle un’età…venti?diciotto?cazza ma è maggiorenne almeno?che pensiero bizzarro…ho appena comprato un essere umano e mi preoccupo di non sembrare un pedofilo. Beh secondo me era maggiorenne.
Stabilito che faccio schifo come persona ma almeno non sono un pedofilo mi rendo conto che la sto fissando da un po’, penserà che io sia un coglione. Ah no, a quello che dicono non pensa questo tipo di cose…spero. Beh decido di provare se quello che mi hanno raccontato è vero.
“Togliti il reggiseno” piega le braccia dietro la schiena e con quelle piccole manine perfettamente curate slaccia il gancetto del reggiseno, che cade a terra. Tettine molto piccole, una seconda al massimo, capezzoli scuri, grandi per le sue dimensioni, reattivi. Mi fanno venire voglia di morderli e succhiarli.
“Togliti le mutandine” e abbassa l’orlo fino a farle scivolare lungo le cosce sode, poi a terra, fa solo un piccolissimo passo di lato per togliersele dai piedi. E mi guarda sorridendo in maniera discreta, invitante, un sorriso senza dubbio imparato ma del tipo che ti entra dentro, che vuoi rivedere ancora e ancora. Quel maledetto sorriso, se chiudo gli occhi lo vedo ancora adesso, nonostante le sue labbra siano impegnate a fare altro mentre scrivo.
Le dico di avvicinarsi e fa tre piccoli passi verso di me, i piedini avvolti nelle autoreggenti nere, coprenti, sexy. Cazzo la sfonderei, mi tira fuori un istinto predatorio, potente, ma devo trattenermi, non so ancora davvero con cosa ho a che fare. Mi cade lo sguardo sulla sua fichetta perfettamente depilata, la curva del ventre, le gambe toniche.
La bacio, il che forse è forse l’ultima cosa che ci si aspetterebbe. Appoggio le labbra sulle sue, sono morbide come sembrano, la sua bocca è dolce, sa di fragole mature, sento la sua lingua sulla mia, delicata ma decisa. La abbraccio, e sembra scomparire contro il mio corpo. Mi abbraccia anche lei, mi passa una mano sulla camicia, esita all’altezza dello stomaco, sembra aspettare una conferma. Le metto una mano sul culo, veramente mi sta tutto in una mano, ma è così, tondo, sodo, cristo ancora oggi il culo di questa ragazza mi fa impazzire. La sua mano scende, inizia ad accarezzarmi il cazzo, di fretta mi slaccio i pantaloni e tiro giù tutto. Sono veramente eccitatissimo, è una situazione incredibile. Questa ragazzina è assolutamente disposta a fare qualsiasi cosa, basta che glielo dica, è proprio per quello non mi serve che faccia altro. Questa sensazione di disponibilità assoluta è inebriante.
Inizia a segarmi, sentire la sua manina avvolta attorno al mio membro è una delle sensazioni più belle mai provate. Non ci vuole molto, mi sega per un minuto forse, durante il quale mi limito a toccarle il culo, poi sento l’orgasmo arrivare.
“Si sborro, fammi venire su di te, voglio sporcarti tutta, ti copro di sborra” quasi glielo urlo, poi vengo, fiotti spessi, densi, finiscono su di lei, sulle sue tettine, sullo stomaco, sulle gambe.
Mi lascia il cazzo, e di nuovo sta lì e mi guarda sorridendo. Sono abbastanza incredulo, forse sconvolto è il termine più corretto, mi sento un po’ un ragazzino alle prime esperienze. Mi viene spontaneo scusarmi per averla sporcata, ma lei prontamente mi risponde “voglio che vieni su di me, voglio che mi sporchi tutta padrone”. E qui rimango di sasso. È quello che le avevo detto io, era come se lo avesse assorbito, registrato, ha imparato una cosa che mi piace e me la ripropone come se piacesse a lei, per farmi felice. Cazzo ma siamo sicuri che è umana o è una specie di robot, di intelligenza artificiale o quelle cose lì?
Scoprirò con l’esperienza che in realtà queste ragazze funzionano esattamente così, sono come dei fogli bianchi su cui il padrone scrive ciò che gli piace, in modo che loro lo mettano in pratica in autonomia da quel momento in poi.
È un po’ inquietante effettivamente ma del resto non lo è anche una società clandestina che compra bambine per trasformarlo in questo e rivenderle?
Le dico di andare a lavarsi e vestirsi, devo organizzare un sacco di cose e ho la testa piena di pensieri confusi, e in molti di questi pensieri c’è il suo culo, che osservo mentre si allontana senza emettere un fiato.
