Orgia onirica

di
genere
orge

Arrivo davanti a una porta arrugginita in un vicolo buio, il suono distante di musica techno che rimbalza sui muri di cemento. Controllo il messaggio. È il posto giusto.
Busso. Un occhio mi scruta attraverso lo spioncino. La porta si apre lentamente.
Dentro, penombra, luci basse, odore di sudore e pelle calda. Sento già il cuore accelerare. Un uomo mi fa segno di seguirlo. Indossa solo un paio di pantaloni neri, a petto nudo. Ha cicatrici sulle braccia, e non sorride. Mi guida attraverso corridoi stretti, fino a una porta dipinta di rosso. La apre.
Entro.
C’è solo un letto enorme al centro della stanza, lenzuola nere, luci soffuse che sfiorano appena i contorni delle pareti. E poi loro. Sei uomini. Nudi. Mi aspettano. Alcuni sono seduti, altri in piedi. Mi guardano con la stessa fame che ho visto nel sogno.
«Ti stavamo aspettando» dice uno, il più grosso. Ha il petto largo, vene che spuntano lungo gli avambracci, occhi che brillano come carboni accesi.
Mi tolgo la giacca, la lascio cadere. Poi la maglietta. I jeans scivolano giù. Sotto, non indosso niente. Non serviva.
Uno di loro si avvicina, mi prende per il mento e mi bacia. La sua lingua è aggressiva, il sapore di tabacco e whisky mi inonda la bocca. Mi spinge verso il letto. Gli altri si avvicinano come lupi attorno alla preda. Mi afferrano. Mi spalancano le gambe.
Il primo mi entra dentro con una spinta violenta. Gemo. Mi tiene ferma per i fianchi e inizia a scoparmi con colpi secchi, forti. Lo sento spingersi sempre più in fondo, e ogni spinta mi strappa un gemito più forte. Un altro mi solleva la testa e mi infila il cazzo in bocca. Succhio, ingoio, gemo contro la sua pelle calda.
Mi tengono giù, immobilizzata tra di loro. Le mani mi stringono i polsi, i seni, le cosce. Un altro dietro di me mi morde la schiena, mi lecca la pelle sudata. Mi spalanca il culo con le dita, lo allarga lentamente. Poi entra, e il dolore si mescola subito al piacere.
Urlo.
«Ti piace, troia?» mi sussurra uno all’orecchio, mentre mi morde il lobo.
«Sì, cazzo, sì!» rispondo, quasi singhiozzando dal piacere.
Le spinte diventano più forti, più veloci. Mi stanno devastando. E io non voglio che si fermino. Sento il corpo scivolare via da me, come se fosse solo un pezzo di carne in balia dei loro desideri. Mi scopano come animali, senza freni, senza pietà.
Uno mi viene in bocca. Sento il sapore caldo, salato, scivolarmi in gola. Non mi fermo. Un altro lo sostituisce subito. Gli afferro il cazzo con entrambe le mani e inizio a muovermi su e giù, mentre la mia bocca si stringe intorno a lui.
Dietro di me, le mani continuano a spingermi giù. Mi tengono ferma mentre un altro si infila dentro di me. Sono piena. Due, tre dita si alternano al cazzo che mi scopa. Sono completamente aperta. Il letto scricchiola sotto di noi, ma nessuno si ferma.
«Guardatela. È nata per questo» dice qualcuno.
Sorrido. Sì, cazzo. È vero. Non voglio essere altrove.
Sento il primo orgasmo arrivare, mi colpisce all’improvviso, violento, incontrollabile. Il corpo si inarca, le cosce si stringono attorno a lui, ma lui non si ferma. Spinge ancora più forte. La figa pulsa, mi sembra di esplodere, e non so neanche più se sto urlando o respirando.
Ma loro non hanno finito.
Qualcuno mi gira sulla schiena. Mi monta sopra, spinge dentro con forza. Le mani mi strizzano i seni, mi mordono i capezzoli. Un altro mi prende la testa e me la tira all’indietro, mi infila la lingua in bocca mentre mi scopano senza pietà.