Io non mi occupo della casa, della cucina e di queste cose, ho del personale che lo fa per me, per magia oggi hanno tutti il giorno libero, ma da domani saranno di nuovo qui e la presenza della ragazza sembrerà strana. Non che non abbiano mai visto delle puttane in giro per casa, ma si capisce che lei non lo è. Non mi preoccupa cosa pensino o se parlino, pago molto bene chi lavora per me, in tutte le mansioni possibili, e questo perché deve essere gente di cui mi possa fidare nella maniera più assoluta, quindi ero sicuro che sarebbero stati delle tombe.
Lei probabilmente non sarebbe mai uscita dalla sua stanza senza un ordine di farlo, quindi non l’avrebbero vista girare per casa, ma dovevo comunque saper raccontare chi fosse, o sarebbe stato un po troppo strano. La figlia di un amico qui per studiare?poteva starci. Si, avrei cominciato con questa versione.
E in quel momento mi viene in mente una cosa: ma come si chiama? Questa ragazza non aveva un nome…o forse si è bastava chiederglielo?
Vado verso la sua stanza, entrò e la trovò seduta sul letto, con addosso i vestiti con cui è arrivata. Mi guarda sempre con quel sorriso, vagamente inespressiva. La chiedo come si chiama, la vedo corrucciarsi in maniera impercettibile, ma senza rispondere. Riprovo, mi dice “non capisco”. Le chiedo ancora qual’è il suo nome, di nuovo mi risponde non capisco. Immagino non ne abbia mai avuto uno, ma ora per non dare troppo nell’occhio deve averlo. Quali sono i nomi più comuni per le ragazze asiatiche?
Cazzo, l’Asia è un continente, e io non so manco da dove viene di preciso. Beh, ragioniamo, ho deciso che è la figlia di un amico e che la ospito perché studia qui, quindi potrebbe non essere necessariamente nata in Asia, potrebbe essere nata negli Stati Uniti e avere un nome occidentale. Si ha senso, troviamole un nome americano. Jessica?comune anche qui, ma non ha la faccia da Jessica. Jennifer?no, non mi dice niente. Emily?mi piace già di più. Elizabeth ?più storico, più sofisticato, ma lungo…Grace. Poteva essere una Grace. Nome corto, semplice, che ha senso in una famiglia ricca, con i suoi riferimenti storici come segno d’integrazione. Bene, da oggi ti chiami Grace. Fa un cenno di assenso, non ho idea se ha capito oppure no. Nel senso, sa cos’è un nome?boh, ci arriveremo, una cosa alla volta, anche perché adesso ho un’altra cosa da fare…frugo la valigia con cui è arrivata per capire se c’è qualche informazione in più (cosa di cui dubito) e per capire quanti vestiti ha. Due paia di jeans, una felpa, un maglioncino, due paia di scarpe, là lingerie con cui l’ho vista prima e un altro completo intimo, nient’altro. No, serve decisamente più roba, una ragazzina di quell’età dovrebbe avere una stanza piena di vestiti realisticamente parlando. E devo risolvere questa cosa in fretta. Sapevo chi poteva farlo, prendo il cellulare
“Ciao Monica, scusa se salto i convenevoli ma sei l’unica che può aiutarmi. Molla quello che stai facendo, prendi la carta aziendale e vai a comprare dei vestiti per una ragazza di circa 18 anni. Qualcosa di qualità, non preoccuparti di quanto spendi. Serve un intero guardaroba, dai nastri per capelli all’intimo, scarpe, cappotti e via dicendo. Ti mando le taglie per messaggio, e l’indirizzo a cui farle arrivare, assicurati che possano consegnare oggi”. Monica era una delle mie collaboratrici di fiducia, nel quotidiano non aveva granché da fare, ma la strapagavo perché in qualsiasi momento fosse stato necessario avrebbe dovuto fare qualsiasi cosa al volo senza porre domande. Normalmente non la mandavo a comprare vestiti, come potete immaginare si occupava di ben altro, ma sapevo di potermi fidare di lei. Disse solo ok e mise giù. Due ore dopo avevo la casa invasa di pacchi, erano davvero tanti. Brava Monica. Avevo un po’ sottovalutato il numero di vestiti necessari evidentemente, ma poco male, domani le avrei fatto preparare una stanza apposta.
Nel frattempo anch’io dovevo fare shopping per lei, ma di tutt’altro genere.
di
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2025-02-02
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