Sono in balia loro, e il mio corpo lo sa. Cede. Gode. Implode. Un altro orgasmo mi strappa un grido. Non riesco più a controllarmi. Il letto è fradicio, il mio sudore si mescola al loro, il seme mi cola sulle cosce, sulla pancia. Non so dove finisco io e dove iniziano loro.
E poi, uno dopo l’altro, li sento venire. Mi schizzano addosso, in bocca, sul seno, ovunque. Sono sporca, umida, appiccicata al letto, e cazzo, non mi è mai piaciuto tanto.
Restiamo lì, ansimanti. Le mani che prima mi stringevano adesso mi accarezzano, come per calmarmi. Ma io non voglio calma. Non ancora.
Uno di loro mi sussurra all’orecchio: «Quando vuoi tornare, sai dove trovarci.»
Sorrido, con le gambe ancora tremanti.
Sì, tornerò. E la prossima volta, vi voglio tutti di nuovo. Di più. Sempre di più.
La notte non finisce lì.
Rimango sdraiata sul letto, il corpo sfinito, la pelle appiccicata alle lenzuola nere. L’odore di sesso è ovunque, acre, intenso, mi penetra nelle narici e mi tiene ancorata a questa realtà sporca che non voglio lasciare. Attorno a me, i corpi degli uomini si muovono lentamente, si alzano, si rivestono. Alcuni mi lanciano un ultimo sguardo, soddisfatti. Altri, silenziosi, spariscono senza dire nulla. Non importa. Non mi serve sapere i loro nomi.
Ma uno rimane.
Il più grosso. Quello che mi ha scopata per primo, che mi ha guardato negli occhi mentre mi prendeva senza pietà. È ancora lì, seduto sul bordo del letto, a petto nudo. Le vene sulle braccia sembrano pulsare ancora. Mi fissa, poi si china su di me.
«Non hai finito, vero?»
Scuoto la testa. Non riesco nemmeno a parlare.
Mi prende per i fianchi e mi tira su, portandomi sulle sue gambe. Mi siedo sopra di lui, il suo cazzo già duro di nuovo contro di me. Lo sento caldo, pronto, ed è tutto quello che mi serve. Mi afferra i capelli e mi costringe a guardarlo mentre mi spinge dentro. Stavolta è più lento, ma non meno intenso. Ogni centimetro mi strappa un gemito.
«Ti piace essere una puttana per noi, vero?»
«Sì...» ansimo. «Non smettere.»
Lui sorride, quel sorriso storto che mi ha già fatto venire una volta. Mi muovo su di lui, su e giù, sempre più veloce. Le sue mani mi strizzano il culo, poi una scivola tra le mie cosce e inizia a sfregarmi il clitoride. È troppo. Il piacere si mescola al dolore, alla stanchezza, ma io non mi fermo.
Mi stringe forte, mi spinge ancora più giù, il cazzo mi riempie fino a farmi vedere bianco. Sento le gambe cedere, il corpo che si inarca ancora una volta mentre l’orgasmo mi colpisce. Grido, forte, e non mi importa se qualcuno dall’altra parte della porta può sentire.
Lui viene subito dopo, riempiendomi ancora una volta. Sento il calore del suo seme che mi scivola dentro, e il mio corpo si rilassa completamente.
Resto lì, seduta su di lui, il respiro pesante, il cuore che martella nel petto. Mi accarezza la schiena, lentamente.
«Sei una droga» mi sussurra all’orecchio.
Lo so. E anche loro lo sono per me.
Quando finalmente mi alzo, le gambe mi tremano così tanto che rischio di cadere. Mi rivesto a fatica, i vestiti che si appiccicano alla pelle sudata. Lui mi guarda mentre raccolgo la giacca e mi avvicino alla porta.
«Tornerai?»
Mi fermo un attimo, poi mi volto. «Cazzo sì.»
Esco nel vicolo. L’aria fredda della notte mi colpisce il viso, ma non mi sveglia. Cammino come un’ubriaca, con il sapore di loro ancora in bocca, il seme che mi scivola lentamente tra le cosce.
Domani.
Domani ne voglio ancora. E dopo domani. Fino a quando il corpo non mi chiederà pietà. Fino a quando non sarò completamente consumata.

scritto il
2025-02-14
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